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Autore: Elisir86    13/11/2011    0 recensioni
Il viso di sua moglie e dei suoi tre bambini si affollarono nella sua mente, e il suo giuramento era un eco rimbombante “...Finché morte non ci separi...”.
Poi tutto fu spazzato via da una sensuale risata, dal ricordo di rosse e profumate labbra.
Fanfic che ha partecipato al contest: Nothing lasts forever - Niente è per sempre
Vincitrice del Premio Realismo e del Premio Caratterizzazione
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bill/Fleur
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo II

 

Le pratiche stavano ordinatamente impilate sulla scrivania. Gli occhi di William guardavano la firma di sua moglie.

Sentì inspiegabilmente una fitta di dolore al petto.

Il viso di Fleur che gli sorrideva emozionata il giorno del loro matrimonio gli riaffiorò alla mente. Com’era bella quel giorno.

Ed ecco che prepotente l’immagine del corpo nudo di Doreen cancellò anche quel ricordo.

Si lasciò cadere sul letto, esasperato. Era sicuro che la sua scelta fosse giusta, ma i suoi figli...

Il bussare leggero sulla porta lo destò da cupi pensieri. Ad entrare fu sua madre. Probabilmente Ronald l’aveva chiamata.

Molly si sedette sulla sedia di legno vicino alla finestra. Guardava con occhi lucidi sua figlio maggiore.

Lui si alzò a fatica e lei sentì chiaramente il disagio che provava. Tossì leggermente, sperando di darsi forza. “Bill...” iniziò cercando di non far tremare la voce, “...Bill, Dominique mi ha scritto una lettera...”

William si voltò di scatto verso la madre, sentire il nome di sua figlia gli aveva fatto trattenere il respiro.

“...Fleur non sta bene. E lei ha deciso di portarla in Francia, pensa che sia meglio per la sua salute.” Si fermò per guardare la reazione del figlio.

Aveva gli occhi languidi e il viso pallido. “In Francia?” chiese incredulo, lasciandosi cadere sul letto.

Molly annuì, “Andranno anche i tuoi figli...” mormorò prima di vedere le lacrime del suo bambino.

Lo raggiunse con l’intento di coccolarlo, ma lui la fermò con la mano, “Mamma, ti prego...” la voce gli tremava, “...Lasciami solo.”

 

Ron stava fermo in cucina. Guardava in silenzio suo padre, “Non potevamo aspettarci che rimanesse qui, la sua famiglia è in Francia...”

Avrebbe voluto gridare che la sua famiglia era William, ma non ci riuscì.

Bill aveva tradito, aveva voluto lasciarla...tutto per una come quella. Eppure in quel momento la rabbia che aveva provato fino a qualche ora prima era sparita. Sentiva solo un senso di malinconia unita al dispiacere.

“Quando partiranno?” Hermione lo chiese mentre distribuiva il caffè.

“Fra un’ora.”

Ronald sbuffò. Quella situazione era assurda!

Quando Bill aveva detto a tutta la famiglia che stava per sposarsi lui lo aveva invidiato. Mai avrebbe potuto pensare che tutto sarebbe finito in un modo del genere.

“Victorie cosa ne pensa?” Arthur scosse la testa, “Victorie e distrutta dal dolore. Ma non può seguire la madre in Francia, ormai ha una famiglia qui...” sorseggiò il caldo caffè, “Un vero peccato che Fleur non possa vedere la crescita di sua nipote Cassia.”

Hermione sobbalzò quando suo marito colpì con un pugno il tavolo.

“Papà, ricordati che tutto questo non sarebbe successo se Bill non fosse andato con quella put...” si fermò guardando verso sua figlia Rose.

Lei alzò un sopraciglio, “L’hai incontrata?” chiese incrociando le braccia al petto, e Ron strinse con forza le labbra, “Si, l’ho vista. Ed non è altro che una volgare donna di strada!”

Molly arrivò in quel momento. Si sentì mancare il fiato nel sentire quelle parole.

Suo figlio non poteva aver deciso di perdere tutta la sua famiglia solo per una donna del genere.

Ronald di sicuro esagerava.

Si ritrovò a pensare a varie scuse pur di proteggere William.

Si ritrovò a guardare supplichevole suo figlio minore, affinché smettesse di provare insofferenza verso suo fratello.

Si ritrovò a pensare che forse non era stata una brava madre. Forse non era riuscita a spiegare a suo figlio la differenza tra l’amore e il piacere.

Si inginocchiò per terra portandosi entrambe le mani sul viso, sicura che tutto quello fosse causa di un suo banale errore...L’errore di aver dato tutto per scontato.

Pianse a lungo, tra le braccia di suo marito.

 

Louis guardava stranito sua sorella maggiore. Era arrivata a casa, quando lui era fuori. Aveva preparato i bagagli della loro madre e di lui, ed ora stava finendo di sistemarli sulla carrozza.

Poi, Dominique gli aveva spiegato a grandi linee e con poca pazienza cosa stesse succedendo, lui non aveva battuto ciglio.

Aveva compreso perché sua sorella era uscita tutto il giorno, e perché Victorie era andata da loro anche se aveva partorito da pochi giorni.

Si ritrovò a pensare che non gli importava che tutto quello era stato organizzato alle sue spalle.

Non era importante il suo dispiacere nel lasciare gli amici senza un saluto o una spiegazione.

Sua madre, solo la sua felicità era fondamentale.

Salì sulla carrozza insieme a Dominique, “Louis...” Victorie gli sorrise dolcemente, “Mi aspetto da te un atteggiamento cordiale, verso la mamma. Non sarà un periodo facile per lei, perciò, quando sarai a scuola, vedi di scriverle spesso. Le farà piacere.”

Lui annuì.

Lei lanciò un veloce sguardo verso la sorella, che annoiata guardava fuori dalla finestra, “Mamma è ancora in cucina, perciò ora vado a parlarle, voi vedete di stare calmi. Non ha bisogno di battibecchi tra voi due!” disse prima di scomparire nel buio.

Dominque rimase in silenzio tutto il tempo, non fiatò nemmeno quando vide, prima Victorie e poi sua madre uscire in giardino.

Fleur si fermò al primo scalino.

Il pensiero di lasciare la propria casa l’annientava, ma i suoi figli non volevano più viverci.

E lei li capiva.

Respirò a fondo, come a volersi dare coraggio, e scese anche il resto dei gradini.

E fu in quel momento che lo sentì.

Da prima il profumo, dolce.

Poi lo sguardo, insistente.

Lo vide dall’altra parte della strada, fermo ad osservarla.

La voglia di corrergli incontro, di stringerlo tra le sue braccia era forte, ma la mano fredda di sua figlia minore lo era ancor di più. Dominque l’aveva presa per il polso e la stava letteralmente buttando nella carrozza.

“Ci penserò io.” La rassicurò Victorie.

Bill guardò il calesse sparire nel cielo scuro. Sua figlia maggiore lo raggiunse “È tardi, papà.”

Il vento, gelido, lo colpiva sul volto come uno schiaffo. Ma nulla faceva più male di quella frase.

 

La neve scendeva lenta.

Bill avrebbe voluto lasciarsi andare. Stendersi su quella panchina e chiudere gli occhi, lasciando a quei bianchi ed esili fiocchi l'ingrato compito di ucciderlo.

Era il suo più grande desiderio.

 

Fine

  
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