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Autore: MaryLouise    06/11/2011    7 recensioni
All'uomo dalla barba rossa si strinse il cuore. Le si avvicinò e, cautamente, la strinse a sé.
«A me puoi dire tutto, lo sai. Sono qui, se hai bisogno».
Minerva si rifugiò tra le braccia amiche, piangendo lacrime che scesero copiose sul vestito sgargiante del Preside.
«Sono qui, Minerva. Sarò sempre qui. Per te».

Minerva McGranitt è sempre stata un'ottima allieva alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Una volta cresciuta e lasciato il castello, intraprende la sua strada verso l'indipendenza. Eppure, diversi ostacoli la faranno ritornare ad Hogwarts. A casa.
Ad aspettarla ci sarà il suo ex-professore e successivamente amico, Albus Silente. Ma se i due diventassero qualcosa di più?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt | Coppie: Albus Silente/Minerva McGranitt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più contesti
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III. Preparativi

 

 

Le vie di Londra erano scarsamente illuminate. Il sole era scomparso tra le nuvole grigio plumbeo, si preannunciava pioggia. Svoltò nel viale a sinistra. Charing Cross Road.
Un piccolo bar comparve nella sua visuale. Il legno scuro delle pareti esterne era lucido, le finestre riflettevano il panorama della via; un grande mercato ortofrutticolo circondato da edifici alti, stretti e di colore grigio, che quasi si confondevano con il cielo.
Entrò al Paiolo Magico chiudendosi la porta alle spalle, certa che nessun Babbano l'avesse vista.
Il locale era immerso nella penombra. Piccoli tavolini tondi erano sparsi per la sala, attorniati da tre o quattro sedie di legno. Solo uno o due erano occupati.
Al bancone, lungo e di pietra, Tom il barista asciugava boccali di Burrobirra.
Camminò verso di lui, sorridendogli lievemente. L'ometto spalancò la bocca, quasi teatralmente.
«Minerva?».
«Proprio io, Tom».
«Per la barba di Merlino! Sono passati... Quanti anni, da quando ti ho vista l'ultima volta?».
«Più di tre».
«Mi ricordo quando sei passata di qui con tua madre, per l'occorrente per l'ultimo anno di scuola».
Sospirò. Erano già passati tre anni. Due, da quando non rivedeva la sua famiglia.
Il reverendo McGranitt, nato nelle Highlands scozzesi, era fuggito alla giovane età di diciotto anni con Isobel, la sua innamorata. Si erano stabiliti in una canonica nei pressi di Caithness, dopo essersi sposati.
Minerva fu la primogenita. Tuttavia la sua nascita fu motivo di sconforto per la madre.
La bimba iniziò a manifestare i propri poteri fin dal primo contatto con il mondo ed Isobel non aveva mai detto al marito d'essere una strega.
Un giorno, messa alle strette, confessò. Il reverendo rimase sgomento da quella dichiarazione, ma continuò ad amare la moglie. Tuttavia la fiducia tra i due si spezzò e Minerva, bambina acuta e brillante, se ne accorse. Nemmeno dopo la nascita dei Malcom e Robert Jr. i rapporti tra i genitori migliorarono anzi, Minerva dovette aiutare Isobel a mantenere il controllo dei fratelli e dei loro poteri.
Andare finalmente ad Hogwarts era stata una liberazione per lei. Per questo si era impegnata in qualunque cosa. Prefetto, Caposcuola, giocatrice di Quidditch, vincitrice del premio come migliore promessa di Trasfigurazione Oggi ed infine diplomata con ottimi voti ai G.U.F.O. e M.A.G.O.
Aveva intrapreso una carriera al Ministero della Magia ed ora era al Paiolo Magico, diretta a Diagon Alley.
«Che ti porto?».
Si appoggiò al bancone. «Un'Acquaviola, grazie».
Gliela servì in pochi secondi. «Allora, cosa ti porta qui? Devi andare a Diagon Alley, giusto? Non sei un tipo da pub».
«Devo comprare dei libri di Trasfigurazione».
«Lavoro importante?». Meditò un istante, «Sei stata assunta al Ministero alla fine?».
«Sì».
«Congratulazioni, allora!», gracchiò.
«Ho lasciato quel lavoro qualche giorno fa, Tom. Devo comprare i libri di Trasfigurazione per Hogwarts. Insegnerò lì, a partire da dicembre».
Parve un attimo confuso, ma si riprese subito. «E' fantastico! Ho letto sulla Gazzetta del Profeta che Dippet è venuto a mancare e Silente ha preso il suo posto. Congratulazioni Minerva, sarà davvero eccitante lavorare là».
Mentre Tom fantasticava a voce alta di come fosse cresciuta e si fosse realizzata mentre la nuova professoressa di Trasfigurazione si ritrovò a pensare a quanto strano fosse il destino.
Aveva sempre amato Hogwarts, era sempre stato un luogo dove esprimere se stessa. Casualmente, Hogwarts la riattirava a sé come una calamita. Di sicuro non sarebbe stato solo un luogo di lavoro, ma la sua casa, di nuovo.
«Se hai bisogno d'aiuto per qualche materiale, io ci sono», borbottava Tom dal retrobottega.
«Cosa? Oh, certo, certo», mormorò in risposta. «Credo di dover andare ora», concluse frettolosamente.
«Grazie per la compagnia, Tom», salutò posando sul bancone una falce. «Tieni il resto».
«Arrivederci, Minerva!».
Uscì dalla porta a lato. Davanti a lei stava un muro di mattoni. Estrasse la bacchetta e picchiettò sulle forme di fango cotto, seguendo un percorso marcato a fuoco nella propria mente da più di nove anni.
La parete si squarciò ed un fascio di luce la colpì.
Un' ampia e luminosa via in ciottolato si sviluppava davanti ai suoi occhi. La luce del sole che la invadeva filtrava verso i vicoli ombrosi che vi convergevano.
Le vetrine lucide riflettevano l'aura dorata, nell'aria si distingueva chiaramente persino il pulviscolo, che danzava con colori, profumi e sensazioni che gente normale non avrebbe mai provato.
Quella era Diagon Alley.
Maghi e streghe dalle vesti sgargianti affollavano la via principale, tersa di colori dalle accese tinte pastello. I negozi esponevano tutto l'occorrente del mondo della magia: calderoni di diverse fattezze e materiale, pozioni di ogni genere in ampolle colorate, scope nuove fiammanti da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch, bacchette magiche da Olivander, vesti su misura per ogni occasione da Madama McClan, gufi, gatti ed altri animali da compagnia al Serraglio Stregato.
Minerva si rese conto di essere rimasta troppo lontano da Diagon Alley, dove era cominciata la sua avventura per Hogwarts.
Ricordava ancora la stretta forte in cui la madre stringeva la sua mano. Il suo sguardo luminoso e quasi commosso dai tanti anni di lontananza dal mondo magico, l'euforia con cui le indicava ogni negozio, spiegandole direttamente le sue funzioni.
Isobel McGranitt era una donna bellissima, non c'era mago che non si girasse a guardarla quando passava per strada.
Aveva lunghi e lucidi capelli neri, sempre raccolti in una grossa treccia. Il viso a cuore dalle fattezze sottili e delicate da cui spiccavano un paio d'occhi verde smeraldo, le guance piene e rosee in contrasto con il naso sottile e le labbra carnose, tese in una linea precisa.
Il suo corpo era minuto e sinuoso, quasi sempre avvolto in una veste dalla tinta chiara.
Aveva in parte ereditato quelle caratteristiche; la chioma scura, gli occhi verdi, il naso sottile, le labbra tese con precisione.
Il suo viso era un ovale aguzzo, le guance scarne, il colorito pallido, come il padre. Persino il suo fisico era più robusto ed allungato di quello della madre.
Il carattere rispecchiava l'irritabile e severa figura paterna, che le aveva donato anche numerose qualità, come l'intelligenza e la sagacia.
Lo zampino di Isobel invece s'intravedeva nella compassione e nella testardaggine che alimentavano il buon cuore di Minerva.
Si fermò di fronte all'insegna colorata del Ghirigoro, libreria fornita di libri e manuali su ogni argomento, persino i libri sulla Babbanologia, argomento sottoposto a studi magici da poco.
Entrò silenziosamente, in contrasto con la stanza affollata di gente e chiacchierii.
Scaffali in legno massiccio ricchi di libri dalle coste variopinte salutarono il suo arrivo.
Un ometto di bassa statura le si avvicinò. «Desidera?».
«Sto cercando i volumi di Trasfigurazione per Principianti, Trasfigurazione Intermedia, Trasfigurazione Avanzata per Hogwarts».
Strabuzzò gli occhi. «Complimenti signora, quanti figli!».
Irritata un poco dalle sue conclusioni affrettate, cercò di parlare con quanta più calma possibile. «Veramente servirebbero a me», ammise con un sorriso accennato a fatica.
«Tutti a lei?», esclamò sorpreso.
Annuì lentamente; quell'uomo cominciava a darle sui nervi.
L'uomo non ci mise molto a capire. «Vuol dire che sarà la prossima insegnante di Trasfigurazione a Hogwarts?».
«Per cortesia mi dia quei libri e facciamola finita», sbottò seccata.
Il commesso impertinente agitò la bacchetta borbottando tra sé, tre voluminosi manuali si posarono sul bancone.
«Sono due galeoni e cinque falci».
Minerva sborsò la somma, le labbra tirate più del normale, dopodiché uscì spedita dal negozio accompagnandosi la porta alle spalle.
Girovagò per le vie a lei tanto familiari ancora per un po', rifornendosi di materiale per insegnare. In seguitò si Smaterializzò, per comparire davanti alla soglia di casa verso sera.
Diane salutò il suo arrivo con un cinguettio compiaciuto.
Minerva le aprì la gabbia e la liberò nel cielo che imbruniva. La civetta scura s'avventò all'aria aperta attraverso la finestra, sbattendo le ali con grazia. In pochi secondi di lei rimase solo un puntino scuro nel cielo sfumato dal rosso al viola.
Si sedette al tavolo della cucina, iniziando a sfogliare i manuali.
La rilegatura di ognuno era spessa, le pagine dense d'inchiostro e informazioni.
Cominciò a leggere la spiegazioni di incantesimi basilari del primo anno e a prendere appunti sul sistema d'insegnamento, ignorando le palpebre che le si facevano pensanti ad ogni battito di ciglia.
Continuava a scrivere, indefessa, non badando alla stanchezza...
Si rese conto di essersi addormentata sulle pagine di Trasfigurazione per Principianti solo la mattina seguente, quando Diane la svegliò gracchiando allegramente.
Le si posò sulla spalla, lasciando cadere sulle pagine del libro il corpicino inerme di un topo di campagna.
Stortò la bocca. «Brava», disse a malavoglia, accarezzandole le piume, «Ora vai a mangiarlo da un'altra parte, eh?».
Diane obbedì, raccogliendo la propria preda e rintanandosi nella gabbia a mangiare tranquillamente.
Il calendario segnava il venti di novembre. Mancava un solo giorno alla sua partenza per Hogwarts.
Sarebbe ritornata a casa, la sua vera casa.
Prese un respiro profondo per calmare il cuore che le palpitava nel petto con insistenza.
Voleva tornare ad Hogwarts.
Lo desiderava con tutta se stessa.
Dedicò la mattinata alle faccende di casa. Pulì ogni centimetro quadrato della sua abitazione con accuratezza, senza utilizzare la magia, per perdere tempo. Avrebbe impiegato poco tempo a fare le valigie il giorno seguente, doveva trovare un modo per far passare la giornata.
Erano le quattro quando finì tutto il lavoro che si era prefissata. Leggermente indispettita dal fatto che mancasse ancora qualche ora al tramonto, decise d'immergersi nella lettura dei manuali d'insegnamento. Terminò di leggerli tutti e tre verso le otto.
Si alzò un poco dolorante, diretta in cucina. Per cena si preparò una zuppa di piselli, accompagnata da pane croccante.
Divorò tutto con appetito, rendendosi conto subito dopo che questo non avrebbe contribuito a far passare il tempo.
Per risolvere il suo problema decise di andare a letto presto; alle nove era già sotto le coperte e si perdeva in un sonno senza sogni.
Si risvegliò alle prime luci dell'alba che filtravano dalle tende di lino.
Rassettò quel poco che le rimaneva da sistemare e decise di fare la valigia senza usare la magia. Appena si rese conto che era inutile non farne uso per far passare il tempo, agitò velocemente la bacchetta nell'aria. I cassetti dell'armadio si aprirono di scatto, liberando una decina di tuniche di diverse sfumature di verde, con relativi mantelli e cappelli abbinati.
Impacchettò le sole tre paia di scarpe che aveva, dopo averle lustrate con cura.
Il primo era un paio di stivali in pelle con tacco alto e fibbia d'argento, seguivano un paio di scarpe basse verde scuro, simili a delle babbucce ed infine un'elegante paio di scarpe da sera, decolleté di vernice che non usava mai, ma aveva deciso di portarle per soddisfare un piccolo sfizio femminile.
Le inserì nel bagaglio, ormai strapieno. Era piccolo e rettangolare, di cartone spesso rivestito di pelle. Decise di provare a chiuderlo manualmente, giusto per provare un'esperienza nuova. Faticò non poco. Si sedette sopra, mentre contemporaneamente assicurava i ganci alle chiusure.
«Maledetta me», borbottò, «che per perdere tempo non uso la magia».
Nonostante avesse cercato di compiere il tutto nel maggior tempo possibile, queste operazioni occuparono circa tre ore del suo tempo. A metà mattinata Minerva McGranitt si ritrovò in cucina a fissare il vuoto, annoiata.
Diane dormiva profondamente appollaiata in gabbia, ogni tanto faceva schioccare il becco, persa in chissà quali sogni.
Alzandosi di scatto, la sua padrona decise che sarebbe uscita per una passeggiata. Afferrò il cappotto dall'appendiabiti e  si chiuse la porta di casa alle spalle. Un lieve foschia avvolgeva il cielo azzurro chiaro, sfumandolo verso il grigio.
Si strinse nel cappotto, infreddolita.
La strada in cui abitava era deserta, un gatto attraversò con aria impettita. Trovò curioso il suo comportamento, certa che non fosse un Animagus.
Un'idea le balenò in testa. Era molto tempo che non si trasformava.
Si nascose dietro una delle siepi che decoravano la via e mutò la propria forma in pochi secondi, silenziosamente.
Un gatto soriano prese il posto della giovane donna che camminava lungo l'asfalto fino a pochi secondi prima.
La sua prospettiva di vista cambiò radicalmente. Vedeva l'ambiente circostante da un'altezza notevolmente diversa, in compenso i suoi occhi riuscivano a distinguere tutti i  minimi particolari, ogni screziatura di ogni singolo colore.
Iniziò a zampettare lungo la via, le zampe aderivano perfettamente al terreno, anche se le minuscole particelle di polvere e asfalto le davano leggermente fastidio tra i cuscinetti.
Il suo olfatto era molto sviluppato, percepiva il profumo dei cornetti caldi del panettiere all'angolo e dei fiori nei prati curati delle villette, ma anche il puzzo delle fogne che saliva dal tombino lì accanto, o il consistente odore del cemento e catrame.
Trotterellò per un centinaio di metri, finché non trovò un albero dalle radici spesse e dai rami robusti. Si arrampicò con agilità, aiutandosi con gli artigli affilati.
Scelse un ramo abbastanza grosso su cui acciambellarsi. Fece penzolare le zampe dal ramo, appoggiando il muso sul legno. Rimase a fissare il vuoto per una buona mezz'ora fin oa quando i suoi occhi iniziarono a chiudersi piano ed iniziò a sonnecchiare alla luce del sole che filtrava tra le nuvole.
Si risvegliò a metà pomeriggio, sentendosi perfettamente riposata. L'essersi trasformata in un gatto le aveva liberato la mente, allontanando ansie e preoccupazioni.
Scese elegantemente dalla pianta, avviandosi verso casa. Riprese le proprie sembianze solo quando fu ben nascosta dalla siepe del suo giardino.
Entrò in casa lisciandosi il cappotto e sistemandosi i capelli. Le valigia attendeva in atrio, insieme a Diane nella sua gabbia. Le trascinò fino al salotto, vicino al caminetto. Dopodiché entrò nel focolare abbassando la testa, e prese una manciata di polvere.
Avvicinò i bagagli a sé, stringendoli forte ed urlò: «Hogwarts, Ufficio del Preside!».
Fu risucchiata, iniziando a girare vorticosamente come una trottola. Avvolta da fiamme verdi che bruciavano senza danneggiarla, arrivò ad Hogwarts in un battibaleno.
Fu catapultata sul pavimento della Presidenza tra centimetri di polvere, tossendo forte.
«Buonasera Minerva!», salutò il professor Silente dalla sua sedia.
Indossava una tunica blu chiaro, che risaltava la sua barba argentea, arrotolata per due volte intorno alla cintura.
«Buona...sera», tossì.
«Spero tu abbia viaggiato bene», commentò incrociando le dita.
Si scrollò la polvere di dosso, raddrizzando la caduta gabbia di Diane, che la ringraziò con un cinguettio ansante.
«Oh, certo», rispose con un sorriso ironico.
Albus sembrò non notarlo. «Il banchetto comincerà tra poco, ti conviene renderti presentabile, non vorrai spaventare gli studenti».
Solo allora notò la sua immagine riflessa in uno degli specchi dell'ufficio. Sporca di fuliggine, i capelli scarmigliati. Aveva proprio ragione.
Arrossì un poco, abbassando lo sguardo.
Silente si alzò ridacchiando, avvicinandosi. Le posò una mano sulla spalla e la guardò intensamente con gli occhi azzurro zaffiro. «Bentornata ad Hogwarts, professoressa McGranitt».





Potete picchiarmi, cruciarmi, avada kedavredarmi e avete ragione.
Più di un mese senza aggiornare, sono proprio imperdonabile!
Comunque ho rimediato subito con questo capitolo, spero sia di vostro gradimento. L'ho trovato personalmente non molto esaltante, forse uno dei peggiori che abbia mai scritto, ma pazienza, è venuto fuori così per quante correzioni abbia potuto fare.
Ringrazio Charlotte McGonagall per la sua recensione accurata in cui mi ha fatto notare micro e macro errori (ogni tanto dimentico che la storia è ambientata nel '45) che correggerò al più presto, postando la nuova versione dei capitoli (PS. Spero che questo vada bene!).
Ringrazio i 15 recensori della mia storia, oltre che alle 3 persone che l'hanno inserita tra le preferite, all'utente che l'ha inserita nelle ricordate e alle ben 18 persone che la seguono! Sono stata davvero felice di notare che qualcuno di nuovo commentava o seguiva la storia nonostante non aggiornassi da un po'!
Ora me ne vado o mi anatemizzate sul serio probabilmente.
Buona serata a tutti
Jo
   
 
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