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Autore: Angels Island    06/07/2006    6 recensioni
+ Una malinconica nostalgia. E l'infinito desiderio di stare ancora insieme. +
°°° Ex |Natale Con Te| -titolo modificato-.°°°
Genere: Romantico, Malinconico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I riflessi della luna che si rispecchiava silenziosa in una infinità riverberi di pallida luce sulle umide rive del lago montano rendevano l’atmosfera magicamente irreale

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 2 + + +

 

 

 

Note

 

Ah…Relax……

Temevo non arrivasse più……!

                           Che pace senza la scuola…^_____^

 

 

Eccomi con il secondo capitolo di Once more, ficcy che ho iniziato per fermarmi per qualche giorno con Hard To Accept… Non preoccupatevi quella, la continuerò  presto, promesso^^! È che sono esausta, ora che è terminata l’abominevole avventura degli esami (scherzo, in fondo anche durate quegli otto giorni –argh!- nella mia ormai non più scuola mi sono divertita…)… E io che ero straconvinta che sarei stata megapimpante e piena di energia… Eh, uabbèh, pasiensa… Mi rifarò presto, non temete!^^  H.T.A è in sospeso anche perché sarò via per qualche giorno, tutto qui… E poi tornerà apposta per voi, a soddisfare la vostra curiosità e la voglia di leggere^^! Per ora vi prego di sopportare qualche capitolo di questa, anche se non è…Ehm, speciale come l’altra… Once more ha un ritmo assai meno incalzante… Forse perché io stessa sono meno incasinata, ora!^^’’’ Uhm… Dunque dovrò buttare all’aria la mia vita per continuare la penultima fic…?  Oh cielo…

 

 

 

 

 

Forse è vero, rispondendo a Kemen, che questa storia è nata grazie all’elaborazione di attimi della mia vita… Ti ringrazio moltissimo, Kemen, per avermelo fatto notare: io stessa non me ne ero assolutamente accorta  ‘0.0’  (difatti quando ho letto il tuo commento sono rimasta allibita per il non essermene davvero resa conto…)  e le tue parole mi hanno davvero invitata a riflettere… Portandomi ad una conclusione perennemente uguale a se stessa… Ma sorrrrvoliaaaaamo, che è meglio…-.-  Dico solo che i miei (e ora lo posso dire, e solo grazie a te!^^ ) sentimenti emergeranno di nuovo proprio in questa fic  Forse.  Solo se riuscirò ad esternarli, ovvio… Per me, che caratterialmente sono dannatamente simile a Rukawa (mannagg…) è alquanto difficile riuscirvi. Però mi impegno ogni volta  e  spero sempre di  riuscire a tirar fuori qualcosa di buono…^^’ ‘ ‘

 

 

 

 

 

Per conoscere il motivo per il quale Hana è solo e senza Kaede, Elrohir, dovrai attendere il prossimo capitolo… O tutt’al più quello successivo… Ti prego di non darmi della malefica…’^__^’   È che ritengo di rovinare le cose, spiegandoti in anteprima perché Ru non sia in quella stanza…^^ Ma potrai saperlo presto, non temere… Entro la fine della settimana prossima, mi auguro…

 

 

 

 

Un enorme  grazie  a voi tutte che avete commentato il precedente chap! Spero di non annoiarvi con questo^ç^! Buona lettura! Kiss…!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 2 + + +

 

 

 

 

I riflessi della luna che si rispecchiava silenziosa in una infinità di riverberi di pallida luce sulle umide rive del lago montano  rendevano l’atmosfera magicamente irreale.  Quella sera eri rimasto in disparte, incantandoti ad osservare la superficie increspata di quell’acqua cristallina  resa torbida come abissi da quella notte d’autunno.    Avresti voluto unirti agli altri, è vero.   Ma già lo sapevi che la montagna ti faceva questo effetto.

 

 

Restavi isolato su un masso ascoltando distratto i loro discorsi scambiati intorno a un caldo fuoco crepitante.

 

 

                                           Restavi isolato a guardare ogni singola stella del firmamento tremare sotto il tuo sguardo.

 

 

                              Quasi ti sembra fosse stato ieri.

 

 

 

 

 

E ti rivedi, seduto su quel masso, i piedi ben piantati a terra…  I gomiti poggiati sulle ginocchia.  Le dita delle mani intrecciate. 

 

Amavi sentirti un’inconsistente scheggia di vetro nell’intero universo.  Un invisibile granello di sabbia in un deserto vasto quanto l’infinito. 

 

Un piccolo uomo che, senza parlare… senza pensare…  si perdeva in un unico ritaglio di cielo blu trapuntato di minuscole stelle.

 

 

 

 

 

Sentivi l’aria fredda pungerti il naso.  Il tuo corpo scosso dai brividi ad ogni fredda folata di vento.  E te ne fregavi di correre il rischio di un malanno. Perché quella sera c’era qualcos’altro ad attrarti.    Qualcosa di già conosciuto ma che mai, mai avevi osservato davvero.

 

 

 

Qualcosa che non avevi mai considerato più di tanto.   Qualcosa che, anzi,  avevi da sempre odiato senza un reale perché.

 

 

 

Ma non era qualcosa.

                                                                                                                      Piuttosto qualcuno.

 

 

 

 

In quei lunghi minuti d’inconsueta solitudine i tuoi occhi si erano rivolti verso un punto preciso. 

E  malgrado i tuoi deboli sforzi  non eri stato in grado di guardare altrove.

 

 

 

                    Sorridi.          Ricordi quella figura come se l’avessi ancora davanti. 

 

 

 

 

Distante da te alcune decine di metri,  immersa nel buio della notte,  isolata come lo eri tu.   Silenziosa come il volo di una rara farfalla che s’avventura tra boccioli di fiori di pesco in quegli eterni istanti delle prime luci dell’alba.   Avevi distolto lo sguardo. 

 

 

 

 

Ma solo per posarlo a una manciata di metri da te.  Per  vedere gli scarponi di Kaede abbandonati sul terreno.  E le sue innocenti impronte di piedi nudi  lasciate su quella sabbia mista a infiniti frammenti di ghiaia.  Tracce confuse che svanivano fondendosi con l’oscurità. 

 

 

Un attimo dopo avevi rialzato gli occhi.  E quella nota silhouette era ancora là.  Immobile nel medesimo punto.    Lontana,  seminascosta fra le ombre della notte.  Avevi trovato così inconsueto  vederlo passeggiare silenzioso con l’acqua gelida fino alle caviglie,  lungo le rive di quel lago…   

 

 

 

 

 

                                                                                   Quant’è bello…

 

                                                                                                        Avevi pensato. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma non un bello banale come di abitudine. 

                Un bello colmo di ammirazione e dolcezza.     Un bello colmo di comprensione.

Comprensione perché in quel preciso istante avevi capito chi era.

 

 

 

 

 

 

 

 

                                        Avevi capito  chi era.

 

                       E continuavi a ripetertelo perché non volevi crederci. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu avevi capito Kaede Rukawa.  Avevi capito il tuo nemico numero uno, ancor più nemico di quanto non lo fossero quel porcospino dei tuoi stivali o quel Fuku-verme, come amavi  e ancora ami  chiamarli tu.  Tu avevi capito. 

 

 

 

Avevi capito che Kaede Rukawa non era ciò che sembrava.    Non era quel narcisista a cui non servivano parole perché già sapeva di piacere. 

Non era la primadonna che non giocava di squadra perché già sapeva di valere. 

In realtà,  quella realtà che non avevi mai voluto vedere,  era un ragazzo del tutto semplice e normale.  Uguale ad ogni altro. 

 

 

Uguale a te. 

 

        Ed unico, per questo. 

 

 

 

 

 

 

Un ragazzo che sapeva, a differenza di te, accettarsi così com’era.  Con le sue sicurezze ed i suoi infiniti difetti.  Un ragazzo che non aveva bisogno di nascondersi dietro assurde maschere fittizie  volte solo ad esibirlo sotto una luce migliore  agli altri.   Un ragazzo che sapeva mostrarsi  senza barriere.  Senza scudi che lo proteggessero.    

Nemmeno se ne avesse avuto bisogno. 

 

 

                                                                                                     Faccia a faccia con il mondo. 

 

 

 

Lui lo era.         Tu no.                E lo stimavi per questo.      Ancora una volta,  lui riusciva a batterti. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eppure non provavi rancore o invidia nei suoi confronti.  Perché avevi capito. 

 

                                                 Avevi capito che racchiuso nel suo bozzolo di solitudine  Kaede soffriva. 

 

 

 

 

 

 

 

 

E tu non ne sapevi ancora il motivo, in quell’attimo in cui le tue dita hanno raccolto un sasso…

Non conoscevi il motivo per il quale avevi provato l’irrefrenabile impulso di sottrarlo dalle morse della sua solitudine.  Forse volevi dare ascolto a quell’innata emozione che ti batteva nel petto.  La sentivi bruciare in quel limbo di insolita euforia.  Una felicità intensa mai provata fino a quel momento.  Una felicità completamente diversa da quella di un bimbo di fronte a una splendida sorpresa inaspettata.  Tu eri… 

 

 

                                             No.

 

Non è possibile descrivere  ciò che hai provato. 

 

 

 

Ma l’intenso e straordinario sentimento di quell’attimo ha continuato a far battere il tuo cuore.     E continua a farlo battere tuttora.    E continuerà farlo ancora.    Ancora.     E ancora.

 

                                                Lo senti ardere senza fine.     Perché da quel momento tu hai cominciato a vivere.

 

 

 

 

Ripensi a quel sassolino lanciato con forza il più lontano possibile.   Verso di lui. 

Lo hai visto bloccarsi.  Guardare in direzione dell’increspatura concentrica della superficie d’acqua.  E sai che, un attimo dopo, i vostri sguardi si sono intrecciati.

 

 

 

 

Che tu gli hai sorriso. 

 

 

 

 

 

 

Non sai se lui abbia scorso realmente la morbida curva delle tue labbra, da quella distanza.  Eppure è rimasto immobile a lungo, a fissare nella tua direzione. 

 

 

                       Minuti interminabili che avresti voluto non finissero mai. 

 

 

 

 

 

                                                                 Ed è stato allora che hai accettato di dormire con lui. 

 

 

 

 

 

 

Mancava un sacco a pelo quel giorno.  E non capivi perché nessuno volesse ospitarti nel suo.  Eri stato obbligato a dormire con Kaede. 

L’unico che era rimasto in silenzio durante le tue interminabili proteste.  L’unico che, in realtà, non aveva partecipato alla discussione, preferendo rilassarsi  con una spalla appoggiata ad un vecchio tronco d’albero, il peso scaricato su una gamba e le braccia incrociate.  Irragionevolmente intabarrato nei suoi trenta strati di indumenti di lana. 

 

 

 

 

        Ti sfugge un altro sorriso. 

 

 

 

 

 

 

 

I tuoi occhi non abbandonano il soffitto, momentaneamente usato come schermo inesistente per proiettarvi impalpabili ricordi.  Richiami alla mente le offese scambiate con Kaede nel montare la tenda con l’aiuto dei compagni, le lotte con lui in quel caldo spazio ristretto e morbido del sacco a pelo che t’impediva di allontanarti da lui.  Ridi. 

Più  tentavi di scostarti strisciando più te lo trascinavi vicino senza volerlo.  Ricordi i suoi calci potenti contro le tue caviglie, la sua voce profonda che t’insultava ad ogni tuo spintone in  sommessi mormorii per non svegliare gli altri.  Ricordi l’ultima lotta furibonda per ottenere la posizione più comoda in quel dannato e provvisorio letto.  Lotta che aveva portato i vostri volti vicini. 

 

                                                      Troppo vicini. 

 

 

 

 

Chiudi gli occhi e ti torna alla mente il profumo che Kaede aveva usato quel giorno.  I vostri respiri affannati si scontravano l’uno con l’altro, intrecciandosi    proseguendo quella schermaglia che voi avevate interrotto.     Ripensi ai suoi occhi fissi nei tuoi, al suo sguardo sorpreso.

 

 

Come il tuo, Hana, non dimenticarlo. 

 

                                       Ti eri sentito morire, non è così? 

 

 

 

 

Ma avresti voluto morire altre mille, mille e mille volte in quel modo.  Saresti morto ogni minuto così, se avessi avuto la certezza che avresti, ogni volta, provato quella stessa sconvolgente emozione. 

 

 

 

 

I vostri occhi incapaci di liberarsi da invisibili catene che li tenevano legati l’un l’altro, i vostri fiati che si fondevano morendo, man mano voi trattenevate il respiro…  Se solo ti fossi abbassato anche solo di un po’…   Se solo l’avessi fatto tu…  

Se solo… 

 

 

 

Tu avresti anche potuto…

 

 

 

 

 

 

 

 Ma ti eri scostato dopo averlo fulminato con espressione truce. 

 

                                                                 Scassa ancora e t’ammazzo.  Se non ti spiace vorrei dormire. 

 

 

 

Era questo che volevi comunicargli senza usare parole, mentre gli voltavi le spalle, levandotelo di dosso, sistemandoti su un fianco. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avevi tremato quando avevi sentito le dita di Kaede scivolare leggere sulla tua pelle calda. 

 

 

 

 

 

Ti aveva chiamato piano, risvegliandoti da quel dormiveglia che ti cullava da qualche minuto. 

 

                                                                                                                       Ma non avevi risposto. 

 

 

 

 

Forse perché non avevi voglia di parlargli.   Forse perché non avevi la voglia di litigare di nuovo con lui.  O forse solo perché un fremito aveva trapassato ogni tuo singolo nervo nel sentire la sua voce affannata e dolce chiamarti per nome rompendo il silenzio della notte con un impercettibile sussurro.   La reazione del tuo corpo ti aveva spaventato.   E avevi finto di dormire. 

 

 

 

 

E le dita di Rukawa si erano avventurate con estrema lentezza sotto i tuoi maglioni, sfiorando i muscoli roventi della tua schiena.

 

 

 

 

 

 

Nemmeno adesso sai cosa avresti dato per poter inarcarla, quella schiena, e inclinare il capo all’indietro verso la sua fronte, ascoltando il mormorio dell’acqua di un ruscello fluire dolce in quel lago disturbando ribelle  la calma della notte.   Eri rimasto immobile, mentre invece avresti voluto scalciare per la tensione.  Avevi  preferito soffocare in gola un potente gemito che premeva per uscire,  mentre qualcosa in te si risvegliava. 

 

                                                            Mentre   tutto,   in te,   si risvegliava. 

 

 

 

 

Ogni tuo senso si era affinato in un istante.  E sentivi quelle maledette dita serpeggiare lungo la tua pelle   spingendo,   mancando.      E ogni volta che non le sentivi avresti voluto spingerti verso di lui,  e sentire una carezza più pesante,  più decisa,  lungo la tua spina dorsale così vogliosa di attenzioni.

 

 

 

 

 

Eppure  avevi preferito simulare un movimento compiuto nel sonno.  Kaede si era bloccato.  E le sue dite erano scivolate lente verso il basso,  lontano.  Ma poi, più tardi, dopo minuti interminabili, erano tornate da te.  E ti ci erano volute ore per abituarti al suo polso posato sul tuo fianco, alle sue dita che percepivi contro il ventre, separate dalla tua pelle solo a causa dei vestiti.

 

 

 

 

 

 

 

Sospiri.  Detesti sentirti solo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu non sei fatto per la solitudine.  E ti ripeti ogni giorno che dovrai fartene una ragione.

 

                                                                                                         Perché Kaede non tornerà da te, Hanamichi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ti alzi e ti accosti alla finestra.  Quanto vorresti che invece fosse così...  Che Kae tornasse da te dicendo che non ti abbandonerà più, mai  più, abbracciandoti forte, stringendoti a sé senza più lasciarti andare.  E ogni volta ti insulti, per questo. 

 

                                                                               Ti  maledici  per questo. 

 

 

 

 

 

Perché tu, tu che non eri mai stato capace di amare nessuno  davvero,   nonostante le tue storie e le tue avventure, 

eri riuscito a legarti  davvero,    davvero,

                                                                        dannatamente  davvero  a colui che ti avrebbe lasciato solo.            

 

 

 

  

                Solo.        

 

 

 

 

                                                                Solo.

 

 

 

 

 

 

 

Colui che ti diceva ogni volta che sarebbe rimasto con te per sempre.  

 

                                                                                              Che te lo aveva promesso. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma  Kaede Rukawa  non era  Hanamichi Sakuragi.    

 

 

 

                                                               Lui non era  te,   e lo sai.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                            Perché Kaede Rukawa non era in grado di mantenere una simile promessa. 

 

                                                                                                          Ma tu  …questo…  ancora non potevi saperlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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