Questa Raccolta
partecipa all’
Alphabet!Challenge {HP version} - 26 lettere
per dire "Harry Potter"
indetto da Only_Me sul forum di EFP.
Ogni Drabble/FlashFic/OneShot comincerà con una lettera, in ordine.
Questa storia
partecipa al “12 Mesi di Fanfiction”
di BS.
Il Prompt era Halloween.
Lettera: D
Titolo: Dreaming
Personaggi: Sirius
Black, Dorcas Meadowes
Genere:
Triste, Romantico
Avvertimenti: What If? Slice
of Life
Rating: Verde
Note: Ho
tentato di scrivere su un personaggio nuovo per me. Buona lettura.
Dreaming.
“Dai,
calmati…”
Sirius
sussurrava nel buio con la voce tranquillizzate.
Un
colpo di bacchetta, e una piccola fiammella illuminò la stanza.
“Era
solo un sogno…” continuò poi.
La
ragazza stesa vicino a lui respirò profondamente, il corpo scosso dai brividi.
Lacrime
salate avevano cominciato a scendere sul suo bel viso ancora prima che
quell’incubo la svegliasse nel cuore della notte.
“Dorcas, stai tranquilla. Ci sono qui io”.
Dorcas tirò su col naso e cercò
i suoi occhi. Li trovò subito,
luminosi e calmi, dietro quelle ciglia incredibilmente lunghe.
“Scusa…” riuscì a mormorare.
Sirius
scosse la testa, scostandole i capelli scuri dalla fronte.
“Non
dirlo neanche per scherzo” disse.
Dorcas annuì e si asciugò
gli occhi con il lenzuolo.
“Sono
una sciocca…”
Sirius
sbuffò e la abbracciò.
Dorcas trattenne il fiato,
il viso a pochi centimetri dalla sua clavicola. Aveva un buon profumo.
“Hai
un buon odore…” mormorò.
Sentì
Sirius sorridere con il mento morbidamente appoggiato ai suoi capelli.
“Vuoi
dirmi cosa hai sognato?”
Dorcas scosse la testa e si strinse ancora di più al
suo petto. Chiuse gli occhi con forza, per impedire a quelle immagini di
riempire di nuovo ogni cellula della sua mente. Non era la prima volta che
faceva sogni del genere, ma non aveva mai avuto una reazione tanto violenta a
quei ricordi.
“Allora
di cosa vuoi parlare?” continuò Sirius.
La
sentì stringersi nelle piccole spalle e, per un attimo, gli parve che fosse
ancora più fragile e indifesa di quello che potesse sembrare. La delicata Dorcas Meadowes e i suoi
incredibili incantesimi.
Sirius
sospirò.
“Beh,
ormai mi hai svegliato, perciò dobbiamo pur far conversazione, no?”
Dorcas si lasciò sfuggire
uno strano singulto, a metà tra un singhiozzo e una risata. Si sistemò meglio
sul quel letto troppo grande per lei, e sospirò.
“Non
ho voglia di parlare…” mormorò.
Non
era mai stata brava a dire bugie, ed era certa che Sirius stesse pensando la
stessa cosa, perché sbuffò di nuovo.
“Va
bene, allora parlo io”.
Dorcas sorrise tra sé. Lui
non lo sapeva, naturalmente, ma il suono della sua voce era come un balsamo per
lei.
“Conosci
la storia di Jack o’ lantern?” chiese Sirius.
Dorcas la conosceva. Quale
bambino non aveva mai sentito parlare di quella leggenda, nel mondo dei maghi?
Ma non voleva che Sirius si interrompesse, perciò scosse la testa.
Sirius
si sdraiò sulla schiena, incrociando le dita dietro la nuca. Dorcas ne approfittò per appoggiare la testa sul suo petto,
coperto da una leggera canottiera. Poi lanciò un’occhiata alla piccola zucca
intagliata che occupava un angolo della grande finestra: la candela si era già
consumata, ed il suo sorriso maligno era appena visibile alla fioca luce della
luna.
“C’era
una volta” cominciò Sirius. “Un fabbro di nome Jack…”
Dorcas chiuse gli occhi e
sorrise di nuovo al suono di quella voce.
“Era
la notte di Ognissanti, e il mondo aspettava, in trepidante attesa, l’arrivo
degli spiriti. Jack, famoso per essere un uomo taccagno e malfattore, stava
passando la serata in una locanda, a bere e a far baldoria. Qui, ebbe la
sfortuna di incontrare il Diavolo in persona, e stava quasi per cedere alle sue
lusinghe, confuso dai fumi dell’alcol. Satana, infatti, quella sera era in
cerca di anime.
Jack,
però, non era uno sciocco, e, in uno sprazzo di lucidità, riuscì a pensare a un
modo per salvarsi.
‘Ti
darò la mia anima’ disse al Diavolo. ‘Ma prima, perché non ci facciamo un
ultimo bicchiere?’
Satana,
certo della sua vittoria, accettò di buon grado, e si trasformò in una moneta
da sei pence, così da poter pagare l’oste.
Jack,
velocemente, riuscì a infilare quella moneta nel suo borsellino.
Il
Diavolo provò a tornare alla sua forma originaria, ma Jack, previdente, aveva
messo una piccola croce d’argento tra il suo denaro, e Satana non riusciva a
contrastare il suo potere.
‘Ti
lascerò andare’ disse Jack. ‘Ma devi promettermi che, per dieci anni, non
verrai a reclamare la mia anima’.
Il
Diavolo accettò.”
Sirius
si interruppe.
Dorcas, che fino a quel
momento era rimasta in silenzio, si voltò verso di lui.
“Perché
ti sei fermato?”
Lui
sorrise.
“Volevo
vedere se eri attenta!” rispose.
Anche
Dorcas si aprì in un leggero sorriso.
“Certo
che sono attenta! Va avanti, per favore…” mormorò.
Sirius
tornò a fissare il soffitto e riprese.
“Dieci
anni dopo, Jack passeggiava per un’isolata stradina di campagna, quando Satana
tornò a cercare la sua anima.
‘Va
bene’ disse Jack, inchinandosi. ‘Ma prima, mi aiuteresti a prendere quella
mela, là in cima all’albero?’
Satana
accettò, certo che non poteva esserci nulla di pericoloso in quella mela; ma
Jack, come detto, era furbo e, quando il Diavolo spiccò il salto, estrasse il
suo coltellino e incise una croce sulla corteccia dell’albero.
Fu
così che Satana rimase bloccato, incapace di raggiungere Jack e la sua anima.
Ancora
una volta, Jack gli fece una proposta.
‘Ti
lascerò andare, ma devi promettermi che non tornerai mai più a reclamare la mia
anima!’
Il
Diavolo ci pensò per qualche secondo, ma poi accettò.
Molti
anni dopo, Jack morì.
Raggiunse
il Paradiso, ma gli venne negato l’accesso a causa della sua avidità e della
sua vita affatto retta. Allora si diresse verso le porte dell’Inferno.
Anche
Satana però, non poté accettarlo tra i dannati, poiché aveva giurato che non avrebbe
mai preso la sua anima.
‘E
dove andrò?’ chiese allora Jack.
‘Torna
da dove sei venuto’ gli rispose il Diavolo.
La
via del ritorno, però, era buia e ventosa.
‘Dammi
qualcosa che possa illuminare il mio cammino’ Jack
pregò Satana.
Lui,
spazientito, gli gettò un carbone ardente nato tra le fiamme dell’inferno.
Per
proteggere quella piccola fonte di luce, Jack la ripose in una rapa che stava mangiando.
Da
quel giorno, e fino alla fine dei tempi, Jack è costretto a vagare
nell’oscurità, cercando la sua strada”.
Sirius
concluse il suo racconto.
Dorcas si riscosse dal sogno
ad occhi aperti nel quale era caduta e incrociò il suo sguardo.
“Sei
bravo a raccontare storie…” disse, sincera.
Lui
sorrise.
“Grazie…” ripose. “Ti è piaciuta?”
Dorcas annuì.
Si
sentiva più tranquilla, ora.
“Sai
qual è la morale di questa storia?” disse Sirius all’improvviso.
“Quale?”
“Tutte
le nostre azioni avranno delle conseguenze. Se in vita ci comportiamo male,
allora nella morte sarà peggio. Cento volte peggio”.
C’era
una strana nota nella sua voce, sembrava una specie di rassegnata tristezza. Dorcas, colta alla sprovvista da quel tono, si sollevò su
un gomito e lo guardò.
“Di
chi stai parlando?” gli chiese.
Sirius
sospirò.
“Non
lo so. Ma credo che tutte quelle persone che hanno scelto la via Voldemort,
adesso stiano scontando la giusta pena…”
Dorcas era rabbrividita.
Nella sua mente, non richiesta, l’immagine di un ragazzo poco più giovane di
Sirius.
“Regulus…” sussurrò.
Sirius
si riscosse.
“Se
l’è cercata. Ha sbagliato.” disse, serio. “Sapeva che non sarebbe mai potuto
tornare indietro…”
Dorcas sapeva che Sirius
diceva quelle cose solo per abitudine, per crearsi quella maschera di giustizia
e serietà che tutti conoscevano. Tuttavia, non disse nulla: non credeva di
essere la persona adatta a dare lezioni a qualcuno.
“Ora
vuoi dirmi cosa stavi sognando?” chiese ancora Sirius.
La
ragazza si strinse nelle spalle.
“Ricordi…” disse, vaga.
Sirius
alzò un sopracciglio.
“Ricordi
di…?”
Dorcas inspirò profondamente
mentre luci verdi e rosse riempivano il suo campo visivo.
“Tutti
loro…” mormorò.
Una
lacrima sfuggì al suo controllo e si tuffò sulla sua guancia sinistra.
Sirius
avvicinò una mano al viso di Dorcas e, con un dito,
asciugò quella piccola goccia salata.
“Benji, Edgar, Fabian, Gideon… tutti loro…”
Sirius
capì.
I
loro morti. Ecco cosa aveva sognato Dorcas.
Istintivamente
la abbracciò, mentre dentro di lei una diga si rompeva e i singhiozzi iniziavano
a riempire la stanza.
Dorcas era scossa dai
brividi, ma ormai non sarebbe riuscita a fermarsi. Lo sapeva lei e lo sapeva
anche Sirius.
“Shhhh…” le sussurrava, cercando di calmarla.
“Mi… mi dispiace, Sirius. Io…”
Ma
lui scosse la testa.
“Non
preoccuparti, ci sono qui io…” le disse.
Dorcas riuscì a sollevare lo
sguardo su di lui e tirò su col naso.
“Sei
sicuro?” mormorò.
“Ma
certo” rispose lui, vagamente sorpreso dalla domanda.
“Sei
sicuro che non mi abbandonerai come hanno fatto loro?”
Sirius,
per un attimo, non seppe cosa rispondere, ma poi gli occhi di Dorcas lo convinsero.
“Sì”
disse.
Lei
gli sorrise. Fu un sorriso nuovo, inaspettato, che lo colpì nel profondo
Da
quanto tempo la tristezza aveva aleggiato su di loro? Da quanti giorni non si
sentiva una risata, in quella casa? Per quanto ancora, sarebbero riusciti a
sopportare quell’alone di disperazione che dimorava, non voluto, nei loro
cuori?
Sirius
non avrebbe saputo rispondere a quelle domande, nemmeno se avesse voluto,
perché, in quell’istante, accadde qualcosa di ancora più straordinario.
Dorcas si avvicinò al suo
viso e lo baciò.
Sirius
rimase interdetto da quel gesto e, dopo qualche secondo, la afferrò per le
spalle e la allontanò dolcemente.
“Dorcas.. ma cosa…?” cercò di
dirle.
Lei,
però, non sembrava intenzionata ad ascoltarlo e, dopo essersi liberata dalla
sua stretta, si gettò di nuovo sulle sue labbra.
E
Sirius capì, prima che il sussurro di lei potesse raggiungerlo, il perché di
quel gesto infantile e liberatorio.
“Ho
bisogno di dimenticare…”
La
luce della candela tremolò, guizzò e si spense.
Una settimana dopo, Voldemort in persona uccise Dorcas Meadowes.