Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Uvetta    12/11/2011    15 recensioni
tratto dalla prefazione:
Se la tua vita fosse stata solo un insieme di compromessi.
Se ti sembrasse di non aver mai vissuto davvero .
Se l'amore, quello vero, non ti avesse ancora trovato nel nascondiglio dove ti sei rintanato
Cosa accadrebbe se qualcuno sconvolgesse tutto questo.
Se, improvvisamente, tutto quello che non sapevate neanche di desiderare avesse finalmente un volto?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note dell'autrice:

Inutile dire che sono desolata del ritardo, ma a mio discapito sto per postare un capitolo piuttosto lungo.

Vorrei anche dire che è terribile il blocco dello scrittore...soprattutto quando hai in testa quello che vuoi scrivere, ma non riesci a trovare le parole giuste per esprimerlo, poi mettiamoci il poco tempo a disposizione ed eccoci al ritardo che si accumula....

Comunque adesso ce l'ho fatta...

Ho anche deciso di seguire il consiglio di Sissy Cullen...quindi per l'inizio di questo capitolo la canzone che voglio abbinare è:

Wind of change

Grazie Sissy! Tutte le canzoni che ho scelto fanno parte della mia Playlist, spero che vi siano piaciute...io le adoro!

Mi lascio il momento ringraziamenti in fondo, non voglio tediarvi adesso.

Buona lettura...


Questa storia non ha scopo di lucro, questi personaggi non mi appartengono, sono di S. Meyer.




Image and video hosting by TinyPic


Capitolo 20


Sogna come dovessi vivere per sempre.

Vivi come se dovessi morire oggi.


(James Dean)


-Mi scusi- era titubante -sono Jeremy Farrel, un collega di suo padre- sentii il sangue defluire dalle mie vene, era successo qualcosa di grave, me lo sentivo. -Sono spiacente di doverla informare- sentivo le lacrime scendere senza nessun controllo e le mani del mio amore accarezzarmi insistentemente il viso tentando di catturarle, inutilmente -il capo Swan è stato vittima di un incidente...le dinamiche non sono ancora molto chiare, ma...gli hanno sparato!- improvvisamente mi sentii svenire, sentii le braccia di Edward avvolgermi per sostenermi.


-E'...è...- non riuscivo nemmeno a dirlo, tutto mi stava girando, le gambe non mi reggevano.


-No, ma è grave...è stato portato in ospedale. Se vuole può andare direttamente, là potranno darle notizie più dettagliate sul suo stato.- la voce dell'agente trasmetteva preoccupazione per un “amico” e collega.


In realtà non mi stavo rendendo veramente conto di niente, la mia mente era già in ospedale anche se il mio corpo era seduto all'interno di una macchina che sfrecciava ad una velocità inaudita per le strade di quella cittadina. Con noi c'erano anche Emmett e Rosalie, in silenzio, nessuno aveva il coraggio di dire niente, sentivo il martellare del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie, guardai spasmodicamente l'orologio, erano passati soltanto dieci minuti dall'inizio della telefonata, ma sembravano delle ore. Vedevo la neve scendere lenta e, piano piano, imbiancare il paesaggio circostante...era come se tutto mi passasse davanti senza lasciare traccia, l'ansia e la paura avevano soppiantato qualunque altra emozione e mi sembrava di non arrivare mai a destinazione.

Poi l'auto si fermò ed, in meno di un secondo, Edward era già a porgermi una mano per aiutarmi a scendere; l'afferrai e ci avviammo all'interno dell'edificio, seguiti dai nostri amici.

L'ingresso era un ambiente grande e luminoso, vi erano delle sedie bloccate a moduli di tre e qualche divanetto per l'attesa e dei distributori automatici di bibite e snack; proprio al centro, davanti alla porta principale, vi era l'accettazione. Dietro quella grande scrivania circolare vi era una signora di mezz'età, la carnagione olivastra ed i capelli neri pettinati all'indietro e raccolti in una stretta crocchia, indossava un camice azzurro e bianco ed una targhetta con su scritto: - infermiera Christine Beers-.

Andai decisa nella sua direzione, stringendo la mano del mio amore.


-Cosa posso fare per voi?- era gentile e sorridente ed aveva un leggero accento sud-americano.


-Salve sono la figlia di Charlie Swan, mi hanno detto che era stato portato qui...- la mia voce tremava, sentii il braccio di Edward avvolgermi le spalle in un moto di incoraggiamento.


Il viso della signora si fece immediatamente più serio e professionale -Oh, il capo della polizia...mi spiace signorina, ma ho poche notizie da darle...gli stanno facendo delle analisi in questo momento, è arrivato da pochi minuti.- in quell'istante una porta si aprì e ne uscirono, un medico ed un agente di polizia che parlavano animatamente.

Sentii il medico dire -è decisamente un problema...se fosse arrivato prima lui...- poi mi videro e vennero nella mia direzione.


-Lei dev'essere la signorina Swan?- riconobbi subito quella voce, apparteneva all'agente che mi aveva chiamato al telefono per darmi la notizia.


Annuii -E lei dev'essere l'agente Jeremy Farrel!?- risposi e continuai – posso sapere cos'è successo? E come sta mio padre?- dissi girando per un secondo la testa verso il medico.


Fu il poliziotto a parlare -Il capo Swan si trovava al supermercato, non era in servizio, era alla cassa dove il proprietario stava provvedendo a fargli il conto, quando un ragazzo appena maggiorenne è entrato come una furia puntando una pistola contro i due malcapitati. Tutto è accaduto in pochi secondi, l'abbiamo appurato dai video di sorveglianza, suo padre ha iniziato a parlare al ragazzo, probabilmente voleva convincerlo che stava facendo una sciocchezza e ci stava anche riuscendo...il problema è stato il cassiere che come ha visto l'avventore distrarsi ha preso l'arma che teneva nascosta sotto il bancone ed ha sparato. Ha colpito il ragazzo ad una spalla, quest'ultimo ha perso l'equilibrio e cadendo ha premuto inavvertitamente il grilletto della sua pistola; il colpo ha preso in pieno Charlie...il resto lo lascio al medico- ed abbassò gli occhi. Non potevo credere a quello che era successo, in quella cittadina la criminalità era pressoché assente...com'era potuto accadere?

Mi girai in direzione del medico, ci presentammo:


-Sono il dottor Seeley Spencer.-


-Isabella Swan e lui è il dottor Edward Cullen-


-Oh...un collega...- disse guardano nella sua direzione.


-Arriviamo al sodo, la prego...- sentii la voce di Edward per la prima volta da quando tutto questo ci aveva travolto, non aveva tentato di confortarmi a parole, ma soltanto con i gesti.


-Certo...dunque, la situazione è complicata; il signor Swan è stato colpito molto vicino al cuore, stiamo facendo delle lastre ed una tac per evidenziare meglio la situazione. Abbiamo provveduto a fermare l'emorragia e a stabilizzarlo per darci modo di eseguire questi esami. Il problema, oltre al fatto che sarà un intervento estremamente difficile è che siamo sprovvisti di un altro chirurgo. Il ragazzo è arrivato poco prima di suo padre ed è stato portato direttamente in sala operatoria...siamo un piccolo ospedale, nessun chirurgo che punti alla carriera vuole venire a lavorare qui; quindi dovrà aspettare la fine dell'altro intervento...-


-Ma in una situazione come questa la tempestività è fondamentale per la riuscita dell'intervento!- Edward sembrava sconvolto da quest'affermazione, forse più di quello che ero stata io.


-Dottor Cullen...lo so, il problema è che non è un intervento di routine è qualcosa di complesso, non sappiamo se l'aorta sia stata danneggiata, dalla traiettoria del proiettile sembra esserle passato molto vicino...soltanto un chirurgo esperto può fare il miracolo, l'unica cosa che posso fare io, in questo momento, è mantenerlo il più stabile possibile, nell'attesa.-


Mi voltai verso Edward, stava fissando il collega che aveva davanti con un'espressione indecifrabile sul volto, la sua mano libera era chiusa in un pugno e tremava. Gli sfiorai il viso con la punta dei polpastrelli, sapevo quello che dovevo fare!


-Edward...guardami!- si voltò nella mia direzione -TU sei un chirurgo...-


-Bella...non posso, lo sai...non entro in una sala operatoria da quasi un anno; non posso...non su Charlie!-


-Tu sei un chirurgo!- rimarcai un'altra volta, volevo che gli rientrasse di nuovo nella testa -sei un chirurgo ed uno dei migliori in circolazione- iniziò a scuotere la testa.


-Non lo sono più...- era quasi un sussurro, i suoi occhi imploranti puntati nei miei...


-Oh sì che lo sei...hai fatto decine e decine di interventi e DEVI fare anche questo...proprio perché è mio padre...proprio perché io ho fiducia in te, ed anche lui, anche se non l'ha ancora ammesso, lui ti stima; non puoi lasciarlo in quello stato...se mi ami, se veramente ci ami...- vidi il suo sguardo cambiare a quelle parole, una scintilla vi passò fugace e si fece immediatamente più deciso, l'espressione più seria e concentrata - lo farai!-


Allungò la mano in direzione del medico, senza distogliere gli occhi dai miei,; l'altro gli dette la cartella clinica che aveva in mano, lui la prese ed iniziò a leggerla, una piccola ruga gli si formò tra le sopracciglia, poi la richiuse energicamente. Mi guardava, annullò quella poca distanza che ci divideva stringendomi a se, depositò un bacio sulla mia fronte.


-Lo salverò Bella...fosse l'ultima cosa che faccio lo salverò...te lo prometto!- poi si voltò in direzione del dottor Spencer – faccia preparare una sala operatoria, ho bisogno di tutto il vestiario ovviamente e di un'equipe...un lettore cd, mi serve della musica per concentrarmi...- iniziarono a correre verso gli ascensori, le loro voci si persero mentre si allontanavano. Sentivo le lacrime scendere senza che riuscissi minimamente a trattenerle, le mani dei miei amici arrivarono subito a darmi conforto e la melodiosa voce di Rose tentava di consolarmi:


-Ce la farà Bella...Edward conosce il fatto suo, se ti ha fatto quella promessa la manterrà!-


Sapevo che potevo fidarmi di lui, ma tutto era imponderabile, certo avrebbe fatto l'impossibile per mantenere quello che mi aveva promesso, ma...non dipendeva solo da lui e dalle sue capacità...erano tanti i fattori che potevano cambiare l'andamento delle cose.

La mia testa rimuginava continuamente sull'accaduto, tutta quella serie di coincidenze che ci aveva portato fin qui, gli ultimi mesi ne erano stati un susseguirsi; anche quest'incidente...che probabilità c'erano? Poche, pochissime.

Fu allora che un dolore lancinante, proveniente dal basso ventre, mi fece crollare, era come se qualcosa si squarciasse dentro di me, un liquido caldo mi bagnò le gambe che, inevitabilmente cedettero sotto il mio peso.

Sentii le braccia forti di Emmett avvolgermi prima che toccassi il pavimento e sostenermi, scontrai la mia nuca sul suo petto, non riuscivo a parlare, la voce mi si era bloccata in gola, ma il vocione del mio amico fece la sua parte:


-C'è bisogno di un medico qui!!!- urlò. Con la coda dell'occhio vidi Rose prendere una sedia a rotelle parcheggiata lì vicino e metterla sotto di me. Sentivo l'infermiera dell'accettazione parlare concitatamente, ma non riuscivo a distinguere le parole.


-Respira Bella...respira...- la mia amica era proprio davanti a me. Iniziai a fare dei piccoli respiri veloci come mi avevano insegnato al corso pre-parto e il dolore lentamente diminuì, anche se non sparì del tutto. Un uomo in camice bianco si accostò al nostro gruppetto.


-Sono il dottor Jonathan Carter, mi dica cosa si sente...- era un uomo sui cinquant'anni, brizzolato, aveva una voce calda e professionale, mi stava osservando attentamente, si vedeva chiaramente che sapeva già quello che stava accadendo, ma, probabilmente, voleva farmi parlare.


-Il bambino...mi si sono rotte le acque...- gracchiai.


-Mmmh- si abbassò e portò gli occhi alla mia altezza -mi guardi...andrà tutto bene, non si preoccupi...sa dirmi il suo nome?-


-Sono Isabella Swan...- parlare con lui mi tranquillizzava, nonostante fossi nel panico più completo, avevo sempre creduto che Edward sarebbe stato presente alla nascita del nostro bambino, invece era impegnato in sala operatoria a salvare la vita di mio padre...sarei stata sola...


-Lei è la nipote di Carlisle- sorrise leggermente -mi aveva avvisato che sareste stati qui in vacanza, questa settimana e di tenermi pronto per qualunque evenienza, ma non credevo ci sarebbe stato bisogno di me...la porto immediatamente in sala parto....- così dicendo afferrò la sedia a rotelle e mi spinse via, mi sentivo un po' sollevata sapendo che lui era l'amico di cui mi avevano parlato Carlisle ed Edward, almeno ero in buone mani!



***


Tutto passato.

Tutto, almeno per quello che riguardava me.

Non avevo notizie di mio padre e di Edward...l'operazione non era ancora finita e non avevo nemmeno idea di quante ore fossero passate, avevo sentito a mala pena le voci dei medici, l'ostetrica e gli infermieri che mi circondavano, la mia mente era impegnata ad elaborare il fatto che fossi diventata mamma a tutti gli effetti, il tempo trascorso non mi interessava.

Tra le mie braccia stringevo la mia bambina...ebbene sì, era una femmina e si era appena addormentata dopo la sua prima poppata; stavo pensando al suo nome, avevo un'idea, ma volevo parlarne prima con Edward.

La osservavo, non riuscivo a smettere di guardarla, tentavo di imprimere nella mia mente ogni piccolo particolare, avevo contato e ricontato tutt'e venti le sue piccole dita, era rassicurante, come se la sua perfezione si riflettesse su tutto quello che ci circondava.

La tensione, però, non si allontanava da me.

La preoccupazione per mio padre non mi abbandonava, erano ore che era in sala operatoria, chissà come stava procedendo...ero tesa...l'unica cosa che mi tranquillizzava era osservare il volto tranquillo di mia figlia, la sua piccola bocca che disegnava una O perfetta, i suoi occhietti chiusi le guance rosee...

Un sospiro.

La porta della mia stanza si spalancò all'improvviso.

Edward entrò come una furia, indossava ancora il camice verde macchiato con dei minuti schizzi di sangue...una leggera nausea mi salì alla gola, pensando che, probabilmente, apparteneva a mio padre. Lo fissai intensamente negli occhi, cercavo di leggervi una qualunque notizia, sentivo il mio cuore battere forte, paura? Insicurezza?


-Starà bene!- quelle due parole mi fecero riprendere a respirare, strinsi istintivamente al petto mia figlia. Sentii come se parte di tutta quella tensione che avevo accumulato si stesse piano piano sciogliendo. Continuavo a fissarlo senza riuscire a parlare, lui spostava lo sguardo da me a lei – come stai?- sembrava indeciso, confuso, - volevo esserci...Bella...volevo essere presente alla nascita di nostra figlia, ho saputo soltanto pochi minuti fa che avevi partorito, ma non avrei potuto esserci comunque...tuo padre...non avrei potuto lasciarlo...l'operazione è sta più complessa del previsto. Si dice che, nei casi di colpi di arma da fuoco, il cinquanta per cento sia bravura del chirurgo, mentre l'altro cinquanta per cento sia fortuna...beh, Charlie, ha esaurito tutta quella che aveva a disposizione per i prossimi dieci anni...come minimo!-


Puntai i miei occhi nei suoi.


-Ma, mi hai detto che starà bene! Vero?- chiesi timorosa.


-Sì, la degenza sarà lunga, ma alla fine sarà come nuovo.-


Sospirai, mi sentivo decisamente rincuorata da quelle parole. Poi improvvisamente ricordai le sue parole di poco prima...


-Ti hanno detto che è una bambina?- sussurrai flebilmente.


Sospirò e lentamente si avvicinò al letto. Io strinsi quel piccolo fagottino al mio petto.


-Non esattamente...- lo osservavo, sembrava imbarazzato -il fatto è...-


-Lo sapevi!?- era chiaro come il sole.


Annuì.

Restai in silenzio, volevo fosse lui a chiarirmi, non volevo interrogarlo, non su questo.


-L'ecografia...- riportai alla mente i ricordi di quell'episodio e capii...quel muto accordo con Carlisle, quando avevo creduto che fosse successo qualcosa al bambino, - tu non volevi saperlo, ti avevo promesso che se anche avessi visto qualcosa...- i suoi occhi si spostavano continuamente dal mio viso a quello della bambina, la sua indecisione, le sue insicurezze si stavano riaffacciando, bastava così poco...


-Vieni qui...!- fece qualche altro passo indeciso -non vuoi conoscere tua figlia?- il suo sorriso sghembo si dipinse istantaneamente sul suo viso ed in un attimo era affianco a me. Il suo dito sfiorò delicatamente il volto addormentato dei quell'angelo che avevo tra le braccia, passava nel mezzo della fronte, sul nasino, sulle piccole labbra, per poi studiare la piccola manina, sembrava ipnotizzato. Lo accarezzai e lui inclinò leggermente la testa.


-E' perfetta...- farfugliò.


-Già!- era vero -Ha i tuoi capelli...vedi quella peluria rossiccia in controluce?- dissi accarezzandole la testa.


Si mise a ridacchiare -certo come no...!- poi tornò serio -hai già scelto il nome?-


-Volevo parlarne con te...avrei un idea, ma vorrei tu fossi d'accordo!-


-Dimmi!-


-Mi piacerebbe chiamarla Elisabeth...- alzò di scatto la testa ed iniziò a fissarmi, era serio -è il nome della protagonista di uno dei miei libri preferiti...- mi sentivo improvvisamente indecisa -”Orgoglio e Pregiudizio”, ma se a te non piace...ne troveremo uno che soddisfi tutti e due...!- vidi i suoi occhi diventare improvvisamente lucidi, non riuscivo a capire cosa c'era che non andava, era soltanto un nome infondo.


-Edward?!-


Silenzio.

I suoi occhi nei miei.


-Edward...parla, ti prego!-


-E' perfetto, quel...quel nome è...perfetto- balbettò.


-Mi vuoi spiegare la tua reazione,per favore? All'inizio non sembravi molto d'accordo!- chiesi leggermente risentita, pensavo avessimo superato la fase “non riesco a raccontarti quello che mi passa per la testa!”.


-Niente....è solo che...- riprese a guardare la bambina, che continuava a dormire comodamente tra le mie braccia. Con un dito le sfiorò il contorno del volto, lei si mosse leggermente.


-E' solo che...?- rincalzai.


-Ho pensato, mi ha fatto pensare...ad Elisabeth Masen- la sua voce era quasi inudibile, tanto era sussurrata questa frase.


-Ho come la sensazione che dovrei sapere di chi stiamo parlando, ma, sinceramente, non lo so! Vuoi dirmelo?-


Si alzò, ci voltò le spalle e fece qualche piccolo passo allontanandosi dal letto.

Fuori era buio, nessuna luce proveniva dall'esterno, nemmeno le stelle o la luna rischiarivano il nero di questa fredda nottata alle porte dell'inverno.

Sentivo il ticchettio dell'orologio alla parete scandire i secondi, era un ritmo rilassante, cadenzato, confortante.

Sospirò.


-Presumo che ti debba una spiegazione!- aveva scosso la testa -Hai ragione non puoi sapere chi è...te ne ho parlato, a lungo, ma non ti ho mai detto il suo nome, per questo quando mi hai confidato come volevi chiamare nostra figlia...sono rimasto...sconcertato!?- si era voltato nuovamente verso di me, i suoi occhi si erano fatti scuri -lei era...mia madre!-


Sentii il mio cuore accelerare immediatamente.

Mi manco il respiro soltanto per un secondo.


-Edward, io...- cosa avrei potuto digli, che le coincidenze continuavano ad essere presenti tra noi? In un attimo me lo ritrovai affianco.


-Shhh...!- mi dette un piccolo bacio a fior di labbra -non fa niente!- adesso sembrava di nuovo sereno -era quello che desideravo...ma non sapevo come fare a chiedertelo, mi sono meravigliato di come, in un modo o nell'altro, riusciamo sempre a leggerci nel pensiero!- sorrisi, era vero tutto quello che aveva detto.


-Perché non la prendi un po' in braccio?- mi ero resa conto solo i quel momento che ancora non l'aveva fatto.


Nell'istante esatto che quel piccolo corpicino si depositò sulle braccia del padre, gli occhi di quella piccola creaturina si aprirono, anche se solo per pochi attimi, perché , infatti, riprese subito il suo sonno.


-Cioccolato...-


-Edward, cosa...!?- non riuscivo più a capirlo, speravo fosse la stanchezza di questa interminabile giornata, ma non ne ero completamente certa.


-Cioccolato!- mi guardò e fece un sorriso che lo illuminò -ha gli occhi color cioccolato, proprio come i tuoi!- guardava il viso di sua figlia con un che di venerazione.


-Lo sai che il colore degli occhi dei bambini appena nati è variabile...- lo schernii.


-Non cambierò idea così facilmente...è cioccolato e sarà cioccolato!-


-Credi ciò che vuoi...- mi divertiva quando faceva le “picche”, mi dava un senso di familiarità che avevo provato solo in sua compagnia.


Un leggero bussare ci distolse dai nostri discorsi.


-Avanti!- dissi, la porta si aprì lentamente ed un'infermiera fece il suo ingresso, era una tipa minuta, i lunghi capelli biondi tirati all'indietro e legati in una treccia.


-Mi scusi signora Swan...oh, lei deve essere il dottor Cullen...- Edward fece un cenno affermativo con la testa per farla continuare a parlare, lei lo osservava con venerazione, una punta di gelosia mi colpì direttamente al cuore, -sono venuta per portare la piccola nella nursery!- disse, poi, guardandomi.


-Oh...credevo...- la cosa mi aveva spiazzato.


-E' meglio così, mi creda...avrete moltissimo tempo da passare insieme, ma per stanotte...con tutto quello le è successo...- disse facendo qualche passo verso Edward, il quale le porse quel piccolo fagottino, non senza un po' di reticenza. Lei lo prese e si voltò immediatamente verso l'uscita, -buona notte allora!-


-Notte- rispondemmo in coro noi due e la porta si chiuse alle sue spalle. Mi sembrava incredibile, ma mi mancava di già, era nata soltanto da pochissimo tempo e ne sentivo già la mancanza, eravamo state una cosa sola per quasi nove mesi ed ora...


-Vieni qui!- chiesi al mio compagno, il quale non mi fece attendere e venne a sedersi proprio accanto a me. Posò le sue labbra sulle mie e mi persi in quel bacio che sapeva di amore, di calore, di dolcezza ed anche un po' di tristezza, per la mancanza che sentivamo entrambi, ne ero convinta, di nostra figlia. Quando ci staccammo, mi persi ad osservare quei bei lineamenti ormai a me così familiari -resti qui con me?-


-Certamente!- disse e, con un movimento fluido, si sdraiò al mio fianco affondando il viso nell'incavo del mio collo -mi sei mancata!- disse qualche secondo prima di addormentarsi ed io lo seguii a ruota, vinta dalla stanchezza di quell'infinita giornata.


***


Dido- Here Whit Me


I pochi giorni del mio ricovero stavano per esaurirsi, nel pomeriggio infatti mi avrebbero dimesso, Edward si era accertato che fosse possibile prolungare l'affitto della casa fino a Gennaio, volevo restare a Forks per seguire il decorso post operatorio di Charlie, che, per ora, procedeva meglio del previsto.

Io mi dividevo tra poppate e brevi visite in terapia intensiva, ero riuscita a parlare con lui solo pochi minuti, i farmaci per alleviargli il dolore lo facevano dormire e, a detta di Edward, era meglio così, il riposo e l'immobilità erano la cura migliore, ma ogni giorno notavo dei piccoli miglioramenti, un gesto della mano, una parola scandita più chiaramente, la luce dei suoi occhi, certo piccolezze, ma pur sempre dei passi avanti.

In questo preciso momento ero sola, Ed era in sala operatoria...già..., aveva ceduto, tutto aveva avuto inizio nella mattina dopo la nascita di nostra figlia, quando il dottor Carter era venuto a fare il suo solito controllo....


-Buongiorno, signorina Swan...come si sente?-


-Oggi, sinceramente, ho la sensazione che mi sia passato un treno sopra!- lo sentii ridacchiare sotto i baffi, era straordinariamente allegro e cordiale.


-Credo sia normale...ma a parte quello, ha altri problemi, dolori, febbre, i punti le danno fastidio...?- mi parlava e contemporaneamente scriveva su una cartellina bianca, spostava lo sguardo su di me soltanto di tanto in tanto.


-No, niente!-


-Bene- continuò a scribacchiare, poi prese una sedia, la spostò accanto al letto e si accomodò -ho una domanda da farle...- sembrava leggermente in imbarazzo -riguarda il dottor Cullen...- sospirò -so che probabilmente dovrei rivolgermi direttamente a lui, ma....- puntò gli occhi nei miei – un chirurgo, generalmente, non deve essere pregato ad entrare in sala operatoria, bensì dovrebbe essere il contrario; conosco Carlisle dai tempi del nostro tirocinio, mi aveva parlato di Edward e della sua bravura, ma non ha mai accennato a niente su ciò che gli ha fatto cambiare idea sulla sua specializzazione....è uno spreco...!-


-Mi dica...se posso tenterò di rispondere- immaginavo già quale poteva essere l'argomento, ma volevo fosse lui a espormelo.


-Ho visto la registrazione dell'intervento che ha eseguito ieri sul capo Swan; ne sono rimasto veramente impressionato, vorrei che sapesse che, a mio parere, ne era pressoché impossibile la riuscita, ma lui ce l'ha fatta.-


-Già!- questa consapevolezza si era concretizzata solo in quel preciso momento nella mia testa.


-Sono il responsabile del personale di questo piccolo ospedale, non è niente di che, non abbiamo attrezzature particolarmente all'avanguardia e, sicuramente, non saremo mai un nome altisonante da inserire su un curriculum, ma abbiamo bisogno di buoni medici e lui lo è!- si stava rigirando animatamente la penna tra le dita, era nervoso.


-Immagino quello che vuole chiedermi....Edward, in realtà, ha deciso di lasciare la chirurgia...- a quelle parole sobbalzò.


-Ma...perché!? Dove lavorava?-


-Era al Chicago General Hospital...-


-Oh...! Immagino fosse abituato a tutt'altre attrezzature...- la delusione aveva iniziato a fare breccia su i suoi lineamenti.


-In realtà lui non vuole più essere travolto dal lavoro; ha associato quel ramo della medicina ad una specie di scalata al potere che lo ha completamente stravolto e pensa che, riniziando, non riuscirebbe più a gestire una vita al di fuori dell'ospedale....così preferisce il piccolo studio medico di suo zio; lì non ha nessun tipo di pressione ed orari abbastanza regolari!-


-Immagino abbia capito cosa vorrei chiederle...-


-Sì! E l'unico consiglio che posso darle è: di andarci piano, coinvolgerlo gradatamente, perché se gli farà una domanda diretta la sua risposta sarà sicuramente negativa!- lo vidi rabbuiarsi per pochi secondi, poi puntò i suoi occhi nei miei


-Lo farò! Grazie per il suo prezioso consiglio...-


Erano passati quattro giorni e lui aveva già ceduto; quella sua passione era troppo radicata perché riuscisse ancora a resisterle a lungo.

Un leggero bussare alla porta mi ridestò dai miei pensieri.


-Avanti!- dissi distrattamente. La porta si aprì lentamente ed entrò una donna sorridente.


-Mamma!!!- mi fiondai tra le sue braccia, che mi accolsero con estrema dolcezza -mi sei mancata! Da quanto sei arrivata?-


-Soltanto da pochi minuti...il tempo di andare a salutare tuo padre e di dare un'occhiata alla mia nipotina! Tu come stai?-


-Bene...adesso! Come stava papà? E la piccola?-


-Lui abbastanza bene, si è lamentato tutto il tempo! Direi che è quasi normale! Lei sembra un angelo, mi hanno detto che l'avevano appena riportata, cosa poteva esserle successo in un paio di minuti? Suo padre dov'è?- il suo sguardo scrutatore era entrato in funzione, ancora non aveva conosciuto Edward, anche se gliene avevo parlato fino allo sfinimento, la sua curiosità era stata notevolmente sollecitata.


-Niente...ma sono leggermente iperprotettiva nei suoi riguardi. Ed sta facendo un intervento; l'ospedale aveva bisogno di un chirurgo...così fino a che resteremo qui...; sai il responsabile è un caro amico di suo zio...-


-Oh oh...credo di aver capito...-


-Come e soprattutto che cosa...non c'è niente da capire!-


-Tesoro....sai che...- la porta della mia camera si spalancò, una furia entusiasta entrò e mi si fiondò addosso, mentre venivo soffocata da quell'improvviso abbraccio sentii quella voce calda e suadente che avrei riconosciuto tra mille che mi chiamava convulsamente.


-Bella...Bella...- il suo viso attaccato al mio orecchio ed, entusiasta, iniziò a ripetermi -ce l'ho fatta, Bella...ce l'ho fatta!!! L'operazione è....- fu allora che mi sollevò da terra e, facendomi fare una piroetta si trovò di fronte mia madre che lo guardava in uno strano modo, lui spostò lo sguardo da lei a me ed imbarazzato disse -...riuscita...! Forse però ho interrotto...qualcosa?! Scusatemi...sono stato...troppo...irruente...!- era veramente imbarazzato, mi venne da sghignazzare, era buffo così impacciato.


-Ti faccio ridere?-


-Già! Comunque, lei è mia madre!- mi mollò di schianto, adesso sì che era scioccato.


-Piacere...io...io...sono Edward!- balbettò porgendo la mano. Mia madre ridacchiò sotto i baffi, poi rispose al saluto.


-Il piacere è tutto mio- disse squadrandolo ed alzando un sopracciglio -immagino tu sia il padre della mia nipotina!?- Vidi il viso di Ed diventare leggermente rosso -puoi chiamarmi Renee se lo desideri!- sentii un sospiro arrivare da lui, dopo la brutta esperienza con la conoscenza di mio padre, aveva...diciamo...un po' d'apprensione per quella con Renee, che, però, si era dimostrata molto più accomodante.


-Con molto piacere...Renee!- sorrise, compiaciuto – vuole essere nostra ospite per la sua permanenza?-


-Grazie, ma non posso accettare; purtroppo non posso restare più di un paio di giorni, metterei in difficoltà la scuola, proprio sotto le vacanze di Natale...tornerò in quel periodo, ed allora sarò lieta accettare. Per stanotte avevo già prenotato al motel!-.


-Per Natale...certo, l'aspetteremo!- Edward aveva una strana espressione che non riuscii a decifrare, poi si girò verso di me – dobbiamo andare, Beth è pronta, mi hanno avvisato, devi solo firmare dei fogli per la dimissione; se vuoi passare da Charlie devi sbrigarti prima che chiuda il passo!-


-Certo, vado...mamma mi accompagni?-


-Volentieri...- Baciai il mio amore in modo fugace e mi allontanai accompagnata da mia madre, avevo voglia di passare un po' di tempo con lei, era tanto che non ci vedevamo.



***



Guardavo distrattamente fuori dalla finestra, il giardino che circondava la casa era completamente ricoperto da una folta coltre di neve, ogni giorno ne scendeva qualche fiocco, tutto era bianco, immacolato.

Rose era appena andata via, adorava aiutarmi con Elisabeth, mi aveva confessato che erano mesi che lei ed Emmett cercavano di avere un figlio, ma, finora non erano stati fortunati...e pensare che io non avevo programmato niente; Beth, era stata un inaspettato imprevisto, del quale, adesso, non potrei fare a meno!

Il Natale era alle porte, avevo acquistato di tutto per rendere lo spirito natalizio onnipresente in quella casa, era il primo Natale che passavamo insieme, noi tre, ed il primo in assoluto di mia figlia, doveva essere perfetto; o almeno il più possibile. Mio padre era in fase di guarigione, non era più in terapia intensiva e stava facendo dannare tutti gli infermieri, non voleva stare fermo e, soprattutto, non voleva saperne degli esercizi di respirazione, che doveva fare... “come credono che che sia arrivato a quest'età? Erano anni che respiravo anche senza quelli stupidi esercizi!”, queste erano le sue parole ogni volta. Secondo Edward il fatto che si lamentasse così tanto era un buon segno...io avevo sperato in una, anche se piccola, miglioria di quel carattere scorbutico, ma mi ero subito ricreduta!

Avevo addobbato tutta la casa, la sentivo sempre più mia, il giorno che saremmo ritornati a Port Angeles mi sarebbe dispiaciuto lasciarla; guardando fuori riuscivo ad immaginarmi mia figlia, tra qualche anno, che giocava in giardino insieme a qualche amichetto che abitava nei dintorni o le feste per i suoi compleanni futuri, la vedevo crescere tra quelle mura...sospirai, probabilmente sarebbe rimasto soltanto un sogno, troppe cose erano già cambiate negli ultimi mesi, non volevo metterci anche un trasloco di mezzo.

Edward era in ospedale, oggi avrebbero tolto gli ultimi punti a Charlie, visto che era stato lui ad operarlo doveva e voleva essere presente.

Un leggero vagito risuonò tramite il piccolo interfono portatile che era diventato il mio compagno inseparabile, mi diressi prontamente verso la camera. Trovai Elisabeth nella sua culla, con i suoi occhioni marroni aperti che si osservava le mani come se fossero la cosa più interessante del mondo, sorrisi, era meravigliosa, ogni tanto lanciava anche qualche urletto soddisfatto.


-Ciao amore, ti sei svegliata! Vieni in braccio dalla mamma...- la presi e le baciai immediatamente una guancia, era così morbida e profumata, l'odore dei bambini era qualcosa di indescrivibile, sapeva di talco e di latte, era dolce ne ero diventata dipendente.


Guardai l'ora, caspita aveva dormito quasi tre ore, era il momento della poppata, la misi sul fasciatoio, la cambiai, poi mi posizionai sul letto ed iniziai ad allattarla.

Aveva molta fame.

Una ventina di minuti dopo ero lì che tentavo di tenerla sveglia, volevo mangiasse il più possibile, era ancora un po' sottopeso dopo il calo fisiologico avvenuto in ospedale era cresciuta, ma non molto...il dottor Carter mi aveva detto di non preoccuparmi, che era normale, ma io non ci riuscivo, la salute di mia figlia era la mia preoccupazione primaria, niente poteva distogliermi da questo!

Così ero intenta a scuoterla o a chiamarla ogni volta che interrompeva il ritmo, ma, nonostante tutto, la sentii rilassarsi, fare un bel sospiro e vidi le sue labbra staccarsi dal mio capezzolo e rimanere nella posizione di una O, le sue belle guanciotte rosate erano rigate, in basso, da un rigagnolo di latte sfuggito dalla bocca, mi persi ad osservare ogni suo minimo particolare.

Era perfetta, una piccola miniatura di “essere umano”.

Sentii la porta chiudersi al piano di sotto, dovevo andare a vedere chi era; rimisi Beth nella sua culla e riaccesi l'interfono; uscii chiudendomi la porta alle spalle.


Tori Amos


Trovai Edward seduto sul divano che osservava le fiamme che danzavano nel caminetto, sembrava assorto nei suoi pensieri e la luce tremolante del fuoco che si rifletteva sul suo volto, lo faceva sembrare ancora più concentrato.


-Edward- sussurrai. Lui si voltò nella mia direzione ed accennò un sorriso.


-Ciao...si è addormentata?- una strana luce brillava nei suoi occhi, c'era qualcosa che non ci avevo mai scorto in precedenza e che non sapevo interpretare.


-Già...cosa è successo?- improvvisamente un brivido di paura mi percorse la schiena -mio padre...- non riuscii neanche a finire la frase.


-No..no, non preoccuparti, il suo post-operatorio sta andando molto bene!-


-Allora...cosa c'è che non va, sei così strano...- alzò l'angolo sinistro della bocca nel suo sorriso sghembo che tanto adoravo.


-Non riesco a nasconderti niente, vero?- divenne serio –ormai mi conosci, sono un libro aperto...!-


-Me ne vuoi parlare?-


-Stavo solo riflettendo...- si voltò e riprese ad osservare il caminetto -già, riflettevo su tutto quello che è successo. Sai se penso che devo tutto questo- disse allargando le braccia -ad una notte di bagordi e di pazzia, ancora non riesco a crederci!- mi avvicinai a lui e gli sfiorai una spalla.


-Nemmeno io!-


-Devo molto a quella notte..sai?- feci un cenno di assenso, non volevo interromperlo -Quella notte mi ha fatto scoprire l'amore, quello vero, quello incondizionato! Mi ha donato una figlia, che adoro e che ho amato dal primo momento che ho saputo della sua esistenza. Mi ha dato te, che sei riuscita, con un'immensa pazienza, devo aggiungere, a farmi affrontare tutte le mie paure, le mie insicurezze e che mi hai reso un uomo decisamente migliore-


-Edward, io...- non sapevo come spiegargli che anche lui aveva fatto tutto questo per me, ma mi interruppe quasi subito.


-Sssh...- fece cenno di no con la testa -fammi finire!- sospirò e mi guardò negli occhi -Io ti amo...ti amo, ed è vero ora capisco quello che mi volevi far intendere; dirtelo, ripetertelo è gratificante quasi quanto averti con me! Adesso credo che ti sorprenderò...- sorrise a se stesso -mi hanno offerto un lavoro come chirurgo...-


-Ma è magnifico! Hai accettato?-


-Non ho ancora dato una risposta, mi sono preso un po' di tempo per riflettere!-


-E' il tuo lavoro...la tua specializzazione, hai studiato tanto per questo; non credo tu ti senta soddisfatto di quello che fai in ambulatorio!-


-Non è questo...- si stava torturando le mani.


-Cos'è allora...dimmelo!- lo vidi infilare una mano nella tasca dei jeans ed estrarre una piccola scatolina blu, l'aprì e la ruotò verso di me. Conteneva un anello, era una rosa che, sbocciata, conteneva al suo interno un diamante completamente circondato da petali dorati.

Una rosa gialla con un diamante al centro...non credevo ai miei occhi.


-Bella...vuoi sposarmi?- rimasi letteralmente senza parole o almeno non riuscivo a costruire una frase di senso compiuto; lo guadavo e non capivo se quello che avevo sentito era reale oppure me lo ero letteralmente immaginato -sconvolgente è?- passò le dita della mano libera tra i capelli, lo faceva spesso quando era nervoso -Lo so...è presto, è poco che ci conosciamo, so anche non è il momento giusto per chiedertelo, con tuo padre in ospedale e col fatto che hai appena partorito e tantissime altre cose, ma...io...io so quello che voglio; per la prima volta in tutta la mia vita sono sicuro, la mia aspirazione, in questo momento, è soltanto creare una famiglia vera dove far crescere Elisabeth, dove rifugiarmi la sera, dove essere felice con te, dove amarti come meriti...è questo che voglio, più di qualunque altra cosa!- un altro sospiro, io lo ascoltavo stregata dalle sue parole - Il lavoro è qui..a Forks; io non lo voglio se tu e lei non ci sarete! Voi siete più importanti di qualunque altra cosa...sempre! Il tuo lavoro...-


Stavo respirando a fatica, stavo tentando di riordinare le idee, ma senza grande successo...troppe notizie scioccanti in così poco tempo.


-Il mio lavoro...-gracchiai.


-Già...quello e tutto il resto, Angela...Ben...Alice...Jasper; per non parlare del tempo atmosferico...qui il freddo è molto più pungente, piove continuamente...però ci sarà tuo padre, vedrà crescere la piccola e ci saranno Rose ed Emmett che saranno degli zii instancabili...vedrai! E la casa...-


-Quale casa?!- un lampo passo rapido dalla mia mente, il mio cuore accelerò - Edward...guardami!- alzò leggermente lo sguardo nella mia direzione.


-Beh...sapevo che avrei dovuto aspettare una tua risposta, ma mi sono semplicemente informato e...- tentennava -sono stato uno stupido...probabilmente non vorrai neanche sposarmi...- sospirò e chiuse gli occhi, la sua mano si serrò sulla scatolina del gioiello, che si richiuse – ho chiesto all'agenzia per l'acquisto di questa casa...è in vendita...-


Sentii la mia testa girare, il respiro farsi improvvisamente corto, non potevo credere che anche lui desiderasse restare qui almeno quanto lo desideravo io. Mi voltai e mi guardai intorno...le lucine illuminavano ad intermittenza l'apertura del camino e si diramavano lungo la libreria, un albero completamente addobbato, faceva bella mostra di se vicino al tavolo da pranzo, l'odore di pino inebriava la stanza insieme a quello della legna che ardeva nel caminetto.

Tutto era perfetto.

La casa, la nostra famiglia, il momento...

Tutto.

Vedevo Edward che implorante attendeva una risposta.

Era così chiaro.

Era così nitido nella mia mente , che mi sembrava quasi inutile doverlo dire ad alta voce, ma forse, per lui non era così!

Sfiorai le sue labbra con le mie, soltanto per un secondo.

Sentii il suo respiro riprendere un ritmo un po' più normale, era come se fosse rimasto per qualche secondo in apnea...

Gli sorrisi dolcemente.


-Come puoi aver creduto, anche solo per un secondo, che ti avrei risposto di no?- il suo viso si illuminò all'istante -certo che voglio sposarti...non mi interessa dovrò lasciare il lavoro. Potrò sempre aprire una piccola libreria da queste parti, non ce sono sai? Adoro questa casa, adoro stare con te...- ma non mi dette il tempo di terminare la frase che mi trovai tra le sue braccia, rideva come un bambino il suo cuore batteva all'impazzata, come il mio del resto.


-Grazie....ti amo così tanto...- la sua bocca sfiorava il lobo del mio orecchio, i brividi mi corsero lungo la schiena, effetto collaterale che ormai conoscevo, finché le nostre labbra non si rincontrarono ancora in un bacio che non lasciava nessun tipo di sottintesi, un bacio che sapeva di noi, un bacio che sapeva di tutti quegli imprevisti e coincidenze che avevano fatto sì che tutto questo potesse accadere.

Tutto ruotava intorno a noi, soltanto questo era importante, bastava il nostro amore e quello per nostra figlia per renderci felici e lo saremmo sicuramente stati, nonostante tutti i problemi che sicuramente si sarebbero presentati in futuro.

Ogni piccola parte di questo elaborato puzzle delle nostre vite, aveva trovato il suo incastro, ma l'amore era stato il collante che lo teneva insiema e sarebbe stato presente nelle nostre vite, ancora per molto, moltissimo tempo, lo sarebbe stato......


..“Per Sempre”......




FINE





Vorrei scrivere ancora due parole....

devo ringraziare tutte coloro che hanno seguito questa storia, che hanno recensito lasciandomi un piccolo pensiero (positivo o negativo che fosse) li ho adorati tutti e mi hanno riempito di gioia, e prego chiunque leggerà in futuro di lasciarmene altri, risponderò volentieri!

Cimentarmi nella scrittura è stata una bellissima avventura nata per caso, ma devo ammettere che mi sono divertita e vorrei credere di essere riuscita a trasmettervi qualche emozione e spero di non aver lasciato troppi errori di battitura...sono la mia ossessione, qualcuno riesce sempre a sfuggirmi, mio malgrado.

Voglio anche dire che scrivere “FINE” è stato difficile, mi dispiaciuto terminarla e credo sia stato anche per questo che non riuscivo a scrivere al meglio, ma credo che trascinarla ancora non sarebbe stato giusto, nei confronti di chi leggeva, così ho preferito terminarla qui.

Una abbraccio virtuale a tutte voi, spero di riuscire a postare una nuova storia presto, ho un po' di idee e mi sto documentando, ma voglio avvantaggiarmi con qualche capitolo prima di iniziare a pubblicare...


Ciao Uvetta!!!


PS: Elena, grazie ancora per la magnifica copertina.....non saprei come fare senza il tuo aiuto!!!!

PS2: volevo anche scusarmi con Sole....perdonami, non ti ho recensito solo perché ancora non ho avuto il tempo di leggere gli aggiornamenti...ero persa in questo capitolo, non riuscivo a venirne a capo, ma ti prometto che provvederò al più presto....sorry!

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Uvetta