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Autore: Selene Black    15/11/2011    2 recensioni
Ginevra, una ragazza italiana, nei dintorni di Londra. Uno scontro particolare, reale, che cambia lentamente la sua vita.
"- Ah … - diede un ultima controllata in giro e, soddisfatta, ebbe finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi. –vuoi qualcosa? Un tè?-
- Veramente preferirei un caffè – stava osservando quel trilocale con aria interessata e si accorse solo dopo un po’ che lei lo stava fissando in cagnesco, come dire: se sei venuto per essere servito, fai prima a portare il tuo bel culo reale fuori di qui.
"Ma sono davvero un idiota allora" Diventò ancora più rosso del solito quando disse: -Scusa, cioè.. quello che vuoi, non volevo…ehm… un bicchiere d’acqua va benissimo.- “Com’è che riesce sempre a sconvolgere i miei piani?”." (Tratto dal capitolo 5)
[Harry del Galles + nuovo personaggio]
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gin restò pietrificata dalla rabbia per una decina di minuti, con i pungi stretti, e una tavolozza completa di emozioni che le svolazzavano confusamente in testa.La cosa che le era più chiara era che Pippa si era esplicitamente dichiarata sua nemica, e che sembrava sicura di sé. E in un primo momento lei si era sentita tanto inferiore, tanto senza speranze, da essere lì lì per scoppiare a piangere e cadere in depressione e autocommiserazione assoluta. Poi una vocina le aveva suggerito che.. se aveva notato qualcosa, se strafigaMiddleton si era preoccupata di mettere bene in chiaro i fatti e pregarla, o meglio minacciarla, di tenere le sue mani lontane da Harry un motivo c’era stato, che forse la miss si era accorta di un particolare atteggiamento del principino nei suoi confronti o che comunque la considerava una valida avversaria. “Forse..”
Dentro di sé sentiva speranza e disperazione alternarsi in una lotta sfrenata. Se fosse stata la Gin di sempre, avrebbe mollato subito qualsiasi progetto, convinta che tanto non ce l’avrebbe mai fatta e un sacco di altre palle assurde che erano state la sua filosofia di vita per anni. Ma qualcosa non stava andando per il solito verso. Qualcosa, qualcuno, una strana voglia di cambiare, di lottare seriamente per ottenere ciò che voleva, la stava trattenendo lì. Perché lei poteva farcela, poteva strappare un po’ di felicità anche per sè.
Era così tremendamente stanca di vivere nell’ombra, di lasciare perdere tutto ciò che pensava fosse fuori dalle sue capacità, di lasciarsi trascinare dalla pigrizia con la scusa che “tanto non ci riesco…”. Lo ammetteva solo in quel momento che era una scusa così fragile… Come aveva fatto a non accorgersene prima? Voleva vivere. Voleva lottare. E decise cosa avrebbe fatto per avere Harry. La partita era aperta.
Insomma. D’altronde lui l’aveva baciata no? Quindi un minimo di possibilità che fosse interessato a lei c’era (la concorrenza con Pippa l’aveva spinta ad accettare questo fatto. Finalmente.) E lei di sicuro non avrebbe permesso a quella di mettere i suoi artigli su di lui. La domanda che ora le frullava nella testa era come?
Di sicuro era stanca di stare lì immobile a far niente, mentre da basso chissà cosa facevano mentre pensavano che lei avesse un cazzo di mal di pancia. Ma non poteva neanche scendere e saltellare allegra –mi è passato!- , non sarebbe stata affatto credibile. Merda. La scusa che aveva inventato le si era rivoltata contro. E stava per impazzirne.
Socchiuse la porta, e ascoltò ogni suono che le era possibile captare. Sospirò scocciata quando riconobbe le risate profonde del suo principe … accompagnate da quelli squittii da topo di Pippa. “Dio che nerviiiiiiiiiiiiiii”.
Cominciò a camminare avanti e indietro nella stanza cercando una via di uscita. Poteva benissimo stare lì nella sua stanza finché non fossero tornati William e Kate, e nel frattempo le cose da basso si fossero evolute. Al solo pensiero le venne un moto di stizza. Idea abbandonata. Come poteva passarle miracolosamente il mal di pancia? Con un farmaco. E probabilmente c’era qualche antidolorifico in casa. Ma a chi avrebbe dovuto chiederlo? A Harry o a Pippa? “SCORDIAMOCELO.” Forse nella dependance di Blame e delle altre guardie del corpo lo potevano avere, e piuttosto che starsene lì ferma avrebbe fatto volentieri un giro da quelle parti, e anche se non lo avessero avuto avrebbe colto la possibilità di svagarsi un attimo e schiarirsi i pensieri. Senza rifletterci troppo aprì la porta e scese le scale di corsa, fece per uscire direttamente ma poi si ricordò che doveva avvisare la coppietta, o meglio avvisare Pippa che non si sarebbe lasciataschiacciare facilmente, “non sono uno scarafaggio”. Si affacciò alla porta della cucina con un sorrisino un po’ sofferente, come prevedeva la commedia, e i due si voltarono subito verso di lei. Erano seduti al tavolo, vicini, “troppo”, e parlavano amichevolmente, ovvero, con suo grande sollievo, Pippa non gli era ancora saltata addosso. Gin incrociò subito gli occhi di Harry e ci mancò poco che non svenisse sul posto. Erano azzurro vivo e penetrante, con un velo di preoccupazione, non più gelidi come poche sere prima, e ora sì che le costava fare la finta malata e non sciogliersi in un sorriso a trendatuemila denti solo per lui.
-È successo qualcosa?È peggiorato il mal di pancia?- mentre il principino lo chiedeva facendo per alzarsi, Pippa gli mise una mano sulla gamba e lui si fermò guardandola per un attimo stupito, per poi ignorarla e concentrarsi di nuovo su Gin.
“Oh Harry.” Voleva sciogliersi, sciogliersi, sciogliersi. Si sentiva come energia pura, e il petto le stava per esplodere.
-No è..è sempre uguale e, no ecco. – non poteva tirare fuori la storia dell’antidolorifico - Blame mi ha detto di raggiungerlo un attimo per sistemare alcune cose, centra qualcosa il CER credo e, visto che sono costretta dovrò sopportare il dolore…-
“Ma che diavolo di cavolate sparo?!?!?” Cercò di sorvolare su quella scusa idiota che si era inventata e salutò con la mano: -Ci vediamo dopo allora!
Sorridendo come un’idiota per lo sguardo che le aveva lanciato Harry prima che si volatilizzasse, uscì velocemente e si incamminò verso la dependance. L’aveva guardata come dire: “fermati, resta.” E questo la faceva sentire importante, desiderata.
Mentre ancora si gongolava, suonò al campanello della dependance. Una voce sconosciuta gracchio attraverso il citofono di ultima generazione accanto alla porta. “Sembra una cosa da James Bond”
-Chi è?- boh. Era una voce calda, ma non profonda e tonante come quella di Blame.
-Ehm..Ginevra, cercavo Blame.- Imbarazzata, mentre attendeva una qualche risposta, cominciò a dondolarsi sulle punte dei piedi. Forse era stata una cattiva idea. Insomma, non aveva considerato che Blame potesse non esserci o… il suo flusso di pensieri venne interrotto dal movimento della porta che si spalancava. Rimase paralizzata. Non dalla paura, dalla timidezza, dai ripensamenti, ma da puro stupore.
La porta era stata aperta da un modello. O bé, perlomeno era quello che aveva pensato Gin appena si era ritrovata davanti un ragazzo, e che ragazzo!, alto e tremendamente bello. Pelle color caffelatte e capelli scurissimi, quasi neri. Le sorrise splendidamente, un sorriso che gli accese anche gli occhi cioccolato.
-Ciao- la voce dal vivo era diecimila volte meglio che al citofono:aveva perso la sua gracchiosità e restava invece calda e suadente.
-Ciao- rispose ancora con gli occhi spalancati. Che diavolo ci faceva un modello lì dentro?
-Entra pure- disse facendole cenno di entrare.
Gin si guardò attorno, facendo poco caso all’arredamento e alla casa di per sé, continuando a chiedersi che cosa ci facesse lì un tipo come quello. Mentre lei se ne restava lì impalata, il “modello” la guardò sempre sorridendo e ridacchiò quando notò che era ormai passato un minuto buono, e loro erano ancora lì fermi. Gin si rese conto della figura di merda, rassegnandosene “D’altronde sono portata per i momenti imbarazzanti” sospirò tra sé e sé.
-Cercavi Blame giusto?- ammiccò lui, sempre con un tono un po’ scherzoso.
-Ehm sì.- biascicò lei impicciata.
-È ancora all’ingresso della proprietà, ha ricevuto una telefonata dal duca, ed è andato ad attenderli.- spiegò lui con calma.
-Ah.- E adesso?
-Avevi bisogno di qualcosa?- insistette lui sempre con il sorriso stampato sulle labbra, scoprendo i denti bianchissimi. Gli si aprivano anche due piccole fossette ai lati della bocca. –Se vuoi puoi usare la nostra postazione e chiamarlo, dovrebbe essere alla guardiola.-
Avrebbe dovuto chiamarlo per un antidolorifico? Bè avrebbe dovuto trovarlo quel cavolo di coso.
-Se non è un problema…- accettò la proposta del “modello”, sempre titubante.
Lui la guidò in una stanza accanto all’ingresso, piena di schermi e computer e si mise a armeggiare su quello che mostrava l’interno della guardiola e il faccione di Blame. Questo ricevette subito il segnale di chiamata e si aprì in un sorriso quando vide Gin, che ricambiò. Il “modello” uscì dalla stanza e gli lasciò così soli, per modo di dire.
-Ehi signorina. Successo qualcosa con la furia rossa?- chiese Blame, corrugando la fronte.
-Ehm no, no. È che avevo solo bisogno di un antidolorifico. – rispose mentre le guance le andavano in fiamme. Dio che scuse stupide che aveva inventato in quell’ultima mezz’ora. Dopo alcuni attimi di silenzio la guardia del corpo fece un sorriso comprensivo.
- È per la signorina Middleton vero?- Gin si paralizzò. “Che?” – Ginevra, ma c’era bisogno di inventarsi questa balla?- Scosse la testa girando gli occhi al cielo.
Come cavolo aveva fatto a intuire tutto?!?
-E Harry ti ha lasciata uscire per un antidolorifico?- chiese lui diffidente.
“Tanto vale raccontargli tutto…”
-No… ho detto loro che tu mi avevi chiamato per delle questioni al CER…- ammise più rossa che mai.
Blame scoppiò a ridere, e la risata fu contagiosa, perché e Ginevra si accorse di tutte le cavolate che aveva fatto. Poi cominciarono a parlare, lei gli spiegò come si era sentita, lui ascoltò in silenzio, annuendo e ridacchiando di tanto in tanto.
-Signorina, - disse poi fingendo rassegnazione –sei proprio un piccolo disastro eh?- al sorriso imbarazzato di lei aggiunse -…chiedilo a Lucas quell’antidolorifico. Qui sono arrivati i nostri reali.-
Gin lo vide guardare fuori, salutarla e uscire per raggiungere Will e Kate. Sentire che erano arrivati la sollevò ancor di più di quanto non avesse già fatto la chiacchierata con Blame. Si alzò anche lei, e aprì la porta.
Lucas, bel nome per un modello, era appoggiato alla parete, sempre con quel suo sorriso smagliante, e stava giocherellando con una scatola di Nurofen.
-Ma come…?- chiese lei stupita, “leggi forse nel pensiero??” .
Lui le sorrise sghembo, scoprendo le fossette, e indicando con una mano l’auricolare microscopico che aveva nell’orecchio.
Merda.
Aveva ascoltato tutto.
-Hai…hai sentito tutto?- abbassò gli occhi e tese una mano verso di lui, pretendendo la scatola.
-Ogni parola.- la scatola cadde nel palmo aperto di Gin.
Ora quel perfetto sconosciuto, sbucato fuori da una rivista, sapeva tutto quello che aveva raccontato, ormai senza difese, a Blame. Merda. Non riusciva ad alzare gli occhi, ma era tremendamente imbarazzata e fremente di rabbia. Lucas le si avvicinò abbassandosi e sfiorandole i capelli con una mano.
-Piacere di aver fatto la tua conoscenza, Ginevra.- le sussurrò, raggelandola e facendola scaldare nello stesso istante, per poi rialzarsi e ricominciare a sorridere allegro e raggiante –ma.. adesso devo proprio dare il cambio di guardia a Blame, visto che sono arrivati i duchi. – si avviò con le mani in tasca verso la porta.
Okay. Ora era spaventata a morte, oltre che a essere incazzata nera. Lucas le sembrava così perfetto, così un bravo ragazzo tutto solare e sorridente, così terribilmente bello, ma quando le aveva sussurrato aveva sentito i brividi. Solamente l’imbarazzo le impediva di picchiarlo per l’azione, per la frase, per il tono seducente.
Avrebbe potuto spargere la voce, e oltre alla storia dell’incidente sarebbe saltato fuori anche un nuovo scoop sulla vita privata del principino. O.. non voleva pensarci. Senza avere più il coraggio di guardare quel ragazzo così strafigo, che l’aveva spaventata e mandata su tutte le furie, uscì dalla dependance con la scatola di antidolorifici stretta in mano, giusto in tempo perché dalla macchina la vedessero e si fermassero.
Quando dal finestrino abbassato spuntò il viso sorridente di Kate, si sciolse anche lei in un sorriso e corse verso la macchina.
A misterfossette2011 avrebbe pensato più tardi.




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Ehii! Eccomi qua con un altra delle mie cavolate, a sperare che vi sia piaciuta e tutto...
Le recensioni sono sempre graditissime (Grazieee Roxyyyy) ma va benissimo anche se seguite, preferite o ricordate
o se siete semplici lettrici anonime e silenziose <3
Al prossimo chap.

Sere
  
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