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Autore: Roev_Chan    09/11/2011    1 recensioni
"La musica è l'armonia dell'anima."
Roev è una studentessa del corso speciale per esorcisti. Pessimo carattere, fredda, asociale e silenziosa, quando non studia, lavora in un negozio di strumenti musicali nella città della Vera Croce, nascondendo a tutti la sua incontenibile passione: ama suonare il pianoforte. Ed è proprio questo che la farà cacciare nei guai, entrando (senza accorgersene) a far parte del sadico gioco del preside dell'Accademia, Mephisto Pheles...
///
-Facciamo un patto, Roev-Chan? ♥- 
-Un patto?-
-Si, un patto! A te piace suonare il piano, no? Bhe, io ti darò la possibilità di suonarlo ogni volta che vuoi, ma in cambio dovrai sottostrami e obbedire a ogni mio ordine! Ci stai?- [...]
-D’accordo, ci sto.-
-Sapevo che potevo contrattare con te, Roev-Chan! Ma ti avverto: se smetterai di suonare, io mi prenderò la tua anima! ♥-

[cap. 4 - "Il patto"]
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Quando Roev aprì gli occhi, era sdraiata sul tappeto della sua camera. Si alzò col busto, ma il suo collo non aveva intenzione di muoversi: le doleva, evidentemente dormendo per terra, doveva essersi bloccato. Decise così da darsi per malata e di non andare al corso. Si sistemò nel letto e notò con grande stupore che il cagnetto era sparito. Decise di non pensarci su troppo, e chiuse gli occhi, addormentandosi. Quando li riaprì era pomeriggio inoltrato e il dolore al collo era sparito. La ragazza si alzò e decise di andare a fare un giro per la Vera Croce. Indossò una tuta che le dava un’aria leggermente trasandata e uscì. Camminò a lungo fino ad arrivare davanti al negozio di Erboristeria per Esorcisti. Si fermò notando che, nel giardino del negozio, la Moriyama cercava di potare una pianta di ortensie blu. Era un cespuglio bello grosso con rami più spessi di un dito, e Roev notò la difficoltà della compagna di classe nel tagliare i rami con una falce a forbice. Roev andò davanti al cancello del giardino e lo toccò.
-Serve una mano?- Chiese rivolta alla ragazza. La bionda fissò la ragazza coi capelli castani. Arrossò lievemente, evidentemente, non avendo mai parlato con Roev, non era abituata a rivolgerle la parola.
-No… no… ce la faccio da sola.- Balbettò cercando di tagliare un altro ramo con la falce. Roev aprì il cancello ed entrò nel giardino, avvicinandosi a lei.
-Non dire sciocchezze, ti aiuto.- Le prese la falce e cominciò a tagliare, mentre la ragazza la guardava stupita, ma con ammirazione. Bofonchiò qualcosa di incomprensibile per poi parlare tutto d’un fiato.
-Che animo nobile! Akuma-San, pensavo fossi una specie di teppista, invece sei buona!- Roev si bloccò. Una teppista, eh, pensò. Ridacchiò divertita.
-Evviva i pregiudizi.- Disse solo continuando a potare. Shiemi divenne ancora più rossa di quello che era.
-Scusami…E’ che ti comportavi in modo strano… e poi non parlavi con nessuno.- Fece Moriyama con un filo di voce. Dopo aver esitato un po’, di nuovo le parlò –Po… possiamo… possiamo essere amiche?- Le chiese balbettando e mangiandosi alcune parole. Roev continuò a tagliare con la falce.
-So lo vuoi, per me va bene.- Le rispose. La ragazza le prese le mani, fissando dritta negli occhi scuri.
-Grazie! Grazie mille! Io sono Shiemi! Posso chiamarti Roev-Chan?-
-Ro… Roev-Chan? Co… come vuoi…- L’aveva presa completamente alla sprovvista. Shiemi sembrava timida, ma una volta che prende confidenza, si lasciava andare.
-Devo subito dirlo a Rin!- Disse aprendo il telefono e scrivendo un’e-mail. Roev raccolse i rami dell’ortensia e il telefono di Shiemi le fece ricordare gli avvenimenti del giorno precedente e del biglietto con il numero di Mephisto: se glielo aveva lasciato, c’era un motivo. Ma sentiva che sotto sotto c’era qualcosa che non la convinceva. Mentre Shiemi scriveva a Rin, Roev la salutò dicendole che doveva andare a fare delle commissioni. Si diresse velocemente al negozio e le prese quasi un infarto vedendo il cartello della svendita totale e della chiusura del posto. Guardò all’interno sbirciando dalla vetrina e vide che il pianoforte era sparito. Le prese un colpo. “Magari l’hanno spostato sul retro…” pensò speranzosa. Fece il giro correndo velocemente sul retro, saltò verso la finestra aggrappandosi sulle inferiate e facendo forza sulle braccia, per tenersi appesa. Guardò all’interno, ma niente: il pianoforte era sparito. Roev si sentì male; lasciò andare la presa e si lasciò andare, ma le gambe non ressero la caduta, così cadde di sedere, sporcandosi di polvere. Sentì che stava per mettersi a urlare come una dannata per la rabbia. Si alzò in piedi e si mise a correre alla cieca per le strade della Vera Croce. Nemmeno il telefono che si mise a squillarle in tasca riuscì a fermarla.  Fu quando, passando per un parco giochi, che Roev fu costretta a fermarsi: inciampò in una radice e cadde. Si asciugò gli occhi lucidi, non voleva che la vedessero in quello stato. Roev odiava piangere, aveva pianto poche volte nella sua vita: per la morte di papà, per suo fratello, per aver litigato con mamma e per il pianoforte. I pensieri della ragazza furono interrotti dal suo telefono, che squillò per l’ennesima volta. Lo estrasse dalla tasca; il numero era sconosciuto, ma rispose lo stesso.
-Pronto?-
-Roev Akuma?-
-Chi è?-
-Cominciavo a preoccuparmi! Sono Mephisto Pheles.- Roev rimase zitta per un istante. Come aveva fatto ad avere il suo numero? –Non chiamavi così ho preso il tuo numero dai professori.- Continuò –Volevo parlarti del pianoforte.-
-È sparito!- Esclamò la ragazza.
-Lo so. Vieni alla mia residenza, vorrei parlarti faccia a faccia.- L’uomo riattaccò. Roev si mise a pensare, rimanendo incantata per qualche istante, poi si guardò attorno.
-Ma io non so dove abiti!- Disse gridando al cielo. Si ricompose non appena si accorse di non essere sola: seduto in cima a una delle casette del parco giochi, c’era un ragazzo dagli abiti bizzarri e i capelli verdi, con uno spuntone. Il ragazzo fece un breve e rapido movimento, parandosi davanti a lei. Roev cercò di allontanarsi ma lui la afferrò per il polso. Tentò ogni gesto, ma niente, niente fece smuovere quelle presa.
-Sei Roev Akuma? Mi è stato ordinato di scortarti nella residenza del Principale.- Disse consegnandole una caramella –Io sono Amaimon.- Mollò la presa e Roev inciampò ma riuscì a rimanere in equilibrio. Osservò la caramella, diffidente. Era rossa, rotonda e lucida; sembrava quasi una bilia.
-Non la voglio.- Disse allungando il palmo aperto con la caramella appoggiata sopra, verso Amaimon. Lui la prese, mettendosela in tasca e, senza dire niente, con uno scatto agguantò la ragazza per la felpa e la caricò di peso a spalle –Cosa stai facendo?! Lasciami andare!- Gridò Roev, ma lui nemmeno la considerò e cominciò a muoversi, saltando agilmente tre abitazioni e vegetazione, mentre la ragazza continuava a urlare e a insultarlo. Fu quando Amaimon si arrampicò velocemente lungo un imponente cancello che Roev capì che stava dicendo la verità. Rimase letteralmente a bocca aperta: la residenza di Mephisto… residenza, era letteralmente un palazzo: i colori predominanti erano il giallo, il blu e il bianco, era pieno di cupole e pinnacoli altissimi e pieni di decorazioni. Fu in quel momento di distrazione in cui Roev osservava a bocca aperta il “paesaggio”, che Amaimon le ficcò la caramella in gola. La ragazza, completamente presa alla sprovvista e lacrimando di dolore per la forza in cui gliel’aveva rifilata, fu costretta e masticarla –Ma sei scemo?! Potevo soffocare!-
-Se non la mangi lui si offende e poi sgrida me.- Disse. Molto probabilmente si stava riferendo a Mephisto, Roev intuì fosse uno dei servitori, ma scartò quasi subito quel pensiero, era troppo strano… bhe, come se Mephisto non lo fosse. Masticò tutta la caramella fino ad ingoiarla; in fondo non era cattiva come si aspettava, sapeva di ciliegia. Avanzarono all’interno della residenza fino ad arrivare a quello che doveva essere lo studio. Amaimon si fermò davanti alla porta  –Il mio lavoro finisce qui, me ne vado.- Disse solo, senza salutare e senza dare indicazioni. Roev non disse niente, pensò solamente che era un gran maleducato, e basta. Si voltò guardando la porta, poi senza pensare troppo afferrò la maniglia e la aprì.
   
 
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