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Autore: bluemary    06/07/2006    8 recensioni
"-E qual è il contrario di immortale?-
L'uomo fa un sorriso strano, senza allegria.
-Il contrario di immortale? È umano.-"
One-shot strettamente legata ad Immortal
Genere: Dark, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il pomeriggio nel villaggio si avvicina alla sera, con una sfumatura sempre più scura nel cielo terso.
Un'alta figura avanza verso la piazza, dove alcune donne sono ferme a parlare tra loro ed i bambini giocano a rincorrersi tra le gambe degli adulti, provocando rimproveri e sorrisi indulgenti.
Con un fruscio del mantello si blocca di colpo, guardandosi attorno con aria pensierosa mentre si scosta dal volto le lunghe ciocche di capelli neri, svelando al sole il volto di un uomo appena uscito dall'adolescenza.
Riprende a camminare quasi con indolenza, lasciando vagare i suoi occhi azzurri verso l'orizzonte.
Di solito i massacri riescono meglio con lo sfondo di un cielo nero e la luce della luna a illuminare i corpi stesi a terra senza vita, ma ormai si è talmente abituato alla morte da non aver bisogno della scenografia adatta per reputarsi soddisfatto del suo operato.
Gli abitanti del villaggio lo guardano, sorpresi che lui non risponda ai loro saluti e continui ad avanzare per la strada con lo sguardo perso nel vuoto.
Il giovane uomo sorride, una piega delle labbra che attraversa come un taglio il suo volto crudele.
È giunto il momento di svelare a questi abitanti la sua reale identità, gettando quel velo di bravo e dolce ragazzo che avviluppava la sua figura tenebrosa. Li ha ingannati tutti in quelle settimane in cui è vissuto come un normale ragazzo del villaggio, mescolandosi con quelli che, un tempo, avrebbe potuto considerare suoi simili.
Ma, in fondo, lui non è mai stato come gli altri.

L'uomo avanza nella locanda con passo sicuro, nonostante le occhiate ostili più o meno evidenti di tutti gli avventori e le macchie sospettosamente rosse che i suoi passi lasciano sul pavimento.
La sua venuta non è mai stata accolta in altro modo, come se le persone riuscissero a intuire la diversità di quella figura che in ogni attimo della sua vita lotta e si intreccia con la morte.
Nel silenzio generale si avvicina all'oste e abbassa il cappuccio, rivelando un volto sorprendentemente giovane.
Poche parole sussurrate lievi come il vento prima che lo straniero salga le scale diretto ad una delle camere, facendo così svanire quella strana atmosfera di paura e oppressione che aveva generato.
La gente seduta ai tavoli riprende a respirare.

L'uomo si toglie il mantello, appoggiandolo sul letto, prima di sedersi sulla sedia con lo sguardo perso nel vuoto. I suoi occhi di ghiaccio vagano per la stanza senza posarsi su nulla di particolare, mentre sente il sangue inumidirgli la gamba e scivolare a terra dalla ferita ancora aperta che ha sulla coscia.
Non la fascia neppure, sa che tra qualche minuto si rimarginerà da sola senza lasciare alcuna traccia.
-Sono stanco.- sussurra al silenzio della stanza, senza particolari emozioni.
Subito Lei compare alle sue spalle, una figura con lunghi capelli argentei, avvolta da un contorno di luce che rende difficile scorgerne i tratti precisi.
-Perchè sei umano.- un soffio che lo fa rabbrividire.
Ancora non si è abituato a quella voce che sembra scavargli dentro, penetrare in ogni fibra del suo essere e lasciarlo nudo, in un abbraccio di comprensione e dolore; eppure negli ultimi mesi ha visto spesso questa figura, ed ogni volta i suoi contorni sono meno nitidi, ogni volta la sua voce appare più distante.
Abbassa lo sguardo.
-Non riesco a continuare.-
Le sue dita pallide si aggrappano scompostamente alla veste come in preda ad un dolore intollerabile, sono l'unico segno del turbamento che non traspare in alcun modo dal volto troppo giovane per essere così impassibile.
-Non ti è concessa la facoltà di scegliere.- sussurra la voce, accarezzando le parole con un velo di dispiacere.
L'uomo si volta verso di lei, nonostante il suo sguardo non riesca a penetrare i lunghi capelli che la figura tiene davanti al viso, sente ugualmente un paio di occhi sconosciuti bruciargli l’anima.
-È la mia vita!-
-Da quando hai ricevuto questo potere, la vita non ti appartiene più.-
-Io non l'ho desiderato!- urla, la sua espressione si trasfigura in una maschera di lancinante sofferenza, finalmente dalla sua impassibilità affiora la rabbia per quel patto che avrebbe dovuto renderlo il protettore degli umani e invece l'ha sprofondato in una solitudine gelida e tagliente.
- È il tuo destino.-
L'uomo si accascia sotto quella parola che lo imprigiona in un'esistenza di buio e abbandono.
-Lasciami morire.- sussurra in un soffio di dolore.
In silenzio la figura allunga una mano verso di lui, senza nemmeno sfiorarla la ferita sulla coscia scompare, perfino il sangue che gli incrostava la gamba viene sostituito da una fuggevole sensazione di calore.
-Ancora non è giunto per te il momento di deporre le armi.- mormora prima di dissolversi in numerosi frammenti di luce che subito svaniscono, restituendo alla stanza la cupa atmosfera che le è propria.
L'uomo continua a fissare davanti a sè, l'ultima scintilla dorata si spegne prima ancora di raggiungere la spada azzurra, appoggiata ad un angolo del letto come per nasconderla alla vista.
Stancamente si rimette a mangiare il cibo ormai freddo che l'oste gli aveva portato.
La carne e le verdure si mescolano nella sua bocca in un sapore ferruginoso che l'uomo conosce fin troppo bene per non associarlo al sangue.
La mano gli trema, è più forte di lui, non riesce a tenerla ferma. Anche se adesso è liscia e asciutta, anche se le tracce del sangue nerastro che l'ha ricoperta innumerevoli volte sono scomparse, sa che non potrà mai più essere pulita.
Appoggia la forchetta sul tavolo e si allontana di scatto, un sorriso appena accennato in un volto che rivela il suo turbamento unicamente con l'incredibile pallore.
Ormai, tutto quello che tocca ha il sapore del sangue.

Il demone si guarda attorno, soddisfatto.
Il sangue è ovunque nel villaggio, gocciola dai suoi artigli verso una terra vermiglia, ed il suo odore ferruginoso pervade l'aria. Adesso, questo rosso caldo e appiccicoso, non gli dà più fastidio.
È il suo marchio, il segno del suo passaggio, l’emblema della sua maledizione.
Dove prima c’erano donne e bambini che giocavano nelle ultime ore del giorno, adesso ci sono solo corpi irriconoscibili e contorti, le persone con cui ha condiviso la sua vita nelle ultime settimane hanno all’improvviso terminato la loro esistenza.
Afferra per il bavero della tunica uno dei pochi abitanti ancora rimasti in vita, che si contorce dal dolore mentre lo squarcio sul suo petto lo avvicina sempre più alla morte.
-Dov'è?- chiede, senza nemmeno menzionare l'oggetto del suo interesse.
-Cosa...le farai? Ucciderai anche lei?-
Una smorfia irritata prende il posto del ghigno con cui, fino a quel momento, ha dispensato morte e sofferenza.
Non ci ha ancora deciso, nonostante sia stato solo per lei che è arrivato in quel villaggio tanti giorni prima.

Il demone avanza stranamente pensieroso in quella strada percorsa una volta sola, eppure mai dimenticata.
Non sa perchè, ma sente che uccidere lei lo porterebbe ad un ulteriore distacco dal suo passato. Forse perchè i suoi occhi sono l'unico ricordo della sua vita umana che ancora lo lascia interdetto, in un misto di irritazione e nostalgia, fuggevoli come il profumo del mare.
E, per il demone, ogni piccola fonte di turbamento è un pericolo che va distrutto.
Dopo pochi passi vede avvicinarsi una ragazza minuta dai lunghi capelli castani che, stranamente, gli sembra familiare.
Solo quando incrocia i suoi occhi chiari, si rende conto di quanti anni siano passati dalla sua prima ed ultima visita, per trasformare una bambina in quella giovane donna che gli sorride con aria timida.
Qualcosa lo trattiene dall'ucciderla sul posto e distruggere poi l'intero villaggio, non pietà, nè un qualche sentimento di affetto, ma solo un curioso interesse per quella ragazza incontrata tanto tempo prima, in un passato che non rinnega né rimpiange.
Le sorride di rimando, nascondendo il suo desiderio di sangue dietro un atteggiamento falsamente amichevole.
Per ora la lascerà in vita.

Il demone guarda l'uomo, ancora in attesa di una sua risposta.
-Potrei farlo, la sua vita mi appartiene.- sussurra mentre lo trafigge a fondo con i suoi artigli.
L'uomo tossisce sangue prima di reclinare il capo, gli occhi aperti in un'espressione di sofferenza.
Nessuno sa che il demone, quando era ancora umano, le ha salvato la vita.

L'uomo stringe con entrambe le mani la sua spada azzurrina.
Appena uscito dalla locanda in cui ha passato la notte si è rimesso in cammino, le voci secondo cui una bambina era stata rapita da un ladro non hanno catturato la sua attenzione, finchè un grido gli ferisce le orecchie, un suono di paura e orrore che gli porta alla mente un’unica, nitida parola.
"Demoni."
Una sensazione di morte lo assale all’improvviso.
Negli anni ha imparato a riconoscerne l'odore, che adesso lo assale come una silenziosa accusa. Sapendo già cosa potrebbe trovare, corre verso il luogo dove ha sentito quell'urlo troppo infantile.
Innumerevoli volte ha visto bambini strappati crudelmente alla vita, ma non è mai riuscito ad abituarsi alla morte che pure gli fa da compagna. La sua mente gli si rivolta al pensiero di ciò che potrebbe trovare questa volta; non riuscirebbe a sopportarlo.
Avanza lo stesso, come ha sempre fatto.
In fondo, questo è il suo Dovere.
Arriva di corsa, la mano che stringe spasmodicamente la spada azzurrina e gli occhi rivolti verso un essere grottesco con gli artigli sporchi di sangue; a terra il corpo di un uomo senza vita, probabilmente un predone nomade, a giudicare dai suoi abiti.
La lotta come al solito è breve e dolorosa, ancora una volta gli squarci che dilaniano il suo corpo non sono abbastanza profondi per regalargli la pace ed in un attimo il demone cade a terra, ferito mortalmente.
L'uomo si avvicina ad una piccola figura tremante, mentre un'ondata di sollievo ed incredulità lo travolge. È arrivato in tempo, la bambina piange spaventata ma è ancora viva.
L'abbraccia stretta, per un attimo non crede al sollievo di averla salvata; l'idea di aggiungere alla sua lista di morte un altro corpo tanto piccolo e fragile lo percorre con un’ondata di sofferenza e nausea.
Confusamente sa che ci devono essere state altre volte nel passato in cui è riuscito a salvare le persone dagli attacchi dei demoni, ma le immagini di corpi sanguinanti e lacrime e dolore ancora fresco nell'aria fremente rendono il ricordo di quei momenti un'eco sbiadita e appena percettibile.
Nel suo cuore le vite perse non si compensano con quelle salvate.
La bambina si calma quasi subito, l'uomo sente le sue piccole mani che si aggrappano spasmodicamente alla sua giacca di cuoio ormai logora, come ad un appiglio insperato, ma le lacrime hanno già lasciato il posto ad un'espressione incuriosita.
-Stai bene?- le chiede, sorpreso di sentire la propria voce vibrare di emozioni, quando ormai da anni è solitamente incolore come la sua espressione.
Lei annuisce, poi il suo viso si contrae in una smorfia preoccupata quando si accorge che il suo salvatore sta sanguinando copiosamente dalla ferita sul torace.
-Morirai come le altre persone?- gli chiede con una voce infantile che suona di paura.
L'uomo le sorride, pronunciare la sua condanna non gli sembra così doloroso se serve a rassicurare quella bambina.
-Io non posso morire. Sono immortale.-
La bambina rimane in silenzio un secondo, cercando di comprendere quella parola troppo grande per lei.
-Cosa vuol dire?-
-Che le mie ferite guariranno e rimarrò in vita.-
Le piccole mani aggrappate alla sua giacca allentano la loro stretta, andando delicatamente a curiosare sulla sua ferita in un istintivo bisogno di trovare conferma alle sue parole.
-E qual è il contrario di immortale?-
L'uomo fa un sorriso strano, senza allegria.
-Il contrario di immortale? È umano.-
La bambina lo guarda pensierosa.
-Non capisco.- mormora come per scusarsi.
-Non è importante.-
Un sorriso di dolce innocenza che per l'uomo è assieme bello e doloroso.
La prende in braccio, avviandosi verso il villaggio.
-Come ti chiami?-
-Eharwin.-

Il demone socchiude gli occhi.
Questo ricordo è rimasto a molestare la sua mente, nonostante nessuna particolare emozione lo accompagni, tranne un indefinibile turbamento.
Un altro abitante del villaggio si getta in una fuga disperata verso il bosco, calpestando i cadaveri che ormai hanno preso il posto della terra.
Il demone non lo guarda nemmeno mentre gli appare davanti e, con un'unica unghiata, gli strappa la vita.
Anche questa volta uccidere è stato incredibilmente facile, ma, ormai non se ne stupisce più. In fondo, è sempre stato un ottimo assassino anche da umano, ha solo cambiato il tipo di bersaglio.
Non ricorda la prima volta che le sue mani si sono sporcate di sangue, probabilmente quando ancora dentro di lui ardeva l’illusoria convinzione che bastasse il suo impegno per sconfiggere tutti i demoni ed il suo cuore si rivolgeva scioccamente ad un ideale di pace e giustizia.
Sorride ironicamente senza alcuna sfumatura di umanità.
Non si aspettava che uccidere un umano fosse esattamente come uccidere un demone.

Le gocce di pioggia rimbalzano su una figura a capo chino circondata da corpi privi di vita.
La spada azzurrina che tiene in mano per la prima volta è macchiata di rosso. L'uomo la fissa con uno sguardo indecifrabile.
È quasi sorpreso, non tanto delle sue azioni, quanto delle conseguenze.
È stato facile.
Facile e consolante.
Immergere la spada in quei corpi terrorizzati, strappare la loro vita in un sussurro e vedere gli occhi diventare vitrei in un battito d'ali, il potere di dispensare la morte non per un patto strappato con l’inganno, ma per assecondare unicamente la propria volontà.
Non sa perchè l'ha fatto.
Forse per i loro sguardi impauriti, forse per la tacita accusa con cui l'hanno accolto, rimproverandogli di essere arrivato troppo tardi per salvare dal demone uno di loro…
Ormai non ha più importanza.
Mentre li uccideva, ha sentito che il dolore dentro di lui si risvegliava, attraversandolo in un’ondata violenta, eppure, per la prima volta, quasi piacevole.
Rivolgere l’odio ed i sensi di colpa verso le altre persone anzichè lui stesso è stata una liberazione.
Tocca il sangue sulla lama azzurrina, ora meno splendente del solito, macchiandosi le mani di rosso, poi sorride.
Ora sa come combattere il dolore, come far tacere quella voce dentro di lui che lo tortura per non essere arrivato in tempo.
All’improvviso sente una fitta all’imboccatura dello stomaco. Si volta subito, sapendo già che Lei è arrivata.
Adesso è nitida, come mai lo era stata prima, tutti i suoi contorni soffusi di luce appaiono chiari e definiti ai suoi occhi, eppure ancora non riesce a capire se è un uomo o una donna.

Il demone solleva da terra il capo del villaggio, uno dei pochi che ha cercato di opporre resistenza, e adesso non riesce nemmeno a mettersi in piedi a causa delle numerose ferite.
-Perchè?- sussurra il vecchio agonizzante, prima di esalare l'ultimo respiro sotto le sue dita.
Il demone sorride.
Sempre la stessa domanda.

-Perchè l'hai fatto?- non è un rimprovero o un’accusa, eppure il giovane uomo si sente schiacciare dalla semplice presenza di quella figura ammantata di luce che, nonostante la nitidezza dei suoi tratti, sembra più lontana e irraggiungibile del solito.
-Perché soffrivo.- risponde, quasi sorpreso che basti una singola parola per descrivere la lacerante emozione a cui non è più riuscito a opporsi.
-Lo so.- mormora la voce della creatura -Ma in questo modo non riuscirai a cancellare ciò che ti tortura l’anima.-
-Non ho cancellato il dolore dentro di me. Ho lasciato che mi divorasse, senza oppormi. E, adesso, sono parte di lui.-
-Dovevi combattere il dolore. Non assecondarlo.-
L'uomo sorride, gli occhi fanno intravedere per un attimo la profonda sofferenza che lo sta consumando, un fuoco gelido di sangue e rabbia.
-Ho scoperto che è più facile distruggere che preservare.-
-Il tuo compito non è quello di scegliere ciò che è facile, ma ciò che è giusto.-
-E cos’è giusto? Soffrire inutilmente?-
I lunghi capelli argentei della creatura si agitano appena, eppure la voce, nonostante rimanga bassa e priva di emozioni, appare quasi minacciosa.
-Con la tua sofferenza salvi la vita ad altri.-
Il guerriero scuote la testa.
-Oh, certo! Combattere i demoni, salvare gli umani e far vivere tutti felici e contenti.- recita con scherno come fosse una filastrocca, tornando subito dopo serio.
La figura di luce rimane in silenzio, solo un fuggevole guizzo di compassione gli attraversa il viso, mentre l’uomo continua il suo monologo.
-Ma non ha senso continuare a uccidere i demoni. Non basta. Non basta mai!- urla con amarezza. Per la prima volta sente risvegliarsi un odio profondo nei confronti di quella figura che gli ha donato un’eternità di dolore e solitudine -Lo sai quante volte sono arrivato tardi? Lo sai quanto sangue ha bagnato le mie mani?-
Una mano si allunga verso di lui, in un gesto di comprensione che, per un attimo, gli fa sanguinare il cuore.
Gli sfiora la guancia, raccogliendo una lacrima che l’uomo non si era accorto di aver generato e ritirandosi subito dopo, lasciandogli solo la bruciante sensazione del suo tocco sulla pelle.
-Tu ci credevi. Amavi gli uomini, eri pronto a dare la vita per proteggerli e sacrificare il tuo cuore per salvarli. Per questo sei stato scelto. Per questo Io ti ho scelto.-
L'uomo abbassa lo sguardo, non per timore, solo per raccogliere i pensieri ed esprimere a parole una consapevolezza che si è radicata in lui ad ogni ferita, ad ogni goccia di sangue versata, ad ogni lacrima che ormai non ha più sapore.
-Quando dai troppo al bene è più facile volgergli le spalle.-
Lentamente la figura alza una mano, scostandosi i capelli dal volto.
Il guerriero indietreggia istintivamente nell’incrociare i suoi occhi di fiamma, che lo perforano gelidi e ardenti fin nel profondo della sua anima. Abbassa lo sguardo, cercando invano di cancellare il dolore di quella visione.
-Se ti darai al male eguaglierai quelli che combatti.- la sua voce di spine lo circonda in un abbraccio di amara ineluttabilità, per un attimo lui esita, aggrappandosi a quest'ultimo vincolo che ancora lo trattiene in un'esistenza maledetta eppure familiare.
Afferra la spada, il metallo brucia come fuoco contro le sue mani.
-Almeno adesso sarò io a scegliere la mia dannazione.- ringhia, mentre con il volto distorto dalla rabbia compie un affondo verso la figura di luce di fronte a lui.
La spada si rompe, divisa in tanti frammenti che scivolano a terra come lacrime cristalline e rimangono immobili, luccicanti echi di un pianto giunto troppo tardi.
L'uomo si piega in sè stesso, cercando di contenere il dolore che lo attraversa in una vampata crudele e gelida, cancellando ogni fibra del legame con quell’arma che, in quegli anni, è stata l’unica sua compagna.
Poi scoppia a ridere, un suono gutturale, profondo.
Crudele.
La figura vestita di luce inizia a oscurarsi, i suoi tratti si fanno sempre più soffusi e lontani, solo gli occhi di fiamma bruciano per un attimo ancora l'animo di quello che, fino a poco tempo prima, era un essere umano.
-Addio Kiros.-

Il cielo comincia ad incupirsi, quasi volesse piangere la strage del villaggio; il demone si ferma, appoggiandosi ad una delle case rimaste intatte, mentre i suoi occhi riflettono le fiamme che lo circondano.
Adesso non gli resta che attendere lei.
L'unica persona che ancora lo interessa e che, forse, potrebbe risparmiare.

Cammina a passi lenti, stranamente riluttante a raggiungere il villaggio.
Il peso della bambina contro il suo petto riesce quasi a cancellare quello della spada azzurrina legata al suo fianco destro.
Guarda il viso infantile appoggiato sulla sua spalla, i lineamenti rilassati nel sonno e le mani strette a pugno che gli circondano il collo, in un abbraccio che, in quel momento, lo fa sentire padre.
Uno strano sentimento lo pervade all'improvviso, per un attimo sente nella sua bocca il sapore delle lacrime.
Raggiunge il villaggio senza smettere di pensare che, in un'altra vita, il gelo del suo cuore avrebbe potuto essere rimpiazzato dall’amore per una famiglia.
La bambina non si sveglia quando passa tra le sue braccia a quelle della madre, piangente per il sollievo di riaverla sana e salva.
L'uomo si allontana senza dire una parola, la solitudine torna ad avvilupparlo con il silenzio opprimente che l'ha accompagnato per tutti quegli anni.

Il demone si scosta dal muro a cui era appoggiato, cominciando a camminare tra i cadaveri senza nemmeno guardarsi intorno. Sa che tra breve lei arriverà, e allora dovrà decidere il suo destino.
Il cielo sempre più cupo lo sovrasta, il giusto sfondo per quella figura di tenebra.
Un sorriso crudele compare nel suo volto, mentre i suoi artigli sporchi di sangue riprendono la loro normale forma umana.
-Eharwin, piccola dolce Eharwin, è giunto il momento di prendere il tuo posto al mio fianco.-
   
 
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