+ Once more +
_-( Natale Con Te )-_
+ + + Capitolo 2 + + +
Note
Ah…Relax……
Temevo non arrivasse più……!
Che pace senza la
scuola…^_____^
Eccomi con il secondo capitolo di Once more, ficcy che ho iniziato
per fermarmi per qualche giorno con Hard To Accept… Non preoccupatevi quella, la continuerò presto, promesso^^! È che sono esausta, ora
che è terminata l’abominevole avventura degli esami (scherzo, in fondo anche
durate quegli otto giorni –argh!- nella mia ormai non
più scuola mi sono divertita…)… E io che ero straconvinta che sarei stata
megapimpante e piena di energia… Eh, uabbèh, pasiensa… Mi rifarò presto, non temete!^^ H.T.A è in sospeso
anche perché sarò via per qualche giorno, tutto qui… E poi tornerà apposta per
voi, a soddisfare la vostra curiosità e la voglia di leggere^^! Per ora vi
prego di sopportare qualche capitolo di questa, anche se non è…Ehm, speciale come l’altra… Once more ha un ritmo assai meno incalzante… Forse
perché io stessa sono meno incasinata, ora!^^’’’ Uhm… Dunque dovrò buttare
all’aria la mia vita per continuare la penultima fic…? Oh cielo…
Forse è vero, rispondendo a Kemen, che questa storia è nata grazie
all’elaborazione di attimi della mia vita… Ti ringrazio moltissimo, Kemen, per avermelo fatto notare: io stessa non me ne ero
assolutamente accorta ‘0.0’ (difatti quando ho letto il tuo commento sono
rimasta allibita per il non essermene davvero resa conto…) e le tue parole mi hanno davvero invitata a
riflettere… Portandomi ad una conclusione perennemente uguale a se stessa… Ma sorrrrvoliaaaaamo, che è meglio…-.- Dico solo che i miei (e ora lo posso dire, e solo grazie a te!^^
) sentimenti emergeranno di nuovo proprio in questa fic… Forse. Solo se riuscirò ad esternarli, ovvio… Per
me, che caratterialmente sono dannatamente simile a Rukawa
(mannagg…) è alquanto difficile riuscirvi. Però mi
impegno ogni volta e spero sempre di riuscire a tirar fuori qualcosa di buono…^^’
‘ ‘
Per conoscere il motivo per il quale Hana
è solo e senza Kaede, Elrohir,
dovrai attendere il prossimo capitolo… O tutt’al più
quello successivo… Ti prego di non darmi della malefica…’^__^’
È che ritengo di rovinare le cose, spiegandoti in anteprima perché Ru non sia in quella stanza…^^ Ma potrai saperlo presto,
non temere… Entro la fine della settimana prossima, mi auguro…
Un enorme grazie a voi tutte che avete commentato il precedente chap! Spero di non annoiarvi con questo^ç^! Buona lettura! Kiss…!
+ Once more +
_-( Natale Con Te )-_
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I riflessi della luna che si rispecchiava silenziosa in una
infinità di riverberi di pallida luce sulle umide rive del lago montano rendevano l’atmosfera magicamente
irreale. Quella sera eri rimasto in
disparte, incantandoti ad osservare la superficie increspata di quell’acqua cristallina
resa torbida come abissi da quella notte d’autunno. Avresti voluto unirti agli altri, è vero. Ma già lo sapevi che la montagna ti faceva
questo effetto.
Restavi isolato su un masso ascoltando distratto i loro discorsi
scambiati intorno a un caldo fuoco crepitante.
Restavi isolato a guardare ogni singola stella del firmamento tremare
sotto il tuo sguardo.
Quasi ti sembra fosse stato ieri.
E ti rivedi, seduto su quel masso, i piedi ben piantati a
terra… I gomiti poggiati sulle
ginocchia. Le dita delle mani
intrecciate.
Amavi sentirti un’inconsistente scheggia di vetro nell’intero
universo. Un invisibile granello di
sabbia in un deserto vasto quanto l’infinito.
Un piccolo uomo che, senza parlare… senza pensare… si perdeva in un unico ritaglio di cielo blu
trapuntato di minuscole stelle.
Sentivi l’aria fredda pungerti il naso. Il tuo corpo scosso dai brividi ad ogni
fredda folata di vento. E te ne fregavi
di correre il rischio di un malanno. Perché quella sera c’era qualcos’altro ad
attrarti. Qualcosa di già conosciuto
ma che mai, mai avevi osservato
davvero.
Qualcosa che non avevi mai considerato più di tanto. Qualcosa che, anzi, avevi da sempre odiato senza un reale perché.
Ma non era
qualcosa.
Piuttosto
qualcuno.
In quei lunghi minuti d’inconsueta solitudine i tuoi occhi si
erano rivolti verso un punto preciso.
E malgrado i tuoi deboli
sforzi non eri stato in grado di
guardare altrove.
Sorridi. Ricordi quella figura come se
l’avessi ancora davanti.
Distante da te alcune decine di metri, immersa nel buio della notte, isolata come lo eri tu. Silenziosa come il volo di una rara farfalla
che s’avventura tra boccioli di fiori di pesco in quegli eterni istanti delle
prime luci dell’alba. Avevi distolto lo
sguardo.
Ma solo per posarlo a una manciata di metri da te. Per
vedere gli scarponi di Kaede abbandonati sul terreno. E le sue innocenti impronte di piedi
nudi lasciate su quella sabbia mista a
infiniti frammenti di ghiaia. Tracce
confuse che svanivano fondendosi con l’oscurità.
Un attimo dopo avevi rialzato gli occhi. E quella nota silhouette era ancora là. Immobile nel medesimo punto. Lontana,
seminascosta fra le ombre della notte.
Avevi trovato così inconsueto
vederlo passeggiare silenzioso con l’acqua gelida fino alle
caviglie, lungo le rive di quel lago…
…Quant’è bello…
Avevi pensato.
Ma non un bello banale
come di abitudine.
Un bello colmo di ammirazione e
dolcezza. Un bello colmo di
comprensione.
Comprensione
perché in quel preciso istante avevi capito chi era.
Avevi
capito chi era.
E
continuavi a ripetertelo perché non volevi crederci.
Tu avevi capito Kaede Rukawa. Avevi
capito il tuo nemico numero uno, ancor più nemico di quanto non lo fossero quel porcospino
dei tuoi stivali o quel Fuku-verme, come
amavi e ancora ami chiamarli tu.
Tu avevi capito.
Avevi capito che Kaede Rukawa non era
ciò che sembrava. Non era quel
narcisista a cui non servivano parole perché già sapeva di piacere.
Non era la primadonna che non giocava di squadra perché già
sapeva di valere.
In realtà, quella realtà
che non avevi mai voluto vedere, era un ragazzo del tutto semplice e
normale. Uguale ad ogni altro.
Uguale a te.
Ed unico, per
questo.
Un ragazzo che sapeva, a differenza di te, accettarsi così
com’era. Con le sue sicurezze ed i suoi
infiniti difetti. Un ragazzo che non
aveva bisogno di nascondersi dietro assurde maschere fittizie volte solo ad esibirlo sotto una luce
migliore agli altri. Un
ragazzo che sapeva mostrarsi senza
barriere. Senza scudi che lo
proteggessero.
Nemmeno se ne avesse avuto bisogno.
Faccia a faccia con
il mondo.
Lui lo era.
Tu no. E lo stimavi per questo. Ancora una volta, lui riusciva a batterti.
Eppure non provavi rancore o invidia nei suoi confronti. Perché avevi capito.
Avevi capito che
racchiuso nel suo bozzolo di solitudine Kaede soffriva.
E tu non ne sapevi ancora il motivo, in quell’attimo
in cui le tue dita hanno raccolto un sasso…
Non conoscevi il motivo per il quale avevi provato l’irrefrenabile
impulso di sottrarlo dalle morse della sua solitudine. Forse volevi dare ascolto a quell’innata emozione che ti batteva nel petto. La sentivi bruciare in quel limbo di insolita
euforia. Una felicità intensa mai
provata fino a quel momento. Una
felicità completamente diversa da quella di un bimbo di fronte a una splendida
sorpresa inaspettata. Tu eri…
No.
Non è possibile descrivere ciò che hai provato.
Ma l’intenso e straordinario sentimento di quell’attimo
ha continuato a far battere il tuo cuore.
E continua a farlo battere tuttora.
E continuerà farlo ancora.
Ancora. E ancora.
Lo senti ardere senza fine. Perché da quel momento tu hai cominciato a
vivere.
Ripensi a quel sassolino lanciato con forza il più lontano
possibile. Verso di lui.
Lo hai visto bloccarsi.
Guardare in direzione dell’increspatura concentrica della superficie
d’acqua. E sai che, un attimo dopo, i
vostri sguardi si sono intrecciati.
Che tu gli hai sorriso.
Non sai se lui abbia scorso realmente la morbida curva delle tue
labbra, da quella distanza. Eppure è
rimasto immobile a lungo, a fissare nella tua direzione.
Minuti
interminabili che avresti voluto non finissero mai.
Ed è stato allora che hai accettato di dormire con lui.
Mancava un sacco a pelo quel giorno. E non capivi perché nessuno volesse ospitarti
nel suo. Eri stato obbligato a dormire
con Kaede.
L’unico che
era rimasto in silenzio durante le tue interminabili proteste. L’unico che, in realtà, non aveva partecipato
alla discussione, preferendo rilassarsi
con una spalla appoggiata ad un vecchio tronco d’albero, il peso
scaricato su una gamba e le braccia incrociate.
Irragionevolmente intabarrato nei suoi trenta strati di indumenti di
lana.
Ti sfugge un altro
sorriso.
I tuoi occhi non abbandonano il soffitto, momentaneamente usato
come schermo inesistente per proiettarvi impalpabili ricordi. Richiami alla mente le offese scambiate con
Kaede nel montare la tenda con l’aiuto dei compagni, le lotte con lui in quel
caldo spazio ristretto e morbido del sacco a pelo che t’impediva di
allontanarti da lui. Ridi.
Più tentavi di scostarti
strisciando più te lo trascinavi vicino senza volerlo. Ricordi i suoi calci potenti contro le tue
caviglie, la sua voce profonda che t’insultava ad ogni tuo spintone in sommessi mormorii per non svegliare gli
altri. Ricordi l’ultima lotta furibonda
per ottenere la posizione più comoda in quel dannato e provvisorio letto. Lotta che aveva portato i vostri volti
vicini.
Troppo
vicini.
Chiudi gli occhi e ti torna alla mente il profumo che Kaede aveva usato quel giorno. I vostri respiri affannati si scontravano
l’uno con l’altro, intrecciandosi
proseguendo quella schermaglia che voi avevate interrotto. Ripensi ai suoi occhi fissi nei tuoi, al
suo sguardo sorpreso.
Come il tuo, Hana, non
dimenticarlo.
Ti eri
sentito morire, non è così?
Ma avresti voluto morire altre
mille, mille e mille volte in quel modo.
Saresti morto ogni minuto
così, se avessi avuto la certezza che avresti, ogni volta, provato quella
stessa sconvolgente emozione.
I vostri occhi incapaci di liberarsi da invisibili catene che li
tenevano legati l’un l’altro, i vostri fiati che si fondevano morendo, man mano
voi trattenevate il respiro… Se solo ti
fossi abbassato anche solo di un po’…
Se solo l’avessi fatto tu…
Se solo…
Tu avresti anche potuto…
Ma ti eri scostato dopo averlo
fulminato con espressione truce.
Scassa ancora e t’ammazzo. Se non
ti spiace vorrei dormire.
Era
questo che volevi comunicargli senza usare parole, mentre gli voltavi le spalle,
levandotelo di dosso, sistemandoti su un fianco.
Avevi tremato quando avevi sentito le dita di Kaede scivolare
leggere sulla tua pelle calda.
Ti aveva chiamato piano, risvegliandoti da quel dormiveglia che
ti cullava da qualche minuto.
Ma non avevi risposto.
Forse perché non avevi voglia di parlargli. Forse perché non avevi la voglia di litigare
di nuovo con lui. O forse solo perché un
fremito aveva trapassato ogni tuo singolo nervo nel sentire la sua voce
affannata e dolce chiamarti per nome
rompendo il silenzio della notte con un impercettibile sussurro. La reazione del tuo corpo ti aveva spaventato. E avevi finto di dormire.
E le dita di Rukawa si erano
avventurate con estrema lentezza sotto i tuoi maglioni, sfiorando i muscoli
roventi della tua schiena.
Nemmeno adesso sai cosa avresti dato per poter inarcarla, quella
schiena, e inclinare il capo all’indietro verso la sua fronte, ascoltando il
mormorio dell’acqua di un ruscello fluire dolce in quel lago disturbando
ribelle la calma della notte. Eri rimasto immobile, mentre invece avresti
voluto scalciare per la tensione. Avevi preferito soffocare in gola un potente gemito
che premeva per uscire, mentre qualcosa
in te si risvegliava.
Mentre tutto, in te, si risvegliava.
Ogni tuo senso si era affinato in un istante. E sentivi quelle maledette dita serpeggiare
lungo la tua pelle spingendo, mancando. E ogni volta che non le sentivi avresti
voluto spingerti verso di lui, e sentire
una carezza più pesante, più decisa, lungo la tua spina dorsale così vogliosa di
attenzioni.
Eppure avevi preferito
simulare un movimento compiuto nel sonno.
Kaede si era bloccato. E le sue
dite erano scivolate lente verso il basso, lontano.
Ma poi, più tardi, dopo minuti interminabili, erano tornate da te. E ti ci erano volute ore per abituarti al suo
polso posato sul tuo fianco, alle sue dita che percepivi contro il ventre,
separate dalla tua pelle solo a causa dei vestiti.
Sospiri. Detesti sentirti solo.
Tu non sei fatto per la solitudine. E ti ripeti ogni giorno che dovrai fartene
una ragione.
Perché Kaede non tornerà da te,
Hanamichi.
Ti alzi e ti accosti alla finestra. Quanto vorresti che invece fosse così... Che Kae tornasse da
te dicendo che non ti abbandonerà più, mai più, abbracciandoti forte, stringendoti a
sé senza più lasciarti andare. E ogni
volta ti insulti, per questo.
Ti maledici per questo.
Perché tu, tu che non eri mai stato capace di amare nessuno davvero,
nonostante le tue storie e le tue avventure,
eri riuscito a legarti
davvero, davvero,
dannatamente davvero a colui che ti
avrebbe lasciato solo.
Solo.
Solo.
Colui che ti diceva ogni volta che sarebbe rimasto con te per
sempre.
Che te lo aveva promesso.
Ma Kaede Rukawa non era
Hanamichi Sakuragi.
Lui non era te, e lo sai.
Perché Kaede Rukawa
non era in grado di mantenere una simile promessa.
Ma
tu …questo… ancora non potevi saperlo.