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Autore: kalaea    09/07/2006    2 recensioni
Un viaggio verso un nuovo mondo, la speranza di ricominciare...
Originariamente era un tema in classe, ma mi è venuto un racconto abbastanza carino(credo)...fatemi sapere!^^
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In viaggio verso il futuro
In viaggio verso il futuro


La barca ondeggiava sull’acqua torbida di quel mattino nuvoloso. Eravamo in viaggio da due giorni ormai e non c’era ancora alcuna traccia dell’Italia, la mamma continuava a rassicurarmi dicendo che saremmo arrivati presto, ma, secondo me, mancava ancora almeno una settimana all’arrivo. Scesi in coperta per andarla a trovare. Non voleva mai salire sul ponte; non mi aveva detto perché, ma potevo capirlo: dal ponte il panorama era deprimente, sempre la stessa, monotona distesa d’acqua marina. Solo all’alba e al tramonto il paesaggio variava un po’, il sole scendeva di poco al di sotto della spessa coperta di nuvole e illuminava di riflessi rossastri la superficie del mare.
Ero partita da un paesino di mare sulla costa africana; mio padre e i miei fratelli maggiori erano rimasti a casa nostra, mentre io e la mamma eravamo partite alla volta di quel nuovo mondo.

Anche quella sera il sole se n’era andato senza che si fosse avvistata la penisola o un’isola italiana. Nella stiva c’era buio a qualunque ora del giorno e la sera, quando era calata la notte, si riempiva di gente che cercava di trovare una posizione comoda per dormire e, allo stesso tempo, di scaldarsi un po’ in quelle notti d’autunno.
Io non riuscivo mai ad addormentarmi, mi dava fastidio tutta quella gente sconosciuta e, per di più, la mamma da quella sera aveva cominciato a tossire tutta la notte; si stava ammalando, ma non avevamo medicine su quel barcone, avremmo dovuto aspettare fino a quando fossimo arrivati in Italia; speravo resistesse fino a quel momento.

La tosse della mamma era peggiorata, non riusciva più a smettere; io cercavo di aiutarla e di starle vicino, ma lei mi cacciava via, perché non voleva mi ammalassi anche io. Salii, perciò, sul ponte, era deserto. Per cercare di distrarmi guardai il cielo; era scuro, anche se in pieno giorno, perché coperto da una grande massa di nuvole nere, stava per mettersi a piovere. Una minuscola gocciolina d’acqua mi bagnò la fronte e fu subito seguita un’altra e un’altra ancora finché non cominciò a piovere a dirotto. Mi riparai nella stiva insieme agli altri passeggeri. Un tuono rimbombò nel cielo e un lampo illuminò tutt’intorno per un secondo.
I temporali non mi facevano più paura da quando avevo sette anni, prima mi terrorizzavano: sembrava sempre che il cielo stesse per crollare; ma adesso ero cresciuta e non avevo più paura.
Quella sera, però, su quella barca, in mezzo al mare, mi sembrava di essere tornata bambina; i tuoni mi facevano di nuovo paura, il mare si era ingrossato e faceva ondeggiare pericolosamente il barcone, il mio stomaco stava facendo le capriole all’interno della mia pancia, la mamma continuava a tossire, i bambini più piccoli urlavano e piangevano, i lamenti incessanti degli adulti…e tutto questo rumore si aggiungeva al frastuono provocato dal temporale. Sembrava fosse scoppiato il finimondo; non vedevo l’ora finisse tutto quanto e tornasse la calma…

Passammo quella notte d’inferno nella stiva e nessuno osò uscire allo scoperto, prima che tutto non si fosse calmato: il mare, il cielo, i bambini…
Quando il rumore cessò, i più coraggiosi, o forse i più disperati, uscirono e salirono sul ponte. Anche io fui una delle prime a salire; avevo assoluto bisogno di ossigeno, stare chiusa in coperta per una notte con tutta quella gente era soffocante. All’esterno il cielo era azzurro e limpido e non c’era traccia della tempesta de giorno precedente.

Verso l’ora di pranzo un cumulo di gente si accalcò sulla punta della barca; li raggiunsi anch’io, curiosa di sapere cos’era successo.
Poi capii: lontano, sulla linea dell’orizzonte, si intravedeva una striscia di terra; si trattava di un’isola, perché quella striscia aveva un inizio e una fine ben delimitati, ma eravamo troppo lontani per riuscire a distinguere qualcos’altro.
Un urlo di gioia si sprigionò dalla barca: eravamo quasi arrivati!
Corsi in coperta per dirlo alla mamma, che con la tosse non poteva uscire allo scoperto. Quando lo venne a sapere, un sorriso le si allargò sul viso stanco e malato, era così tanto tempo che non la vedevo sorridere che scoppiai a ridere.
Ero così eccitata per l’arrivo in Italia che non riuscivo a stare ferma; passavo da una parte all’altra del ponte, dal ponte alla stiva e viceversa. La maggior parte delle persone era accalcata sul ponte, verso la punta, per vedere il più da vicino possibile quella terra tanto sperata e sognata.
L’euforia di quella mattina, però, fu smorzata leggermente dalle urla del capitano, che diceva che saremmo arrivati soltanto il giorno dopo all’isola.

Quella notte riuscii finalmente ad addormentarmi, nonostante alcuni rumori e la gente intorno; sognai, perfino; la mattina seguente, però, avevo già dimenticato il sogno. Ma non importava, perché quel giorno saremmo arrivati in Italia!
Salii di corsa sul ponte e raggiunsi il gruppo di persone; chissà da quanto tempo erano lì fuori ad aspettare!
Guardai verso quella che fino al giorno prima era solo una striscia di terra e mi accorsi che l’isola era ormai vicinissima. Attraccammo al molo mentre il sole si spostava verso ovest; una volta arrivati, intorno a noi si formò un muro di gente curiosa. C’erano anche alcuni uomini vestiti con delle divise scure che dovevano essere poliziotti. Parlavano una strana lingua, diversa dalla nostra; mi sentivo un po’ spaesata. I poliziotti ci aiutarono a scendere dall’imbarcazione e furono molto gentili con noi; ci offrirono da bere e da mangiare e anche delle coperte.
Ero felice di essere arrivata in quel posto, anche se un po’ mi faceva paura, e speravo di riuscire a cominciare una nuova vita in quel nuovo paese.

   
 
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