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Autore: _montblanc_    06/11/2011    5 recensioni
«Mi sono risvegliata in mezzo alla foresta di Konoha e mi sono detta: ”Beh, non è un male, infondo è sempre stato il mio sogno”, ma poi l’Hokage mi aizzato contro un gruppetto di Anbu e tutto è degenerato...» stava sbraitando la ragazza, una certa isteria nel tono di voce.
~
«Vuoi unirti all’Akatsuki?» domandò di rimando lui, senza distogliere lo sguardo dal combattimento; si stava visibilmente spazientendo.
Vuoi unirti all’Akatsuki? VUOI UNIRTI ALL'AKATSUKI?! Certe cose non si chiedevano così! Non ci si poteva mettere un minimo di introduzione tipo “Ehi, ciao! Ma lo sai che anche se non sei una ninja e non sai un emerito cippolo di come ci si comporti in una battaglia, saresti un membro eccellente nell’Akatsuki? Eh? Che ne pensi?”.
Se lo faceva in modo così diretto e, sopratutto, ad una che non desidera altro nella vita - in mia difesa potevo solo dire che ognuno merita di avere le proprie ambizioni-, questa, poverina, rischiava l’infarto. Ed io non ero Kakuzu, a me ne bastava uno per rimanerci secca.
(Ho cominciato a scrivere questa storia veramente tanto tempo fa, quindi sto piano piano riscrivendo i vecchi capitoli nel disperato tentativo di renderli più leggibili)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akasuna no Sasori, Akatsuki, Altri, Deidara, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Ringrazio con tutto il cuore rlt per l'idea: mi hai salvata, non sapevo che scrivere *_*
Buona lettura^^

Capitolo 31:
Opzione numero uno: tornare me stessa e spiegare tutto a Deidara sperando che la prenda bene – cosa a cui credevo veramente poco- e mandando a quel paese il piano.
Opzione numero due: affrontarlo senza fargli ne farsi eccessivamente male.
Opzione numero tre: chiudere gli occhi e sperare che mi uccidesse in fretta e in modo indolore.
In un certo senso, in quel momento, mi sentivo come una gazzella che scappa disperatamente da un tirannosauro – in stile Jurassic Park-.
Una gazzella tremendamente goffa e senza un minimo di grazia, ma pur sempre una gazzella.
Il fatto problematico era che, mentre io stavo esaurendo tutte le mie energie, al clone di Deidara bastava fare un passo per percorrere distanze lunghissime.
Continuavo a correre, zigzagando tra alberi per distrarre il mio inseguitore che, ovviamente, non poteva farsi fregare da un trucchetto del genere.
- Ah!-.
Improvvisamente un Pino mi spuntò davanti, tagliandomi la strada e causando la mia irrimediabile facciata contro di esso – ed eravamo arrivati a due in un giorno solo-.
Senza opporre minimamente resistenza mi lasciai scivolare per tutto il tronco dell’albero, bruciandomi all’inverosimile il corpo, fino ad accasciarmi al suolo.
Mi portai una mano alla fronte dove probabilmente mi si era infilzata una scheggia: se andava bene mi sarei ritrovata entro sera con la cicatrice di Harry Potter.
Ricordandomi improvvisamente che Itachi non sarebbe rimasto arrotolato su se stesso tra le radici di un arbusto gigante a disperarsi, decisi che era il caso di ricomporsi.
Sotto lo sguardo incredulo di Deidara e quello vitreo del suo clone mastodontico ripresi a correre per la foresta, ovvero: mi voltai inciampando nella cappa dell’Akatsuki, feci un passo e rischiai di ammazzarmi a causa degli scaldamuscoli, inciampai su un sasso, su un tronco e per finire caddi in una pozzanghera.
Mi trascinai esanime per qualche altro metro, le ginocchia ormai sbucciate e martoriate, i vestiti grondanti e puzzolenti – perché si, dove tutta quella faticaccia puzzavo anche-.
Itachi mi ammazzava, oh se mi ammazzava: non osavo pensare a cosa mi potesse aspettare una volta che la marmotta ne fosse venuto a conoscenza.
Sempre se riuscivo ad arrivare viva fino a quel momento...
Che brutta fine per una che non voleva fare altro che dare una mano!
Già, dato che non avevo visto neanche l’ombra di un quattrino da quando ero entrata nell’Akatsuki nessuno poteva dire che lavoravo per lei. Davo semplicemente una mano.
Ovvero: mi facevo in quattro per persone che avrebbero potuto salvarsi benissimo per conto proprio.
Ma tanto, perché scomodarsi se c’è qui una scema che può sporcarsi le mani al posto loro?
Ma non polemizziamo, era arrivato il momento giusto per provarci.
Forse la mia idea poteva anche essere stupida, anzi, era sicuramente una cosa stupida, ma purtroppo non ero riuscita a partorire un’idea migliore.
Non ero sicura di quello che stavo per fare, ma non avevo altra scelta, no?
Dovevo assolutamente fare qualcosa per impedire a Deidara di colpirmi, sapete, mi sarebbe piaciuto tirare avanti per qualche altro annetto.
Lui volava fuori dalla portata del c3 Karura in modo da non essere colpito dunque, tutto quello che dovevo fare, era avvicinarmi a lui il più possibile e bloccarlo.
A come ci avrei pensato al momento: dovevo sbrigarmi a fare qualcosa o saltavo per aria.
- Taiju. Kage Bunshin no jutsu!- dissi, componendo i sigilli.
Cinque Itachi comparvero al mio fianco e si divisero in varie direzioni, pronte ad attaccare Deidara – o meglio, a prenderle da lui-.
Il biondino, per nulla spaventato da una mossa del genere, creò delle bombe guidate e le fece esplodere una ad una.
Preso com’era ad osservare la sua opera d’arte fiorire – per una volta ringrazia che fosse così fissato- riuscii a prenderlo alle spalle.
Per un attimo ero stata colta dal panico: non avevo calcolato che, per riuscire ad arrivare da lui, dovevo saltare veramente in alto.
L’unica cosa che mi venne in mente fu di utilizzare un albero a mo’ di catapulta: per una volta la fortuna parve girare dalla mia parte – era anche ora- e con un po’ di fatica riuscii a raggiungere la sua altezza.
Ma Deidara non era così stupido da non accorgersi di aver qualcuno alle spalle che aveva appena gridato: - BANZAI!!!- a squarciagola.
Insomma, persino se avesse avuto due paraorecchie giganti al pelo di Yeti sarebbe riuscito a sentirmi chiaramente.
Ma che dire? Non capita tutti i giorni di fare un salto del genere, volevo anche un po’ godermi l’attimo.
Deidara infilò una mano nel suo “sacchetto per l’argilla esplosiva” e la scena parve cominciare ad andare a rallenty.
Lui che estraeva una statuetta d’argilla e si preparava a lanciarla ed io che, ancora in volo in stile “superman” gli bloccavo il braccio, dirottando l’ordigno da tutt’altra parte.
Lui che mi osservava arrabbiato.
Io che venivo presa dal panico perché non sapevo cosa cavolo fare per bloccarlo e che mi rendevo conto che, ancora sotto effetto della spinta della catapulta, non riuscivo a controllare i miei movimenti.
Lui che vedeva Itachi avvicinarsi sempre di più fino ad arrivargli praticamente ad un centimetro di distanza.
Io che desiderai ardentemente di ammazzarmi quando sentii le sue labbra toccare le mie – no, non perché avesse l’alito pesante o perché baciasse terribilmente male, ma perché, volente o nolente, ero ancora Itachi-.
Questo era palesemente impossibile: tra tutti i punti in cui potevo colpirlo – vedi testata sul naso, dito in un occhio- perché eravamo finiti così?!
Probabilmente per Deidara quello fu uno dei più grossi shock della sua vita: stava volando via a causa dell’onda d’urto della bomba con la quale aveva appena tentato di far saltare in aria l’uomo che stava baciando – sottolineo che l’uomo in questione era uno di quelli che più odiava al mondo-.
D’altra parte io avevo passato la fase di “scetticismo” ed ero passata alla fase “E quando mi ricapita più?”.
La bomba che gli era sfuggita di mano aveva colpito in pieno l’ala del suo pennuto gigante ed ora stavamo decisamente precipitando, sotto lo sguardo del clone.
Bene, per me la storia poteva anche finire così.
Avevo baciato Deidara, fine. Potevo morire lì.
Quindi addio, grazie per avermi sostenuto in questi momenti di svalvolamento cronico e di fortuna avversa.
La storia di Ambra Ricci finisce qui – colonna sonora malinconica-.
Au revoir!
Si, vi piacerebbe.
Purtroppo per voi Deidara, riprendendosi dallo shock mi aveva scansato in malo modo ed aveva provveduto a creare un’altro pennuto dove lui era salito lasciando me, povera innocente fanciulla, a precipitare insieme alla sua vecchia scultura che, sicuramente, sarebbe esplosa in un sonoro problema una volta toccato il suolo.
Non c’era altra scelta, dovevo fare una cosa a cui mai avrei pensato di poter arrivare quella mattina quando, per precauzione, avevo deciso di portarla con me.
Sfoderai “quella” come ogni eroina negli anime sfodera il suo medaglione/bracciale/anello per trasformarsi e la puntai verso un albero – si, imitai un trucchetto che Sasuke aveva utilizzato nello scontro con Deidara-, trasformandola in una lunghissima catena che si arrotolò ad un ramo.
Con la vitalità di un bradipo mi lasciai trascinare in salvo mentre l’esplosione risuonava proprio sotto di me, sollevano un polverone pazzesco.
Fu allora che me ne resi conto: si, ero allergica alla polvere e no, non era questo a cui stavo pensando.
- Chance...- sogghignai, aprendo in fretta e furia un varco spazio-dimensionale e lanciandomici dentro.
Al frastuono dell’esplosione si sostituì la solita aria di calma e tranquillità che aleggiava nel nostro covo.
- Sono salvaaa!- piagnucolai, dando una sonora “mentata” contro il parquet.
Probabilmente attirato dal rumore che avevo fatto cadendo al suolo Sasori spuntò in fondo al corridoio, con un’aria parecchio arrabbiata.
Quando vide Itachi sdraiata sul pavimento ricoperto di terra, foglie, graffi che ridacchiava istericamente dicendo: - La verginità delle mie labbra se n’è andata!- rimase interdetto.
- Non è come sembra.- feci solenne mettendomi seduta – Un secondo, por favor!- chiesi – non domandatemi perché in spagnolo-, per poi sciogliere il sigillo che mi dava l’aspetto dell’allegra marmotta.
Basta. Piano A per ritrovare Fuko: fallito miseramente. Ed io che pensavo che quella fosse una delle idee migliori che il mio cervello avesse mai elaborato.
Il rosso fece per dire qualcosa, ma si bloccò e, scuotendo la testa, tornò da dove era venuto.
- Non voglio saperlo.- annunciò perplesso, sparendo dalla mia vista.

Quando arrivò la sera anche Deidara fece il suo grande ritorno: per tutto il restante pomeriggio non avevo fatto altro che torturarmi con l’idea che avesse potuto decidere di farla finita.
Insomma, doveva essere rimasto veramente traumatizzato per quello che era successo per poter continuare a vivere serenamente la sua vita da criminale.
Quando lo vidi scendere le scale mi schiaffai una mano in faccia – o meglio, sulla bocca- rivivendo “l’idilliaco momento” di poco prima.
- Che hai? Ti fanno male i denti, uhm?- borbottò scontroso ritirandosi in camera nostra e sbattendo la porta.
- Oggi non ne entra uno normale...- sentii dire a Sasori, quasi con tono sconsolato.
Feci per raggiungere il rosso quando il bombarolo, come una furia, uscì dalla stanza.
Presa dal panico accelerai il passo, fino a trovarmi a correre disperata verso la cucina.
Sarebbe troppo imbarazzante se avesse saputo che avevo combinato.
Riuscii ad arrivare sulla soglia della porta, ma Deidara mi bloccò per un polso.
- Dove sei stata questa mattina, uhm?- mi domandò, freddandomi il sangue delle vene.
Troppo, troppo imbarazzante.
Già che facevo fatica a guardarlo in faccia dopo quello che era accaduto...
- Ehm...mi sono allenata ad una nuova tecnica...- buttai lì, sperando che abboccasse all’amo.
- Dove?-.
- Nel solito campo dall’allenamento.-.
- Quando questa mattina sono uscito non ti ho vista, uhm.-.
- Vado in bagno anche io ogni tanto...-.
Rimanemmo a fissarci per qualche istante, quando Sasori intervenne.
- Che cosa è successo Deidara?- domandò, lanciandomi un’occhiata sospettosa.
- Non sono affari tuoi, Danna!- lo rimbeccò quasi...imbarazzato?
Oh bé, chiunque sarebbe stato imbarazzato a raccontare una cosa simile.
- Oggi è successa una cosa molto strana...- cominciò il rosso, osservandomi nuovamente.
No, se diceva che ero ritornata travestita da Itachi era la fine!
- Fu è...- iniziò, ignorando i miei numerosi segnali che gli intimavano di stare zitto.
Ovvero: saltellavo sul posto facendomi segno di tenere la bocca chiusa. Ok, sembravo più una che affogava che altro.
Ad ogni modo non potevo permettergli di spiattellare la verità in faccia a Deidara in quel modo.
Senza pensare alle conseguenze della mia azione – no, state tranquilli, non mi volevo mettere a baciare anche lui- feci un saltello, scrollandomi dalla presa di Deidara, mollando un calcio negli stinchi al rosso.
Quando il mio piede toccò la sua gamba realizzai che, si, essendo una marionetta era fatto di legno.
Morale della favola: lui, senza minimamente provare dolore, mi lanciò un’occhiata scettica, mentre io venivo percossa da un brivido di dolore così forte che solo Jashin può sapere cosa mi ha trattenuta dal bestemmiare seduta stante.
- ‘Ri-senpai...shhh...- mugugnai ancora dolorante, sperando che almeno decidesse di cogliere la mia supplica.
- Fu è...?- lo invitò a proseguire Deidara, ignorando il mio teatrino.
- Oggi Fu è riuscita a padroneggiare una tecnica senza uccidersi...- fece risoluto alzandosi, per andare a dedicarsi al suo passatempo preferito: utilizzare i corpi di persone ormai andate per costruire delle maxi barbie di legno.
- Io vado a dormire, uhm.- fece il biondo irritato dopo pochi secondi.
- Vengo anch’io!- squittii seguendolo – Allora...è successo qualcosa?- domandai curiosa.
- Cosa ti fa pensare che sia successo qualcosa?!- urlò spaccandomi i timpani.
- Il fatto che tu sia decisamente più irritabile del solito, per esempio?-.
- Ho semplicemente passato una brutta giornata.- rispose scorbutico.
Era peggio di una donna che aveva le sue cose.
- Invece io ho passato una bellissima giornata...molto...intensa.- sospirai trasognante, sedendomi sul letto.
- Buon per te.-.
- DeiDei?- trillai.
- Che c’è?- fece esasperato lui, voltandosi verso di me.
- Sei carino quando sei arrabbiato!- sorrisi, sorprendendolo.
Credo che sia stato in quel momento che, per la prima volta, mi resi conto di essermi beccata una bella cotta per lui.

Vera Fuko:
- Oddio...- mugugnò la ragazza, disgustata dalla scena che si ero ritrovata ad osservare poco tempo prima – Questo proprio non volevo vederlo.-.
Incrociò le braccia cercando di reprimere il brivido di disgusto che le aveva attraversato la spina dorsale.
Stava cercando di ignorarlo da un po’ di tempo ma, ogni secondo, l’immagine di quei due che si sbaciucchiavano attraversava la sua mente.
Aveva passato l’intera mattina a setacciare la foresta per conto di quello stupido scoiattolo quando finalmente lo aveva trovato.
Il problema era che in quel momento stava...
Scosse la testa: doveva veramente smettere di pensarci.
Arrivò finalmente all’albero dove si sarebbe dovuta riunire al suo team.
- Che faccia terribile!- sogghignò Karin, l’altra odiosa ragazza del gruppo, che dava l’impressione di essersi asciugata i capelli in un frullatore.
- Saresti così anche tu se avessi assistito alla scena a cui ho assistito io...- borbottò ignorandola, diretta verso il piccolo Uchiha.
Juugo e Suigetsu – quest’ultimo solo perché stava “idratando il suo corpo”- rimasero in silenzio mentre lei si apprestava a raccontare tutto.
- Ho visto Itachi.- disse risoluta, guadagnandosi tutta la sua attenzione – Tuo fratello stava baciando una persona di sesso confuso.-.
Quella fu la prima volta che poté notare, con piacere, un piccolo cambiamento nella sua espressione apatica di sempre.
Da “completamente disinteressato a ciò che gli accade intorno” a “leggermente sconvolto”.
Fu una tremenda soddisfazione.
  
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