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Autore: Blityri    12/11/2011    10 recensioni
Harry Potter è morto. Hermione ha visto il suo corpo tra le braccia di Hagrid. Non ci sono più speranze. Eccetto una : tornare indietro dove tutto è cominciato per fermare Lord Voldemort.
Ma come ha detto Silente, non tutte le guerre si vincono combattendo.
Dall' ottavo capitolo :
“Ho imparato.”
“Da solo?”
“Da solo.”
“Come mai?”
“A volte sei fastidiosa Evans, lo sai?”
“Tu sempre Riddle.” Ribatté lei mentre un’ombra di sorriso illuminava il volto del ragazzo.
Hermione si ritrovò a pensare che preferiva quando lui si dimostrava insofferente nei suoi confronti, o quando sproloquiava sul suo futuro di gloria. In quei momenti era più facile ricordarsi che era un assassino e quanta morte ancora avrebbe causato. In altri momenti Tom Riddle le sembrava così vulnerabilmente umano.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Tom O. Riddle
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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“Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre?
Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire.”1

26 Settembre 1944. Hogwarts

Tom, abbassando lo sguardo, notò i suoi piedi nudi, ed intorno ad essi macerie. Camminò per un po’ in quello strano luogo deserto, chiedendosi dove si trovasse, finché non arrivò in un grande spiazzo, circondato da un porticato crollato. Tutto intorno a lui era grigio, il cielo, il terreno e quelle strane rovine. Perfino il silenzio sembrava avesse assunto consistenza nella nebbia che lo circondava, grigia e fredda come i suoi occhi.
Poi da lontano si avvicinò lentamente, quasi scivolando, una figura vestita di nero. Tom avrebbe voluto scappare ma sentiva le sue gambe come ancorate alla terra e dunque non si mosse. La strana creatura gli si avvicinò sempre di più fino ad arrivare davanti a lui. Tom tentò di urlargli di andare via, di lasciarlo in pace ma le parole gli si aggrappavano in gola e non volevano saperne di uscire. Lunghe dita grigie gli strinsero il viso e sentì quell’essere dai tratti serpenteschi sussurrargli qualcosa nell’orecchio, mentre cercava in vano di divincolarsi.
Il suo respiro freddo gli grattò la pelle, facendolo rabbrividire.
“Di cosa hai paura, Tom?”

“Tom! TOM!” una mano lo scrollò forte, costringendolo ad aprire gli occhi.
Si tirò su di soprassalto e si guardò intorno senza riuscire a nascondere il proprio sollievo, le macerie erano sparite lasciando posto al più familiare ambiente del Dormitorio maschile.  Si passò una mano tra i capelli neri che si erano appiccicati alla fronte, madida di sudore.
“Tutto bene Tom?” ripetè Vàli, che si era tranquillamente seduto sul suo letto.
Il ragazzo annuì mentre cercava di calmare il suo respiro. “Non appena avrai tolto la tua ingombrante presenza dal mio materasso starò benissimo.” Disse cercando di sembrare naturale.
Nott alzò gli occhi al cielo, ma non si mosse dalla sua posizione.
“Dove sono tutti?” chiese perentorio, notando che i letti dei suoi compagni di stanza erano vuoti.
Nott lo guardò stranito. “Riddle, ma cos’hai sta mattina? Come diavolo faccio a sapere dove sono? E’ domenica oggi!”
Domenica. Pensò, stringendo la mascella. Non gli era mai piaciuta la domenica, un’inutile parentesi all’interno della settimana, tutto quel tempo lasciato libero di scorrere come preferiva. Nessun tracciato, nessun controllo.
Gli studenti di Hogwarts trascorrevano la domenica in uno stato di indolente riposo, senza programmi e senza ordine. E Tom Riddle detestava il disordine.
Infastidito scavalcò Nott e si avviò verso il bagno, deciso più che mai a rispettare la sua scaletta del giorno.
“Tom avevo bisogno che tu…” gli urlò dietro Vàli.
“Dopo.” Lo interruppe e senza lasciargli il tempo di controbattere chiuse la porta dietro di sé.
Davvero non capiva perché Nott si ostinasse così tanto a voler essere suo amico, non credeva di avere niente che valesse lo sforzo. Certo sapeva essere affascinante, era particolarmente dotato nelle Arti Oscure e per queste sue qualità gli altri Mangiamorte lo ammiravano e lo temevano ma nessuno di loro lo considerava un amico né tantomeno cercavano di esserlo per lui, nessuno tranne Vàli. Dall’accaduto del primo anno aveva deciso di eleggerlo suo confidente personale, innervosendolo parecchio nei primi tempi, ma alla fine ci aveva fatto l’abitudine. Ormai considerava la sua relazione con Nott come una divertente distrazione che gli permetteva ogni tanto di evadere dalla realtà, di dimenticarsi del peso che costantemente lo opprimeva.
Tom rabbrividì al contatto con le mattonelle gelide del pavimento del bagno e quella sensazione gli ricordò l’incubo da cui si era appena svegliato. Era già la seconda volta che rivedeva quella creatura, la prima nei ricordi della Evans e ora nei suoi sogni.  Per quanto il suo aspetto lo disgustasse c’era qualcosa in quella figura che lo affascinava terribilmente e negli ultimi giorni non era riuscito a togliersela dai pensieri. 
Appoggiato alla ceramica del lavandino fece qualche respiro profondo finché non sentì il suo battito tornare alla normalità e, alzata la testa, si scontrò con la sua immagine riflessa nello specchio.  Notò senza particolari reazioni che il taglio sulla guancia era quasi sparito, anche se non si poteva dire la stessa cosa del colpo che il suo orgoglio aveva subito. Essere battuto dalla ragazza nuova non gli andava giù, per quanto lei avesse già dimostrato di essere di molto superiore a chiunque in quella scuola. Quando l’aveva sfidata l’idea di perdere non l’aveva minimamente sfiorato, in realtà più che pensare si era limitato ad agire. Un comportamento non da lui, come gli aveva gentilmente ricordato Malfoy. Al pensiero della loro discussione storse la bocca in un’espressione a metà tra il disprezzo e a rabbia, mentre si toglieva la maglietta del pigiama, appiccicata alla pelle sudata e fredda.
L’aveva sfidata per sondare il terreno, non era per quello che l’aveva fatto? Per capire se gli potesse essere utile e lei l’aveva battuto.
Se non puoi batterli allora fatteli amici, si diceva così no? Tom finì di spogliarsi mentre questi pensieri gli ronzavano nella mente e si infilò sotto il getto bollente della doccia. Dopo la sera del duello l’aveva osservata attentamente e il suo comportamento l’aveva in qualche modo stupito. Era costantemente circondata da persone, ma lei sembrava sempre essere da qualche altra parte con la testa, all’interno del gruppo ma allo stesso tempo era come se non volesse farne totalmente parte. Anche mentre parlava non sembrava totalmente… presente.
Malfoy non riusciva a capire quella che chiamava la sua ‘ossessione’ per Hermione Evans, ma Abraxas era solamente un idiota con la testa piena di brillantina, che non riusciva a guardare al di là del proprio naso. La sera prima avevano di nuovo litigato, l’altro ragazzo era infatti convinto che Tom avesse tirato un po’ troppo la corda con la storia della Lufkin, che avesse rischiato di mettere in pericolo tutti loro.
Quando capiranno che sono io  che comando sarà sempre troppo tardi  pensò sputando con rabbia dell’acqua sul pavimento della doccia. Tom Riddle a differenza degli individui che lo circondavano non era stupido, sapeva che se voleva rimanere a capo dei Mangiamorte aveva bisogno del supporto di Malfoy e dei suoi amici, Erede di Serpeverde o no ai loro occhi restava uno sporco mezzosangue e doveva muoversi con cautela.
Almeno fino quando non riuscir…
I colpi di Nott sulla porta lo costrinsero ad interrompere i suoi pensieri e ad uscire dalla doccia.
“Datti una mossa Tom, ho bisogno di un favore.” Gli urlò dall’altra stanza.
Il ragazzo si asciugò con tutta calma e avvolto in un asciugamano verde uscì dal bagno.
“Io ho l’allenamento di Quidditch ora, mi stavo chiedendo se ti va di dare un’occhiata a Freddie.”
Tom, infilatosi i pantaloni, iniziò ad allacciarsi la camicia bianca. “No.”rispose secco. “Ma immagino che questo non ti fermerà dall’ affibbiarmi  quel tuo stupido rospo un’altra volta.” Aggiunse, allungandosi sul letto per prendere la cravatta verde-argento.
Vàli ridacchio divertito. “La tua ironia non mi scalfisce neanche un pochetto. Comunque lo so che in fondo in fondo  Freddie ti piace, avete molte cose in comune.” Commentò depositando il rospo addormentato sul materasso.
“Stai dicendo che anche io sono verde, viscido e mi cibo di mosche?” chiese senza vero intersesse, dandogli le spalle.
“Nah, sto dicendo che tutte e due state aspettando il bacio di una principessa per smettere di essere così tragicamente silenziosi.”
Tom si voltò e squadrò il compagno. “Fino a quando lo devo tenere?” disse infine distaccato.
“Domani mattina?” tentò Nott con un sorriso.
“Ti vedi ancora con lei?”
Il rossore che si dipinse sulle guance di Nott bastò come risposta.
“Lo sai che è pericoloso, se gli altri lo venissero a sapere…” lasciò in sospeso la frase, sicuro che Vàli avesse afferrato il concetto.
“Lei non sa niente.”
“Questo è quello che dici tu Vàli. Lo sai che loro non ti crederanno mai.”
“Non permetterò che le facciano niente, non preoccuparti.” Gli rispose deciso, stringendo i pugni.
“Io non sono preoccupato. Tu dovresti esserlo, non fare lo sbaglio di sottovalutarli.”
Tra i due calò il silenzio e Tom finì di allacciarsi le scarpe.
“Non avevi un allenamento di Quidditch?” chiese, facendogli capire che la conversazione si era conclusa lì.
L’altro annuì e dopo aver gettato un ultimo sguardo al rospo, si allontanò senza proferir parola.
Tom lo guardò allontanarsi poi si girò ad osservare leggermente schifato l’animale che riposava placidamente sul suo materasso, prima o poi avrebbe saldato il suo debito con Vàli Nott e allora avrebbe smesso di fare il baby-sitter ad un rospo.

Dopo essersi messo il rospo in tasca si avviò a passi veloci verso l’unico posto dove sapeva di non poter essere disturbato. Mentre camminava si accorse all’improvviso di provare una strana sensazione, come una sorte di eccitazione che gli scorreva sottopelle. La stessa che provava prima di un esame che sapeva sarebbe andato bene, o prima degli incontri con i Mangiamorte. Una sensazione di piacevole attesa mista ad una leggera aspettativa, ma quel giorno da cosa nasceva? Non aveva assolutamente niente in programma che non fosse lo studio e…
Hermione Evans. Gli tornò in mente che quella sera avrebbero dovuto fare il giro di controllo insieme e aveva programmato di forzare un po’ la mano con le domande, ma questo non giustificava le sue emozioni. Si passò una mano stanca sul viso mentre con l’altra apriva la porta della Biblioteca, cercando di ricacciare il pensiero nell’angolo più remoto della sua mente.
Lentamente si avvicinò al tavolo che era solito occupare e si piazzò di fianco alla ragazzina seduta lì. La giovane Corvonero, accortasi di una presenza estranea alzò gli occhi e riconoscendolo iniziò a balbettare.
Dopo che il su tavolo si fu liberato si sedette e vi dispose ordinatamente i libri. Dalla tasca trasse il suo quaderno nero, mentre decise di lasciare l’animale dov’era.
Iniziò a sfogliare le pagine polverose e il loro fruscio gli ricordò il sibilo della voce del sogno .
“Di cosa hai paura, Tom?”
Si agitò infastidito sulla sedia, lui non aveva paura di niente semmai erano gli altri ad aver paura di lui.
Però c’è una cosa di cui hai paura, non è vero Tom? Sentì dire una fastidiosa voce nella sua testa. Quella cosa per cui ti svegli di soprassalto nel cuore della notte, sudato e tremante. Non ti ricordi quanto ci sei andato vicino il primo an…
“Basta!” urlò, ricevendo occhiate perplesse ed intimorite dagli altri studenti.
Appoggiò la fronte sul palmo della mano, pensando che forse stava impazzendo. Da quanto aveva letto parlare con sé stessi era il primo  sintomo di un disturbo mentale, discutere  con sé stessi doveva essere ancora più preoccupante.
Ma Tom sapeva che quella voce aveva ragione, la sua paura era diventata la sua ossessione e ormai passava ogni suo istante il Biblioteca nella speranza che in quei vecchi libri potesse esserci una soluzione. Perché Tom Riddle, l’Erede di Serpeverde, capo dei Mangiamorte, aveva paura della morte. Una paura che gli prendeva ogni volta lo stomaco per poi risalire veloce verso la gola, che lo lasciava boccheggiante e stremato. Aveva cercato in ogni modo di contenerla, ma non aveva ancora capito cosa temesse di più, se l’idea che dopo non ci fosse nulla o il contrario. Perché il pensiero di dimenticarsi di sé era tremendo, ma quello di ritrovarsi con i fantasmi che popolavano i suoi incubi gli metteva i brividi.
Alla fine aveva deciso che l’unico modo per smettere di averne paura era trovare un modo per non morire. Questo cercava Tom Riddle durante le sue giornate in Biblioteca, leggendo ogni libro che si trovava su quei polverosi scaffali. L’immortalità.
C’era andato così vicino l’anno prima, era riuscito ad estorcere delle informazioni a Lumacorno su dei cosiddetti Horcrux. Ma la sua curiosità aveva insospettito il professore, che si era affrettato ad eliminare dalla collezione di libri della scuola qualsiasi informazione che avrebbe potuto rivelarsi utile ai suoi scopi.Così era costretto a brancolare nel buio in mezzo a tutte quelle carte.
Stupido vecchio grassone.
Frustrato chiuse di colpo l’ennesimo tomo che stava controllando e si appoggiò allo schienale, iniziando a giocare con la bacchetta. Sentendo dei passi che si avvicinavano alzò la testa e vide Hermione Evans passargli di fianco.
“Evans.” La chiamò, senza un vero motivo.
La ragazza fu costretta a fermarsi e lo osservò per un istante con i suoi occhi scuri. Tom non capiva perché ogni volta che si posavano su di lui assumevano uno sguardo di silenziosa accusa.
“Riddle.” Disse infine.
“Toglimi una curiosità, sei sempre di corsa?” le chiese, coprendo il quaderno nero che aveva attirato l’attenzione di lei.
“E tu stai sempre sui libri?” gli domandò di rimando, facendolo quasi sorridere.
Alzò le spalle, come per scrollarsi di dosso il suo sguardo penetrante. “Preferisco i libri alle persone, nella maggior parte dei casi dicono cose molto più intelligenti.”
“ E a quanto pare ti sopportano con più facilità, non è vero?”commentò tagliente.
Tom incassò il colpo senza una parola mentre i suoi occhi si posavano sui libri che la ragazza stringeva al petto.
“A quanto pare.” Le concesse infine, aprendo uno dei numerosi tomi posati davanti a lui.
Hermione fece per girarsi.
“Ci vediamo sta sera allora.”
La ragazza lo guardò per un attimo leggermente stupita, prima di mordicchiarsi nervosamente un’unghia. “Si. Sta sera.” Confermò con un cenno del capo.
Tom la guardò ancora per un istante, poi tornò a concentrarsi sul libro mentre sentiva Hermione allontanarsi.
Malfoy poteva dire quello che gli pareva, ma non avrebbe cambiato la situazione. Hermione Evans nascondeva un segreto e lui era deciso a scoprire quale fosse.

Violet si chinò a raccogliere alcune margherite che crescevano nell’erba vicina  alll’ingresso principale del castello mentre il sole si immergeva lentamente nelle acque nere del lago. Così rosso e rotondo le ricordava quasi una di quelle caramelle di zucchero che il padre teneva sulla sua scrivania al San Mungo. “Una chicca per la mia Chicca.” Diceva sempre, dandogliene una, quando passava a trovarlo. Sorridendo piegò accuratamente la lettera che aveva ricevuto quella mattina da casa e se la mise in tasca, mentre un vento freddo iniziava a far turbinare le foglie intorno a lei.  Dalle parole rassicuranti del padre sembrava che la madre si stesse rimettendo abbastanza bene, anche se la gamba rotta ci avrebbe messo ancora qualche tempo per guarire completamente. Susan Wright, la madre appunto di Violet, era rimasta gravemente ferita durante l’attacco aereo nemico su Londra della settimana precedente. Quando era partito l’allarme antiaereo si trovava nella casa della sorella babbana ed era immediatamente uscita per poter installare una protezione su tutto l’edificio ma a causa della stessa goffaggine che sembrava aver trasmesso alla figlia, era inciampata sulla gradinata di pietra. La caduta aveva causato la rottura di qualche ossa ed una scheggia partita dall’esplosione l’aveva colpita pericolosamente vicino all’occhio, provocando a detta del padre un danno alla cornea.  Nonostante sapesse che si sarebbe rimessa in fretta la ragazza non riuscì a reprimere un brivido al pensiero del pericolo che la madre aveva corso, allo stesso tempo accompagnato da un moto di orgoglio per il suo coraggioso gesto. Si era lasciata come al solito scivolare addosso i commenti maligni di Malfoy e dei suoi compari ( “Un Mezzosangue in meno avrebbe fatto comodo.”) anche non aveva potuto fare a meno di ridere quando il Serpeverde si era ritrovato completamente nudo in corridoio per un incantesimo che Orion aveva accompagnato con un occhiolino malizioso verso di lei.
Con un sorrisino stampato in faccia e annusando i fiorellini appena colti entrò nell’aula di canto dove i suoi compagni di coro si stavano riscaldando la voce accompagnati dalla professoressa Gaiamens  che era seduta davanti al vecchio pianoforte a coda. Preso posto iniziò a rovistare dentro la sua borsa alla ricerca degli spartiti quando si accorse che Charlus Potter era proprio di fianco a lei.
Contro ogni regola della natura le sembrò che il cuore le si fosse piazzato in gola, iniziando a battere  sempre più furiosamente.
“Ciao Charlus.” Tentò timidamente, con voce flebile.
Il ragazzo smise di parlare e scambiò un occhiata con l’altro Grifondoro.
“Ciao,” le rispose senza molta enfasi, “Virginia?”
Se le avesse strappato il cuore e ci fosse saltato su ripetutamente, forse Violet si sarebbe sentita meglio.
“Violet, in realtà.” Sussurrò triste, mentre avvertiva i suoi capelli cambiare colore senza che lei riuscisse a controllare la cosa.
“Oh, scusa. Sono una frana con i nomi.” Le disse con un sorriso smagliante che ebbe la forza di tramutarle le gambe in gelatina.
Violet tentò un poco convincente sorriso, prima di trasferirsi affranta nel posto più lontano da Charlus e iniziare a distruggere petalo per petalo uno dei fiori che aveva in mano. Sedutasi tra i soprani cercò di non pensare alla figura appena fatta provando ad immaginare che fine avessero fatto le sue parti.
Se Vàli le ha usate ancora per farci delle barchette, giuro che questa volta lo ammazzo.
Sentì un bisbiglio dietro all’orecchio e si ritrovò di fianco il volto sorridente di Malcolm McGrannit.
“Ciao Violet.” La salutò sorridente.
Lei sorrise al ragazzo che aveva gli stessi occhi verdi della sorella ma nessuna traccia della sua severità.
“Sai,” iniziò trafficando con la sua borsa, “credo che questi siano tuoi.” Disse consegnandole una serie di fogli spiegazzati. “Li avevi lasciati qui l’ultima volta, così li ho presi io.” Aggiunse come spiegazione.
Violet si pulì le mani dai residui di corolla sulla gonna e prese sollevata i suoi spartiti, ringraziandolo silenziosamente mentre la professoressa iniziava la lezione di canto.
“Ai vostri posti per favore, ragazzi.” Batté le mani sbrigativa con la treccia argentata che ondeggiava dietro di lei. “Oggi proviamo il brano che avevamo lasciato a metà la scorsa volta. Prima i soprani prego.”
Violet iniziò a cantare sentendo che la tensione che aveva accumulato in quei giorni la stava lentamente abbandonando e la sua mente, concentrata solo sulla musica, si dimenticò per qualche momento di tutto il resto. Ma quando le voci dei tenori si sostituirono alla sua Violet emise un rassegnato sospiro mentre posava i suoi occhi su Charlus.  Che fosse troppo per lei lo sapeva da sempre ma aveva continuato a  sperare che dopo averla conosciuta avrebbe capito che lei, Violet Bulstrode, era la ragazza giusta per lui. Ma non aveva l’intraprendenza del cugino e, nonostante i continui consigli di Orion e le lavate di capo di Dorea, non era riuscita ad andare oltre qualche semplice saluto ogni tanto. Ormai la situazione sembrava essere senza speranza.
Un’occhiataccia della professoressa la costrinse a riprendere a cantare e la lezione finì in quello che a lei sembrò un brevissimo istante.
“Bravi, la prossima volta inizieremo qualche brano natalizio da cantare prima delle vacanze. Potete andare.” Disse sbrigativa Gaiamens.
Violet mise subito via gli spartiti per non rischiare di lasciarli un’altra volta in giro e attraversò la sala a passo veloce; si sentiva ancora in colpa per aver lasciato Hermione da sola con Dorea, che era fantastica ma andava presa a piccole dosi, e voleva raggiungerla il prima possibile. Era tutto il giorno che l’amica era agitata per la sua nuova carica e sperava di riuscire a calmarla prima della sua ronda notturna con l’agghiacciante Riddle.
“Violet!” la chiamò una voce.
La ragazza riconobbe all’istante  la voce e prima di voltarsi fece un respiro profondo.
“Si?”  Il suo sorriso illuminò l’intera sala.
Charlus le si avvicinò passandosi una mano tra i capelli castani, spettinandoli ancora di più.
“Senti mi stavo chiedendo…” iniziò senza imbarazzo.
Controlla i capelli Violet, controlla i capelli e respira.
“Tu sei amica di Hermione, vero?”
Il sorriso le si spense immediatamente, alla stessa velocità di una lampadina fulminata.
“Si, perché?” chiese sospettosa.
“Per caso ti ha detto qualcosa su di me?”
Datemi una corda. Voglio impiccarmi.
“Qualcosa in che senso?”
“Non so, che tipo le sto simpatico o cose di questo genere.”
“No.” Commentò in quello che si rese conto essere una specie di pigolio.
Un’ombra di delusione calò sul viso di Charlus. “Oh. Be’ nel caso tu fammelo sapere, mi raccomando Violet!” le disse dandole una pacca sul braccio, prima di sparire.
“Contaci.” Rispose lei all’aria.
Come volevasi dimostrare.  Aprì la porta davanti a sé con un brusco movimento e la cinghia della sua borsa cedette. Tutto il contenuto si rovesciò a terra e l’inchiostro si sparse sugli spartiti mentre con uno sbuffo Violet si chinava per cercare di limitare i danni. Una mano le venne in aiuto passandole alcuni libri.
“Grazie Malcolm.”
Il ragazzo le sorrise e senza dire una parola la aiutò a raccogliere gli altri oggetti.
“Per l’inchiostro prova l’incantesimo Gratta e Netta, di solito funziona bene.” Le disse semplicemente, prima di rialzarsi.
“Qualunque cosa ti abbia detto Charlus per farti stare così non darci troppo peso, nella maggior parte dei casi spara idiozie.”
“L’hai capito dai capelli?” gli chiese per metà curiosa e per metà infastidita che il suo stato d’animo fosse così facile da leggere, a causa della sua particolarità.
Lui la osservò attentamente. “No, dalla tua faccia.”
“Oh, si vede così tanto?”chiese preoccupata, stringendo la borsa tra le braccia.
“Sono bravo a leggere le persone.” Le rispose con un’alzata di spalle. “Immagino che sia l’effetto collaterale di vivere in una famiglia come la mia.”
Quello era il primo vero discorso che Violet aveva con il fratello di Minerva, da quando si era unito al coro della scuola e si scoprì curiosa di sapere qualcosa su di lui.
“In che senso?” lo incoraggiò gentilmente, mentre uscivano dall’aula di canto.
“ Be’, immagino che tu abbia presente mia sorella: ha sempre la risposta pronta e, per quanto non lo ammetterebbe mai, adora stare al centro dell’attenzione. Mentre il mio fratellino Robert, al secondo anno, è un piccolo mostriciattolo scatenato. A casa non smette un attimo di urlare e cantare.” Le spiegò.
“Quindi tu, per compensarli, fai il fratello silenzioso?”
Malcolm le fece un piccolo sorriso. “Praticamente. Credo di aver preso da mio padre, sai? E’ un pastore protestante e a quanto dimostra non è particolarmente entusiasta di tutta questa storia della magia. Ma  il silenzio ha anche i suoi lati positivi. Si impara ad osservare.”
Violet gli sorrise di rimando, più lo conosceva e più Malcolm le sembrava un tipo simpatico.
“E tu?”
“Io cosa?”
“Io ti ho raccontato la mia triste storia, ora tocca a te.” Esclamò.
“Non credo che ci sia molto da raccontare in realtà…” rispose Violet, che per la prima volta si accorse della mancanza di eventi degni di nota nella sua vita.
“Mi stai dicendo che la figlia del grande Medimago, ripudiato dalla famiglia per aver sposato una mezzosangue non ha niente da raccontare?”
Il viso di Violet si adombrò e il ragazzo capì di aver fatto un passo falso.
“S-scusa, non volevo offend…”
“Non fa niente.” Lo bloccò subito lei. “E’ solo che non mi piace troppo parlarne.”
Lui tentò di riparare all’errore ma Violet non era più in vena di chiacchiere e con un ‘ci vediamo’ si allontanò veloce in direzione della Sala Comune.


Le verdi acque del lago turbinavano davanti agli occhi di Hermione che si sforzava di scorgere senza successo le ombre indicategli da Dorea.
“Eccone una!” esclamò l’altra ragazza, stritolandole un braccio per l’eccitazione. “Là, proprio là! L’hai vista?”
Hermione sorrise. “Dorea, mi sa tanto che sei l’unica a vedere le Sirene in questo lago.”
L’amica incrociò le braccia fingendosi offesa. “Io ci vedo benissimo, se è questo che stai insinuando Hermione Evans.” Commentò imbronciata, prima di avvicinarsi con aria cospiratoria ignorando le occhiate degli altri Serpeverde.
“In queste acque si annidano infinite creature,” le sussurrò in un orecchio. “ di cui le Sirene sono solo una parte.”
“Oh, ne sono sicura.” Commentò scettica Hermione.
“E ce n’è una, la più pericolosa di tutte.” Continuò Dorea, ignorandola. “Noi la chiamiamo… Sid the Squid.” Concluse con enfasi.
Hermione alzò un sopracciglio. “Non è che il nome incuta molta paura.”
“Oh, ma che cosa c’entra?” sbuffò l’altra, allontanandosi dalla vetrata della Sala Comune per sedersi su uno dei divani.
Lei alzò gli occhi al celo. “Va bene, dai. Che cosa farebbe questo fantomatico Sid the Squid?”
Dorea la guardò un istante, come per decidere se valesse la pena di raccontarle la sua fantastica storia.
“Allora,” iniziò incrociando le gambe. “Si racconta che durante le notti nebbiose i suoi viscidi tentacoli striscino fuori dalle profondità lacustri per avvolgersi intorno alle caviglie degli incauti studenti che non si trovano nei loro lettucci e li trascinino in fondo al lago per divorarli.” Spiegò senza che Hermione riuscisse a capire se ci credesse veramente o no.
“Ovviamente io e il mio fido compare” aggiunse indicando il fratello, seduto poco lontano, “abbiamo provato a verificare la sua esistenza con numerosi appostamenti, ma fino ad ora non abbiamo avuto molta fortuna.” Concluse con un’alzata di spalle, mentre i lunghi capelli biondi costretti in una scompigliata coda si agitavano di qua e di là.
“E’ vero Orion?” chiese Hermione divertita.
Il ragazzo, sentendosi chiamare alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e fece un sorriso. “Purtroppo. Non ero ancora abbastanza alto per potermi opporre ai suoi assurdi piani.” Disse alzando gli occhi al cielo.
Dorea stava per ribattere ma fu interrotta dall’ingresso di Violet che si avvicinò al divano strascicando i piedi con aria afflitta.
Le due ragazze le rivolsero uno sguardo interrogativo, ma Orion fu più veloce di loro e, lasciata con un balzo la sua poltrona, la abbracciò velocemente da dietro prima di decretare con decisione : “E’ un’idiota!”
Violet mugugnò qualcosa di incomprensibile prima di lasciarsi cadere di fianco alle due amiche.
“Fammi indovinare,” tentò Dorea. “Charlus?”
L’amica annuì velocemente prima di spostare lo sguardo su Hermione. “A quanto pare gli interessi.”  Riuscì a dire sconsolata alla fine.
Lei sentì di nuovo la fastidiosa sensazione di avere tutti gli sguardi puntati su di lei e per un attimo non realizzò quello che l’amica le aveva appena detto.
“Come scusa?”
Violet  si strofinò la punta del naso con una manica. “M-mi ha chiesto se mi avevi parlato di lui.”  Spiegò mentre Dorea le dava delle pacche amichevoli, o almeno quelle che lei considerava tali, sotto lo sguardo esasperato del gemello.
“E tu cosa gli hai detto?” chiese Hermione, che iniziava a preoccuparsi seriamente.
“Be’ la verità, gli ho detto di no.” Le rispose tentando di sprofondare ancora di più nel divano.
Hermione aprì la bocca, ma in quel momento non le veniva in mente nulla di sensato da dire. Non riusciva a capacitarsi della cosa, il nonno di Harry che aveva un qualche interesse per lei? Scosse la tesa per scacciare il ridicolo pensiero, doveva esserci una spiegazione per quella cosa, sicuramente.
Fu Violet a parlare di nuovo. “Hermione, s-se ha te piace… non farti problemi. Seriamente. N-non voglio essere d’intralcio.” Disse con un’espressione che lasciava intendere il contrario.
Hermione, tanto le sembrava assurda una cosa del genere, ci mise un po’ a capire che stava parlando sul serio e quando lo fece saltò in piedi. “No, Violet. Assolutamente. Non mi piace Charlus, davvero.” Urlò quasi, sottolineando ogni frase con imperiosi gesti delle braccia.
Un timido sorriso spuntò sul viso dell’amica.
“Davvero?”
“Davvero.” Confermò Hermione sicura come non mai.
Charlus era gentile con lei e le sembrava anche abbastanza simpatico, ma non era il suo genere. Troppo egocentrico e decisamente non era il caso di mettere in mezzo alla sua missione anche complicazioni sentimentali. Era già abbastanza difficile così.
Violet sembrò un po’ risollevata. “Scusate, non so cosa mi è preso.”disse rivolta ai tre amici che la guardavano preoccupati. “Sei pronta per il primo controllo come Caposcuola?” chiese poi rivolta ad Hermione per cambiare discorso.
Il volto di Hermione si contorse in una smorfia al pensiero delle ore che la attendevano. “Oh, non vedo l’ora delle meravigliose conversazioni che avrò con Riddle.” Disse facendoli ridere.
“A proposito, ti conviene andare Hermione. Tom non ama i ritardatari.” Le consigliò Orion.
“L’avevo intuito.” Rispose lei prima di spostare di nuovo lo sguardo su Violet. “Sicura di stare ben?”
“Oh si, vai pure tranquilla adesso Orion mi farà un’ora di analisi per sottolineare l’idiozia di Charlus.”
“Esattamente.” Confermò il ragazzo divertito .
Hermione, data un’occhiata alla pendola nell’angolo, non potè che acconsentire ed uscì a passo spedito dalla Sala Comune per dirigersi al punto di incontro concordato con il giovane Voldemort.
I corridoi del castello erano completamente deserti e l’unico suono che giungeva alle sue orecchie, oltre a quello dei propri passi, era lo stormire del vento. Cercò di rilassarsi e di pensare ai passi avanti che era riuscita a fare in poco tempo: non solo era riuscita a trovare un modo per passare molto tempo con Tom Riddle, anche se a dire la verità il merito era più del ragazzo che suo, ma soprattutto credeva di aver capito perché il Giratempo l’aveva portata in quel preciso momento. Tom Riddle, per quanto già assassino, non aveva ancora smembrato la sua anima probabilmente perché non era riuscito ancora a trovare un modo. Per quello era lì per impedire al giovane Voldemort di diventare immortale, cosicché tornata nel presente avrebbe potuto finirlo senza problemi. E dove poteva trovare delle informazioni del genere quel ragazzo  che passava le sue estati in un orfanotrofio babbano se non in un libro? Per quello aveva passato gli ultimi due giorni in Biblioteca a cercare come un’ossessa qualsiasi pagina da distruggere, ma nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto non era ancora riuscita a trovare le informazioni che le servivano. Ma in fondo non era una cosa totalmente negativa perché probabilmente Tom Riddle al suo stesso punto.
Così, illudendosi allegra di aver capito i piani di Silente, Hermione Granger ,ora Evans, arrivò davanti alla scalinata del primo piano. Lì si sedette ad aspettare il suo nemico, iniziando a giocherellare con un filo che le pendeva da una manica della divisa.
“Evans.” Una voce gelida la raggiunse, facendole alzare rapidamente la testa. Il giovane Voldemort era davanti a lei che la fissava, con la testa leggermente piegata su un lato.
Hermione scattò in piedi e si rassettò con gesti sbrigativi la gonna. “Ciao Riddle.” Rispose senza troppa gioia nella voce.
“Andiamo?” aggiunse quando il ragazzo non disse niente, limitandosi a fissarla.
Riddle annuì e i due iniziarono il giro di controllo del primo piano tra i corridoi del castello dormiente. Hermione si torturò il labbro inferiore per qualche secondo prima di decidere di parlare.
“Non hai ancora risposto alla mia domanda Riddle.” Disse e le sembrò che la sua voce rimbombasse terribilmente tra quelle pareti di pietra.
“Quale domanda?” chiese lui continuando a camminare, senza guardarla.
“Sai benissimo quale. Di che eventi parlava il preside Dippet ?”
Il giovane Voldemort rallentò il passo fino a fermarsi e lentamente si girò verso di lei.
“Una ragazza. E’ stata uccisa l’anno scorso.” Le disse semplicemente.
Hermione lo guardò cercando di rintracciare nella sue espressione il sentimento di soddisfazione che si aspettava avrebbe accompagnato quella frase, ma non c’era orgoglio né felicità negli occhi del giovane Voldemort.
Per giorni avrebbe ripensato a quel momento cercando di capire perché lo sguardo di Tom Riddle le ricordasse quello di un animale in trappola.
Ripresero a camminare senza che nessuno dei due dicesse una parola.
“Com’è successo?” chiese infine. Hermione conosceva già la risposta ma voleva sentirla dalla bocca del ragazzo, non sapeva perché ma qualcosa le diceva che era importante. O forse voleva solo vederlo mentire.
“Un mostro che si aggirava nel castello.” Rispose lui, questa volta voltandosi a guardarla.
Le sembrò che volesse sondare la sua reazione per cui si limitò ad annuire.
“E ch…” tentò, ma l’altro la interruppe.
“Troppe domande in una sola volta Evans. Sono un tipo tendenzialmente silenzioso, io.” Disse con velata ironia.
“Be’ cosa dovremmo fare, continuare a camminare nel silenzio totale?”
“No.” Rispose prima di aggiungere: “Adesso è il mio turno.”
Hermione irrigidì le spalle, infastidita. Le sembrava di essere tornata alle elementare con il gioco ‘obbligo o verità’ che aveva sempre detestato, ma se l’unica sua possibilità per avere più informazioni sul giovane Voldemort era quella le sarebbe convenuto non fare troppo la preziosa.
Il ragazzo aveva evidentemente preso il suo silenzio come un tacito assenso per cui fece la sua domanda.
“Dove hai imparato a combattere?”
“I miei genitori mi hanno insegnato tutto.” Rispose cercando di mantenersi sul vago.
“Non insultare la mia intelligenza Evans, tu mi hai battuto. Ci vuole ben altro che un insegnamento per questo.” Commentò guardandola con quegli occhi grigi, che sembravano risucchiare ogni sua emozione.
Forse tu  ti sopravvaluti Riddle.” Commentò gelida.
Il ragazzo la ignorò. “Come vuoi, proviamo con una più semplice. Durante il duello, quando sono entrato nella tua mente ho visto una… una specie di creatura. Chi era?”
Quella non era una domanda, era un ordine ed Hermione si ritrovò a pensare freneticamente ad una storia credibile perchè all’improvviso tutte quelle che aveva elaborato le sembravano assolutamente ridicole.
Il silenzio riempì lo spazio tra loro due mentre iniziavano a salire le scale, diretti verso il secondo piano.
Ad Hermione sembrava quasi di poter sentire le connessioni dei propri neuroni andare in tilt. Non poteva dirgli la verità, ma bisognava trovare qualcosa che fosse perlomeno verosimile.
“Grindelwald.” La sua lingua si mosse senza nessun ordine da parte del cervello e l’espressione stupita che si dipinse sul volto di Tom Riddle faceva da specchio alla sua.
“Grindelwald?” chiese l’altro.
“Quanti altri Grindelwald conosci?” ribattè lei, sperando di mascherare la propria incertezza.
L’Erede di Serpeverde non rispose e per qualche istante sembrò perdersi nei suoi pensieri. Hermione ne approfittò per un breve ripasso di Storia della Magia: dopo aver conosciuto Silente e aver probabilmente causato la morte di Ariana aveva lasciato l’Inghilterra ed era riuscito a mettere insieme un potente esercito, facendo stragi di babbani e maghi in vari paesi; Silente lo avrebbe sconfitto nel 1945. Tirò un sospiro di sollievo, Grindelwald in quel momento era ancora vivo quindi la sua storia non era totalmente insensata, forse se avesse fatto attenzione sarebbe anche riuscita a cavarsela.
“Non sapevo fosse arrivato anche in Francia.” Disse Riddle più a se stesso che a lei.
Hermione, non fidandosi della propria voce, si limitò ad un leggero movimento del capo.
“Non capisco, nel tuo ricordo sembrava che stessi combattendo contro di lui, è così ?” continuò il ragazzo la cui voce aveva abbandonato la consueta compostezza e ora bruciava di curiosità.
Lei deglutì nervosamente, era arrivato il momento di iniziare la recita. “Quando i miei genitori sono m-morti non sapevo da chi andare, dove stare.” Iniziò incerta, continuando a lanciare occhiate a Riddle per controllare le sue reazioni. “ Un gruppo di ragazzi mi ha accolta, loro… avevano creato una sorta di resistenza per tentare di fermare Grindelwald. Mi hanno insegnato a combattere e io mi sono, come dire, unita alla causa.”
“Perché sei venuta qui?” chiese l’altro seccamente, quasi sospettoso.
“Sono morti. Sono tutti morti.”commentò lapidaria mentre sentiva una mano invisibile prenderle le viscere e torcergliele senza pietà, al pensiero dei suoi amici. “Silente era un amico dei miei genitori, è riuscito portarmi in Inghilterra.”
“E i tuoi genitori? Come sono morti?”continuò l’altro, senza pietà.
“Lui me li ha portati via.” Rispose, pensando che quella era la cosa che più si avvicinasse alla realtà che gli avesse detto fino a quel momento.
Il giovane Voldemort annuì senza partecipazione mentre la voce della ragazza si perdeva in quei corridoi senza fine. I secondi passarono interminabili fino a che il giovane Voldemort non ruppe di nuovo il silenzio.
“Sai Evans, l’Ordine della Fenice non è l’unica società segreta di questa scuola.” Le comunicò con uno strano luccichio negli occhi. “Ce n’è un’altra, ben più potente. I suoi affiliati si fanno chiamare Mangiamorte.”
Hermione lo guardò, cercando qualche indizio su dove volesse andare a parare, ma il volto del ragazzo non lasciava trasparire niente.
“Ho sentito qualcosa.” Fu la sua unica risposta.
“Dovresti mostrare un po’ più di partecipazione Evans, ti sto per proporre di entrare a far parte di un gruppo assolutamente elitario.” Commentò, alzando un sopracciglio.
Per un attimo Hermione ebbe l’impulso di scoppiargli a ridere in faccia, tanto le suonava ridicola ed improbabile quell’idea. Lei una Mangiamorte? Lei che era tornata indietro di cinquant’anni solo per distruggere Lord Voldemort? Ma sapeva che l’Erede di Serpeverde non avrebbe gradito una tale reazione, per cui finse di ponderare la sua proposta cercando di prendere tempo per capire la situazione.
“Cosa ti fa pensare che mi interessi farne parte Riddle?” replicò fredda.
“Perché io posso darti una cosa che tu vuoi Evans.”
Hermione sollevò entrambe le sopracciglia, in espressione di finta sorpresa. “Sono colpita che tu mi conosca così bene Riddle. E dimmi, che cosa vorrei?”
“Tu vuoi vendetta, e io te la posso dare. Ti posso consegnare l’uomo che ha ucciso i tuoi amici e i tuoi genitori, io posso portarti da Grindelwald.”



Note:
1 'Narciso e Boccadoro' H.Hesse

Mi scuso per l'immenso ritardo ma la scuola in questo periodo mi lascia pochissimo tempo libero in più è da una settimana che la mia connessione fa i capricci, perdonatemi! Purtroppo anche il prossimo avrà un periodo di gestazione un po' lunghetto ( sempre per il motivo sopracitao), ma arriverà. Non disperate!

Scrivere dal punto di vista di Tom è stata una fatica immane, spero che il risultato vi soddisfi! Mi è stato fatto notare ( dalla mia amica Matilde, che colgo l'occasione di ringraziare visto che si deve sorbire tutti i miei capitoli in anteprima) che il personaggio di Tom nel rapporto con Vàli è un po' OOC. Io ho cercato di mantenermi il più possibile fedele all'immagine che i libri ci danno di lui, però è anche vero che in questa storia Tom deve fare un bel salto di qualità quindi se fosse stato davvero completamente malvagio per me ( e per Hermione) sarebbe stato un bel problema. 
Non era mia intenzione dividere a metà il dialogo tra Tom ed Hermione ma per ragioni di tempo ho pensato fosse più carino farvi leggere la parte che avevo già scritto, spero vi piaccia!
Prima di lasciarvi in pace vorrei ringraziare tutti coloro che leggono questa storia e in particolar modo quelli che mi hanno lasciato una recensione,
Quindi Violet Acquarius, Silent_Warrior, Anastasia_Malfoy, Martymione97, Asile7, Potion Fang, Princess_Slytherin,  Black_Yumi, lory1989, poppi, phoebe76 e DPotter mille mille grazie!

A presto un bacio a tutti


   
 
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