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Autore: Jaded_Mars    04/11/2011    2 recensioni
"I may have built for you a dreamhouse but never thought you were alone.I filled the party up with company but never made our house a home. All I got is my guitar these chords and the truth. All I got is my guitar ... but all I want is you" Izzy per un attimo trattenne il fiato. Era lì! Era lei, finalmente. La speranza gli scoppiò dentro al cuore assieme alla gioia. Dopo tre anni, lunghi come una vita intera, era tornata, era lì per lui e questa volta no, non avrebbe permesso che andasse via.
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano giorni incasinati quelli che Eleanor stava vivendo in quel periodo. Aveva finito di sistemare la casa con Melissa durante il week end ed ora era perfetta, come nuova, anzi meglio come non fosse stata la prima volta. Aveva superato più facilmente del previsto il vuoto che aveva provato alla vista delle foto, non se lo aspettava, probabilmente doveva tutto alla sua idea della festa e soprattutto all'inizio del lavoro che l'aveva risucchiata completamente.
Aveva iniziato bene, lunedì era arrivata puntuale in ufficio e pronta cominciare. Indossava una corta  gonna a ruota gialla a vita alta, una camicetta nera con le maniche a sbuffo e un paio di ballerine nere con piccole borchiette. Era vestita praticamente come quando andava a Vogue a New York, sperava che andasse bene anche in quel contesto o avrebbe dovuto rifarsi il guardaroba. Già si sentiva male al pensiero di dovere spendere una marea di soldi, che al momento non aveva, per abiti formali.
Quella mattina si era svegliata presto per non rischiare di arrivare in ritardo il suo primo giorno di lavoro. Probabilmente era l'unica ragazza in città a muoversi coi mezzi pubblici, che lì a Los Angeles, erano quantomeno disastrosi. Doveva ancora prendere una macchina, una qualsiasi che la portasse dove voleva, non aveva grandi pretese bastava che funzionasse. Nel profondo di se stessa doveva ammettere che si era dimenticata di come andavano le cose in quella città per quanto riguardava gli spostamenti, la regola era o la macchina o la morte nelle infinite attese tra un autobus e l'altro. Vivendo a New York non aveva mai sentito il bisogno di prendersi un'auto o una moto, la metro era più rapida delle code infernali che si snodavano sulle strade.
Si chiedeva come aveva potuto essersi scordata di un tale particolare...aveva decisamente sottovalutato la questione e se ne rendeva conto solo in quel momento che si trovava a pregare di non incontrare nessun ingorgo che la facesse arrivare in ritardo.
Quando si trovò nell'ascensore diretta all'ultimo piano del grattacielo dove erano i suoi uffici era sola. Alzò la testa e si guardò nello specchio sul soffitto, la sua immagine rifletteva una ragazza carina, nel fiore degli anni, che sembrava sicura di sé. In uno slancio di narcisismo si perse a guardare i suoi occhi. Era la parte di se stessa che le piaceva di più, perché era vera e la rispecchiava fino nel profondo. Quel verde smeraldo che si tingeva di scuro fino ad arrivare ad essere grigio chiaro a seconda del tempo rappresentava la sua natura fatta di sfumature. Non si sentiva una immutabile e sempre uguale ma in cambiamento costante, anche se a volte quasi impercettibile, proprio come il colore dei suoi occhi.
Un campanello l'avvisò che era arrivata. Le porte scorrevoli di metallo si aprirono svelandole un grande corridoio immacolato, proprio come l'ufficio al piano di sotto del dirigente che l'aveva assunta. Sembrava che non esistesse colore in quell’ambiente di vetro e moquette bianca, era tutto troppo illuminato per sembrare vero, c’era un forte senso di surrealtà che la disorientava. Era abituata agli ambienti incasinati e creativi della redazione di un giornale di moda ed ora era catapultata in questa specie di enorme loft accogliente con musica ambient distensiva e profumo di gardenia che permeava qualsiasi cosa. Sembrava di essere in una succursale di una spa. Da quello che poteva intravedere delle persone negli uffici, erano tutti vestiti in modo curato ed alla moda ma non sgargiante. Si guardò la sua gonna giallo canarino e sentì di avere toppato in pieno la scelta. ‘Brava Ellie, davvero … non potevi sceglierti una cosa più tranquilla, volevi per forza iniziare col botto eh … ’ sperò solo che non le facessero problemi. Sapeva che doveva andare nientemeno che dalla direttrice dell’agenzia, la signora Claire Delacour, per avere delle indicazioni sulle sue mansioni e su chi l’avrebbe affiancata almeno per quei primi giorni. Era un po’ agitata al pensiero di doversi relazionare immediatamente con lei sin dal primo giorno, in fin dei conti era una donna di successo e grande carisma, tutti sapevano che era dura lavorare con lei per il suo grande rigore ed il non poco ingombrante ego che la contraddistingueva. ‘Ma mia cara Claire, conosco qualcuno che ce l’ha ancora più grosso del tuo, ha!’ ridacchiò tra sé all’idea della signora Delacour e di Axl presi in un confronto, non conosceva ancora la donna, ma sapeva che se le voci sul suo conto erano sul serio vere, probabilmente sarebbero finiti a litigare e picchiarsi. Eleanor aveva visto qualche volta Axl arrabbiato, arrabbiato sul serio, e non augurava a nessuno di essere il motivo della sua furia, né tantomeno di trovarsi nell’occhio del ciclone in quei momenti. Ma non era il momento di pensare a quanta paura le avesse fatto il suo amico in passato, si doveva concentrare per fare almeno bella figura davanti al suo capo nei prossimi cinque minuti.

La porta dell’ufficio di Claire Delacour era di legno bianco con maniglie laccate in oro, ed era anche l’unico del quale non fosse visibile l’interno, ‘evidentemente ha bisogno della sua privacy’ osservò Eleanor. Si sistemò i capelli, le pieghe invisibili della sua camicia e bussò. Niente. Forse non aveva sentito. Riprovò nuovamente, questa volta leggermente più forte. Niente. La ragazza guardò l’orologio, erano le nove e cinque, era in perfetto orario. Si sentiva piuttosto scoperta a stare lì davanti a quella porta enorme, dove chiunque la poteva vedere in attesa e senza la minima idea di chi potesse darle informazioni. C’era un divanetto lì di fianco e decise di sedersi per dare meno nell’occhio. Vide passare un ragazzo che sembrava poco più grande di lei sulla trentina, in camicia e jeans. Era alto e abbronzato, molto carino, ed anche l’unica persona a portata a cui porre un paio di domande. Eleanor si alzò di scatto e lo chiamò quasi rincorrendolo:

“Scusa? Hey scusa…”

Il ragazzo si fermò, girandosi verso di lei. “Sì?” Si mise la cartellina che aveva in mano sotto braccio, aspettando che Eleanor prendesse la parola.

“Sì, ehm, avrei un appuntamento con la signora Delacour, però non è nel suo ufficio al momento. Ho provato a bussare ma non c’è nessuno, sai dirmi quando
potrebbe arrivare?”

Guardò l’orologio che aveva al polso. Era un bel modello, sembrava costoso. “Ti ha fatto venire lei così presto?”

“Sì, cioè no, sono stata assunta scorsa settimana e mi han detto di presentarmi oggi alle 9, sono arrivata e giù in reception mi hanno detto di andare nel suo ufficio perché mi avrebbe spiegato il mio lavoro. Quindi.. eccomi qui!”  

“Beh dovrai aspettare un po’ allora. La signora arriva sempre dopo le dieci.”

“Ah …” Eleanor perse immediatamente entusiasmo, dopo le dieci, erano solo le nove e un quarto. Se le andava bene aveva solo un’ora di attesa senza niente da fare se non guardare il muro davanti a sé.

Il ragazzo la guardò un attimo osservandola, “ Senti, se vuoi mentre aspetti puoi farmi compagnia per un caffè, ti assicuro sarà una cosa rapida, nessuno si accorgerà della tua assenza …”

Eleanor fu colta alla sprovvista, era piuttosto indecisa “Ma se poi arriva e io non ci sono? Non vorrei iniziare male già da subito.”

“Non succederà figurati, te l’ho detto, arriva sempre dopo le dieci, fra massimo un quarto d’ora sarai di nuovo qui sul divanetto in attesa, promesso.”

“Mmm … dai ok, ci sto!”

“Andiamo allora.” Il ragazzo la condusse fino all’ascensore per scendere a piano terra. Era un tipo affabile e gentile, Eleanor fu contenta di non avere beccato un antipatico. Si misero subito a parlare come se fossero stati vecchi amici, c’era sintonia e questa era una buona cosa visto che probabilmente sarebbero stati colleghi.

C’era una caffetteria italiana proprio dall’altra parte della strada, anche se di italiano non aveva proprio niente se non i nomi evocativi delle bevande. Attraversarono rapidamente evitando di essere investiti dalle macchine in corsa ed entrarono nel locale quasi vuoto. Nonostante fosse ancora tempo di colazione il vero rush hour era alle otto quando tutti si precipitavano frettolosamente nel bar per accaparrarsi il loro beverone caldo da portare in ufficio per aiutarsi ad affrontare la mattina di lavoro.

“Hai visto com’è tranquillo? Vengo sempre qui a quest’ora, ci metto molto meno!” disse il ragazzo. Era molto alto, con dei capelli neri piuttosto lunghetti scomposti e degli occhi azzurri che assomigliavano a due specchi d’acqua. ‘wow potrei innamorarmene’ pensò Eleanor osservandolo di nascosto mentre stavano in fila. “Hey comunque non ci siamo ancora presentati noi, Tommy.”

“Eleanor! Ma… dimmi un po’, lavori da tanto qui?”

“Dunque non tantissimo in realtà fammi pensare … dall’85.”

“Sono cinque anni dall’85, è un po’ di tempo.” ‘io ero al primo anno di università nell’85’ pensò lei.

“Dio già, sono cinque anni, non mi sembrava! È volato il tempo!”

“Beh vuol dire che ti trovi bene! Senti posso farti una domanda? Ma qui da voi, com’è il dress code? Perché sono un po’ confusa. Cioè dove lavoravo prima era tutto molto creativo e colorato e tutto sommato mi immaginavo che fosse così anche qui, certo non agli stessi livelli, ma  a girare un po’ negli uffici, è tutto così bianco e formale .”

“ Mi stai chiedendo se va bene come sei vestita oggi?”

Ad Eleanor venne da ridere, era già una risposta eloquente.

“Sì non ti preoccupare vai benissimo. Almeno secondo me, ma credo che pure Mrs. Delacour apprezzerà questo tocco di colore extra.”

La ragazza tirò un sospiro di sollievo, “Oh bene! Avevo temuto di avere sbagliato completamente tutto, sai sembrava così monocromatico …  però vedo che anche te in effetti non sei in abito, meno male. Non mi piacciono le persone giovani che vanno in giro vestite esageratamente eleganti, con completi e tailleur che li fanno sembrare vecchi. Poi ovviamente è mio gusto eh.” Si sentiva a suo agio con quel ragazzo e stava parlando liberamente, forse doveva essere un po’ più riservata, ma in fin dei conti non le sembrava di avere offeso nessuno, tantomeno lui. I due ordinarono i loro caffè e si misero in disparte in attesa che fossero pronti da portare via.

“Praticamente, se ho capito bene, non ti piacciono gli ambienti esageratamente formali…” Tommy riprese il discorso.

“Esatto!”

“E c’è qualcos’altro che non ti piace? Del lavoro in generale intendo.”

Eleanor ci pensò un secondo, “Uh sì una cosa c’è, i ragazzi che al massimo avranno trent’anni, che ricoprono un ruolo rilevante in azienda e che pretendono di dare ordini a tutti come se fossero i grandi soloni della situazione, quando invece magari non ne sanno molto più degli altri.”

“Sei abbastanza radicale nelle tue idee, Eleanor.”

“Beh dai, non ti fanno innervosire? Non dico che non debbano avere promozioni, però non esagerate prima di una certa età. Non condividi?”
Tommy prese il suo caffè e l’altro lo porse a lei, “Sì, certo, lo penso anche io.” Nonostante le obiezioni di Eleanor, lui insisté per offrirle il caffè con la scusa che era il suo primo giorno di lavoro. Le sorrise gentile  mentre le apriva la porta per farla uscire e si ridiressero verso l’ufficio senza fretta, continuando a scambiarsi qualche parola. “Visto che ti ho fatta tornare in orario perfetto? Sono solo le nove e mezza e non c’è nessuno ancora.”

“Sì, vero. Dai ora ti lascio andare … Ah e grazie mille per il caffè!”

Si separarono lì dove si erano trovati ed Eleanor tornò al suo posto sul divanetto, in attesa che Madame si palesasse al lavoro. Un pochino le stava già antipatica per quel modo di fare, però, era una donna di innegabile talento nel suo campo. E poi si sa, chi ha successo ama farsi attendere, e lei conosceva bene chi altri aveva questa brutta abitudine.

***

“Signorina Gates, si accomodi prego.”

Eleanor entrò nel grande ufficio di Mrs. Delacour. Era enorme, e sorprendentemente, non bianco, o per lo meno, non interamente; c’erano delle tracce di nero qua e là. Claire Delacour era una bella donna di mezza età che si manteneva splendidamente, con una lunga chioma biondo platino che le ricadeva fluente sulle spalle e due occhi azzurri di ghiaccio. Indossava un abito color crema dal taglio impeccabile ed estremamente elegante, con gli accessori in tinta. In confronto Eleanor si sentiva una scolaretta appena uscita dal liceo. L’aveva appena degnata di uno sguardo mentre entrava, ora era intenta ad armeggiare con delle carte sulla scrivania.

“Ben mi ha parlato molto bene di lei. Mi ha detto che sei mossa da grande passione e determinazione.” Si fermò per guardarla in faccia, era molto seria “Mi fa molto piacere, perché sono questi i due elementi indispensabili in questo lavoro. Il tuo compito per ora sarà quello di fare l’assistente di Mr. Rowland, lui ti insegnerà tutto quello che devi sapere, è più che competente nel suo mestiere. Fra qualche minuto arriverà e potrete già cominciare.”
‘Tutto qui?’pensò Eleanor. ‘Davvero tutto qui? Ho aspettato un’ora e mezza per sentirmi dire da Madame in persona che farò l’assistente di un tizio? Non potevano dirmelo subito accidenti?’ Era irritata più che altro per avere fatto tutta quell’attesa praticamente per niente. Le scocciava aspettare di solito, i tempi morti non facevano per lei.  Bussarono e la porta dell’ufficio si aprì

“Buongiorno, eccomi”

“Oh buongiorno Tommy, finalmente! Questa è la tua nuova assistente.”

‘Tommy?!Oh no…’ Eleanor girò la testa verso l’uomo alla porta. Era il Tommy di poco fa, vestito estremamente elegante e senza un capello fuori posto. Dov’era finito il ragazzo informale di poco fa? In quel momento la ragazza si vergognò tremendamente, forse era arrossita. ‘No, no, cazzarola, no sembra quel tipo di persona che ho quasi disprezzato prima… gli ho dato del vecchio, spocchioso e saccente tutto in una volta sola! Perché non mi mordo mai la lingua? Che figura di merda cosmica!’ Si sarebbe voluta sotterrare se avesse potuto e invece lui le sorrideva tranquillo sulla porta. Eleanor azzardò un timido “Salve”, non riusciva ad essere molto entusiasta.

“Bene Eleanor, puoi andare.” Madame la congedò così, rapidamente come l’aveva accolta, ma Eleanor poteva quasi giurare che nonostante tutto, la donna l’aveva studiata per bene in quei pochi minuti. Salutò e uscì dall’ufficio seguendo Tommy che le faceva strada verso la sua scrivania.

“Senti…senta, per quello che ho detto prima, mi dispiace non sapevo…”

“Eleanor tranquilla, non credo avresti cambiato il tuo parere se avessi saputo che ero il tuo responsabile. Dammi del tu per favore, non c’è bisogno della formalità.
Questa è la tua scrivania, c’è tutto quello di cui hai bisogno, prova a controllare, se dovesse servirti qualcosa dillo giù alla segretaria. Ci vediamo fra dieci minuti nel mio ufficio.”

Eleanor guardò la sua scrivania di vetro immacolata, un telefono un blocco notes, un portamatite e un mazzo di rose. Ecco le rose proprio no. “Posso toglierle per favore?” disse indicando il mazzo di fiori.

“Certo. Ma… non ti piacciono?” fece Tommy sorpreso.

“Sì, però vedi, io e le rose non abbiamo un buon rapporto, sai trascorsi un po’complicati.”

Quella risposta sembrò bastare a Tommy che se ne andò verso la sua stanza pensieroso. “Sappi che comunque quello che ti ho detto prima è vero, nemmeno a me piacciono i ragazzi giovani che una volta capi si comportano da re del mondo. Ah! E sei in debito di un caffè!”. Le fece l’occhiolino prima di chiudersi la porta alle spalle lasciando Eleanor sola a sistemare altrove le rose.

***
Era venerdì pomeriggio ed Eleanor aveva terminato la sua prima settimana di lavoro. Si era rivelato piuttosto complesso, non pensava fosse così articolato, le sue memorie di organizzazione delle feste erano piuttosto semplici, ma ora era tutta un’altra storia. Tommy si era rivelato tutt’altro che il prototipo di ragazzo rampante che lei aveva profilato e per fortuna la prima sensazione di sintonia si era rivelata corretta. Lavoravano bene insieme e doveva riconoscere che era molto bravo in quello che faceva. Visto che quel giorno avevano terminato in anticipo sulla loro tabella di marcia, Tommy decise che potevano andare a casa prima, quindi ora lei si trovava sull’autobus diretta a casa. Erano solo le cinque e già per il Sunset iniziavano a ronzare un po’ di ragazzini senza meta, in attesa di potere festeggiare quella sera nei locali lì intorno. Chissà se erano sempre gli stessi quelli che andavano in voga o se era cambiato qualcosa ora che erano entrati negli anni 90. Non era ancora andata in giro di sera per lo Strip nonostante vivesse praticamente lì attaccata. Si ripromise che avrebbe dovuto farlo presto. In quel momento l’autobus passò davanti al Guitar Center ed Eleanor ebbe un’improvvisa voglia di farci visita. Anche se non sapeva suonare, le era sempre piaciuto osservare gli strumenti musicali, le sembravano oggetti magici nelle mani di chi sapeva fargli prendere vita. Quando entrò venne inghiottita in un mondo di chitarre, bassi e strumenti di ogni genere, un paese dei balocchi per musicisti insomma. In mezzo al negozio c’era un piano a coda bianco, era imponente e bellissimo. Le ricordò il suo piccolo piano su cui prendeva lezioni da piccola senza mai riuscire veramente ad imparare a suonarlo. Odiava il pianoforte, lei voleva suonare il basso ma sua mamma si opponeva e visto che non poteva suonare quello che voleva smise di strimpellare anche il piano. Non se ne era pentita. Andò nel reparto delle chitarre. Quante ce n’erano, tutte bellissime, alcune irraggiungibili per il prezzo esorbitante. Poteva distinguere i modelli senza nemmeno leggere le descrizioni, aveva passato pomeriggi interi in quel posto con Izzy e Slash che le raccontavano i segreti di ogni chitarra presente, quale andava bene per cosa e così via. Ne parlavano così bene e così a lungo che alla fine aveva imparato anche lei. Le cadde sotto gli occhi una Les Paul uguale a quella che per mesi Slash aveva desiderato prima di avere i soldi per comprarsela. Ora era diventata la sua inseparabile compagna. A proposito di Slash, quasi per ironia della sorte mentre appoggiò la chitarra che aveva preso in mano, vide una foresta di neri capelli ricci proprio di fronte a lei dall’altro lato dell’espositore. Sembravano proprio lui! Possibile? Si spostò per cercare di vedere meglio se magari fosse riuscita a vederlo in faccia. Ma niente lei si girava da una parte e lui dall’altra, così la visuale dei capelli non cambiava di una virgola. Eleanor decise di avvicinarsi per sciogliere il dubbio. Aggirò l’espositore e iniziò a seguire silenziosamente il ragazzo, voleva essere davvero sicura al cento per cento che fosse lui per evitare di fare una figuraccia. Era identico al suo amico, stessa altezza, stessa corporatura e il modo di fare era lo stesso. Anche le mani, sembravano proprio le sue. 
Finalmente lui si stava girando, era a tanto così dal vederlo quando una voce la fece sobbalzare:



“ELEANOR! Non posso crederci tu qui?!?”

Lei si girò di scatto verso quella voce e vide Eddie, un suo vecchio compagno di università.

“Eddie! Ma che bello vederti! È passata una vita! Mi puoi scusare un secondo? Torno da te subito!” Eleanor era felice di vederlo, però voleva scoprire se Slash era ancora lì, così lasciò lì il ragazzo e corse verso la fine del corridoio degli amplificatori. Niente non c’era più traccia di lui, o del suo sosia. Peccato, lo avrebbe voluto salutare più che volentieri. Un po’ delusa ritornò da Eddie.

“Scusa pensavo di avere visto un vecchio amico. Beh ma allora, come stai?”

“Non c’è male dai, e tu? Sei tornata qui per rimanere o è solo una visita?”

“No, Eddie sono tornata per ricominciare. Sono tornata a vivere nella vecchia casa sai?”

“Ma dai, Quella sulla collina dietro al Whisky?”

“Esatto lei! Ah a proposito sto organizzando una festa per domani sera, sai per inaugurarla, ti va di venire?”

“Ellie sono un po’ stanco ultimamente…”

“Dai Eddie, non ti riconosco! Non eri tu che dicevi che ogni occasione è buona per festeggiare? La settimana è finita, il tempo delle feste è arrivato! Anzi, anzi dillo a più persone possibili, spargi la voce! Mi farebbe infinito piacere rivedere Kat, Marc, Terry, Susan e gli altri. È tanto di quel tempo che non vedo e non sento più nessuno di loro. Se siete ancora in contatto informali! Vi aspetto!”

   
 
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