Capitolo XLVIII
Ore 01.20 –
Autostrada, chilometro 1.900
Irina rimase a
fissare la strada, il volante stretto tra le mani, nel gelo dentro al petto. La Punto continuava a correre, perché il suo piede
era come paralizzato, fermo sull’acceleratore, e la strada le scorreva davanti…
Solo il suo istinto di pilota clandestina non la fece schiantare…
Le sentiva bruciare
sulle sue guancie, le lacrime. Le sentiva colare dagli occhi, offuscandole
quasi la vista, inesorabili come lo era il dolore che
provava, un dolore così forte da lasciarla senza fiato.
Non era giusto.
Non era giusto che
finisse così. Non era giusto che l’epilogo di tutta quella storia fosse quello.
Non era giusto che William
morisse, quando lei sapeva che poteva salvarsi. L’aveva visto con i suoi occhi
che lo Scorpione poteva cambiare. Lei avrebbe potuto aiutarlo, non lo avrebbe
abbandonato, anche se fosse finito in carcere… Meritava una seconda
possibilità, anche se non l’aveva chiesta.
Era paradossale, ma
con tutto quello che le aveva fatto, Irina non aveva mai desiderato la sua
morte, non più da quando era finito in carcere. Aveva commesso tanti, troppi
errori, ma non meritava quella fine.
Non era giusto.
Era giovane,
William. Aveva davanti ancora tante possibilità… Perché? Perché andarsene così?
Perché in quel modo?
Ingoiò i singhiozzi
che le premevano in gola, rallentando appena. Si spostò sulla destra, su una
corsia più lenta e tranquilla, cercando di calmarsi. Si passò una mano sugli
occhi, facendo respiri profondi, ma nonostante tutto il dolore rimase lì,
sordo, pulsante nel suo petto.
E improvvisamente,
capì cosa era passato nella testa di William. Capì cosa era riuscito a
spingerlo a compiere un gesto così estremo.
Forse lo Scorpione
aveva perso tutto, ma non era stato battuto. Non era stato catturato di nuovo.
Era rimasto libero fino all’ultimo…
Lo sapeva, lo
sentiva che era così.
Lo conosceva troppo
bene, per non capire. William non avrebbe mai accettato la sconfitta; non
l’aveva accettata nemmeno due anni prima, e lo aveva
dimostrato riuscendo a fuggire dalla prigione. Piuttosto che ammettere di
essere stato battuto, tradito e illuso, aveva preferito la morte. Era nella sua
natura.
Però per lei continuava
a rimanere sbagliato.
Guardò la strada
davanti a sé, cercando di controllare le lacrime.
Se era ciò che era,
lo doveva solo a lui. Nel bene e nel male, William le aveva aperto tante porte,
tante strade. Soprattutto, le aveva reso possibile scegliere cosa diventare.
Forse l’aveva fatta soffrire, forse la aveva dimostrato
che poteva fallire, ma era anche riuscito a tirare fuori la sua parte forte,
l’aveva costretta a combattere.
“Grazie, Will. Spero solo che tu ora
abbia trovato la tua pace”.
Poi, sentì una voce
invadere l’abitacolo e farla tornare completamente alla realtà. Il display del
navigatore lampeggiò, mostrando una freccia che svoltava a destra.
<< Fra
duecento metri, uscire dall’autostrada >>.
Irina guardò il primo
cartello che incrociò a bordo strada, e si rese conto che aveva raggiunto Cherepova. Vedeva le luci della cittadina brillare nella
notte poco lontano, mentre qualcosa dentro di lei gridava raggiante. Alla fine
era arrivata per davvero.
Inserì la freccia,
poi prese l’uscita e lungo la rampa di decelerazione controllò quanto mancasse
all’arrivo. C’erano circa otto chilometri al centro di Cherepova,
ma non sapeva se doveva raggiungere la città oppure la periferia…
Si ritrovò a un
incrocio deserto, ma non dovette fermarsi. Dall’altra parte della strada una
grossa Jaguar XK nera con i vetri oscurati le fece i fari. Poi, silenziosa,
svoltò a sinistra, nella direzione opposta alla città.
Doveva essere
qualcuno mandato dalla Lince… O forse la Lince stessa.
La seguì, senza
riuscire a distinguere nessuna sagoma riconoscibile all’interno dell’auto. Si impose di tornare lucida, di mettere per un momento in un
angolo ciò che era appena successo, perché aveva una sola possibilità e non
doveva sprecarla. Un vero agente dell’F.B.I. si
sarebbe comportato nello stesso modo… E comunque, ormai non poteva fare più
niente per William, se non onorare la sua memoria.
Si trovavano quasi
in aperta campagna, lungo una strada ampia ma poco illuminata. Ad un certo punto da una via laterale sbucò una seconda
auto, una Mitsubischi Eclipse
azzurra, che le si mise dietro, silenziosa. Irina guardò nello specchietto, ma
anche quella aveva i vetri oscurati.
Continuò a seguire
la Jaguar, sentendo salire l’inquietudine. Si stavano allontanando troppo da Cherepova, dove c’erano le squadre di agenti di polizia… In
più, sembravano esserci troppi piloti clandestini, per lei. Chi c’era dentro
quelle auto?
Controllò di avere
proiettili nella pistola, mentre vedeva sopraggiungere una terza macchina, una Audi A5 grigio metallizzato, che si mise in coda al
piccolo corteo. Procedevano abbastanza velocemente, e non incontrarono nessuno
lungo la strada.
Irina prese il
cellulare, incerta se telefonare a Xander
o a McDonall per avvertirli che la Lince l’avrebbe
incontrata fuori città, ma aveva la sensazione di essere spiata da quelle tre
auto. Era certa che se si fosse messa in contatto con l’F.B.I.
in quel momento sarebbe stata scoperta…
A malincuore rimise
il telefono in tasca, continuando a seguire la Jaguar, con la
A5 a la Eclipse alle spalle. Proseguirono per
circa cinque chilometri, poi all’orizzonte iniziò a intravedersi una villa
illuminata a giorno, stranamente isolata da tutto il resto.
Mentre si
avvicinano, Irina notò che era una casa molto bella, con un giardino
curatissimo e illuminato da piccoli lampioncini in
ferro battuto. Si stagliava scura nella notte, il tetto spiovente e il
comignolo che gettava un fumo chiaro e denso. Aveva l’aria di essere abitata,
ma le luci sembravano tutte spente.
La Jaguar si fermò
davanti al cancello della villa, e Irina la imitò. I battenti si aprirono nel
più completo silenzio, scoprendo un cortile largo e delimitato da bassi muretti
di pietra. Entrarono lentamente, una dietro l’altra.
La Jaguar si fece
da parte e Irina fermò la Punto davanti a una gradinata di marmo, illuminata a
giorno da piccoli lampioni ai lati. Spense il motore, rimanendo un momento a
fissare la casa. Aveva i nervi a fior di pelle, ed era pronta a qualsiasi cosa.
Non era saggio avventurarsi
la dentro da sola, ma non poteva temporeggiare. Era certa che la Lince non
avrebbe tollerato attendere ancora… Però doveva trovare un modo per essere
certa che sapessero dove si trovava, qualunque cosa fosse accaduta.
L’unica idea che le
venne in mente era piuttosto rischiosa, ma non poteva fare di meglio. Prese il
cellulare, impostò la chiamata al telefono di Xander
e poi lo gettò sotto il sedile. Potevano intercettare la sua chiamata e
scoprire dove si trovasse, in modo da dirigersi lì. Sperando che capisse,
smontò dall’auto e affrontò il freddo di Cherepova.
Nessuno scese dalle
auto, così si guardò intorno in attesa. La Jaguar, la Eclipse e la A5 rimasero ferme, i motori accesi, ma i loro
piloti non si fecero vedere. Evidentemente preferivano non mostrare i loro
volti, e ancora più chiaramente la Lince doveva aspettarla in casa.
Gettando verso di
loro un ultimo sguardo, Irina iniziò a salire la gradinata. Arrivata davanti
alla porta, la trovò già aperta.
Entrò lentamente,
circospetta. La luce nell’ingresso era accesa, ma tenne ben stretta la pistola,
pronta a qualsiasi cosa. Percorse il corridoio riccamente arredato, sul quale
si aprivano diverse porte, i passi attutiti dallo spesso tappeto…
Poi, sentì una voce
che riconobbe all’istante.
<< Vieni
avanti, vieni avanti >>.
Ore 01.45 –
Autostrada, chilometro 1.777
Xander aprì la
telefonata, ma non sentì niente. Il cellulare dall’altra parte trasmetteva solo
il silenzio, e la cosa lo mise in ansia. Gettò un’occhiata verso il lago scuro,
dove le auto della polizia erano ferme, i lampeggianti accesi, gli agenti che
guardavano la superficie crepata dell’acqua, sotto la quale
Challagher giaceva ormai senza vita.
Irina non avrebbe
mai chiamato senza un perché, soprattutto in quel modo… Ma se non rispondeva…
Guardò il telefono
un’ultima volta, poi si diresse verso la camionetta della polizia più vicina.
White stava parlando al telefono con qualcuno, forse con gli agenti russi.
<< Ho bisogno
di sapere da dove arriva questa chiamata >> disse Xander
al primo poliziotto che vide, << E’ ancora aperta >>.
L’uomo annuì, prese
il telefono e disse: << Ci vorranno pochi secondi >>.
Xander rimase in attesa,
e nel giro di qualche momento capì forse qual’era la
strategia di Irina: non poteva parlare apertamente con loro per non essere
scoperta, ma in quel modo poteva fargli capire dove si trovava. Molto
probabilmente il luogo di incontro con la Lince era
cambiato e non era più al centro di Cherepova…
“Sei davvero in gamba, come agente, Irina”.
<< Agente Went? >>.
Xander si voltò. Il
poliziotto di prima gli stava porgendo il cellulare, dove la telefonata di
Irina era ancora aperta.
<< Arriva da
una piccola frazione a nord di Cherepova >>
spiegò l’uomo, << La traccia è ferma, quindi ne
siamo certi >>.
<< Grazie
>>.
Xander guardò il lago,
poi decise che doveva raggiungere Irina il prima
possibile. Dovevano avvicinarsi a Cherepova per essere
pronti a entrare in azione quando Fenice lo avesse richiesto. E comunque lì lui
non aveva più nulla da fare…
Attese che White
chiudesse la telefonata, la faccia infastidita.
<< Russi
maledetti >> borbottò, << Vogliono
prendersi il merito dell’operazione… Sono già nei pressi di Cherepova
>>.
Xander annuì.
<< Dobbiamo
andare anche noi >> disse, << So di preciso dove
si trova Irina, e non è proprio a Cherepova. Se
vogliamo prendere la Lince dobbiamo comunque
avvicinarci alla città… >>.
White sventolò la
mano, intuendo già la sua idea.
<< Vada, Went, vada. Tanto so già che non
sarei in grado di trattenerla qui >> disse, << Se vuole precedere
tutti, faccia come crede. Io rimarrò qui per le operazioni di recupero del
corpo di Challagher… Sempre
che si possa recuperare. Ho solo una domanda da farle. Dov’è Goryalef? >>.
Xander fece una mezza
smorfia. Già, dov’era Dimitri?
<< Sarò
sincero >> rispose alla fine, << Non lo so. Ma siccome abbiamo
fatto un patto, spero lo rispetti >>.
White gli rivolse
un’occhiataccia, ma Xander
si voltò e risalì sulla Ferrari. Avvertì McDonall di
quello che stava accadendo, scoprendo che il Vicepresidente si trovava a Cherepova con i russi, e poi accese il motore della 599.
Aveva ancora
duecento chilometri da fare, ma non era più stanco. L’inseguimento con Challagher gli aveva mandato in circolo adrenalina che lo
avrebbe tenuto sveglio e vigile per molte ore… E in ogni caso, non avrebbe
mollato proprio in quel momento.
Dallo specchietto
retrovisore vide la superficie spaccata del lago gelato, e si chiese ancora
perché Challagher avesse mai fatto una scelta del
genere. Aveva immaginato di tutto per lui, ma non il suicidio in quel modo.
“Sei riuscito a rimanere Scorpione fino alla fine, Challagher”.
Doveva ammetterlo,
si era scelto una fine piuttosto spettacolare. Per
quanto lo odiasse, doveva riconoscerglielo.
Sarebbe rimasto
sempre il miglior pilota clandestino di tutti i tempi.
Scosse il capo.
Sapeva che Irina sarebbe
stata dispiaciuta della sua morte, ma lui non poteva esserlo. Aveva fatto
troppo male secondo lui: forse la morte era davvero la soluzione migliore.
“Non chiedermi di essere dispiaciuto per te, Challagher. Nessuno merita la morte, ma è stata una tua
scelta. Ciò che posso riconoscerti è che non sei né sarai mai
un codardo”.
Poi, affondò il
piede sull’acceleratore, lanciando la Ferrari sullo sterrato e poi di nuovo
sull’autostrada, inserendo la sirena lampeggiante. Il navigatore satellitare
indicava la strada, sempre dritta, mentre rapidamente staccava le altre volanti che lo seguivano…
Finalmente si
avviavano alla fine di quella missione, e non poteva che esserne felice.
Poi, qualcosa
attirò la sua attenzione.
Scura come la
notte, una Audi R8 con il muso spaccato e le fiancate
rigate sopraggiunse alle sue spalle, i fari che lampeggiavano a intermittenza,
molto probabilmente per le lampadine fulminate.
Xander sorrise, e lo fece
perché era davvero felice.
Il telefono
squillò, e lui rispose.
<< Dove credi
di andare, Went? Interessa anche a me scoprire chi è
quella maledetta Lince >>.
La voce seccata, ma
incredibilmente sicura di Dimitri gli diede una strana sensazione. Se era lì,
significava che aveva fatto tutto ciò che doveva fare.
Vladimir Buinov molto probabilmente giaceva senza
vita lungo l’autostrada ma, cosa più importante, Dimitri aveva rispettato il
patto.
E Xander capì di avere di fianco qualcuno di
cui poteva fidarsi davvero, e che gli sarebbe stato davvero d’aiuto. Lo aveva
detestato all’inizio, e lo aveva detestato di più
quando aveva saputo cosa era successo tra lui e Irina, ma ora capiva chi si
trovava davanti, e capiva perché Irina era stata attratta da lui…
Se mai avesse
voluto un compagno d’avventure, un’agente a fargli da spalla, avrebbe voluto
uno come Dimitri. Forse non era simpatico, ma era leale, anche di fronte al
nemico. E per la loro testa, in qualche modo passavano gli stessi pensieri.
Ora lo rispettava,
e nessuno gli avrebbe più fatto cambiare idea.
<< Credevo di
doverti aspettare, Dimitri >> ribatté, per provocarlo.
Il russo sembrò
fare una smorfia, al di là della linea.
<<
Aspettarmi? Went, mi sono dovuto ricucire una gamba
da solo… Scusa se ti ho fatto attendere tanto >> ringhiò, <<
Muoviti, fammi strada. Spero che questo catorcio di
auto mi porti fino a destinazione… Non ho alcuna intenzione di salire in auto
con te >>.
Xander sorrise.
<< Stammi
dietro. Sai che faccio sempre un’ottima scia >>.
Ore 01.45 – Cherepova Nord
<< Vieni
avanti, vieni avanti >>.
Sul volto di Irina
si dipinse un mezzo sorriso.
Avrebbe dovuto
immaginare che fosse lui. Aveva decisamente tutto
molto senso.
Spinse
delicatamente la porta, la pistola in pugno, e si ritrovò in un grande
soggiorno con una vetrata che dava sul cortile illuminato a giorno dai
lampioni. Parcheggiata fuori c’era un’auto che Irina
aveva già visto una volta: una Alfa Romeo 8C Competizione.
<< Dan…
Perché non ho pensato a te? >> disse, il tono
quasi divertito, nonostante la situazione.
Dan, l’italiano, il
ragazzo che sembrava sempre fuori posto in mezzo a quei russi dall’aria
scontrosa, stava in piedi vicino al divano, rilassato, un bicchiere di vino in
mano e il camino acceso alle spalle.
Sorrise davanti
alle sue parole, mentre Irina cercava di capire perché non avesse pensato a
lui… C’era sempre stato nelle occasioni che contavano, a osservare chi si
batteva per farsi conoscere dalla Lince… E non essendo russo, non aveva mai
attirato l’attenzione su di sé… In più, era stato lui ad affidarle il primo
incarico che aveva avuto quando era arrivata a Mosca…
<< Lo so, è
strano che sia io la Lince >> disse l’italiano, avvicinandosi, <<
Ma siediti, per favore. Ti aspettavo almeno fra due ore, ma mi fa piacere
vederti già qui… Conferma tutte le idee che avevo sul tuo conto >>.
Irina lo guardò,
trovandolo stranamente poco minaccioso. Forse era la Lince, ma ai suoi occhi
rimaneva Dan l’italiano, il ragazzo simpatico appassionato di auto italiane.
Faticava a credere che fosse lui a gestire tutto il giro di corse clandestine
della Russia e tutti i traffici di droga.
Eppure non era poi
tanto sorpresa. Lo confermava il fatto che riusciva a
mantenere la calma, a pensare con lucidità. Forse si era davvero abituata a
tutto, in quegli ultimi tempi.
Doveva prendere
tempo, finché non capiva come fare ad arrestarlo. Si sedette sul divano, mentre
Dan prese posto davanti a lei, porgendole un bicchiere
vuoto di vino.
<< Immagino
tu sia stanca >> disse, avvicinando la bottiglia, << Gradisci?
>>. La guardò con espressione gentile.
Irina fece cenno di
no con la testa. Chiaramente Dan non sospettava ancora che lei fosse dell’F.B.I., altrimenti non l’avrebbe certo trattata in quel
modo…
<< Capisco…
>> disse lui, << So che è stato faticoso, ma era necessario. Avevo
bisogno di capire quanto forte tu fossi, prima di prendere una decisione.
L’unico modo che avevo era farti rifare la Mosca-Cherepova
da capo, e da sola. E in ogni caso, hai superato anche le mie aspettative… >>.
<< Cosa vuoi dire? >> domandò Irina, studiando la sua
espressione.
Dan sorrise.
<< Sei
arrivata prima del previsto, nonostante avessi la polizia alle calcagna
>> rispose, << Ho seguito la tua fuga da quando sei partita… E se
non sbaglio, avevi anche Challagher dietro >>.
Irina avrebbe
voluto lasciarsi andare a una faccia stupita, ma non lo fece. Non sapeva come
aveva fatto a seguirla, ma ciò che la sorprendeva di più era
il fatto che Dan non avesse capito che lei non era inseguita dalla
polizia… Era lui l’obiettivo!
<< Noi piloti
clandestini siamo abituati a scappare >> disse in
risposta, << Come hai fatto a seguire il mio percorso? >>.
Dan si strinse
nelle spalle.
<< I miei
Referenti sono piuttosto efficienti >> rispose, << Ma ora non è
importante tutto questo… Voglio parlare di cose più interessanti, con te
>>.
Irina gli rivolse
un’occhiata, fingendosi stupita.
<< Aspetta
solo un momento >> disse, cercando di condurre il discorso dove le
interessava, << Mi puoi spiegare perché… Perché sei tu la Lince?! Insomma, come diavolo hai fatto?
>>.
Dan scoppiò a
ridere, come se la sua incredulità fosse una lusinga.
<< Immagino
che Dimitri ti abbia raccontato la storia di Buinov e
dell’omicidio di suo padre >> cominciò l’italiano, versandosi un altro po’
di vino nel bicchiere. Il camino davanti al divano sfrigolò sonoramente,
gettando un bagliore sul suo viso.
Irina annuì.
<< So tutto.
La storia mi è stata raccontata per intero. So anche che spettava a Dimitri
diventare la Lince >>.
<< Bè, è stato tutto un caso >> disse Dan, tranquillo, <<
All’epoca ero giovane, bazzicavo la compagnia di Dimitri ma personalmente non
ci conoscevamo. Sapevo della Lince, ma non immaginavo che la famiglia di
Dimitri c’entrasse così tanto…
<< Avrei voluto diventare un Referente o una Sentinella, ma non
ho nemmeno avuto il tempo per pensare a come farmi notare dalla Lince. Credevo
che il padre di Dimitri potesse aiutarmi, così una sera dopo una gara lo seguì
in auto: volevo fermarlo e chiedergli cosa potevo fare per entrare in contatto
con la Lince. Si spacciava per un Referente, perciò era a lui che bisognava
chiedere. Ci seguì anche Vladimir Buinov, senza che
io lo vedessi… E bè, assistetti all’omicidio della
Lince >>.
Dan diventò
incredibilmente serio, come se capisse di essere stato
testimone di qualcosa di molto importante. Bevve un sorso di vino e attese
qualche istante, gli occhi puntati su Irina.
<< Io non
sapevo ancora che il padre di Dimitri fosse la Lince >> continuò,
<< Non lo immaginavo nemmeno. Ma Buinov lo sapeva benissimo: lo uccise a tradimento,
colpendolo alle spalle… Ricordo che bloccò l’auto di Goryalef
e lo fece scendere… Eravamo in un quartiere isolato, in piena notte, la strada
era deserta. Io rimasi in disparte, nascosto nella mia auto, perché capì che la
situazione era strana. Parlarono per qualche istante, poi la Lince fece per
andarsene e Buinov gli sparò alla schiena. Subito
dopo scappò, forse pensando di poter essere preso da qualche Sentinella… Ciò di
cui sono sicuro è che non mi vide, perciò non seppe
mai che qualcuno aveva assistito alla scena. Fuggì veloce in auto e sparì nella
notte. Io mi avvicinai al corpo di Goryalef, per constatare che era morto davvero. Ma
proprio in quel momento, squillò il suo telefono.
<< Presi il
cellulare: volevo rispondere per dire che Goryalef
era stato appena ucciso, ma quando aprì la chiamata l’uomo
dall’altra parte mi chiamò “Lince”.
<< Allora
capì. Sul telefono era montato un distorsore della voce, e chiunque ci fosse
dall’altra parte della linea non poteva riconoscere la mia voce vera, perché
era camuffata. L’uomo iniziò a parlare di una partita di droga ordinata per la
Bielorussia, rivolgendosi chiaramente alla Lince, e credendo che quella lo stesse ascoltando.
<< Ci misi
poco ad arrivare alle ovvie conclusioni. La Lince era morta, e nessuno a parte Buinov lo sapeva. Ma soprattutto,
nessuno sapeva chi era la Lince, nemmeno le sue stesse Sentinelle, perché lue
comunicava con loro solo attraverso il telefono… Nessuno conosceva la sua vera
identità.
<< Mi
sostituì a Goryalef. Presi il suo cellulare e svuotai
la sua macchina di ogni possibile collegamento con Lince. Senza guardarmi
indietro risalì sulla mia auto e mi rifugiai in un albergo, mettendo in atto un
piano perfetto: sostituirmi alla Lince senza che nessuno se ne accorgesse
>>.
Irina lo guardò ad occhi spalancati, incredula. Erano tutte coincidenze
perfette che si incastravano l’una con l’altra fino
all’inverosimile, creando una situazione a cui era difficile credere… Eppure, era
così assurdo diventare possibile.
<< Sei
diventato la Lince… così? >> domandò.
Dan sorrise.
<< E’ stato
difficile all’inizio: mi sono trovato a gestire affari che non conoscevo
nemmeno, a parlare con persone che erano le mie Sentinelle senza averle mai
viste… Ma ci sono riuscito. Nessuno si è mai accorto che la Lince era morta
dieci anni fa, a parte Buinov e Dimitri. E poi,
appena ho avuto il controllo della situazione, ho
fatto un po’ di cambiamenti. Per esempio, non gestisco più le Sentinelle come
faceva Goryalef: non sono più le stesse persone di
una volta, e alcune di esse hanno visto la mia faccia >>.
Irina era senza
parole. Era tutto troppo incredibile per poter essere
vero. Dan era semplicemente stato nel posto giusto al momento giusto: se fosse
arrivato un secondo prima o un secondo dopo, tutto
sarebbe stato diverso.
<< Perché lo
hai fatto? >> chiese lei alla fine.
<< Era
l’unico modo per diventare qualcuno in questo paese di russi >> rispose
l’italiano, stringendosi nelle spalle, << Discriminano chiunque non
appartenga al loro paese… E comunque, chi non lo avrebbe fatto? Ero ambizioso,
l’idea mi allettava. E credo di essere stato una Lince migliore di quella che
era stata il padre di Dimitri: ho ucciso molte meno persone di lui. Nessuno si
è mai lamentato di me >>.
Si guardarono in
faccia, e Irina capì che Dan la pensava veramente così. Se per lei rimaneva
incredibile, ingiusto, a lui pareva solo un grande colpo di fortuna, niente di
più. Un colpo di fortuna che lui riteneva impensabile non cogliere, nonostante
non ci fosse nessuna giustizia, in tutto quello.
<< Di solito
non mi rivelo così palesemente >> aggiunse l’italiano, << Ma per te
ho fatto un’eccezione, e sai perché? Vorrei che diventassi la mia vice, l’unica
vera Sentinella che mi conosce davvero. Se dovesse accadermi qualcosa, avrei
una degna sostituta, non credi? >>.
Irina lo guardò in
faccia, per capire se la stesse prendendo in giro o
meno. Il cambio di argomento era stato così rapido da lasciarla stordita.
<< Non sono
nemmeno russa… >> iniziò, perplessa.
<< Appunto
>> ribatté Dan, << E’ chiaro che per tenere a bada questi russi non
ci vuole un russo. O credi davvero che Challagher
possa rimettere in sesto la sua Black List e riportare Los Angeles ai giorni in cui c’era lui a
comandare? >>.
Quel nome le fece
ripiombare addosso il dolore che aveva provato poco
prima di arrivare lì, dolore che era riuscita a segregare in un piccolo angolo del
suo cuore per poter affrontare al meglio quell’ultima parte della sua missione.
Abbassò il capo, gli occhi che diventavano lucidi, la
gola stranamente chiusa.
<< William è
morto… >> sussurrò, << Si è ucciso, piuttosto che farsi prendere
dalla polizia >>.
Dan sembrò rimanere
un istante senza parole, poi abbassò anche lui la testa, come dispiaciuto.
<< E’ stato
un grande pilota >> disse, << Forse il più carismatico che abbia
mai conosciuto. Per un momento avevo anche pensato di incontrarlo per davvero,
ma capisco di aver fatto la scelta migliore a non farlo.
Alla fine, è caduto anche lui, sebbene lo abbia fatto nel suo stile >>.
Irina alzò lo
sguardo sull’italiano: provò una improvvisa e
bruciante rabbia nei suoi confronti. Si permetteva di giudicare William e le
sue debolezze, ma lo Scorpione non si era mai nascosto dietro un soprannome,
non aveva mai usato nessuno come copertura. Aveva sempre rischiato in prima
persona, aveva sempre messo la faccia in tutto ciò che faceva… Non era mai
stato un codardo.
Di colpo, Irina si
rese conto di ciò lo Scorpione era stato davvero, e di ciò che la Lince non
era: per quanto potente, per quanto misteriosa, non aveva mai avuto il carisma
di William Challagher. Per quanto lo Scorpione fosse
stato un criminale, la differenza tra loro due era palese: William non era
stato un codardo; Dan invece sì.
Gettò un’occhiata
carica di disprezzo all’italiano, sentendo morire dentro di lei ogni sentimento
di simpatia che prima aveva provato nei suoi confronti. Registrò che fino a
quel momento aveva parlato con lui come se fosse un amico, in un’atmosfera
quasi rilassata, distesa, quando invece avrebbe dovuto arrestarlo…
<< Lo Scorpione
sarà anche caduto, ma ci sarà qualcuno a ricordarlo >> disse, gelida,
<< Quando sarà la Lince a cadere, l’unica cosa che rimarrà di lei saranno
i nomi delle persone che ha ucciso >>.
Forse fu il suo
tono, forse fu il suo sguardo, o forse fu l’anima della pilota clandestina che
Irina aveva lasciato uscire, ma Dan la guardò per la prima volta con timore. I
suoi occhi indugiarono sul suo volto, come se si trovasse di fronte una pistola
puntata addosso, e non una semplice ragazza.
Perché Irina in
quel momento aveva smesso di essere una pilota clandestina qualsiasi, aveva
smesso di essere un’agente dell’F.B.I., e aveva smesso
di essere la ragazza che era sempre stata: in quel momento era Fenice, la donna
che aveva fatto perdere la testa allo Scorpione, che aveva battuto tutti i
piloti russi e che aveva vinto la Mosca-Cherepova.
<< E’ per
questo che ti voglio con me >> disse Dan, serio, facendo un cenno verso
di lei, il bicchiere ora appoggiato sul tavolino, << Per quello che sei, per come
ti comporti. Potresti essere la mia risorsa più grande, e potresti avere il
potere che Challagher non ha potuto darti. Non puoi
rimanere fedele a un morto. Vedo solo vantaggi, per te >>.
Irina fece una
smorfia.
<< Vuoi che
diventi una tua Sentinella? >> domandò, secca, << Che metta la
faccia al posto tuo, che rischi la pelle mentre tu rimani qui a lucidare le tue
belle auto italiane? >>.
“Coniglio. Non meriti rispetto, per ciò che
sei diventato”.
Dan sembrò
irritarsi.
<< Non
saresti una Sentinella, saresti il mio braccio destro >> rispose,
<< Saresti conosciuta come quella che lavora direttamente per me… Saresti
il personaggio più importante della Russia dopo di me >>.
Irina gli gettò
un’occhiata, mentre dentro di lei sentiva bruciare ancora la rabbia. Dan
meritava di stare in carcere ancora più di William. Aveva ucciso senza farsi
scrupoli, aveva gestito traffici senza mai sporcarsi le mani… E per colpa sua,
Dimitri aveva perso la famiglia e lo Scorpione era morto.
La gente di quelle
parti aveva portato rispetto a un ragazzino senza attributi, che aveva ricevuto
il potere servito su un piatto d’argento dal quale aveva mangiato avidamente… Non
meritava proprio nulla di ciò che aveva.
Ma se voleva
arrestarlo, doveva stare al gioco. Doveva riuscire a metterlo in trappola.
<< E come la
prenderebbero i russi? >> domandò, gettandogli un’occhiata, <<
Credi che mi porteranno rispetto? Sono una donna, e
non sono di qui… Probabilmente mi ammazzerebbero alla prima occasione…
>>.
<< Non lo
faranno >> ribatté l’italiano, << Hanno troppa paura di ciò che non
conoscono, per sfidarmi… >>.
“Codardo” avrebbe voluto gridargli Irina, ma non lo
fece. Assunse un’espressione pensierosa, mentre cercava di ideare un piano per
mettere alle strette Dan.
Intorno alla casa
c’erano i suoi scagnozzi, e non poteva tentare di arrestarlo in quella
situazione. Sperava che Xander arrivasse il prima possibile, per circondare la villa e tagliare a
tutti ogni via di fuga. In quel caso però lei sarebbe rimasta bloccata dentro…
Avrebbe dovuto fronteggiare Dan da sola…
<< Che cosa
mi offriresti, in concreto? >> domandò, prendendo tempo.
<< Soldi,
molti soldi >> rispose Dan, << Il quaranta
percento dei miei traffici. Quante auto vorrai, appartamenti sparsi per tutta
la Russia… Non mi sembra di offrirti poco >>.
<< E cosa
dovrei fare? >> chiese Irina.
Dan stava per
rispondere, quando qualcuno comparì alle spalle di Irina. Lei si voltò di
scatto, sentendo una presenza dietro di sé, e per un istante sperò fosse Xander. Invece, quella che si trovò davanti era una donna,
una ragazza sui trent’anni dai capelli rossi e il viso dai tratti delicati.
Indossava stivali bassi, un maglione pesante e teneva in mano un cellulare. I
suoi occhi scuri indugiarono per un momento su Irina, poi si rivolse a Dan, in un
inglese con un pesante accento russo.
<< Abbiamo la
polizia nei dintorni. Sembra che un grosso gruppo di poliziotti si stia dirigendo
qui >>.
Dan scosse il capo,
mentre Irina sentiva il sangue gelare. Stava crollando tutto prima ancora di
cominciare…
<< Avverti
anche Tamila e Milada
>> disse Dan, rivolto alla ragazza, << Tenetevi pronte a scappare.
Non ci impiegherò molto >>.
La ragazza annuì e
sparì oltre il corridoio. Irina la seguì con lo sguardo, poi tornò a fissare
Dan.
L’italiano fece un
sorrisetto.
<< Le mie
Sentinelle >> spiegò, tranquillo.
Irina assunse
un’espressione dubbiosa. Gettò un’occhiata verso il corridoio, chiedendosi se la stesse prendendo in giro.
<< Mi stai
dicendo che sono tutte donne? >> domandò, alla fine.
Dan annuì.
<< Se hai
bisogno di qualcuno che ti sia fedele, è sempre meglio scegliere una donna
>> disse, << Perché? Perché voi siete indubbiamente più flessibili,
sapete ingoiare più rospi e il vostro orgoglio non è come quello maschile.
Perché non tradite, se prima non siete state tradite.
Perché sapete essere più combattive degli uomini,
quando qualcosa vi sta a cuore >>. Fece un altro mezzo sorrisetto, quasi
compiaciuto del suo discorso breve e conciso.
Irina capì che Dan
era una persona strana: pensava in modo completamente diverso da tutti gli
altri. Il fatto che scegliesse tutte donne come collaboratrici personali però non glielo rendeva certo migliore.
<< E perché
la vostra competitività femminile vi spinge a fare del vostro meglio, quando vi
confrontate tra di voi >> aggiunse l’italiano.
Irina lo guardò,
senza sapere che dire. In effetti, c’era da dire qualcosa?
Dan guardò
l’orologio.
<< Avanti
Fenice, devi prendere una decisione >> disse l’italiano, tirando fuori la
pistola, << O ti unisci a me, oppure continui a stare con i tuoi sbirri
>>.
Fu un attimo, un attimo nel quale il cervello di Irina si rese conto che Dan
sapeva che era della polizia, e che in quello stesso momento la sua faccia non
riuscì a nasconderlo. Fino a quel momento aveva giocato con lei, forse sperando
davvero di corromperla…
La sua mano, così
veloce come non lo era mai stata, afferrò la pistola, ma
Dan capì da quel gesto la sua risposta alla proposta. Alzò l’arma verso di lei…
Irina si gettò
dietro il divano, sentendo il colpo esplodere nell’aria, mentre il suo cervello
lavorava a mille. O forse, molto semplicemente, si spense, lasciando spazio
solo al cieco istinto…
<< Non posso
lasciarti andare >> disse Dan, come se fosse ovvio, << Non dopo che
hai visto la mia faccia… >>.
Irina rimase dietro
il divano, la pistola in mano, il cuore che batteva all’impazzata, i passi
dell’italiano che rimbombavano sul pavimento, nel più completo silenzio.
Un’auto fuori sgommò sonoramente, mentre lei strisciava di lato, accovacciata…
Rapida, senza pensare,
si sporse oltre il divano, sparando un colpo in direzione della figura di Dan,
senza riuscire a colpirlo. L’italiano si riparò dietro una colonna, mentre
Irina si alzava e riusciva a raggiungere il corridoio.
Si appoggiò al muro, il fiato corto, gli occhi che cercavano
disperatamente di vedere cosa stesse accadendo in soggiorno.
<< La polizia
sarà qui tra pochi minuti, Dan, ti conviene arrenderti >> gridò, sperando
di convincerlo, << Anche se riesci a farmi fuori, non potrai scappare…
>>.
Come se l’avesse
chiamato, un rumore sordo e potente le giunse alle orecchie, e sentì Dan
imprecare. Erano le inconfondibili pale di un elicottero, e le sirene della
polizia.
Irina sentì un moto
di sollievo invaderle lo stomaco, ma non era ancora finita. Dan sembrava essere
paralizzato… Cosa avrebbe fatto?
Si sporse appena
oltre l’angolo, ma vide l’italiano sparare un ultimo colpo verso di lei. La
mancò, ma poi l’italiano si gettò a capofitto verso la vetrata. Spaccò il vetro
con un soprammobile afferrato dalla credenza e corse verso l’Alfa Romeo rossa,
parcheggiata nel giardino…
<< Fermati!
>>.
Irina si lanciò nel
soggiorno, e sparò un colpo tentando di bucare le ruote. La 8C
accese i fari, abbagliandola, poi fece retromarcia a tutta velocità…
<< Cazzo!
>>.
Non poteva
scapparle in quel modo così stupido…
Si girò di scatto,
e corse fuori, doveva aveva lasciato la Punto. Il
piazzale era sgombro, ma la sua auto c’era ancora ed era integra. Non sapeva
dove le Sentinelle fossero andate, ma non le interessava… Sentì il suono della 8C che si avvicinava, dopo aver fatto il giro della
villa, diretta verso il cancello…
Vide una volante
della polizia fermarsi proprio in quel momento davanti alla casa, ma il
finestrino abbassato della Alfa Romeo attirò la sua
attenzione… Come un missile rosso la vide avvicinarsi…
Irina si rese conto
di quello che stava per succedere, e d’istinto si rifugiò dietro la Punto,
sentendo la carrozzeria perforata da un proiettile che avrebbe dovuto colpire
lei…
“Maledetto”.
Saltò sulla Punto,
mentre vedeva Dan schivare la volante ferma, e una Ferrari rossa si avvicinava
a tutta velocità…
Irina affondò il
piede sull’acceleratore, fiondandosi oltre il cancello aperto, rendendosi conto
che la polizia era lì ma che Dan stava ormai scappando… La 599 di Xander inchiodò di colpo vedendola arrivare, poi però fece
dietrofront e la seguì a ruota a tutta velocità.
Le auto della
polizia russa si fecero da parte, colte alla sprovvista, così la Alfa Romeo riuscì a guadagnare la strada, diretta verso
la campagna…
Come un proiettile,
una R8 color titanio si affiancò alla Ferrari dietro di lei. Irina ebbe solo il
tempo di capire che era Dimitri, prima di afferrare il cellulare…
<< Xander! Sta scappando! >> gridò nel microfono,
<< E’ Dan, l’italiano! Non so dove sia diretto,
ma credo voglia prendere l’autostrada… >>.
<< Ok, rimanigli incollata >> disse Xander,
<< Lo possiamo fermare… >>.
Ma in quel momento,
tre auto, una Jaguar, una Eclipse
e una A5 sbucarono alle loro spalle, e Irina capì che Dan aveva avuto ragione a
scegliere tre donne a difenderlo: non erano scappate, e stavano venendo ad
aiutarlo.
Spazio Autrice
Attenzione, il
prossimo sarà l’ultimo capitolo!!!
Come promesso mi dedicherò a fic
ultimata a ringraziare tutti e a rispondere alle vostre eventuali domande.
Quindi… il prima possibile provvederò alla pubblicazione dell’ultimo
capitolo + l’epilogo.
A presto!