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Autore: SognoDiUnaNotteDiMezzaEstate    08/11/2011    5 recensioni
«Edward?», sussurra, tremando e stringendo le dita sulla stoffa della camicia.
«Hm?», rispondo semplicemente, senza staccare le labbra dai suoi capelli. Sotto il leggero odore d’alcol c’è il suo profumo di sempre, che solo una volta ho avuto l’occasione di aspirare come ora. È dolce, sa di fragola, di shampoo, di pulito. Sa di Bella.
Sento il suo corpo tremare per un istante. «Non mi lasciare sola».
Il suo è solo un sussurro spezzato, una preghiera detta a bassa voce, ma dentro di me risuona con la stessa potenza di un’eco incessante, e si incide a fuoco nella mia mente, nella mia memoria e nel mio cuore.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun libro/film
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Buondì! :D 

Due mesi dall’ultimo aggiornamento. Lo so, sono da prendere a sprangate. Tra l’inizio dell’università, il trasferimento e tutto il resto purtroppo non sono più riuscita a scrivere quanto avrei voluto, e a complicare le cose è arrivato persino il calo d’ispirazione. Meh. Per il momento la crisi sembra essere scongiurata, ma si iniziano a profilare alcuni esami per fine di novembre/inizio dicembre e sto iniziando a farmi prendere un pochino dal panico. Quindi vi chiedo scusa fin da ora per i possibili ritardi del prossimo periodo :(

Questo capitolo è mooooolto importante, anche se non è molto lungo. Capirete presto perché ù.ù

PS: se qualcuno ha letto lo spoiler, forse troverà alcune differenze :)


Buona lettura! :D

___________________________

 

Don’t Leave Me Alone

Capitolo 17__La vigilia di Natale

Giovedì 24 Dicembre

Bella

La strada che separa il palazzo in cui viviamo io ed Alice da casa Cullen è relativamente lunga. Dall’Upper East Side bisogna risalire fino alla punta settentrionale dell’isola di Manhattan, dove Esme e Carlisle, non appena sposati, hanno deciso di stabilire la loro dimora. Quando ho chiesto ad Esme perché avessero scelto di prendere casa in un posto tanto lontano dall’ospedale e dal suo ufficio mi ha risposto con un sorriso: “Volevamo creare un posto solo nostro, lontano dal caos della città. Anche se ogni giorno impieghiamo più di un’ora ad andare e tornare è sempre bello arrivare a casa la sera e non sentire più rumore intorno a noi”.

All’inizio credevo fosse una scomodità insopportabile, ma dopo aver passato la giornata del Ringraziamento nel loro villino isolato, circondata dal verde del prato e dal suono degli ultimi uccelli ritardatari, ho cambiato idea; stare lì mi ha ricordato quanto il silenzio che aleggia sempre a Forks mi manchi. Credo di capire cosa spinga Esme e Carlisle ad affrontare ogni giorno lunghi viaggi in auto pur di tornare nella loro casa silenziosa ed appartata.

Oggi, però, il tragitto si prospetta più difficoltoso del normale. È la vigilia di Natale, e le strade sono più intasate del solito. L’auto di Jasper si muove a singhiozzo nell’ingorgo, compiendo pochi metri in cinque minuti. I pedoni corrono impazziti da una parte all’altra delle strade, rendendo il passaggio ancora più pericoloso e lento.

Quando finalmente riusciamo a varcare il cancello di villa Cullen sono già le sette. Alice batte le mani entusiasta, mentre il suo fidanzato guida l’auto fino al retro della casa, dove si trova una tettoia sotto cui posteggiare le auto. Parcheggia accanto alla jeep argentata di Emmett, e subito dopo scendiamo tutti e tre, abbandonando il caldo rifugio dell’abitacolo per gettarci nel freddo dell’inverno. Recuperiamo una piccola valigia a testa, nelle quali è contenuto lo stretto necessario per la notte - che passeremo tutti a casa Cullen per comodità -, i dolci che Alice ed io abbiamo preparato questa mattina, e ci dirigiamo a grandi passi verso l’ingresso della villa.

La piccola collinetta su cui è costruita la casa è ricoperta da uno spesso strato di neve bianchissima incontaminata, e solo il vialetto è stato liberato dalla soffice matassa bianca, per consentire l’ingresso. Non facciamo in tempo ad arrivare alla porta che questa si spalanca, rivelando la figura di Esme, che sorride gioiosa mentre indossa ancora un grembiule da cucina, anche se sopra i bei capelli color caramello porta un cappello natalizio.

«Siete arrivati, grazie al cielo!», esclama, sporgendosi per abbracciarci uno per uno e facendoci entrare con un gesto veloce. «Le strade sono un delirio in città! In tv continuano a segnalare incidenti di ogni tipo!»

La risata di Carlisle ci accoglie mentre la moglie si fa rassicurare da Jasper sulla sicurezza in cui abbiamo viaggiato. «Tesoro, stanno tutti bene. Lasciali respirare, è il momento di festeggiare, non di farsi prendere dal panico».

Mentre gli uomini si spostano in sala da pranzo, da cui sento provenire le voci concitate di Edward ed Emmett, io ed Alice seguiamo Esme in cucina, e appoggiamo sul ripiano le quattro diverse torte preparata con tanta cura in mattinata: due alla frutta, una allo yogurt ed infine un tiramisù.

«Sicura di non aver bisogno di una mano?», chiedo ancora ad Esme, mentre ci scaccia dalla cucina, dove sta terminando di preparare la cena.

«Certo. Andate di là con gli altri e divertitevi. Ho quasi finito», ci assicura con un sorriso, richiudendo la porta dietro di sé, e tornando ai suoi fornelli.

Così Alice ed io andiamo in salotto, dove troviamo l’enorme albero natalizio con le luci accese, ed il caminetto con il fuoco scoppiettante, che irradia un caldo piacevole ma non eccessivo; davanti ad esso, a pochi metri, è sistemato un tavolino di vetro, circondato da due divani ed una poltrona color panna, che si sposano perfettamente con le pareti chiare della stanza ed il parquet scuro. L’albero è posizionato vicino alla finestra, da cui si scorgono in lontananza le decorazioni luminose di alcune ville poco distanti, e sotto di esso sono posizionati pacchi di ogni forma e dimensione, di quei generi che si vedono solo nei film o nei centri commerciali, con la differenza che mentre quelli sono semplici scatole vuote, questi contengono veri e propri regali. Nel mucchio scorgo alcuni dei pacchetti confezionati da me e la mia coinquilina, che abbiamo affidato ad Esme questa mattina affinché li potesse mettere subito sotto l’albero.

Guardando tutti i pacchetti, però, il timore di aver sbagliato completamente la scelta dei regali inizia ad assalirmi. Sono riuscita ad evitarlo fino ad ora, ma sapendo quanto possono permettersi i Cullen ho paura di aver comprato qualcosa che forse non è di loro gradimento, oppure che hanno già. Quello che mi preoccupa più di tutti, come se non bastasse, è il regalo di Edward.

Lo cerco nella stanza, e lo trovo intento a confabulare con Emmett vicino al camino. Indossa una camicia celeste con una giacca scura, ed un paio di pantaloni neri. Emmett ridacchia, e lui sospira, alzando gli occhi al cielo.

Quando si accorgono del nostro arrivo si separano, e mentre Emmett va a salutare Jazz ed Alice, intenti a parlare con Carlisle, Edward viene verso di me, e mi saluta con un sorriso. «Ehi. Da quanto tempo, vero?», scherza, con un angolo della bocca sollevato.

«Già», rispondo, ridendo leggera. «Sei qui da molto?»

Scrolla le spalle. «Una mezz’oretta, più o meno. Emmett è molto bravo a trovare scorciatoie per la città e non è proprio un fanatico del codice della strada».

«Per fortuna non conosce mio padre», mormoro, divertita. «Non credo che andrebbero molto d’accordo».

Edward apre la bocca per dire qualcosa, ma le sue parole vengono coperte dal grido che lascia le mie labbra quando due braccia robuste mi cingono all’improvviso la vita, sollevandomi da terra e facendomi compiere un giro completo.

«Benvenuta, Bellina», esclama Emmett, non appena mi rimette a terra. «Non saluti il tuo orso preferito?»

Rido, abbracciandolo spensierata. «Scusa, Emmy. Prometto di non farlo più».

«Emmy?», ripete Edward, divertito, con un sopracciglio inarcato.

«Sta’ attento fratellino», esclama Emmett, puntandogli un dito contro. «Tu non hai il permesso di chiamarmi così», sancisce con serietà, anche se guardandolo viene solo da ridere in questo momento.

Viene richiamato da Carlisle prima che suo fratello possa dire qualsiasi altra cosa, ma non appena è abbastanza lontano, Edward si rivolge a me, curioso.

«Come mai Emmy?», mi chiede, perplesso.

Mi stringo nelle spalle, sorridendo. «Non lo so. Mi è uscito così qualche giorno fa alla cioccolateria. L’ho beccato mentre mangiava un intero barattolo di miele, e mi è venuto spontaneo chiamarlo Emmy l’orso».

Edward trattiene una risata. «Stava mangiando un intero barattolo di miele?»

Gli tiro una gomitata leggera. «Eddai. Rosalie è partita da ormai una settimana, cerca di capirlo».

In effetti, da quando Rose è partita la settimana scorsa per passare le vacanze natalizie con i suoi genitori in Montana, Emmett è diventato molto meno allegro del solito. Fortunatamente domani la incontreremo all’aeroporto di Vancouver e andremo tutti insieme in montagna.

Quando Emmy torna, posa un braccio intorno alle spalle di suo fratello.

«Sicuro fratellino di non…», comincia Emmett, con fare cospiratorio.

«Emmett», lo ammonisce Edward, esasperato.

Suo fratello si porta una mano sul petto, dal lato del cuore, fingendosi addolorato. «Sei così crudele. Non hai neanche un po’ di pietà per il tuo adorato fratellone rimasto solo in questo giorno di festa?»

Edward alza gli occhi al cielo, mentre le sue labbra si piegano in un sorriso divertito. «E tu non hai pietà per il tuo povero fratellino, costretto a sopportarti ogni santo giorno?»

Gli occhi di Emmett brillano per un secondo. «Ma proprio per questo sono qui! Sono sicuro che se mi lasciassi fare quello che voglio dopo mi ringrazieresti». Si volta verso di me, mentre suo fratello scuote il capo, sospirando. «Diglielo anche tu, Bellina. Sono sicuro che pure tu-».

«Okay, basta», interviene Edward, agitato e liberandosi dalla sua stretta. «Ricordati che posso sempre telefonare a Rose e raccontarle cosa stavi facendo l’altro giorno al negozio con quella brunetta».

Inarco un sopracciglio, perplessa. «Di cosa parli?», domando, incuriosita ed anche preoccupata.

Emmett si irrigidisce, ed alza le mani in segno di resa. «Non stavo facendo niente di male, lo giuro», assicura. «E non è successo niente».

Edward ghigna. «Non sono sicuro che Rosalie la vedrà allo stesso modo».

Suo fratello sbuffa, rassegnato. «E va bene, hai vinto».

«A tavola!», esclama Esme, spuntando in salotto, e ponendo definitivamente fine alla conversazione fra i due fratelli.

Ci trasferiamo tutti nella sala da pranzo, dove un grosso tavolo rotondo è apparecchiato per sette persone. Mi siedo fra Edward ed Alice, e con un bicchiere di vino la cena ha inizio.

 

La cena procede nel migliore dei modi. Non ho mai trascorso una vigilia come questa: sono sempre stata abituata a cene solitarie fra me e Charlie, e negli ultimi anni ad alcuni pranzi il giorno di Natale con la famiglia di Sue e i Black. Ma mai mi ero sentita così a mio agio e perfettamente accolta nel gruppo; stare con i Cullen è come essere parte di una vera e propria famiglia allargata, e nessuno ti fa mai sentire di troppo o un’esterna. Non avrei mai pensato di sentirmi finalmente parte di qualcosa un giorno, ma adesso sono qui, e non potrei volere un regalo migliore per questo Natale.

Allo scoccare della mezzanotte i bicchieri sono nuovamente colmi di vino, e li facciamo tintinnare l’uno contro l’altro, augurandoci un buon Natale.

Distolgo lo sguardo mentre le due coppiette al tavolo si scambiano il loro bacio di augurio, e nonostante mi senta in colpa, mi sento sollevata al pensiero che non siamo solo io ed Edward quelli imbarazzati, dato che c’è anche Emmett, rimasto senza qualcuno da baciare.

Subito dopo Alice balza in piedi. «È il momento dei regali!», esclama, saltellando fuori dalla stanza.

Quando arriviamo tutti in salotto la mia amica ha già indossato una mantellina rossa natalizia, e il cappellino. Saltella allegramente intorno all’albero, osservando i regali, sembrando un vero e proprio folletto di Babbo Natale. Alla fine si china e ne prende uno grosso e rettangolare. Lo riconosco immediatamente: è il regalo che io ed Alice abbiamo preso insieme per Esme. Infatti si dirige verso di lei, seduta accanto Carlisle.

«Per Esme, da Bella ed Alice», annuncia con solennità la mia amica, prima di depositare il pacco sulle gambe di sua madre.

Esme sorride riconoscente, ringraziandoci prima di iniziare a scartare il regalo. Quando solleva il coperchio della scatola porta una mano sulle labbra, che si piegano in un sorriso, dopodiché solleva l’abito color avorio dal suo giaciglio, per osservarlo meglio; Alice torna da lei con altri due pacchetti più piccoli, uno da parte di Carlisle ed uno da Emmett, Edward e Jasper, che le hanno regalato rispettivamente una collana preziosissima e un paio di orecchini e un braccialetto coordinati con l’abito - ovviamente questi ultimi si sono avvalsi dei consigli di Alice prima di comprarle qualcosa.

Poi è il turno di Carlisle, Emmett e Jasper. Finché non è il momento di Edward.

Prima di chinarsi a prendere il primo regalo per lui, Alice mi fa l’occhiolino, e quando vedo che si tratta del mio regalo inizio ad agitarmi.

«Per Edward, da Bella», annuncia Alice, passandogli il regalo.

Mi muovo inquieta accanto a lui sul divano, abbassando gli occhi quando il suo sguardo cerca di incontrare il mio. Osservo le sue mani disfare la confezione, fino ad arrivare a scoprire una valigetta di legno scuro delle dimensioni di una ventiquattr’ore, su cui è incisa una nota musicale. Mi mordo il labbro inferiore con forza mentre apre i ganci e solleva il coperchio, e sposto lo sguardo sul suo viso, concentrato.

I suoi occhi si spalancano non appena posa gli occhi sul contenuto della scatola.

Un set di fogli di carta pregiata con incisi il pentagramma vuoto fa bella mostra di sé, accompagnato da una penna a china nera e una cartellina in cuoio nero dove riporre gli spartiti. Quando li ho visti la prima volta, la settimana scorsa, mi sono tornate subito in mente le parole di Esme: “Edward suona fin da quando era piccolo, e già all’età di diciassette anni si dilettava a comporre melodie. Quando aveva diciannove anni mi ha persino scritto una canzone meravigliosa per il mio compleanno. Purtroppo è da alcuni anni che non scrive più niente e non suona più il pianoforte davanti a qualcuno…”. Così ho comprato il set. Io ed Edward avevamo appena fatto pace, era passato solo un giorno dal suo provino alla Juilliard, ed io ero ancora in alto mare con i regali da fare. Mi sembrava una scelta giusta per lui, ma adesso che lo vedo con il capo chino su quegli oggetti, senza alcuna reazione apparente oltre alla sorpresa, non ne sono più così sicura. Anzi, tutt’altro.

«Mi hanno detto che componi, oltre a suonare…», mi affretto a spiegare, imbarazzata e in preda al panico. Avrei dovuto fargli un altro regalo, dannazione. Avrei dovuto chiedere ad Emmett e Jasper un parere maschile prima di fare questa sciocchezza. «Ho pensato che forse-».

«È un regalo bellissimo, Bella», mi interrompe, incrociando finalmente il suo sguardo. Le sue labbra si piegano in un sorriso dolce e sincero. «Grazie».

Il suo sguardo e le sue parole bastano a farmi calmare completamente, mentre i nostri sguardi rimangono incatenati.

Emmett si schiarisce la voce, e distogliamo lo sguardo nello stesso momento. «Se volete posso andare a prendere il vischio dall’altra stanza, ragazzi», ghigna, facendomi arrossire e abbassare lo sguardo sulle mie mani. Solo adesso mi rendo conto che una mano di Edward è stretta alla mia, e che probabilmente è lì da quando mi ha tranquillizzato riguardo il suo regalo.

Edward scioglie la presa in un attimo, e accartoccia la carta da regalo per poi lanciarla contro suo fratello, che ghigna dall’altra parte della stanza, stravaccato a terra vicino l’albero. Lo colpisce in testa, ed Emmett cade teatralmente all’indietro, fingendosi morto.

Jasper ed Alice ridono spensierati, mentre i coniugi Cullen si tengono per mano sorridendosi felici a vicenda; io riesco a ridere, ancora imbarazzata e nervosa, ed Edward appoggia la valigetta accanto al divano. E dopo aver finito di scartare gli altri regali torna a stringermi la mano, almeno finché Alice non lo richiama.

«Eddy, puoi venire ad aiutarmi?», gli chiede, mentre osserva gli ultimi regali rimasti: quelli per me e per lei… credo.

Lui si alza, e raggiunge la sorella accanto all’albero, dove solleva un enorme pacco rettangolare. Quando lo posa sul tavolino da caffè - da cui Emmett ha spostato tutto quello che lo occupava fino a un minuto fa - mi sorride.

«Per Bella, da Rose, Jasper, e la famiglia Cullen», recita con un sorriso entusiasta Alice.

Inarco le sopracciglia, ma rimango seduta. «Sei sicura che sia quello il mio?», chiedo, esitante e imbarazzata.

Cosa possono avermi comprato di tanto grande?

Alice alza gli occhi al cielo con un sorriso. «Certo che sì! Forza vieni ad aprirlo!»

Mi alzo titubante, e mi inginocchio davanti al regalo, sotto gli sguardi di tutti i presenti. Faccio scivolare a terra l’enorme fiocco rosso, e strappo la carta da regalo, rivelando una scatola di cartone ondulato. Con l’aiuto di una forbice taglio via lo scotch che chiude i bordi, e rivelo una custodia di pelle nera lucida. Una custodia per chitarra.

«Wow», dico, con un sorriso, anche se la tristezza inizia a prendere il sopravvento. «È una bella custodia», mormoro, accarezzando la pelle lucida. È una custodia bellissima, perfetta per evitare danni alle chitarre. Peccato che la mia chitarra sia già distrutta, quindi…

«Perché non la apri?», mi chiede Edward, inginocchiato davanti a me, dall’altra parte del tavolino. Le sue labbra si piegano in un sorriso sghembo.

Faccio scattare il gancio che chiude la custodia, e sollevo il coperchio. E quando finalmente la luce del lampadario e del fuoco nel camino illuminano quel che c’è al suo interno per poco non svengo.

«È…», balbetto, non riuscendo a trovare la voce e le parole. Alzo gli occhi in cerca di Edward, e lo trovo intento ad osservarmi con il sorriso sulle labbra. «Tu hai… Voi…»

Nella custodia è riposta una chitarra. Ma non una chitarra qualunque: è la Gibson Hammbingbird che ho suonato questo pomeriggio al negozio di musica con Edward.

«Ti piace?», mi domanda Alice, sedendosi a terra accanto a me.

«E me lo chiedi anche?», ribatto, mordendomi con forza il labbro inferiore, mentre le lacrime di commozione e felicità si addensano agli angoli degli occhi. «È il regalo più bello che abbia mai ricevuto». Alzo lo sguardo verso tutti i presenti. «Non so davvero come ringraziarvi».

«Potresti iniziare con un abbraccio a testa», propone Alice, prima di travolgermi con il suo piccolo corpo facendomi quasi cadere all’indietro sul pavimento.

Rido ancora sconvolta per questo regalo del tutto inaspettato, ricambiando con tutto l’affetto e l’energia possibile l’abbraccio della mia amica, per poi alzarmi e fare la medesima cosa con tutti gli altri, prima con Esme, che stringo calorosamente, come se fosse mia madre, poi Carlisle e Jasper, un po’ più imbarazzata ed impacciata, e in seguito Emmett, che mi solleva da terra facendomi roteare come se fossi una bambina e non una ragazza un po’ cresciutella, scatenando le risate degli altri.

L’imbarazzo maggiore arriva quando arrivo davanti ad Edward, e sotto gli sguardi dei nostri amici e suoi familiari lo abbraccio.

Il suo corpo è rigido per la tensione, ma quando sto già per allontanarmi le sue braccia mi circondano, e sento il suo respiro fra i capelli, e la sua bocca cercare il mio orecchio.

«Ti sto abbracciando e non ti ho chiesto il permesso. Credi che ci saranno delle ripercussioni?», sussurra, e lo sento sorridere.

Rido leggermente, tenendo anch’io un tono basso, per non farmi sentire dagli altri. «Tecnicamente, sono stata io ad abbracciarti. Tu hai solamente risposto. Quindi non credo si possa considerare una vera e propria effrazione alla promessa», rispondo.

Ci separiamo un secondo dopo, e prima ancora che l’imbarazzo prenda il sopravvento Emmett ci abbraccia da dietro, stringendoci entrambi al suo fianco.

«Abbraccione di famiglia! Vieni anche tu, Jazz, avanti!», esclama l’orso, mentre Alice si unisce all’abbraccio collettivo, seguita a ruota dal suo ragazzo, che si alza dal divano alzando teatralmente gli occhi al cielo.

«Che ne dite di una foto?», propone Carlisle, quando lui e sua moglie si alzano per raggiungerci, incitati dalla figlia.

Esme va accanto ad Edward dalla parte opposta, mentre Carlisle recupera la macchina fotografica e la sistema sul bordo del divano, inserendo l’autoscatto.

«Pronti?», chiede, prima di premere un tasto e correre fino accanto Jasper, sorridendo all’obiettivo.

Quando il flash scatta capisco che è così che avrei voluto passare tutti i Natali precedenti. Con una famiglia unita e con degli amici che solo con la loro presenza ti regalano molto di più di quanto possa valere qualsiasi dono comprato. Non ho mai provato questo genere di sensazione prima d’ora, ma so già che non riuscirò più a farne a meno.

«E adesso tutti seduti», romba Emmett, sciogliendo l’abbraccio di gruppo e afferrando il cappellino da Babbo Natale dalla testa di Alice. «Babbo Emm ha del lavoro da fare».

E così, ridendo e scherzando, torniamo tutti a sederci, mentre il fratello orso distribuisce i regali ad Alice, facendo passare velocemente il tempo.

Giunte le tre di mattina, Esme e Carlisle ci consigliano di andare tutti a dormire, e mamma Cullen ci assicura che se entro le dieci non saremo tutti in piedi, verrà lei stessa a svegliarci con una secchiata d’acqua ghiacciata. L’aereo partirà alle tredici, quindi dovremo sbrigarci eccome.

Resto in salotto da sola, e osservo la mia nuova chitarra illuminata solo dalle fiamme del camino. È bellissima. Avevo sempre sognato di avere una chitarra simile, ma mai avrei creduto che un giorno questo sogno sarebbe divenuto realtà.

«Sei felice?», mi domanda all’improvviso una voce alle mie spalle, molto vicina.

Sussulto, e mi volto verso Edward, che ha i gomiti poggiati sul bordo del divano su cui sono seduta e mi osserva in silenzio. Da quanto tempo è qui? Non l’avevo sentito arrivare.

«Sì», rispondo senza pensarci, facendolo sorridere.

Si solleva e fa il giro del divano, sedendosi accanto a me.

Abbasso lo sguardo, in imbarazzo come mi ritrovo ogni volta che restiamo soli e così vicini. «Hai organizzato tutto tu?», gli chiedo, cercando una risposta al mio quesito mentale di prima. «Mi riferisco alla chitarra come regalo».

Edward si schiarisce la voce, e distoglie a sua volta lo sguardo, leggermente a disagio. «No. Sapevo che mi avresti ucciso se mi fossi permesso di regalartela da solo… quindi ho pensato di chiedere agli altri di unirsi a me per il regalo».

Scuoto il capo, senza riuscire a trattenere un sorriso. «Ti dovrei uccidere comunque, lo sai, vero? Con quello che vi sarà costata-».

Edward alza gli occhi al cielo. «Bella», mi riprende. «Se non sbaglio neanche tu hai pensato molto alle spese per i nostri regali, o sbaglio?»

Arriccio le labbra, presa in contropiede. «Ma-».

«Niente ma». Si volta verso di me, e stringe la mia mano. «Non pensiamo a quanto sono costati i regali, okay?»

«Okay», rispondo, conscia che combattere contro di lui è inutile.

Abbasso lo sguardo sulle nostre mani, e osservo le sue dita scivolare sulle mie, disegnare percorsi immaginari sul dorso e poi tornare ad intrecciarsi alle mie.

I brividi scendono a cascate lungo la mia schiena, irradiandosi dalla nuca; sento le guance bollenti. Alzo lo sguardo fino ad arrivare al suo viso, e lo trovo concentrato sulle nostre mani unite. I suoi capelli scompigliati alla luce del fuoco creano un gioco di colore rosso e nero, e alcune ciocche ricadono sbarazzine sulla sua fronte chiara, piegata da una ruga dovuta alla concentrazione. Gli occhi verdi riflettono le fiamme, diventando quasi dorati, mentre le sue labbra si aprono per parlare.

«Ricordi il discorso di martedì notte? Quello sull’essere sicuri di una determinata cosa?»

Mi irrigidisco per l’imbarazzo e la sorpresa. Le guance già arrossate dal fuoco vivo diventano incandescenti. «Sì», sussurro.

La sua mano continua a stringere la mia, e il panico inizia a prendere il sopravvento.

Rimango immobile come un statua, trattenendo il respiro.

“Mi dispiace, Bella, ma ho capito che non sono interessato a diventare più di un amico per te. Scusami per averti illusa, spero che le cose fra di noi non cambino, comunque.” È da quando siamo rientrati da Seattle che mi ripeto questa frase, che segnerà il momento in cui il mio cuore si spezzerà in due.

I suoi occhi cercano i miei, e in essi leggo una determinazione mai vista prima d’ora.

«Ho-».

La porta del soggiorno si spalanca, e sulla soglia comprare Esme, che prima ancora di accendere la luce si accorge di noi, e si immobilizza. Ed io riprendo a respirare.

«Oh. Scusate, non sapevo ci fosse ancora qualcuno…», si scusa, mortificata. I suoi occhi vagano da me a suo figlio, e fa un passo indietro, mentre un piccolo sorriso piega le sue labbra. «Edward potresti spegnere tu il fuoco prima di andare a dormire?», gli chiede, prendendo nuovamente il pomello della porta, pronta a richiuderla alle sue spalle.

«Certo, mamma», risponde Edward, tranquillo.

Lei sorride e ci augura la buonanotte, prima di richiudere la porta, lasciandoci nuovamente soli.

Il silenzio cala fra di noi, ma è di nuovo Edward a spezzarlo.

«Bella».

I nostri occhi si incontrano, e il mio respiro si ferma nuovamente.

«Non mi basta essere solo amici. Voglio di più», mi dice, tutto d’un fiato.

«Edward, io…», provo a dire, senza fiato, sentendo la testa girare e il cuore battere impazzito nel petto. L’ha detto. Ha detto quelle parole.

Lui porta due dita a coprirmi le labbra, interrompendomi. «Aspetta. Non devi rispondermi subito. Pensaci un po’, e quando sarai sicura mi darai una risposta, okay?»

Annuisco, senza riuscire a far uscire le parole dalla mia bocca. Ha detto che non mi vuole solo come amica. L’ha detto.

Lascia scivolare le dita sulle mie labbra, allontanandole lentamente e procurandomi un brivido lungo la schiena. «Credo sia meglio andare a dormire ora», aggiunge con un sorriso.

Abbasso lo sguardo sulle nostre mani ancora intrecciate, sentendo le guance bruciare come mai prima d’ora.

Non posso dirgli adesso che anch’io voglio più di una semplice amicizia con lui, e che ne sono più che certa già da tempo. Mi ha appena chiesto di pensarci bene, e lanciarmi subito in un’ammissione ora potrebbe fargli credere che prenderei la nostra storia alla leggera, senza pensieri, cosa che non voglio che accada.

Edward si alza, interrompendo i miei pensieri, e mi lascio tirare per la mano per rimettermi in piedi. Quando siamo uno di fronte all’altra, lui si china, e le sue labbra si posano vicino all’angolo della mia bocca, leggere come una piuma, ma bollenti come fuoco vivo.

Sgrano gli occhi, mentre la presa intorno alla mia mano aumenta per pochi secondi.

«Buon Natale, Bella», sussurra, dopodiché si allontana.

Mi guarda per un secondo ancora negli occhi, poi scioglie la presa delle nostre mani, per dirigersi verso il camino e iniziare a spegnere il fuoco con gli attrezzi lì accanto.

Richiudo la chitarra nella custodia, e la sollevo facendo attenzione a non scuoterla. Resto a guardare il profilo del ragazzo davanti a me ancora per pochi secondi, e dopo aver sussurrato un ‘Buon Natale, Edward’, esco dalla stanza. Corro su per le scale, ed arrivo velocemente nella camera che condivido con Alice. Anche se Esme e Carlisle sono entusiasti di Jasper, preferiscono evitare di farli dormire insieme sotto il loro stesso tetto, anche se sanno benissimo come gira il mondo e soprattutto che divideranno la camera insieme quando saremo a Whistler.

Alice è ancora sveglia, seduta a gambe incrociate sul letto matrimoniale. Appena mi richiudo la porta alle spalle lancia in un angolo la rivista che stava leggendo, mettendosi sull’attenti.

«Come mai ci hai messo tanto?», mi chiede, riferendosi alla custodia che contiene la chitarra, salda fra le mie mani. La appoggio in un angolo, dove non rischio di toccarla accidentalmente o di farla cadere.

Tentenno per qualche secondo, cercando di prendere tempo mentre mi tolgo gli stivali. «Ho fatto con calma, non volevo sbattere a destra e sinistra la chitarra. È stata una festa meravigliosa. Non finirò mai di ringraziarvi».

Alice alza gli occhi al cielo, gesticolando. «Lo so. Non devi ringraziarci. Comunque non provare a prendere tempo inventando balle. Con me non attacca, e tu non sei molto brava a mentire, lo sai. Avanti, cos’è successo mentre eri giù?»

Sospiro, e mi siedo sul bordo del letto. «Alice, è tardissimo. Possiamo parlarne domani, no?»

«Ahah!», esclama vittoriosa. «Quindi è successo qualcosa di cui bisogna parlare».

«Questo è quello che pensi tu», ribatto, mentre mi infilo il pigiama, anche se non riesco a trattenere un sorriso mentre le parole di Edward risuonano nella mia testa.

Alice fa un sorriso furbo. «La mamma è passata poco fa per augurarci la buonanotte, e mi ha detto che ci stava pensando Edward al camino. Ergo, vi siete incontrati in salotto. Forza, voglio i dettagli».

Prendo un profondo respiro. «Abbiamo parlato un po’…»

La mia amica annuisce con la testa, e mi fa segno con una mano di andare avanti.

Arrossisco, e le ripeto le parole di Edward. E mentre lei scapita e mi abbraccia, quasi più emozionata di me, mi rendo conto di quanto tutto questo sia reale. Sta succedendo davvero. Non sto sognando.

E di notte, non riuscendo a chiudere occhio, prendo la mia decisione: alla prima occasione dirò anch’io ad Edward quello che voglio. E spero che quell’occasione arrivi quanto prima.

___________________________


Questa è la casa che ho sempre sognato per i coniugi Cullen :D


Ebbene sì, Edward l’ha detto ù.ù non ci ha messo poi così tanto, no?

Complimenti alle ragazze che hanno indovinato che sarebbe stato lui il primo a farsi avanti, ovvero hermron e grepattz :D

Adesso manca solo Bella… quando si farà avanti?

Grazie per essere arrivati fin qui a leggere, e grazie per continuare nonostante tutto a recensire e aggiungere la storia alle preferite/seguite/ricordate.


Per gli spoiler, questo è il blog: TRA SOGNO E REALTA'.


Grazie, e a presto! :***

   
 
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