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Autore: Lilith Evans    04/11/2011    4 recensioni
Steven Adler, batterista dei Guns n'Roses, schiavo di sesso, droga e alchool. E se un'improvvisa perdita di memoria lo portasse a conoscere l'unica persona in grado di salvarlo?
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Quando i Guns finirono di suonare, e Steven sollevò il viso, non trovò Lilith ad incrociare il suo sguardo.
La ragazza era uscita dal locale, non era nelle condizioni di affrontare la situazione.
E sì, sarà anche stato un comportamento da persona debole, ma dubito che in molti avrebbero potuto reggere una tale condizione psicologica ed emotiva. Così lei aveva cercato un rifugio, un luogo dove riordinare i pensieri, dove tentare disperatamente di rimettere in piedi quella corazza che si era da poco frantumata.
Vagò per quasi un’ora, finchè ritornò al parco dove lei e Steven avevano passato uno dei loro momenti più felici.
Pensava che quel luogo potesse darle qualche sorta di conforto, e invece la mandò ancora più in confusione, continuava a rivedere davanti ai suoi occhi le immagini dei momenti passati con il ragazzo, e il rimettere in piedi la corazza si rivelò non più difficile del previsto, bensì impossibile.
E resasi conto di ciò, Lilith si accasciò contro il tronco di un albero e lì rimase per un tempo indefinito.

Steven rimase sollevato nel non vederla. Avrebbe avuto più tempo per riflettere. O forse no.
–Pop Corn!- gli si buttò addosso Slash senza nemmeno dargli il tempo di alzarsi dallo sgabello.
–Sei vivo! Sei tornato!- esclamò al limite delle lacrime. Steve rispose con entusiasmo all’abbraccio del chitarrista, forse con un po’ troppo entusiasmo.
–Ok, OK! Adesso basta, non sono mica passato all’altra sponda!- si divincolò dall’abbraccio. Poi fu il turno di Duff di avvicinarsi.
–Duffy!- esclamò saltandogli al collo, e il bassista, una volta tanto, si lasciò abbracciare.
Poi arrivò Izzy, che pure venne stritolato dalle braccia del batterista, e infine, un po’ titubante, si fece avanti Axl.
Teneva lo sguardo basso, quando lo sollevò, vide che il biondo gli sorrideva come a tutti gli altri, e allora l’abbracciò anche lui.
–Scusa amico...- gli disse.
–Dove diavolo sei stato tutto questo tempo?!- tornò alla carica Slash.
–Beh, io... sono stato da una ragazza- rispose quello evasivo.
–Cioè, fammi capire, tu sei rimasto tutto il tempo a scopare mentre noi impazzivamo in giro a cercarti?! E perché cazzo non ti sei fatto vivo prima?!-
-Ma io avevo perso la memoria!- si difese Steven.
–Beh, che importa? Ora puoi tornare a casa a non fare un cazzo tutto il giorno!- Tutti esultarono.
–Allora vai a recuperare le tue cose da questa ragazza?- chiese Izzy, che insieme a Duff era l’unico a conoscere la situazione tra i due, almeno a grandi linee. Al che Steven cominciò a pensare seriamente al da farsi.
–Ok, sì, credo che ci andrò... ora- disse un po’ incerto.
–Ti accompagno! – propose Slash. Duff gli tirò una gomitata.
–Non ora- gli disse a denti stretti. Il batterista dunque si congedò agli amici, e prese a camminare in direzione della casa di Lilith.
Era incredibile come, ora che ricordava chi era, vedeva la sua storia con la ragazza da una prospettiva completamente diversa. Insomma, lui non era uno da storie serie, l’ultima con cui ci aveva provato era Adriana, e, ora lo ricordava, non era finita affatto bene.
Eppure quella strana ragazza, che si era fidata a raccoglierlo per la strada senza un apparente motivo, l’aveva davvero fatto capitolare.
Ma come aveva potuto mentirgli in quel modo? Dopotutto, lui era stato sempre sincero, si era sempre comportato bene, eppure... si sentiva fregato anche questa volta.
Raggiunse l’appartamento, e con suo grande stupore lo trovò ancora chiuso a chiave. Strano, era convinto di trovare la ragazza già a casa, magari con pronto un discorso di commiato, ma magari non gliene importava nulla di lui, al punto di non farsi nemmeno vedere per salutarlo.
Decise quindi di preparare una borsa con tutte le sue cose ed andarsene il più velocemente possibile da lì. Si dirise in camera, e cominciò a svuotare la sua parte di armadio.
Poi sentì la porta aprirsi e richiudersi.
Lilith si era ripresa, e si era precipitata a casa il più in fretta possibile, sperando che non fosse già troppo tardi. Per fortuna, pensò, Steven era ancora lì.
–Stai...andando via?- gli chiese timidamente raggiuntolo. Il ragazzo si limitò ad annuire, senza alzare lo sguardo dalla borsa che stava preparando.
“Imbecille! Dovresti fermarlo, dirgli che lo ami, impedirgli di uscire di qui! Non fargli notare l’ovvio!” si disse la ragazza tentando di darsi una scrollata.
–Steve...-
-Dimmi-
-...c’è un tuo calzino sotto al letto- lui si abbassò a raccoglierlo. Inutile scrivere i pensieri di Lilith riguardo quella sua ultima uscita.
Il ragazzo finì di raccogliere le ultime cose ed uscì dalla stanza, superando lei che era rimasta sulla soglia, incapace di dire nulla, solo di osservarlo mentre la lasciava.
Steven raggiunse la porta d’ingresso.
Si voltò verso di lei.
Lei rimase zitta.
Lui si voltò di nuovo ed appoggiò la mano sulla maniglia.
Fece una leggera pressione.
–Steve aspetta!- La ragazza si affrettò a raggiungerlo.
–Non andartene. Non lasciarmi- Steven la osservò, il dolore e la paura trasparivano dai suoi lineamenti ora come non mai.
–Ti prego- continuò.
–Lo so che ho sbagliato, che è stata tutta colpa mia- qui la sua voce cominciò ad incresparsi
–ma avevo paura, paura che se ti fossi ricordato chi fossi mi avresti lasciata sola- ormai stava piangendo
–avevo troppa paura di perderti...- cercò i suoi occhi
–ti amo Steve- gli sussurrò. Seguirono diversi attimi di silenzio.
–Archie...- sospirò lui
-devo andare adesso- le rispose evitando il suo sguardo.
Poi aprì la porta e sparì.
Lilith si accasciò a terra, sentiva le forze venirle meno ed una fitta lancinante al petto la tormentava.
Era buffo, aveva sempre pensato che l’espressione “cuore spezzato” avesse significato puramente metaforico, ma ora sentiva un dolore fisico aggiungersi a quello emotivo.
Non provò nemmeno ad alzarsi, oltre che non avere forze, le mancava anche una vera motivazione per farlo. Ora che Steven se n’era andato, tutto le pareva privo di senso. Così si abbandonò sul pavimento lasciando le lacrime sgorgare e il dolore libero d’esprimersi finchè, dallo sfinimento, le palpebre cominciarono a farsi pesanti e l’oblio trascinò con sé la ragazza conducendola verso un sonno instabile e tormentato.

Steven uscì dall’appartamento ancora più confuso di prima. Si era appena sentito dire da lei quello che avrebbe desiderato sentirsi dire da quando l’aveva conosciuta, eppure, a quanto pareva, non bastava più. Forse, se si fosse esposta prima, sarebbe stato diverso, ma così... era troppo tardi? Non ne era certo nemmeno lui.
Avrebbe dovuto raggiungere i ragazzi per il concerto, ma al momento era l’ultima cosa che voleva fare, aveva bisogno di stare da solo, di un luogo dove ordinare i pensieri e schiarirsi le idee.
E, ironia della sorte, si ritrovò anche lui nel parco dove era stato con Lilith. E pensava, pensava e ripensava alla decisione da prendere, senza arrivare a capo di nulla. Non sapeva che fare, non sapeva cosa voleva veramente. Aveva bisogno di qualcuno che lo guidasse, che gli facesse capire cosa desiderava lui...
Ma chi? Nessuno dei suoi compagni gli pareva adatto a quella mansione, ed esclusa Lilith, non c’era nessun altro che... un momento, certo che c’era! Brian!
Lui avrebbe saputo consigliarlo nel modo giusto! Si precipitò fuori dal parco con tanta foga che inciampò tre volte nei suoi stessi piedi, imprecò ad alta voce facendo spaventare due signore anziane che passavano di lì, le quali lo guardarono come fosse un emissario di Satana.
–‘Sera!- esclamò lui notando la loro presenza. Le due, scandalizzate, girarono i tacchi e si dirisero nella direzione opposta borbottando tra di loro e girandosi di tanto in tanto.
“Ma che ho detto?” si chiese Steven un po’ stranito da quel comportamento. Poi alzò le spalle e decise di lasciar perdere.
Camminò spedito fino al negozio, che ovviamente trovò chiuso, dato che era stato in giro per due ore e ormai erano le nove passate. Allora si attaccò al campanello dell’appartamento sovrastante ad esso, appartenente appunto al proprietario del negozio, senza nemmeno dare il tempo all’uomo di alzarsi dal divano e di rispondere al citofono.
–Ma che diamine! E’ questo il modo?- Borbottò raggiunto l’apparecchio.
–Brian! Sono Steven! Devi farmi entrare, ho bisogno che tu mi dica che cosa voglio fare! Devi dirmi che cosa devo pensare perché io non lo so!- cominciò con uno dei suoi monologhi inconcludenti.
–Hey, calmati ragazzo, ora mi racconti tutto ok? Aspettami che scendo ad aprirti- così dicendo scese dal suo appartamento al negozio, accese le luci, sollevò la saracinesca ed aprì la porta.
Steven si chiese come mai non avesse voluto farlo salire in casa, sarebbe stato molto più semplice, ma questa è un’altra storia e forse ci sarà dato saperla più avanti. Fece entrare il ragazzo all’interno del locale e gli porse uno sgabello.
–Dimmi figliolo, si tratta di Lilith, vero?- Steve annuì sbalordito.
–E tu come fai a saperlo? No senti, lascia stare, non c’è tempo! Ascolta: Ho scoperto chi sono! Mi chiamo Steven Adler e sono il batterista dei Guns n’ Roses, ma non è questo il punto, sai ho scoperto che Archie lo sapeva già da un pezzo e- qui si fermò per prendere respiro, dato che aveva detto tutto d’un fiato. Brian ne approfittò per fermarlo.
–Calma, calma... questa parte già la conosco-
-Cosa?! Anche tu sapevi chi ero?! Tutti lo sapevate e non mi avete detto nulla?!-
-Hey hey no, che hai capito? Me l’ha detto Lilith stamattina... non riusciva più a tenersi tutto dentro e così ha deciso di fare in modo che vi ricongiungeste tu e il tuo gruppo... e a quanto pare ce l’ha fatta- aggiunse.
–Allora, qual è il motivo per cui sei venuto a chiedermi consiglio?- continuò vedendo che il ragazzo aveva perso il filo del discorso e lo fissava con gli occhi sbarrati.
–Ah, sì, dunque... ecco lei mi ha portato a sentirli suonare e io mi sono ricordato chi ero, poi sono tornato a casa a prendere la mia roba e lei è arrivata, mi ha chiesto di non andare via e mi ha detto che... beh, che non mi aveva detto niente perché aveva paura di perdermi e... mi ha detto che mi ama. Non me l’aveva mai detto prima...-
-E tu te ne sei andato- finì Brian. Steven annuì di nuovo.
–E vorresti sapere da me come dovresti comportarti... ti pongo una semplice domanda: dove dovresti essere ora con la tua borsa?-
Steven parve pensieroso, gli vennero in mente un’infinità di posti, compresi la Tour Eiffel ed il Colosseo (che era convinto si trovassero entrambi in america), poi un lampo di genio gli attraversò la mente e rispose
–Al concerto al Troubadour!- Brian rimase alquanto basito dal tempo che ci aveva impiegato a rispondere.
–E invece sei qui a chiedermi chiarimenti su come ti senti... Andiamo ragazzo mio! Credi davvero che ti troveresti qui ora se lei per te non significasse nulla? Pensaci! Quante persone ti avrebbero raccolto dalla strada in quello stato? Ha sbagliato, è vero, ma è una brava ragazza! E ti vuole bene...- Steven parve illuminarsi e scattò in piedi.
–Quindi... quindi io la amo?- chiese come per ulteriore conferma. Brian rise.
–Questo non te lo posso certo dire io... ma sono convinto di sì-
-Allora devo andare da lei! Subito!- esclamò convinto.
Abbracciò l’uomo con enfasi e si catapultò fuori dal negozio, ma dopo una decina di metri si rese conto di avervi lasciato le sue cose, così rientrò prima ancora che Brian potesse avvertirlo ed uscì di nuovo come una furia, inciampando innumerevoli volte durate il tragitto verso casa.
Per fortuna aveva avuto il buonsenso di tenersi il mazzo di chiavi che Lilith gli aveva fatto fare per evitare di farlo aspettare fuori casa in caso di necessità, così potè aprire il cancello senza citofonare. Cercò di non far rumore mentre percorreva le scale, infilò la chiave nella toppa della porta d’ingresso ma la trovò con suo stupore già aperta. Probabilmente la ragazza aveva dimenticato di chiuderla. Aprì piano, e subito vide la figura di lei rannicchiata a terra, con gli occhi gonfi di pianto, che pareva essersi addormentata. Chiuse la porta, poggiò la borsa a terra e le si accostò.
–Hey...Archie...- le sussurrò mentre provava a sollevarla
–Dai vieni...andiamo a dormire- lei si destò appena, quanto bastava per percepire la presenza del ragazzo senza tuttavia avere la sicurezza che effettivamente fosse lì.
–Steve...sei tornato!- sussurrò lei con gli occhi semichiusi. Allungò le braccia cingendogli il collo così che lui potè prenderla in braccio e portarla in camera. La distese sul letto e trasse le coperte su di lei.
–Adesso dormi piccola... sei sfinita...- lei gli prese la mano per trattenerlo.
–No, per favore non lasciarmi! Ti amo Steve, davvero! Non te ne andare via!- Lui le si accostò e si chinò su di lei.
–Non vado da nessuna parte, resto qui con te... ti amo anche io Archie- le disse poggiando le labbra sulle sue.
–Ora aspetta, vado di la a prendere le mie cose e mi metto qui di fianco a te, ok? Però tu non piangere più, non mi piace vederti triste...- le stampò un bacio sulla fronte e andò a recuperare la sua borsa all’ingresso.
Quando tornò in camera e si sistemò accanto a lei sotto le coperte, si era già addormentata.
Era presto, così lui non riuscì subito a prendere sonno, allora rimase a guardarla mentre dormiva, pensando a quanto doveva a quella ragazza: se non l’avesse raccolto dalla strada, probabilmente avrebbe fatto una gran brutta fine.
Ora era felice: aveva ritrovato i suoi amici, la sua famiglia, e aveva il suo angelo custode accanto a lui, qualcuno a cui veramente importava di lui, e di cui a lui importava davvero.
E l’amava, ne era certo.
   
 
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