I’m a son of a gun.
23.50
I denti stretti, il
controllo concentrato sui nervi per quanto mi è possibile
mentre a fatica mi
sistemo sul sedile anteriore dell’auto.
23.53
Cazzo! Vedo il tempo
scorrere veloce sull’orologio al polso di mio marito alla
guida. Cerco di
mantenere ancora una volta la calma, ma questa mi sfugge dal corpo,
mentre
sento scorrere caldo il sangue tra le gambe. Mi è
impossibile non urlare.
-Tesoro, siamo quasi
arrivati. Respira, resisti!
La voce di mio marito è
flebile tra le mie urla, mentre parcheggia velocemente e, come se fossi
di
piuma, mi prende in braccio, sporcando il cappotto pesante e portandomi
in
pronto soccorso.
- Hey voi! Aiutatemi! Mia
moglie sta partorendo, cazzo!
Qualcuno ha risposto, ma
per me non c’è altro che il dolore. Mio figlio si
fa strada fuori di me ed io
non riesco a pensare a lui. Sento che mi hanno stesa su una barella, le
gambe
vestite solo di sangue, spalancate davanti al dottore.
- Amore, spingi! Forza!
-NON CE LA FACCIO!
-Signora spinga, la testa
è uscita!
Cerco di trovare la forza
in quelle poche parole. “La testa è
uscita!”.
Mio figlio!
Solo ora realizzo la cosa
e con tutta l’energia che riesco a trovare in corpo, urlo al
mondo che mio
figlio sta nascendo e le mie urla si confondono con le sue.
- Amore mio è fatta!
È
fatta finalmente!!
- Signora suo figlio è
nato! È un maschietto! Complimenti!
Sorrido fra le lacrime,
girando la testa per cercare lo sguardo di mio marito. Lo trovo,
commosso come
mai lo era stato, raggiante di gioia.
-Tesoro, sei stata forte,
davvero!- dice, stampandomi un bacio a fior di labbra, delicato come
sempre.
-Ti amo- la mia voce è
un
soffio.
Mio marito stava per
rispondermi, quando il dottore lo interrompe: - Signore, vuol prendere
lei il
nuovo arrivato?
-Certo! Datemi il mio campione!
E’ l’entusiasmo
fatto
persona, mentre allarga le braccia enormi per accogliere un fagottino
avvolto
in un asciugamano azzurrino.
-Signora, lei ha un
bisogno urgente d’esser medicata. Mi dispiace,
vedrà suo figlio appena avremo
finito.
-Cosa? D-dove la
portate??- il panico nella voce di mio marito, mentre io venivo
spostata a
bordo della barella.
-Signore, stia tranquillo.
E’ solo un’operazione di routine.- cercava di
rincuorare il dottore.
-E va bene, va bene! Fate
presto!
-Sarà fatto …
signor??
-Armstrong.
-Armstrong, le riporto sua
moglie tra pochi minuti!
E quelle furono le ultime
parole che io ascoltai prima di entrare in una stanza del reparto di
ginecologia dell’Ospedale di Oakland.
Mi volto lento verso
l’orologio del corridoio del reparto di ginecologia, dove mia
moglie riceve le
medicazioni post-parto.
00.15
Solo cinque minuti fa ero
in pronto soccorso. E’ stato un parto veloce, ma lei ha
sofferto molto.
Eppure, se potesse avere
ora tra le mani la meraviglia che ho io tra le mie, qualunque traccia
del
dolore svanirebbe. Un ometto, il mio
“piccolo-senza-nome”. Chissà a cosa
avrà
pensato lei? Non m’importa. Qualunque sarà il nome
di questo piccolo dalle
guance tonde e pallide, sarà un nome degno di lui,
dell’eccezionalità che porta
in sé. Lo avverto nel suo respiro lento, l’ho
avvertito prima nel suo urlo
acuto pieno di vita, lo sento, proprio sotto la mia mano tremante, nel
suo
cuore che batte sereno, il suo petto una scatolina piccola e fragile.
Dorme.
Il mio
“piccolo-senza-nome”.
-Signor Armstrong? Può
andare da sua moglie!
-Arrivo!
Lentamente entrai nella
stanza candida come la neve e lei, il mio amore, era distesa su un
letto.
Pallida, ma felice.
-Hey voi due! Vi divertite
senza di me, vero??
-Ma non dire stronzate,
vero mamma?- dissi, guardando quel piccoletto addormentato.
Lei ride, la voce roca. Le
porgo suo figlio, con la delicatezza che si potrebbe avere con un
foglio di
carta velina.
-Hey piccolo! Benvenuto!
Sono la tua mamma!
-Grande donna, posso
assicurartelo!
-Haha, smettila di fare
l’idiota Armstrong! Non è mica la prima volta che
diventi padre!
-Lo so! Ma quel piccoletto
mi ha conquistato. Ha qualcosa di … diverso!
Lei torna a guardare il
“piccolo-senza-nome”, probabilmente riflettendo
sulle mie parole. Sorride,
incantata, come lo ero io pochi minuti prima!
-Amore, ma … che ore
sono?
-Mezzanotte e venti,
perché??
- Quindi è nato a
mezzanotte?
- Minuto più, minuto
meno.
Di nuovo silenzio. La vedo
mentre fissa quel piccolino, quel concentrato di amore catapultato
nella nostra
vita pochi minuti prima! Un tesoro, grande più di qualunque
cosa! Lei sorride
e, con occhi lucidi, pronuncia: -17 febbraio 1972. Billie Joe Armstrong
è
venuto a render speciale questa famiglia!-
Rimasi a bocca aperta.
Billie Joe?
-Che diavolo di nome è?
Vuoi dire William Joseph, vero?
-No! Billie Joe. Un po’
come Billy Joel!
-Ma … - non sapevo che
dire. Non c’erano parole. D’altronde non
m’importa molto, ora che il piccolo
Billie Joe si è svegliato e cerca affamato il seno della
madre.
-Andy, guardalo, ha già
fame!
Secondo me ha preso da te!
-Hey, cosa vorresti dire
Ollie?- dico sorridendo.
-È speciale, come te!
Non posso resistere a
queste parole. La felicità è troppa da contenere
e decido di inciderla sulle
labbra asciutte di mia moglie, mentre con una mano accarezzo la fronte
a Billie
Joe.
Il
nostro piccolo miracolo.