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Autore: TastemyMarsBar    11/11/2011    1 recensioni
Gellert Grindelwald e Albus Silente si sono incontrati l'ultima volta durante quel famoso duello del '45.
O forse no...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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The Stone

Un uomo anziano in una strada deserta.

Alla fine della strada, apparentemente, nulla, ma lui continuava ad avanzare. Cosa cercava?

Cercava quelle che ormai erano solo pietre coperte dall’edera, ma che un tempo erano state le mura di una casa.

Una casa che neppure quand’era abitata era splendida, ma che aveva dato i natali a un grande mago.

Casa Gaunt.

È qui, deve essere qui. Qui da qualche parte…

Horcrux. Cerca l’Horcrux, e sa anche bene cos’è. L’anello dei Peverell.

Peverell.

 “Guarda qui! C’è il Triangolo, sono loro!”

Quel giorno, Albus era nel cimitero di Godric’s Hollow. Voleva far visita alla tomba di sua madre, ma…

“dove?”

“qui, Al!”

Nella parte più vecchia del piccolo cimitero, una delle tombe recava inciso il nome Peverell, e il Triangolo. Il simbolo dei Doni.

Un momento importante, per loro. Forse il più importante, il momento in cui erano più vicini ai Doni, durante quell’estate, durante la Ricerca a Godric’s Hollow. Era la conferma, certa e inconfutabile, che i Peverell avevano qualcosa a che fare con i Doni,  e che erano veramente vissuti proprio lì..

I due ragazzi trascorsero quel giorno nella biblioteca del paese, a fare ricerche sulla discendenza dei Peverell, ma non riuscirono a trovare nulla. La loro discendenza doveva essere stata anonima, evidentemente, né più né meno di un qualsiasi Potter… eppure c’era stata! Non era possibile che una grande famiglia di maghi scomparisse così…

Gaunt.

Se Orvoloson era davvero il discendente dei Peverell, questo significava che Voldemort aveva un legame di sangue con Harry. Questo… questo sarebbe stato molto importante.

Ma in futuro – ora no.

Ora l’unica cosa importante era trovare l’anello e … distruggerlo.

Vuoi veramente distruggerlo?

La voce di Gellert era chiara nella sua mente. Era sempre lui a dare voce, nella mente di Albus, a questo tipo di pensieri. Pensieri sbagliati, gli diceva il senno. Pensieri giusti, gli diceva il cuore. Del resto, la Pietra era sempre stata il Dono che lo attraeva di più. L’idea di poter riportare in vita sua madre, sua sorella… chiederle scusa, scoprire forse chi… chi era stato, di loro tre, e potersi liberare del dubbio.

Ariana… avrebbe potuto rivederla…

È contaminato. Non funzionerà… ripeteva Albus.

…forse. insisteva Gellert.

 No, non poteva lasciarsi tentare, non poteva farsi prendere dai ricordi, non ora. Ora doveva essere lucido contro le difese di Riddle.

Devi trovarlo, ora!

Gli bastò muovere la bacchetta, e un piccolo cumulo di pietre si spostò, rivelando una buca buia e molto stretta in mezzo all'erba, scavata nel terreno tra i resti della baracca dei Gaunt.

Si avvicinò e si chinò,  con cautela, le dita strette intorno alla bacchetta: possibile che trovare il nascondiglio dell'Horcrux fosse così facile? Ci doveva essere qualcosa sotto.

Scrutò la buca con attenzione e notò quella che sembrava una piccola scatola.

La scatola non si mosse, rimase lì, sul fondo della buca. Provare a estrarla con le mani sarebbe stato un gesto avventato, sicuramente c'erano degli incantesimi a protezione dell'anello, incantesimi che doveva provare a infrangere.

Sollevò nuovamente la bacchetta, chiudendo gli occhi e concentrandosi. C'era una fattura particolarmente potente che poteva fare al caso suo, una fattura che, se scagliata con la massima potenza, avrebbe sciolto molti incantesimi di protezione.

-Enfringe!- esclamò, a voce bassa. Un fumo nero avvolse la scatola,  per poi diventare rosso e scomparire. Era il caso di rischiare,  si disse. Allungò la mano… le dita toccarono la pelle del coperchio…

L’Anello. Finalmente,  suo.

 

 

E perché no, Al? La Bacchetta è lì…il Mantello l’ha Potter… la pietra, Al! Quella che hai sempre desiderato…

Ecco la voce di Gellert che tornava fargli visita, e come al solito lo invitava…tentava…

In fin dei conti cosa c’è di male? Pensava Albus. È solo un anello…

E quindi ecco le sue mani prenderlo, e infilarlo…

Ariana, Kendra, compariranno davvero?

Mentre lo metteva, già immaginava di vederle, di chiedere scusa alla piccola Ariana, di poter finalmente parla-                   Dolore. Improvvisamente, dolore.

La mano bruciava, pulsava, e pur sapendo cosa fosse successo Albus non se lo voleva confessare. Che imperdonabile sbaglio… Davanti ai suoi occhi la mano avvizziva veloce. Prima il dito con l’anello, poi le altre dita, una dopo l’altra. Un Necroincanto.

Quando la mano pareva ormai morta, il rapido consumarsi della carne iniziò a scemare. Solo un occhio incredibilmente acuto avrebbe potuto vedere il lento putrefarsi del braccio.

Gellert.

Andare… da Gellert.

Parlargli un’ultima volta, perché capisca quanto male possono fare i doni.

Una vana speranza forse, dato lui stesso l’aveva appena pienamente realizzato.

Ma chissà.

In fin dei conti ci poteva essere una speranza, e Albus era sempre pronto a dargli una nuova possibilità. 

 

Nurmengard, come sempre cupa, come sempre ostile.

PER IL BENE SUPERIORE, vede scritto all’ingresso. Per il Bene Superiore.

Ed ecco che gli torna alla mente un ricordo, un altro dei tanti che sarebbero stati meglio sepolti e non riesumati mai più. 

“Immagina,  Al! Un mondo in cui non doverci più nascondere, un mondo senza Uso Improprio dei Manufatti Babbani e tutte queste stupide Leggi di Segretezza. Al rogo lo Statuto!”

Parole che per Albus evocavano non solo un mondo in cui potersi affermare davvero e,  come diceva Gellert,  “dominare la vita e la morte”,  ma anche semplicemente un mondo più libero,  in cui Ariana non si sarebbe più dovuta nascondere,  senza Cacce alle Streghe o Santa inquisizione a fare stragi in nome di Dei Babbani.

“Sarebbe…sarebbe più giusto” si azzardò a mormorare.

Per la prima volta cedeva all’idea, un’idea pericolosa e affascinante, l’utopia della giustizia.

A queste parole, gli occhi di Gellert s’illuminarono. Finalmente quel ragazzo riusciva a capire,  ad abbracciare la grandiosità dell’idea. “Sì, sarebbe più giusto, giusto per tutti. Ma per raggiungerlo ci sarà sofferenza,  e dolore. Sacrifici che andranno fatti per raggiungere quest’ideale… la giustizia…”

“…per il Bene Superiore.”

Eccole, le parole. Bene Superiore, lo stesso che aveva sempre intravisto, anche nelle più folli imprese di Gel… no, non era Gellert. Era Grindelwald ora. Cercava di convincersene: un pazzo omicida, non un brillante giovane da stimare e amare.

 

“Bentornato, Albus. Inizi a pentirti di non avermi aiutato?”

“Mai. Le tue atrocità sono ingiustificabili.”

“Perché di nuovo qui,  allora? Non sono un tuo studente a cui fare la predica.”

“Continuo a sperare che tu capisca…” mormorò Silente.

“Capisco benissimo invece. Capisco che non avevi… il coraggio delle tue idee.”

“Questo non è vero! Un mondo… in cui vivere in pace,  senza doverci nascondere,  è sempre il mio sogno. Ma simili stermini, atrocità come quelle che hai compiuto… no. Non sono disposto a concepirle, indipendentemente dal Bene Superiore. Comunque… non sono qui per questo.”

 “e per cosa, allora?”

“Io… sto per morire.” Con quello che pareva uno sforzo immane, sollevò il braccio bruciato. “Ho riunito i Doni, e sto per morire.”

“I Doni? Hai riunito i Doni?” Lo sguardo di Gellert si era illuminato, come al solito, come ogni volta che si nominavano i Doni.

“Non t’importa nient’altro, vero? Non ti è mai importato.”

“M’importa di te.”

Gli occhi dei due si incontrarono,  e sembrò di tornare alla vecchia complicità, all’intesa che c’era una volta.

E questo lo spaventava. Non voleva pensare,  non poteva credere che fosse vero.

“Se ti fosse importato non te ne saresti andato.”

“è stato il mio sacrificio per il Bene Superiore.”

“Nessun Bene può giustificare un genocidio! E poi… il Bene Superiore… guarda dove ti ha portato,  il Bene Superiore!”

“Dove mi ha portato? Mi ha portato a seguire un ideale, e c’ero quasi. Ero a un passo dal dominio,  e poi avrei diffuso le mie idee sempre di più. Anche chi mi si opponeva… non avrebbe potuto non convenite che il mio scopo era più alto. Giusto. Ma non potevo,  non da solo. È stata colpa tua,  Albus.”

“Merito forse.”

“Colpa. Ma non serve a niente discuterne ora. Dimmi… la pietra? Dov’era,  com’era?”

“letale,  era. Letale. Te l’ho detto, sto per morire. Un mago incosciente ne ha fatto un Horcrux.”.

“Un Dono… Horcrux? Chi può essere un mago così sconsiderato da trasformare un Dono in un Horcrux?”.

“Voldemort.”

Di nuovo, la risata di Gellert. Anzi,  quella di Grindelwald. È fredda,  sinistra. Divertita,  ma priva della gioia che un tempo permeava la sua voce e il suo riso.

“Voldemort. Non è quello che si fa chiamare Lord? Uno sciocco.”

“È cresciuto tra i Babbani. Possibile… possibile che non sappia neppure dei Doni, figurarsi dei Peverell.”

“In questi momenti mi fa veramente tristezza essere noto come Mago Oscuro. Ci pensi? Il mio nome è affiancato al suo, nei libri di storia!”

“Cerco di non pensarci.”

“Cerchi di non pensarci per i motivi sbagliati.”

Tristemente, Albus sorrire al prigioniero. “Per i miei motivi. Dimmi… non ti sei mai pentito delle tue azioni, vero?”.

“Mai.” Era determinazione quella negli occhi del tedesco,  fede nel suo ideale,  anche ora che l’aveva ridotto lì.

“Lo sospettavo. Dunque io non ho più nulla da fare qui, solo volevo… speravo… che capissi il tuo errore.”

“Non ne ho fatti.”

“Allora… addio,  Grindelwald.”

“Lebewohl, liebe.”

Quelle ultime parole giunsero come un sussurro ad Albus, eppure quel sussurro bastò per procurargli una fitta al cuore.

Lebewohl,  liebe,  ed è l’ultima volta che glielo sentirà pronunciare.


Toh, ma è tornata?

Eeeeebbene sì, gente, la Lilith ha aggiornato! :D

Questo capitolo è più lungo degli altri, e spero che l'attesa sia ben ripagata.

Grindeldore is the way!

 

   
 
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