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Autore: Diamante Narcissa Uchiha    12/11/2011    4 recensioni
Nessuno pensa che un giorno qualsiasi, tutta la vita che hai vissuto fino ad adesso sia cambiata così, senza neanche un motivo logico, per amore.
Nell'amore non c'è logica, solo istinto e sensazioni.
La mia vita è cambiata per quello, senza neanche accorgermene mi ero innamorato. Un solo nome, una sola anima, un unico e puro cuore, tutto questo mi fece impazzire, ma mi fece anche conoscere due delle persone più meravigliose di tutto il mondo, anzi di tutto l'universo.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
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- Questa storia fa parte della serie 'Diamante’s…'
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Lost Love In The Moon

Nessuno pensa che un giorno qualsiasi, tutta la vita che hai vissuto fino ad adesso sia cambiata così, senza neanche un motivo logico, per amore.
Nell'amore non c'è logica, solo istinto e sensazioni.
La mia vita è cambiata per quello, senza neanche accorgermene mi ero innamorato. Un solo nome, una sola anima, un unico e puro cuore, tutto questo mi fece impazzire, ma mi fece anche conoscere due delle persone più meravigliose di tutto il mondo, anzi di tutto l'universo.


- 1 -
- Arrivo -

Era il primo giorno di scuola, ed io non conoscevo ancora nessuno, poiché ero appena arrivato da Parigi dopo la separazione dei miei.
Io e mia madre c’eravamo trasferiti lì, dal momento che lei doveva svolgere un lavoro molto importante proprio a pochi passi dalla mia nuova scuola. Ero molto affezionato a mia madre, ma tenevo molto di più a mio fratello maggiore che era rimasto a Parigi con la sua fidanzata che aspettava un bambino e papà. Mia madre mi salutò e non si azzardò neanche ad accompagnarmi dentro, ero abbastanza grande da andare da solo, non per niente frequentavo il secondo anno di liceo. Entrai, ero molto emozionato e tutti gli sguardi dei ragazzi concentrati su di me, mi fecero anche crescere una certa ansia, come se quegli sguardi volessero dire che io ero il nuovo bambolotto da prendere a botte. Cercai di non farci caso, mentre percorrevo tutto il corridoio fino all'ufficio della preside.
Arrivato davanti alla porta bianca azzurrina della presidenza, mi fermai. Avevo paura. A quanto avevo sentito, la preside, era una persona estremamente crudele con i nuovi arrivati, li faceva piangere tutti da tanta furia che gli scatenava contro. Presi la maniglia dalla vernice d’orata scolorita tra le mani, e con estrema calma la spinsi verso il basso. Passò un momento interminabile, in cui mi venne in mente il film "Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi" in cui il narratore diceva: -... è come salire le scale al buio, per andare in camera da letto e credere che ci sia ancora uno scalino, il tuo piede cade nel vuoto, e c'è un nauseante momento di tetra sorpresa.-, mi venne in mente quella frase perché quel momento interminabile sembrava esattamente quello che precedeva la scoperta dell'assenza di un nuovo gradino.
La porta si apri, con un cigolio sinistro che mi fece pensare ancora di più alla scena dolorosa di quella frase. Si spalancò davanti ai miei occhi; l'ufficio era vuoto apparentemente, finché una voce alquanto dolce mi fece segno di entrare. La seguii senza esitare. Mi sorprese il fatto di trovare una bellissima donna, bionda con occhi azzurri che oltre ad avere queste due caratteristiche, aveva anche il corpo di un angelo. Era davvero lei il demone spietato che terrorizzava i new entry o era solo un angelo caduto, mandato a fare da segretaria all'inferno? Con questa domanda che mi frullava in mente mi avvicinai intimorito all'enorme scrivania piena di fogli, molto importanti ma trattati come se non lo fossero, che mi separava da quella presenza quasi insopportabile. Mi sedetti, in attesa di una qualche affermazione; che di certo non tardò ad arrivare:
- Bene, tu devi essere Daniel Ravier! Il figlio della famosa stilista e musicista Clorinda Juliet. Credo che tu non sia uno di quei soliti scansa fatiche che si presenta qui quasi ogni giorno per cercare di avere un posto in questa prestigiosa scuola! -.
Allora era proprio lei, non ci potevo ancora credere!
- Sì... signora! Io m’impegnerò davvero tanto per essere all'altezza di questa scuola. -
- Lo spero proprio! Non voglio altri piantagrane qua dentro! -
- Non si preoccupi, credo che soddisferò le sue aspettative. -
- Perfetto allora mi devi fare il piacere di firmare queste. -
Detto questo, prese a scavare in mezzo a tutto quel casino; finché non mi porse una ventina di fogli e una penna. La guardai con un viso poco convinto:
- Scusi!,... ma a che servono tutti 'sti fogli? -
- Bè, servono per l'assicurazione, per la privacy, nel caso una grande casa discografica ti scelga per un loro disco, ma principalmente per l'iscrizione. -
- Ma… , l'iscrizione non l'ha già fatta mia madre? Mi ha detto che ha dovuto firmare anche lei un sacco di fogli! -
- Sì, è vero. Ma sai la burocrazia è fatta così. Bisogna essere sicuri al 1000x1000! -
- Ah, capisco. Posso restare qui, per scrivere? -
- Sì, certo! Non mi crei alcun fastidio. -
Appena ebbi la conferma, mi misi a firmare tutti quei fogli che per me non avevano il minimo senso. Quando ebbi finito, li riconsegnai alla preside; la quale dopo averli ricevuti, prese un biglietto ci scrisse sopra qualcosa e me lo diede. Sopra c'era scritto II E. Era la mia classe probabilmente.
Mi congedai con un "Grazie" e mi avviai verso la mia classe che mi pareva che fosse al piano superiore. Percorsi tutte le scale di marmo grigiastro fino a che non mi ritrovai tra il bivio di due corridoi che si srotolavano l'uno all'opposto dell'altro.
Con l'indecisione che mi attanagliava dentro, li percorsi entrambi; finche alla fine del corridoio di sinistra trovai finalmente la mia aula.
Avevo paura, come poco prima dalla preside così, posai leggermente le mie dita sulla porta, in un accenno di bussare che anch’io feci fatica a sentire però:
- Professoressa, mi scusi! - una voce dolce e squillante riecheggio da dentro l'aula - credo abbiano bussato alla porta! - Com’aveva fatto, quella ragazza, a sentirmi?
- Io non ho sentito niente!- Le rispose la professoressa. A sentire quella voce così delicata e gentile, mi feci coraggio e bussai più forte, finché con una faccia ancora un po’ stupita ma soprattutto imbarazzata e china verso il pavimento dopo aver sentito l’"Avanti!" della signora che sedeva ancora alla cattedra, entrai.
Aveva anch'essa, come me poco prima, una faccia stupita, probabilmente per lo stesso motivo che me la provocò.
- Oh, finalmente sei arrivato! - Disse dirigendosi verso di me. Mi mise la mano sinistra sulla schiena, in mezzo alle spalle, e si rivolse alla classe: - Ragazzi, lui è Daniel Ravier e starà qui per tutto l'anno scolastico -.
Un leggero brusio dei miei futuri prossimi compagni spezzo il silenzio che si era creato dopo le parole della donna. Probabilmente si erano ricordati di mia madre.
- Lo so cosa state pensando - sbottò la donna dai lunghi capelli rossastri e gli occhi di acqua marina, ancora accanto a me - non è raccomandato! E stato inscritto qui perché sua madre deve svolgere un importante compito qui vicino e perché è l'unica scuola nelle vicinanze che sia molto simile a quella di Parigi - Il brusio finì immediatamente.
- Vorrei che vi presentaste! per favore i due rappresentanti vorrebbero alzarsi? -
All'improvviso sentii due sedie muoversi all'unisolo e per la sorpresa dovetti alzare il capo che finora era rimasto a fissare timido il pavimento.
La voce dolce e squillante di prima parlò: - Io sono Diamante Uchiha! Molto piacere di conoscerti. - Lo disse chinando il capo leggermente e tenendo le mani giunte in grembo con un fare troppo aggraziato per una ragazza di quest'epoca. Poi una voce profonda e al quanto aggraziata mi fece spostare lo sguardo non troppo lontano dalla ragazza.
- Io, invece, sono Aro di Leone; mi associo alle parole già dette dalla mia collega - Anch'esso fece un cenno col capo ma tenendo le braccia rilassate lungo i fianchi.
Gli altri nomi non li sentii neanche! Ero troppo intento a fissare quei due individui perfetti che ancora si ergevano immobili come statue in attesa del mio congedo a sedere.
Entrambi avevano dei lunghi capelli e occhi neri, a Diamante, i capelli, cadevano sinuosi sulle spalle mentre ad Aro erano legati con un nastro di cuoio marrone che gli ricadeva leggermente davanti, gli occhi di lui erano neri sì, ma più intensi. Mi perdevo nella loro immensità. Ero totalmente incantato da quei quattro occhi del colore del cielo stellato. Non mi resi neanche conto che il giro di nomi era finito.
La donna mi diede un colpetto in segno di congedo e mi fece segnale di sedermi in mezzo a quegli dei oscuri che mi avevano sconvolto poco prima.
Mi sedetti lentamente, insieme a loro, per non creare troppo rumore con la sedia e appena ebbi finito quell'operazione, la donna parlò di nuovo: - Oh scusa, non mi sono presentata! Sono Angelina de Flora, la tua insegante di italiano. - Dopo essersi presentata, disse alla classe di fare silenzio, come a me, e di finire il compito che stavano svolgendo prima che io entrassi.
Rimasi fermo e zitto per tutta l'ora al mio posto, anche quando suonò la campanella rimasi fermo fino a che Diamante non mi mise una mano sulla spalla e mi disse: - Dai vieni con me, chiederò al professor Devereaux se posso farti fare un giro della scuola, visto che sei nuovo di qui -
Dopo poco eravamo già in corridoio ed io ero ancora più imbarazzato di quando ero entrato in classe. M’imposi di parlare perché quel silenzio mi stava come schiacciando.
- Ehm, scusami! Ma chi è il professor Deveroz? -
- Primo si dice Devereaux, e secondo è il prof. di francese. Ma io credo che non avrai problemi con lui! -
- Sì, immagino di sì! - che stupido, solo questo riesco a dire?! - Posso chiederti dove stiamo andando? Infondo mi dovresti far fare il giro della scuola per orientarmi! -
- Certo che puoi; visto che tanto ormai me l'hai già chiesto! Stiamo andando nel mio posto preferito, io lo chiamo "Il Balcone Del Mattino". Vedrai il perché di questo nome. -
- Ma perché mi stai portando lì? Non dovresti mostrarmi le aule? -
- Sì certo; ma appena ti ho visto ho pensato che sei un tipo interessante! Ed io i tipi interessanti li porto in quel posto per conoscerli meglio. -
Finì quella frase con un enorme sorriso rivolto verso di me. Era davvero bellissima.
Che cosa voleva dire con "Ci porto solo i tipi interessanti"?
Vuol dire che le piaccio?
Non ebbi il coraggio di chiederglielo durante il tragitto e così arrivammo, in silenzio, dopo qualche minuto trascorsi a salire miriadi di scale e percorrere corridoi infiniti, vista la grandezza dell'edificio.
Mi aveva portato quasi sul tetto, e proprio davanti a me si ergeva una porta di vetro con disegni floreali. S’intravedeva qualcosa di molto colorato al di là di essa; forse quei disegni erano la preparazione per una vista meravigliosa.
- Su, apri! - mi disse all'improvviso. E così feci.
All'interno c'era una distesa enorme di fiori, tutti di colori differenti. Si ergevano eleganti ovunque, c'erano solo pochi centimetri in cui non ve ne erano e quei centimetri costituivano "le stradine" per passarvici immezzo.
Entrai, mi avvicinai a un vaso che mi colpì particolarmente: era rosso con le stelline verdi e all'interno erano sistemati, esattamente in quello che a me sembrava il centro, delle bellissime orchidee blu con striature gialle/verdi che mi ricordavano tanto le mie pietre preferite: i lapislazzuli.


Dia's Time
Eccomi quì con un'altra storia! Ovviamente sarei felice di una vostra recensione! X)

Abbiate tanta, tantissima pazienza con gli aggiornamenti!
Farò il possibile per non farmi dimenticare! XD XD
   
 
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