La stanza gira, si allunga seguendo geometrie impossibili come se fosse stata deformata dalle mani di un bambino crudele. E la luce dell'alba, soffocata, si ritrae.
"Cosa sapete di me, signorino?''
"Noi bramiamo il piacere dell'ipossia.
Un contratto non è altro che questo.
La ricerca interminabile di quell'attimo in cui le cose risplendono, prima di essere distrutte.
Mi trascini a terra senza violenza, come un'empia vertigine. Artigli mi serrano i polsi, alti sopra la testa. Scopri le venature più interne della mia anima. Nuda, la tua lingua scivola su di esse.
Osculum obscenum.
[Tratto dal Capitolo 8]