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Autore: Gipsy Danger    13/11/2011    3 recensioni
48+1.
Quarantotto frammenti di vita e un epilogo. Quarantotto voci (alterne) e una fuori dal coro.
Quarantotto momenti mancanti. Più uno che non sarà mai dimenticato.
[In corso: arc 2Hero - Forever we are].
1# È persa nelle strade di Kyoto, in balia della corrente.
2# Dieci sassolini. Ora sono pietre.
3# Non c'è nome per il fiotto di calore che le sboccia nel petto.
4# La salita è finita. La scalata comincia ora.

Fan fiction partecipante alla challenge "The Four Elements"
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Land of Make-Believe
Part 1: Donten
-Forever we’ve been-

11.  Sorridere:
[On the Path of cloud wather, fearfully walking in the rain]
Acqua#10. Acqua cheta.

*
"Vi Veri Veniversum Vivus Vici.
Con la forza della verità, in vita, ho conquistato l’universo."
Faust
*

Cos’è un sorriso?

Yamanami Keisuke si è ritrovato spesso a chiederselo, dal loro arrivo a Mibu. Per quanto sciocca sia, è una domanda che lo assilla.
Una variabile in continuo mutamento.
“Hijikata – kun, dovreste calmarvi. Non fa bene rimuginare troppo.”
Hijikata, per esempio, sorride di rado.  Nemmeno nelle sue giornate migliori allo Shieikan era particolarmente allegro, ma la sua era un’espressione tranquilla, calma, un segno di rilassamento. Quando se lo permetteva, anche il resto degli studenti sapeva che andava tutto bene.
Ora Hijikata sorride quando minaccia. È il ghigno di un lupo che snuda le zanne per intimidire, sfrontato, che non avrebbe remore a squarciare la gola a chi gli sta davanti.
E la cosa più curiosa è che lui non se ne accorge.

Passi su e giù per la stanza. Da fuori arrivano le risate dei bambini del quartiere. San’nan ne intravede un paio tampinare Harada, di ritorno dalla pattuglia. Una piccolina di quattro anni si alza in punta di piedi per aggrapparsi all’estremità smussata della lancia, incurante dell’espressione esasperata del Miburoshi.
Quanto passerà prima che sua madre la venga a prendere in tutta fretta?, si chiede. È già successo, di recente.
Ormai non suscitano più solo disprezzo nelle persone. La paura sta cominciando a scivolare al primo posto.
Ma non è ancora all’apice.
Non ancora.
Ed è questo, il problema.

“Non sto lavorando abbastanza.” Il borbottio masticato suona amaro. Hijikata intreccia le mani dietro la schiena, poi le passa sul davanti. Incrocia le braccia e si ferma vicino alla finestra. L’inverno ha spruzzato Kyoto del candore della neve. I tetti delle case sono ammantati di bianco e grigio, lì dove la neve è stata macchiata dal fumo dei comignoli. Il giardino di casa Yagi si è trasformato in un angolo silenzioso, addormentato sotto una coltre gelida. San’nan ringrazia che siano solo in tredici dello Shieikan, ad essere rimasti, o il dojo non potrebbe contenerli tutti.

“Questo non è vero.”
“L’avete sentito anche voi, San’nan – san. L’hanno sentito tutti.”
“Non credo Serizawa – san avesse il diritto di farvelo notare di fronte agli uomini, in ogni caso.”
Hijikata serra gli occhi. La mascella contratta guizza, i tendini del collo sono come cavi sotto pelle. Non sorride: ricorda. E San’nan non può fare a meno di ripensare a quella conversazione dell’altra sera.

“Di cosa vi preoccupate, Hijikata? La faccenda è chiusa. La magistratura di Osaka ha riconosciuto la colpevolezza degli allievi della scuola di Sumo; non ci saranno ritorsioni contro di noi.”
“Non è questo il punto! Avete una vaga idea di ciò che pensa la gente di Kyoto? Dopo l’incidente le voci sono raddoppiate. Non siamo la polizia del Bakufu, siamo assassini, per loro. E tutto per il vostro comportamento! Non vi permetterò di rovinare il nome della Roshingumi!”
Il sorriso di Serizawa è più frequente di quello di Hijikata. Lento e rilassato, una piega sbilenca in un volto su cui è rimbalzata anche la prigione. Senza effetto.
È il genere di allegria che nasconde una tempesta.
“Direi che è il mio turno di farvi una domanda. Hijikata – kun, perché siete venuto fin qui, nella Capitale?”
Il viso di Hijikata è cereo.
“Pensavo fosse chiara. Per costruirci un nome. Perché Kondou Isami sia rispettato.”
Non c’è un briciolo di esitazione nella sua voce, ma non è sufficiente. Non per Serizawa. La sua risata – sarcastica, ustionante – rimbomba nella stanza.
“Rispetto per Kondou – kun, hm? In questo caso, non stai lavorando abbastanza duramente.”
“Cosa?”
“Apparteneva ad una famiglia di contadini da Tama, giusto? Riesci a capire quanto sia difficile per un civile essere riconosciuto come samurai?”
“Non mi serve che me lo ricordiate.” Le mani di Hijikata si aprono e si chiudono, come preda di uno spasmo. Come Souji quando cerca l’impugnatura della spada, come Shinpachi quando una sassata vagante lo centra…per sbaglio. “Ho visto quanto si è impegnato per conquistarsi il diritto di portare la spada. Ero lì quando l’hanno sottovalutato…ma ora, finalmente, abbiamo una possibilità di allontanare i pregiudizi. E non lascerò che svanisca per causa vostra.”
Le sopracciglia di Serizawa si inarcano appena – e c’è ancora quel sorriso, mentre si porta la lunga pipa affusolata alle labbra e la brace prende vita sotto il suo respiro.
“Non basta.” Ripete, sbuffando il fumo dalle narici.
“Che diavolo significa non basta?!”
“Hai la passione necessaria, ma non puoi tirare avanti con i tuoi bei discorsi. Ti manca la determinazione per sporcarti le mani, per fare qualunque cosa sia necessaria.” Gli occhi grigi fissano Hijikata, ma sono distanti. “Non importa ciò che dirai: Kondou – kun è nato contadino e sarà sempre tale. È la natura del mondo, il senso comune dal punto di vista del pubblico generale. Non può cambiare in dieci, venti anni.”

Cos’è un sorriso?
La nostra espressione di vittoria, la nostra maniera di sfidare il mondo. San’nan osserva quello di Harada, mezzo nascosto sotto un velo di scocciatura, mentre si abbassa per permettere ai bambini di aggrapparsi alla lancia sulle sue spalle e li scarrozza in giro, tra le risate generali.
Quando torna a guardare Hijikata, ve ne trova un altro. Una parodia contorta.
“ Potrà anche non averne avuto il diritto, ma l’ha fatto,” mormora il ronin. “ E la cosa peggiore è che più ci penso, più mi accorgo che è ha ragione. È vero. I bei discorsi non ci stanno portando da nessuna parte.”
San’nan ascolta in silenzio. Riesce a carpire la scintilla del giovane samurai – quella che gli brucia nel fondo degli occhi e che risale in superfice quando Hijikata comincia a dare ordini. Che Toshizou abbia la stoffa per diventare un capo migliore di Serizawa, più efficiente, più deciso, più forte, nessuno lo mette in dubbio. Ma il suo è un impulso che deve ancora emergere.
E perché possa farlo…

Un sorriso.
Quest’involontaria rivolta dell’uomo davanti alla sua fragilità. All’unica alternativa – uccidi o sii preda.
Un sorriso, sul volto di San’nan.
“Posso capire il vostro nervosismo, Hijikata – kun. Credetemi, è così.”
“Apprezzo la comprensione, ma serve a poco.” Hijikata si ferma di nuovo di fianco alla finestra. Anche Kondou è uscito in strada, a schermare il suo esecutivo prima che una delle tante madri accorra a difendere la prole. “Quella frase…maledizione, vorrei che smettesse di girarmi in testa. Vorrei non averla sentita.”

Quella frase.

“Sapendo questo, volete ancora fare di Kondou – kun un samurai agli occhi altrui?”
L’espressione di Hijikata parla da sola. Gli occhi sono freddi e duri come ametiste, la postura rigida. La bocca ridotta in una linea tanto sottile da impedire a qualunque parola di fuggirne.
Serizawa fa compiere un elegante arabesco al ventaglio di ferro che stringe in mano. Peserà mezzo chilo, ma lui lo maneggia come fosse una piume. Volteggio, giro, volteggio. Assente.
Il sorriso è ancora lì, provocatorio.
“Allora dovete diventare un demone, Hijikata – kun.”
C’è curiosità, oltre la diffidenza nello sguardo del ronin.
“Un demone…?”
“Non importa quanto famosi diverrete, ritornelli come ‘figli di pezzenti’ vi seguiranno ovunque. Dunque non dovete esitare di dimostrare il contrario e fare di chiunque un nemico. A costo di sprofondare nel sangue per primo.”
Il ventaglio si chiude, una tagliola di metallo elegante.
“Questo è ciò che intendo con il diventare un demone. Per il bene di Kondou – kun. Se potete farlo, allora avrete una possibilità di capovolgere le regole di questo mondo.”

Non c’è stata risposta, così come non c’è ora. Hijikata gira per la stanza, un animale in gabbia. San’nan resta a guardare.
Non si è intromesso nella discussione. È più comodo, oh, mille volte più comodo lasciare che Niimi e gli altri seguaci di Serizawa lo credano un debole, più adatto alla diplomazia che alla spada. Non c’è neppure bisogno di essere particolarmente cauti – basta indossare la maschera giusta e avere cura di non rovinarla.
Un sorriso.
Una menzogna.
Con Serizawa è diverso: è una vecchia volpe, già troppo vicina alla morte per non subodorare una minaccia quando gli si accosta. Con lui dev’essere più attento. O rischia di passare per pessimo attore. Come l’ultimo arrivato, Saitou Hajime.
Osservare, incamerare, rielaborare. Vedere le linee – di – colpa di ognuno, capire dove lo porteranno.
Questo, il suo compito.
E ora non può che concedersi un lieve sorriso, scorgendo quelle di Hijikata. Lo porteranno su un cammino di sangue, lo sa già.
“Permettere un consiglio, Hijikata – kun?”
Il ronin batte le palpebre, accenna stancamente un sì. Nemmeno lui ci crede fino in fondo, ma non può impedirsi di sperare che ci sia una maniera per uccidere quel maledetto tarlo.
“Ditemi pure.”
“Promettetemi di ascoltarmi fino in fondo.”
Occhiata perplessa.
Ingenuità, muori. Non c’è più spazio per te.
San’nan sorride, rassicurante.
“Credo sia giunto il momento di accettare il consiglio di Serizawa – san. A modo nostro.”



Un sorriso.
Nelle mani giuste, si trasforma in un incubo.


[1454 words]


N\A:

E rieccomi a voi.
Per prima cosa la nota tecnica: questa shot è liberamente ispirata alla route di Hijikata in Reimeiroku, in cui compare il colloquio tra lui e  Serizawa. Mi sono concessa una piccola licenza temporale, spostando in inverno un episodio che si svolge in una stagione più mite. Nella fattispecie, la Roshingumi aveva avuto un piccolo alterco con alcuni studenti di una scuola di sumo di Kyoto.
Serizawa si era intromesso e aveva risolto la cosa a colpi di spada, uccidendo alcuni studenti e ferendone altri, per poi andare a questionare alla Magistratura di Osaka.
Di qui la protesta di Hijikata.

Il prompt è stato a lungo oggetto di indecisione. Il detto "l'acqua cheta rompe i ponti" stava bene sia per Saitou che per San'nan. Alla fine ho deciso per quest'ultimo, sfruttando la sua apparente calma. Direi che sono più soddisfatta del tentativo fatto con Kondou, anche se sono ben lungi dall'uguagliare altre rappresentazioni di questo personaggio.

Oooook...mi pare di aver detto tutto. Mancano solo quattro capitoli alla fine della prima parte, gente: parte il countdown <3.
Un grazie a Satomi, Ellie_x3 e Hikari92 per i commenti, a chi legge, a chi segue, a chi passa.

Alla prossima,
Kei

   
 
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