Le vacanze invernali sembravano attirare l’aria gelida del Nord, che finiva per impregnare poi ogni angolo di Grimmauld Place; una densa cappa grigia avvolgeva ogni cosa e il sole faticava a mostrarsi tra le coltri color del ferro.
Nonostante tutto, Sirius aveva amato tornare a casa nel periodo natalizio: l’atmosfera di entusiasmo che avrebbe dovuto trasudare dai salotti altezzosi, era catalizzata dall’oasi di una sola stanza, ultimo bastione di una festività ormai vuota.
In quei momenti, la camera di Sirius si trasformava in un trionfo d’ allori e gingilli colorati.
E Andromeda era lì, con un buffo copricapo con corna di renna in testa.
Anche allora gli raccontava delle storie e, sebbene per il resto del mondo lui si considerasse un adulto, per lei continuava a il solito ragazzino esaltato – e lo sarebbe stato per sempre.
Con una calma che non gli apparteneva più da tempo, Sirius si sdraiava ad ascoltare quella voce melodiosa che avrebbe riconosciuto tra mille.
Quella volta raccontava di mele e anime gemelle, miti venuti da un mondo babbano che lei non avrebbe dovuto conoscere.
Sirius la spiava di sottecchi, mentre parlava degli dèi gelosi che condannavano l’uomo a cercare per sempre l’altra metà della mela, e provava a capire… un rossore da nulla – leggero e impalpabile – sulle guance della cugina, lo feriva più di quella casa fredda come il ghiaccio.