Capitolo 26
Pov Renesmee
Buio. È questo ciò che i miei occhi vedono.
Se non fosse per la luce della luna che filtra dalla finestra della
stanza, l’oscurità avrebbe inghiottito ogni cosa,
rendendomi impossibile riconoscere il luogo in cui mi trovo.
Eppure di due cose sono certa: sono in un letto, e soprattutto sono in casa mia.
Comincio a muovere le dita, chiudendo ed aprendo i palmi. Stranamente,
questa strana sorta di intorpidimento non accenna a svanire.
I miei arti sembrano fatti di pietra, qualsiasi movimento mi risulta impossibile.
Perché?
Cerco di fare mente locale su tutto ciò che è accaduto,
ma è come uno schermo bianco, come se qualcuno avesse cancellato
una parte dei miei…
«Ricordi».
Sussulto per quanto possibile. Quella voce carezzevole, vellutata come
poche altre la riconoscerei tra mille. Il mio cuore comincia a battere
forte, forse per via dello spavento, non so, ma è come se non
volesse saperne di arrestare la sua corsa.
Sebastian.
«Ti ho già ribadito di non ficcare il naso nella mia
testa, ricordi?» gracchio con voce roca. Sarà il pisolino
che ho fatto?
Tra i pensieri che mi affollano la mente e le domande senza risposta,
questa è l’unica sensata che mi è fuoriuscita dalla
bocca.
Soffoca un risolino, rimanendo comunque in un angolo della stanza.
«Sì, ricordo. Ma sai anche che non sono molto bravo ad
eseguire un ordine» mi risponde, ma è come se quella frase
nascondesse un altro significato.
«Mi stai dicendo che sei un tipo ribelle?» lo sfido.
Nel frattempo, cerco di mettermi seduta, ma una forza invisibile mi
costringe a stare sdraiata. Ansito in preda alla fatica e stringo i
denti, tentando ancora una volta.
Una folata di vento improvvisa mi distoglie dai miei propositi.
Sul letto, al mio fianco, una figura alta, scura e possente, si staglia
in tutta la sua bellezza. Il gomito poggiato sul cuscino, il palmo
sotto il mento, mi scruta silenzioso per qualche secondo. I suoi
capelli neri sono più scompigliati del solito. Chissà
perché…
Gli occhi blu scuro riflettono il bagliore pallido della luna e intanto
accarezzano il mio corpo. È come sentirsi nuda, completamente
senza difese dinnanzi a quel suo sguardo intenso. Mi accorgo solo in un
secondo momento che in mano tiene una rosa rossa.
L’odore fresco e profumato mi arriva come uno schiaffo alle
narici; deve averla raccolta questa notte, a giudicare dalla
brillantezza dei petali.
«Dipende dai casi».
Solleva la mano dove tiene la rosa e l’avvicina alla mia guancia.
Una goccia, simile ad una perla, cade da uno dei petali bagnando la mia
guancia. Si china lentamente verso di me e poggia le sue labbra proprio
nel punto in cui è caduta.
Un calore inaspettato si sprigiona dal mio corpo, le guance sicuramente
sono di rosso porpora così vivido che anche nella notte
più tetra si riuscirebbe a distinguere il mio imbarazzo.
E anche qualcos’altro.
Indugia sulla mia pelle, come se si trattasse di una punizione, o
almeno è così che la vedo io. Perché quel calore,
quell’intenso fuoco che ho dentro di me non accenna a svanire,
anzi, è come se quelle dannate labbra scatenassero istinti
sopiti o mai svegliati. Le sue labbra sfiorano la parte destra del
viso, in un andirivieni continuo, senza sosta, mentre con la rosa
percorre con delicatezza il mio braccio nudo. Comincio ad ansimare
sfacciatamente, come se mi mancasse l’aria.
E infatti è proprio questa la sensazione.
Neppure la vicinanza con Jake ha scatenato tutto questo, nonostante
anche lui sia un ragazzo bello e che fa strage di cuori nella riserva.
Il suo tocco ardente non mi invia cariche elettriche come quello di
Sebastian, né mi accende – ormai non riesco a definire in
alcun modo questo fuoco – come questo vampiro misterioso che ho
al mio fianco.
Perché con lui accade?
«Dovresti saperlo» riecheggia la sua voce nella mia mente.
Con un alito di voce, rispondo: «invece non riesco a comprenderlo».
Si blocca di colpo, sospirando e imprecando in un lingua che non conosco.
Non riesco a capire le sue intenzioni, finché per un istante non
incrocio il suo sguardo: è nero, più oscuro di quello che
hanno i miei parenti quando sono in astinenza.
Persino la sclera è completamente nera, proprio come le pupille.
Schiudo le labbra, ma non riesco a dire nulla. È come essere
risucchiati in quel vortice tenebroso. Dovrei temere questo vampiro, mi
dice il mio intuito, eppure una parte, quella più nascosta di
me, mi incita a fidarmi, di lasciarlo fare perché non
sarà mai capace di farmi del male.
Si tuffa con una smorfia nella piega del mio collo, aspirando il mio
odore. Mi scappa un urletto non appena due punte acuminate mi graffiano
la pelle. Il mio urlo potrebbe essere scambiato per paura di
quest’essere, ma soltanto io conosco la verità. È
un urlo, un incitamento a proseguire, a mordermi. E questo mi spaventa
ancor di più.
«Perché lo hai fatto?» mi chiede, sempre con il viso
nascosto nell’incavo tra il collo e spalla. Adesso la rosa non mi
accarezza più, giace vicino al mio viso. Il suo braccio mi
stringe in maniera possessiva, come se io gli appartenessi.
La sua domanda mi coglie di sorpresa. A cosa si riferisce?
Forse ha a che fare con quel muro bianco che vedo ogni volta che cerco di ricordare gli eventi scorsi?
Ricordo mio padre, nei pressi della riva del fiume, inginocchiato e che
ci da le spalle. Poi la corsa folle verso Seattle, inseguiti come dei
fuggiaschi dai miei familiari. Subito nella mia mente si fa strada una
preoccupazione folle, che mi atterrisce e mi costringe a porre una
domanda per me fondamentale.
«Mio padre! Dov’è?» urlo in preda al terrore. No, non può essergli successo qualcosa di nuovo.
L’ho appena ritrovato, non può avermi abbandonata ancora
una volta. È vero, ha perso la memoria, non è quello di
un tempo, ma posso riuscirci. Ricorda me, questo è più
che sufficiente.
«È al sicuro, puoi stare tranquilla» pronuncia poco
dopo lui, strascicando le parole, come se cambiare argomento lo avesse
reso più indisposto.
Solleva lo sguardo, adesso tornato normale, respirando a fatica, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa di terribile.
«Davvero?»
Non riesco a trattenere quella parola, che schizza via come un fulmine
dalla mia bocca e lui, dal suo canto, mi inchioda con i suoi occhi
imperscrutabili.
«Dubiti della mia parola, piccola?»
Certo, perché non dubitare di uno sconosciuto?!, grido nella mia mente e lanciandogli uno sguardo di fuoco.
Scuote la testa, trattenendo a stento un altro di quei suoi stupidi sorrisi.
«Strano, quando sorrido, ti piaccio ancor di più» mi
fa notare con nonchalance, mentre si solleva sulle braccia e mi
intrappola sotto di sé.
Tento ancora di muovermi, ma soltanto il capo obbedisce. La posizione
in cui ci troviamo è molto ambigua agli occhi di un estraneo, e
forse anche per me.
Il battito del mio cuore si fa irregolare, un cavallo al galoppo al
posto di quello stupido organo che non accenna a diminuire la sua corsa.
Che mi abbia bloccata lui in questa posizione?
Faccio per domandarglielo, ma un sorriso malizioso spunta sulle sue
labbra, mostrando per giunta una lunga fila di denti bianchissimi e
affilati come rasoi.
Annuisce, senza aggiungere una parola. Ma è questione di un attimo. Si avvicina fino a far toccare le nostre fronti.
«Non farlo mai più» sussurra, e il suo alito freddo
mi perfora le narici, stordendomi con il suo aroma. Sa di salvia,
betulle, menta.
«Di cosa stai parlando? Continui a ripeterlo, ma non ho la minima idea di…»
Con uno scatto in avanti, preme su tutto il mio corpo. Avverto tutti i
suoi muscoli contrarsi per aderire alle mie forme, incastrarsi come se
fossimo un unico corpo. Il mio cuore non vuole saperne di starsene
all’interno della gabbia toracica, come se volesse fondersi con
il suo.
«Fermo!» urlo, ma lui sembra non sentire le mie parole.
I suoi occhi blu incontrano i miei, e li vi rimangono.
«Non metterti più in pericolo. Non devi permetterlo»
«Ma di che parli?!»
«Tu fai come ti ordino, Renesmee, e non dovrai mai assistere ad
un terribile spettacolo» mi rivela, scomparendo da sopra il mio
corpo e ricomparendo sullo stipite della porta.
Con un cenno della mano mi libera da quella prigione invisibile,
così che io possa mettermi finalmente seduta. Con una mano mi
massaggio il collo indolenzito, e noto con la coda dell’occhio
che Sebastian accenna una smorfia per poi voltarsi, stringersi nelle
spalle e serrare i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Sbuffo scocciata, nonostante le mie guance sono ancora accaldate per il suo tocco e mi posiziono alle sue spalle.
Prendo un bel respiro.
«Tu non mi ordini proprio nulla. E inoltre, non ho la più
pallida idea di cosa tu stia parlando. Immagino che debba ringraziare
te se al posto di avere ricordi delle ultime… ore?... Giorni?
Ah, chi lo sa, dato che adesso vedo solo uno schermo bianco simile a
quello di un cinema!».
Si volta di scatto, afferrandomi per le spalle e spingendomi verso
l’armadio a muro. Quest’ultimo trema non appena mi sbatte
con forza, agitandosi insieme alle mie emozioni.
Sostengo i suoi occhi per tutto il tempo, anche la presa sulle braccia
comincia a farmi male, tanto che lui se ne accorge e mi lascia andare,
non spostandosi di un millimetro.
«Se l’unico modo che ho per tenerti in salvo è darti
ordini precisi, allora lo farò, Renesmee. Che ti piaccia o no,
dovrai fare quello che dirò».
Socchiudo gli occhi, «se non volessi “obbedirti”?»
Questa, poi… lui vuole comandarmi a bacchetta?
Alza le braccia, ponendole ai lati delle mie braccia, poggiando i palmi sull’armadio dietro di me.
«Credi di potermi sfidare, Renesmee? So bene che non sei avvezza
alle regole, almeno quanto me, ma su questa proprio non transigo: non
devi cacciarti nei guai» mi dice serio.
Ah, davvero? Se non accetti le regole che ti impongono, cosa ti fa credere che lo faccio io?, penso mentalmente con rabbia.
Come attirato da qualcosa, si dirige verso la finestra, liberandomi da
quella gabbia di braccia. Le incrocia dietro la schiena, congiungendo
le mani.
Un angelo della morte, forse più terrificante e bello di esso.
Schiocca la lingua con fare annoiato, ma il suo sguardo corrucciato la dice lunga sul suo vero stato d’animo.
«Il tuo cagnolino è vicino. Il suo zampettare sul terreno
è simile al rumore di un trattore. Può andare bene per
inseguire una preda che sa della sua esistenza», poi lancia
un’occhiata nella mia direzione, «ma non può certo
svolgere il ruolo di spia. Troppo rumoroso, così come gli altri
tre cagnolini al seguito».
Lui è in grado di percepirli? Neanche io riesco a farlo, come può lui sentirli da così lontano?
Allunga le braccia e poi si sente riecheggiare lo schiocco dell’osso del collo.
«Hai molti poteri. Dovrò fare attenzione sulle pseudo
amicizie che stringo» gli rivelo, poggiandomi a braccia
incrociate sulla porta.
Scrolla le spalle e poi solleva un indice, agitandolo in segno di diniego.
Si avvicina con grande rapidità a me, prendendomi il viso tra le
mani e sussurrandomi: «cosa ti ha fatto credere nel mio
comportamento che è una pseudo amicizia ciò che voglio da
te?»
Subito dopo le sue labbra sono sulle mie. Voraci, veloci e sicure. Non
conoscono la sconfitta, né accettano repliche da parte delle
mie, che dotate di una volontà a me sconosciuta lo assecondano,
in quel vortice di emozioni destabilizzanti.
Persino le mie mani tendono a disobbedire ai miei comandi: afferrano
con forza i suoi morbidi capelli neri, li tirano, facendolo mugolare
come un gatto.
Potrei pensare di avergli fatto del male, se non fosse per ciò
che dice adesso: «stringimi, abbracciami, baciami. Lasciati
andare alle sensazioni che stai provando, mia piccola Renesmee»
E così faccio: le nostre bocche continuano a deliziarsi delle
soffici labbra di entrambi, finché lui non osa di più. La
sua lingua preme sulle mie serrate, fino a quando non schiudo la bocca
desiderosa di poter andare oltre.
Accarezza la mia lingua, ci gioca, la stuzzica. Poi si allontana di
pochi centimetri, appoggiando successivamente la fronte sulla mia.
Entrambi teniamo gli occhi chiusi e respiriamo con affanno, i nostri corpi sono percorsi da tremiti convulsi.
«Non dimenticare né il bacio, né le emozioni che
hai provato qui, tra le mie braccia mentre stai con lui. Potrai anche
essere il suo imprinting, ma quello che c’è tra noi va ben
oltre quella magia».
Imprinting? Magia?
Ma di cosa diavolo sta parlando?
Non si tratterà per caso di…
«Sì. Mi raccomando, ricorda tutto ciò che ti ho
detto, e tieniti lontana dai guai. Io farò il possibile, ma tu
non remarmi contro», si avvicina alla finestra, accovacciandosi
sul davanzale, «ah, dimenticavo. Tuo padre si trova nella sua
stanza da letto. Sta riposando, dovrebbe riprendere conoscenza a breve.
A presto, Renesmee».
E così dicendo spicca un volo altissimo, dissolvendosi dopo in nebbia.
Rimango a bocca aperta per alcuni istanti, poi porto due dita alle labbra, toccandole.
Il sapore delle sue labbra è ancora qui, penso tra me e me,
mentre in lontananza comincio anche io ad avvertire lo scalpiccio delle
zampe del mio lupo e dei suoi compagni.
Sorrido, ripensando alle sue parole e dirigendomi verso la camera dei miei.
Sembra davvero di udire un trattore nel bosco.
Angolo autrice:
Eccomi
tornata con un altro capitolo. Come avete potuto notare nel capitolo,
non vi sono nuove scoperte sul piano d’azione, ma su quello
sentimentale. Direi un bel passo avanti e magari inaspettato, ma prima
o poi doveva succedere, no? xD
Piccola nota: nello scorso capitolo vi era un errore. Si tratta della
prima parte. Non era narrato dal punto di vista di Alexander,
bensì di Sebastian. Ho già corretto l’errore, visto
che probabilmente vi sarete confusi durante la lettura.
Altro punto: avevo promesso di rivelare l’identità della
vampira rapita da Taylor… be’, dovrete aspettare il
prossimo capitolo, nel caso non cambi di nuovo idea, ma non credo. Ma
posso anticiparvi che questa vampira ha un dono e che non è una
nuova new entry. Già in Breaking Dawn ha fatto il suo ingresso
risultando abbastanza importante nel rivelare le vere intenzioni dei
Volturi, perciò vi lancio la sfida. Chi è questa vampira?
Adesso, l’ultima cosa, poi la smetto di rompervi. Ho notato che
negli ultimi capitoli le recensioni sono diminuite, così mi
domando se per caso la storia vi annoia, se per caso ci sono errori o
magari qualcosa che non va nei personaggi. Fatemi presente anche in via
privata se volete cosa c’è che non va.
Be’, adesso vi lascio. Pubblicherò fra un poco una
copertina speciale per la mia storia nel mio blog. Per chi è
interessato, fateci un salto. È la mia prima creazione di questo
genere.
A presto.