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Autore: Akane    14/07/2006    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Tsubasa avesse avuto un incidente che lo avesse paralizzato nelle gambe costringendolo su una sedia a rotelle per il resto della sua vita?
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Destini imprevedibili'
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*Un regalo a me stessa per la settimana che sta per arrivare, ovvero quella del mio compleanno! Ebbene sì, martedì 18 luglio(questo martedì)farò 21 anni, non mi sento molto vecchia, anzi…ho ancora molta strada prima di sentirmi abbastanza matura per definirmi vecchia! La mia gioventù è appena iniziata….anche se mi sembra ieri che ho iniziato a scrivere la mia prima fanfic(su Generation Basket e per giunta yaoi….ovvio!!!). Questo è il pre-regalo a me stessa, non so quale sarà il regalo vero e proprio che sfornerò martedì o intorno a quel giorno, spero. Scopritelo con me anche se penso di sapere quale sarà! Se mi conoscete anche voi lo sapete…comunque sia…qua diciamo che ci sono prevalentemente le reazioni di Kojiro e Jun…ricordate che hanno combinato? Mamma quanto mi diverto a fare queste cose…eheheh…Bè, niente anticipi. Ringrazio moltissimo i molti lettori e recensori di questa fic che sta avendo sempre più consensi un po’ ovunque, ne sono fiera e orgogliosa! Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO 6:

CUORI IN FIAMME

I giorni che passarono dopo quell’evento, tutti li passarono ognuno per conto proprio, si parlavano col contagocce e sempre con la testa fra le nuvole, in un mondo proprio. L’istinto di Genzo era stato quello di prendere a pugni Tsubasa ma si conosceva, in fondo, e sapeva che avendolo davanti si sarebbe sciolto lui stesso e non ce l’avrebbe mai fatta. In fondo sembrava forte ma non lo era, per debolezza preferiva non affrontarlo ancora, rimandare e rimandare quel fatidico momento sembrava essere l’unica cosa che gli riusciva! Girovagava come uno zombie per la villa di Jun chiedendosi quando sarebbe stato il tempo di tornare alla sua vita normale, tuttavia l’unica cosa che sapeva con certezza era una sola: finchè Tsubasa non si sarebbe ripreso da quell’affondo in cui era, non sarebbe tornato a casa…da Karl. Pensare ad una persona, a lui, come a casa sua, la legittima e vera, gli suonava strano ma non pensava mai alla Germania come alla su nuova patria, al suo rifugio, al luogo in cui tornare…ma solo a Karl. Ormai era così ed andava avanti a chiamate con lui, rivelando l’uno verso l’altro, una sensibilità insperata ed insolita…che mai nessuno avrebbe loro affibbiato.

Taro non si sarebbe più sognato di su iniziativa, di tornare da Tsubasa, aveva deciso di metterci una pietra sopra, sicuro con la disperazione del momento, di non poter fare veramente più nulla, senza sapere che invece aveva fatto veramente molto. Si era imposto la lontananza da lui ma nonostante questo lui stava lì, in Giappone, e non ci pensava minimamente a tornare in Francia. Proprio per niente! Aspettava, in cuor suo lo sapeva. Aspettava il ritorno di quella persona di cui si era innamorato giorno dopo giorno.

Jun invece sembrava il più normale fra tutti. Continuava le sue solite attività, i suoi studi, i suoi allenamenti speciali, le chiacchierate con chi veniva da lui per sapere notizie di Tsubasa…sembrava essersi ripreso e non aveva parlato con nessuno di quanto accaduto fra lui e l’ex giocatore. Con nessuno tranne colui che in un modo un po’ strano, l’aveva consolato ed aiutato. Quella volta in cuor suo aveva sperato che nessuno lo vedesse in quelle condizioni, poi vedendo proprio Kojiro arrivare, si era preparato allo scoppio e a cercare di fermarlo dall’ammazzarlo, ma poi chissà cosa era scattato nel moro, non aveva proprio reagito come si era immaginato…e si era sentito sostenuto proprio da lui. Si era accorto che in modo alquanto personale lo stava consolando perché solo la sua vicinanza lo aveva subito fatto sentir meglio. Jun faceva perfette analisi su sé stesso e sugli altri: su di sé sapeva di essere forte, DOVERLO essere, di sembrare una persona un po’ snob e distinta, calma e sempre perfettamente in sé ed in forze. Su Kojiro vedeva invece una vera e propria tigre, un forza autentico inesauribile, un fuoco ed una passione per ogni cosa che mai si spegneva, l’aveva spesso invidiato per quegli impulsi che seguiva, per le esplosioni e per la vita che mostrava. Quando era stato accanto a lui e poi l’aveva baciato era stato sorpreso in un primo momento ma poi si era sentito invaso di quell’essenza che lo caratterizzava ed aveva quasi sperato che non se ne andasse. Aveva capito in un momento la natura dei suoi sentimenti, di quelli di Kojiro, del rapporto che si era instaurato in quella situazione così strana e anche dei motivi per il quale accadeva tutto quello.

Solo che Jun aveva autocontrollo, Kojiro invece no. Questo fu determinante. Perciò Jun capì subito tutto e riuscì a gestire la cosa al contrario dell’altro.

Era consapevole che si erano potuti scoprire e avvicinarsi così solo perché erano stati profondamente cambiati da un avvenimento shockante come quello.

Così tutto quello che potevano fare tutti era aspettare.

Che qualcosa cambiasse, che qualcuno di determinante risolvesse la cosa, che la forza tornasse per poterli rimettere alla carica.

L’unico che però nell’attesa non poteva stare solo e semplicemente fermo e tranquillo era proprio Kojiro.

Dopo il bacio con Jun aveva promesso di far fuoco e fiamme per Tsubasa, ma poi non aveva più trovato lucidità, coraggio, forza e senso…ma solo un enorme caos!

Con la confusione più assoluta non si riconosceva più, non capiva le priorità, che gli accadesse, che volesse o dovesse fare…e per reazione aveva deciso di tenersi il più occupato possibile e sfogarsi nello stesso tempo, per cui era finito quasi 24 ore su 24 su un campo da calcio deserto a calciare pallonate contro una rete sfondata e quindi su un muro ormai crepato!

Era tipico suo agire senza pensare e poi trovarsi a dover rimediare dopo senza però sapere come fare, autodistruggendosi per questo, era proprio da lui. Così finiva per fare l’unica cosa che lo faceva stare meglio, lo faceva rilassare e riflettere senza farlo sentire un imbecille: il calcio!

Così ora era là sotto quel sole che gli illuminava la pelle imperlata di sudore che cadeva dalla sua pelle abbronzata, i capelli lunghi fino alle spalle erano selvaggiamente lasciati a se stessi fino ad arrivare anche sul volto, dove un espressione aggressiva e minacciosa vi era dipinta, rendendolo solo più affascinante, complice anche quel fisico che si ritrovava.

Si vedevano le vene del collo e delle tempie gonfie pulsare, i muscoli di tutto il corpo tesi ed evidenziati e solo un ringhio di rabbia prima dei tiri, seguiti da un forte botto, il pallone che finiva contro il muro di cemento, ormai sgretolato.

Lui ce la metteva tutta per non cacciarsi in quelle situazioni in cui da solo non arrivava a cavare un ragno dal buco, ma non ci riusciva mai a starne lontano. Li vedeva solo come guai, anche Jun in quel momento lo era, lui e qualunque cosa fosse quella che l’aveva spinto a baciarlo, forse solo propria debolezza per averlo visto così triste, per averlo visto piangere…per…bè, rimuginare non gli faceva bene, l’aveva fatto fino a quel momento e c’era anche Tsubasa che aspettava di essere pestato da lui, quella testa di cavolo che insultava a destra e a manca…non ne poteva più, pensava fossero tutti impazziti e lui per primo.

Se non si trattava di calcio finiva che non sapeva mai come muoversi!

Sperò nell’aiuto di qualcuno di competente con cui potersi confidare pur sentendosi stupido a raccontare che…che aveva baciato Misugi.

Arrossì pensandoci e con violenza crescente tirò un nuovo calcio. Perché si sentiva così? Perché era nell’incertezza e lui odiava esserci, ecco perché, si ma del resto non era la prima volta che lo era…però lo era per una cosa simile, mica si baciava tutti i giorni un ragazzo…Misugi, poi…

Come evocato dai suoi pensieri ecco che apparve la realizzazione delle sue preghiere: l’esperto con cui confidarsi che l’avrebbe aiutato: Genzo!

“Ecco, è finita…”

Pensò questo quando lo vide arrivare e con quel suo fare così plateale ed egocentrico, parargli uno dei suoi tiri! Sbuffò e sputò a terra imprecando in maniera esagerata.

Il moro gli ripassò la palla senza però l’intenzione di continuare ad allenarsi con lui, non aveva l’umore adatto. L’aveva spinto lì una specie di richiamo, una forza d’ira pari a quella che solo la famosa tigre poteva avere, ormai lo sentiva anche a distanza quando lui era in quegli stati d’animo!

Alzò la lattina di birra che aveva appoggiato a terra per parare la sfera e l’aprì, poi gli disse:

- Che è successo?-

Kojiro stava apprestandosi ad un altro tiro e su quella domanda inciampò spalancando gli occhi e cadendo con il sedere a terra, facendo una figura non buffa ma peggiore!

Genzo ridacchiò senza ritegno, a volte poteva lasciarsi andare e riusciva anche a fare quello di sempre. Ma solo a volte.

Gli andò davanti coprendogli il sole col corpo e guardandolo dall’alto mantenne il suo sorrisino sornione divertito:

- Sei sparito, di solito venivi quasi ogni giorno…che c’è? –

Kojiro sentitosi messo già con le spalle al muro, cosa che non gradì affatto, prese una manciata di erba e gliela tirò addosso, essa però si disperse prima di arrivare a lui e non sortì alcun effetto, poi impulsivamente si affrettò a rispondere infervorato:

- Cosa ti fa pensare che io debba avere qualcosa con Misugi anche se non vado a casa sua per qualche giorno?-

Il solito che per difendersi attaccava per primo senza pensare!

Genzo alzò un sopracciglio e lo fissò incuriosito, poi con malizia chiese senza lasciarsi perdere l’occasione di punzecchiarlo:

- Io non ho mai nominato Misugi…cosa sarebbe successo con lui? Cioè…litigare con lui ce ne vuole…-

Poi alzò gli occhi pensando all’altro interessato, in realtà lui sembrava quello di sempre, in quei giorni, nulla che gli facesse pensare a qualche cosa di strano accaduto, ma per quel che lo conosceva poteva essere perfettamente normale!

Il ragazzo a terra quindi si prese le ginocchia fra le mani e si incrociò le gambe mettendosi in posa battagliera, sapeva che in piedi non avrebbe retto per molto visto l’argomento che lui stesso come un fesso aveva tirato fuori, si insultò da solo e senza gentilezze.

- Nulla, cosa vuoi che sia successo?-

Su tutti proprio lui…perché? Se lo chiese una decina di volte di fila, ma non lo capì mai! Chi aveva deciso che sul suo cammino doveva sempre finirci quel rompiscatole di un portiere?

L’altro però non si perse d’animo e con una certa furbizia si accovacciò davanti a lui osservandolo bene, era più fascinoso del solito, così trascurato…lo dovette ammettere e si chiese se in effetti non fosse proprio diventato gay del tutto. Accantonò il pensiero e tornò alla malizia e al sadismo che dopo quei giorni di tensione e arrabbiature varie, era proprio un insolito rilassamento per uno come lui.

- Che è successo? Perché sei così strano? Lui sembra normale, il solito enigmatico e superiore principe…ma tu…tu sembri morso da una tarantola…-

Genzo aveva un che di divertito negli occhi mentre gli faceva questa domanda, come se intuisse chissà cosa. Certo non avrebbe mai immaginato la verità.

Hyuga però sembrava arrivato al limite, sentiva il bisogno di parlarne, aveva una tale confusione in testa, non era abituato ad avere a che fare in quel campo. Si sentì per l’ennesima volta un imbecille ma decise che nonostante il rossore e la figuraccia, ne avrebbe fatto parola con lui. Solo con lui. Non pensava di potersi fidare, semplicemente sapeva che Genzo era gay e fidanzato e magari qualcosa di utile poteva dirgliela.

Inizialmente mugugnò qualcosa di incomprensibile con la testa bassa e la voce impercettibile, poi spinto da un disinvolto Genzo che beveva la birra in lattina, lo disse chiaro ma sempre pieno di vergogna:

- Io e lui…-

- Tu e Misugi…-

- Si…io e Misugi…ci siamo…baciati…per caso, credo…lui…lui era…scosso…aveva pianto…deluso…litigato con Tsubasa…e…insomma, che ne so, ci siamo baciati!-

All’udire ciò il portiere sputò tutta la sorsata che aveva in bocca, in faccia al ragazzo di fronte a lui e con un espressione di chi sembrava avere davanti un extraterrestre, disse sconvolto ed incredulo:

- Cosa?! Tu e Misugi vi siete baciati?-

Hyuga bagnato di birra in volto e nei capelli, assunse un aria seccata ed offesa, forse non era stata una grande idea parlarne con lui…ma che diamine…era gay, se non ne parlava con lui con chi doveva farlo?

- Che c’è di male in due ragazzi che si baciano?-

Sbottò subito sulla difensiva mente si asciugava con la maglia il viso.

- In due ragazzi nulla…ma in TE E MISUGI ammetti che lo stupore è il minimo…-

- Siamo strani?!-

- Insieme si!-

La tigre incrociò le braccia al petto e lo fissò con aria di sfida, l’imbarazzo gli faceva quell’effetto!

- Ma parliamo di Jun Misugi, il ricco e nobile ragazzo che soffre di cuore ma è un campione di calcio e lo chiamano Campione di vetro o Principe del Calcio? Delicato, saccente, superiore, intelligente, a modo, educato, acuto, sveglio, indecifrabile, gentile…-

- Si si, lui, lo conosco, sai? Abitiamo nella stessa città, sei tu che te ne sei andato da anni!-

Lo interruppe sgarbato e punto sul vivo. Genzo rimase ancora inebetito a guardarlo provando ad immaginarsi la scena, senza successo. Se c’era qualcuno che non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginarsi insieme, erano proprio loro due…eppure…eppure pensandoci bene, loro come persone, magari, si completavano. Sarebbero stati divertenti!

Fu così, in un secondo, che decise di aiutarli a sistemarsi, di dar loro una leggera spinta.

Assunse la sua aria sicura, il suo sorriso sarcastico e la luce di chi sta macchinando qualcosa, poi disse:

- Come è stato?-

Il rossore nell’amico abbronzato si vide eccome:

- In…in che senso come è stato? Come vuoi che sia stato? Un ba-un ba-un bacio!-

- So come si bacia, volevo dire cosa ti ha trasmesso, ti è piaciuto, ti è sembrato che piacesse anche a lui…chi ha avuto l’iniziativa, cosa avete fatto dopo, cosa ha detto lui, vi siete parlati…non voglio la descrizione tecnica del bacio, come avete mosso la lingua e dove avete messo le mani!-

- Cavolo, parli troppo, va piano, una cosa alla volta!-

Cercò di prendere tempo mentre boccheggiava, almeno non doveva fargli la cronaca del bacio in sè! Anche se avrebbe voluto sapere anche lui come era andato…doveva chiederlo a Jun, forse?

L’idea di farlo gli fece andare il sangue al cervello e senza ragionare si alzò di scatto preferendo camminare nervoso su e giù per l’erba, nervoso iniziò a parlare a macchinetta:

- Bene, cioè, bello, no, aspetta, non ne sono sicuro, non ricordo bene, è stato inaspettato, non so se pensavo a come fare oppure a cosa provavo…ero un po’ nel caos, non capivo che facevamo. Lui si è sfogato con me perché aveva litigato con Tsubasa, poi ci litigo anche io appena mi riprendo, è insopportabile…l’aveva sminuito, offeso, aggredito, gli aveva detto che non poteva capirlo, che non ha passato quello che passa lui, che è diverso non avere le gambe, che è peggio…e insomma queste cose, Misugi mi ha incontrato subito dopo questo, così si è sfogato con me ed io mi sono arrabbiato perché non era giusto che qualcuno alleggerisse quello che lui ha passato, anche se non mi è mai stato troppo simpatico e non siamo mai stati amici ho sempre riconosciuto il suo genio e il suo dramma, ha avuto la mia stima e la mia ammirazione, in segreto ma l’ha avuta, non mi è andato bene che uno amico suo come Tsubasa lo trattasse così, lui è crollato dopo tutto questo periodo pesante ed ha pianto, non voleva farsi vedere, io l’ho visto piangere solo un'altra volta e mi ha fatto impressione...volevo aiutarlo, tirarlo su. Abbiamo parlato un po’ e lo vedevo diverso da sempre, la sua forza era fragilità, volevo fare qualcosa così non so cosa mi sia preso, ho solo agito. Gli ho preso la mano e lui me l’ha stretta a sua volta…in seguito…bè in seguito non so come e perché, diavolo, ma ci siamo baciati, avvicinati insieme e baciati. Lui non mi ha respinto. Dopo…boh, dopo nulla, ci siamo guardati stupiti e nessuno ha detto niente, me ne sono andato di corsa, cosa dovevo fare? Cosa dovevo dire? Non ne abbiamo più parlato…anzi…non ci siamo più visti!-

Terminò il monologo notando l’espressione interrogativa di Genzo, come se guardasse un completo imbecille!

- Gli hai preso la mano? -

Di tutto il discorso l’aveva catturato quello, ognuno aveva le sue, no? Del resto era comprensibile. Se fosse stato Jun a farlo era una cosa, ma era stato Hyuga…si pentì di non aver visto la scena!

L’altro non rispose, cosa doveva dire?

Lo guardava male e basta!

- Dovreste parlarne, non posso dirti io che vuoi da lui o viceversa…ti è piaciuto?-

- Lui o baciarlo?-

- Entrambi….-

Il moro si fermò pensandoci attentamente, aveva un leggero mal di testa e i capelli lunghi arruffati.

Dopo una riflessione parlò:

- Si. Il bacio mi è piaciuto. Altrimenti l’avrei interrotto. -

Genzo quindi si azzardò, ci godeva come un indecente a torturarlo così, a fare il dottor stranamore.

- E lui?-

Hyuga aprì la bocca per rispondere ma rimase proverbialmente senza parole.

- Lui…non so…ho provato come…un senso di protezione, cioè di volerlo proteggere anche se è uno che sa proteggersi da solo, mi ha dato fastidio quel che Tsubasa gli aveva detto, vederlo così fragile e nudo…è una persona che merita molto, anche se non l’avrei ammesso facilmente. L’ho sempre visto come di un altro mondo, irraggiungibile, non per me…però averlo così vicino e scoperto mi è piaciuto, c’è molto da vedere di lui, vorrei vederlo ancora di più…-

Il portiere sorrise un po’ meno strafottente di sempre, più comprensivo, come se ricordasse cose simili accadute a lui poco tempo prima e con esse gli arrivò la nostalgia di quei momenti e di quella persona.

- Allora è lui che ti piace. Parlagliene. Non lo conosco abbastanza ma è un tipo con un cervello che funziona bene, al contrario del tuo ritardato…-

Hyuga apprezzò le sue parole, specie quelle che sdrammatizzavano. Non era convinto ma in sé sentiva che non erano palle quelle che diceva…poteva fidarsi. In fondo lo sentiva.

- Non farmi pentire di avertelo detto!-

Genzo assunse un aria da finto innocente e con un gran divertimento lo stuzzicò ancora per riportarlo a quello di sempre, alzandosi a sua volta:

- La prossima che gli prendi la mano chiamami, per nulla al mondo me la perdo la scena…avrei voluto esserci!-

Lo spinse amichevolmente insultandolo. Si sentiva meglio, se fosse stato Misugi l’avrebbe anche potuto ringraziare, ma era Wakabayashi!

Dopo questo discorso fu quest’ultimo a cambiare repentinamente, l’espressione si incupì molto e portando i suoi occhi neri in quelli dello stesso colore dell’altro, lo fissò facendogli passare dei brividi.

Stava pensando a Tsubasa e Hyuga l’aveva capito subito, per questo era cambiata l’atmosfera e lui non aveva parlato più.

- Hyuga, tocca a noi. È arrivato il tempo di andare da lui e sistemare le cose una volta per tutte.-

Non era una domanda, non chiedeva il suo parare, ma non era nemmeno un ordine, era più che altro un affermazione. Un cosa giusta e come tale Kojiro la prese, infatti assumendo il medesimo tono e volto, disse:

- Si, adesso basta.-

Era sul punto di non farcela, veramente Tsubasa era sul punto di non farcela più. Prima aveva pensato di aver toccato il fondo quando era stato pronto a lasciarsi andare, a lasciare il mondo, ad uccidersi…poi con Taro l’ira si era ingigantita ma era stato con Jun che aveva cominciato a capire che il fondo era ben altra cosa e lo stava vedendo davanti a sé, conscio che così ci avrebbe sbattuto il volto.

Si guardava le gambe ed era l’unica cosa che era in grado di fare ormai. Aveva rotto tutto il possibile, ormai non veniva più nessuno da giorni e sua madre sporadicamente riusciva a stare lì più di qualche minuto per volta. Aveva fatto tutto ed ormai gli era rimasto solo l’arrendersi al sentimenti di non farcela, di sapere di non farcela veramente…era rimasto…il nulla…era rimasto il vero vuoto e il panico:

- Cosa posso fare adesso?-

Aveva riflettuto e si era ripetuto fino alla nausea le parole di Taro, il suo Taro, che aveva detto di amarlo, sapere di averlo ferito l’aveva fatto morire dentro e questa reazione l’aveva gettato nel caos.

Certo, aveva fatto tutto tranne accettarsi e piangere per sé stesso, piangere e dirsi: ‘vado avanti’.

Nel panico più assoluto poteva solo guardarsi le gambe e cacciare chiunque entrasse, insultandosi, dandosi fastidio da solo, continuare a disperarsi e a auto compatirsi senza più riconoscersi.

Poteva solo assaggiare la solitudine che da solo si era costruito e procurato.

L’arrivo di Hyuga e Genzo li aveva stupiti, insieme, nemmeno uno per volta…spalancò gli occhi e conscio che l’espressione che avevano così shockata era per lui e per lo stato in cui si era gettato, sentì solo una vaga vergogna che gli fece ancora perdere la testa, chiuse gli occhi e voltò il capo dicendo solo di andarsene.

Perché erano venuti?

Vergogna per sé stesso, ira per questo, agitazione e contrarietà di conseguenza, mala reazione in finale.

Stava per aggiungere qualcosa che l’avrebbe segnato definitivamente ma appena Hyuga lo vide così pietoso gli bastò, si montò in lui una tale rabbia ceca che forse in rari momenti poteva dire di aver provato ed in un attimo solo, un fulmine l’attraversò e gli occhi erano quelli di una tigre feroce, Genzo stesso accanto a lui lo vide di sfuggita e ne ebbe paura, non l’avrebbe mai ammesso ma fu così.

Si erano immaginati molte parole e cose da poter fare, ma il solo vederlo le avevano gettate tutte al vento, poche falcate e Kojiro gli arrivò addosso e dimenticandosi della condizione del ragazzo a letto, lo prese per il colletto della maglia bianca e lo colpì con un pugno di media potenza.

Avrebbe potuto essere più leggero e avere più riguardo ma questo sarebbe stato peggio, non sarebbe riuscito a far sentire “l’imputato” come ora in quel momento si sentiva, nel modo giusto.

Kojiro era stato l’unico a trattarlo come un tempo, come sempre, come tutti gli altri, a non usargli occhi di riguardo, a non vederlo come un povero ragazzo perseguitato da chissà quale sfortuna.

E quando sentì il dolore per l’impatto, un forte ed acuto male allo zigomo del volto girato verso il muro, gli occhi si serrarono vedendolo.

No, non il muro.

Quello che videro lo sconvolsero.

Eccolo lì in tutta la sua angoscia, bruttezza e marcio quel famoso fondo che aveva pensato di aver visto e toccato mille altre volte.

Eccolo che invece solo ora vi era sbattuto con tutta la sua faccia disperata.

Vide com’era fatto, era uno specchio e ciò che riflettè fu la sua immagine: un Tsubasa perdente, sconfitto, arreso…un immagine che gli fece schifo a sé stesso per primo e gli accese il desiderio di risalire dal pantano in cui si era cacciato da solo a forza.

Voleva risalire ma aveva speso tutte le forze ad affondare in quel buio, in quel nero che era la melma e l’inferno.

Ora non ne aveva più ma voleva tornare su. Lo voleva perché quell’immagine non gli piaceva, lui non era quello, non poteva esserlo perché se c’era ancora qualcuno che lottava per riaverlo, che lo trattava come sempre, che tornava da lui nonostante tutto, allora significava che non poteva rimanere in quel oscuro luogo solitario.

Ma come.

Come fare?

Se lo chiese e se lo richiese e se lo chiese di nuovo fino alla nausea senza ottenere risposta, senza sapere, senza capire più, solo sapendo che era affondato in quel nero e non voleva più starci, il culmine, il massimo dell’autodistruzione, il peggio nel quale un uomo può arrivare.

- Hyuga!-

Lo ammonì Wakabayashi dopo aver sperato che le buone intenzioni elencate per strada sarebbero state rispettate…tanto l’aveva immaginato che sarebbe finito così, perché lui era così ed andava bene com’era…perché in fondo era anche grazie a queste intuizioni che ci si tirava fuori dai guai, a volte.

Gli andò vicino e lo allontanò lasciando però che le urla uscissero dalla sua bocca per colpire il protagonista di tale ira ceca:

- SAI COSA SEI? NIENTE DI SPECIALE, SOLO UN COMUNE PEZZO DI MERDA! TE L’HANNO MAI DETTO INVECE DI FARE TANTO I GENTILI CON TE SOLO PERCHE’ NON PUOI PIU’ CAMMINARE? SI, ASCOLTAMI BENE, LO DICO E NON NE HO PAURA: NON PUOI PIU’ CAMMINARE, LO SAI? TE L’HANNO SPIEGATO? TE LO SEI DETTO? È BRUTTO MA LA REALTA’ E’ ESATTAMENTE QUESTA, ALLORA CHE SI FA? NON ME NE FREGA SE CAMMINERAI O MENO, MA LA SOSTANZA E’ QUESTA E LA TUA E’ QUELLA DI UNO STRONZO CHE SI CREDE CHISSA’ CHI E SI METTE AD INSULTARE CHI NON NE HA BISOGNO! MA CHI TI CREDI DI ESSERE? LO SAI QUANTI HANNO PASSATO LE TUE TRAGEDIE O ALTRE MA SEMPRE DRAMMATICHE? E COSA VUOI DA NOI? LO SAI CHE NON SEI NESSUNO PER DIRE CERTE COSE? VUOI STARE SOLO? STACCI, MI HAI ROTTO I COGLIONI, PRIMA DI ANDARMENE VOLEVO DIRTELO!-

In tutto il momento dello scoppio Genzo aveva dovuto trattenerlo per le braccia per non farlo andare di nuovo contro Tsubasa, però si era chiesto anche lui che dovesse fare…forse era giusto trattarlo così per scuoterlo, la classica terapia d’urto, ma in fondo quello di cui aveva bisogno era di piangere e ammetterlo…cosa estremamente difficile, fare come faceva Hyuga poteva essere giusto ma come saperlo con certezza? Per un attimo, quindi, se lo chiese anche lui…poi si chiese solo come fermare quel carro armato!

Il moro seduto si teneva la guancia colpita con una mano e tornatosi a girare verso la tigre infuriata dal cuore in fiamme, era letteralmente paralizzato, senza reazioni o cambiamenti, una statua di marmo che sta per essere distrutta con un calcio, che sarebbe finita a terra e si sarebbe rotta. Un solo calcio, uno solo. E sarebbe successo.

Ad impedirlo fu il portiere che facendo appella a tutte le sue forze lo strattonò spingendo il compagno iroso contro il muro dietro di loro.

- BASTA!-

La botta che si prese non fu trascurabile ma poi a mente fredda tutti si dissero che quelle reazioni sarebbero potute essere fatte solo da loro due.

Ed erano entrambe giuste.

Genzo di avvicinò al letto dove Tsubasa privo di espressione sembrava sprofondato in un posto di non ritorno, avrebbe voluto fare la stessa cosa di Hyuga, ma l’aveva già fatta l’altro…si passò la mano fra i capelli e decise solo di sedersi accanto a lui nel materasso, gli dedicò il suo sguardo più serio e sincero e provando a penetrarlo allungò la mano sull’altra guancia del ragazzo, gliela toccò titubante e sentendolo freddo pensò che forse l’aveva perso definitivamente.

- O cazzo, e ora che faccio?-

Mormorò infatti agitato.

- Tsubasa…? Hey…non devi prendertela ma in fondo…cioè vorrei dirti che è uno stupido ma questa volta va detto…ha ragione…però devi capire perché ce l’ha…nessuno ti lascerà solo ma tu devi dirtelo…Tsubasa, non camminerai, certo magari un domani potrei tornare a farlo con qualche miracolo della medicina, ma ora come ora no. Dittelo e rialzati. Rialza la tua testa. Hai capito? Da qui tutto cambierà…tutto…-

Era stato convinto di non essere stato ascoltato, ma così non fu, quello che captò l’altro fu la frase ‘non camminerai’, qualcosa che nessuno gli aveva detto dopo il medico, che nessuno aveva ammesso ad alta voce accettandolo prima di lui, che nessuno aveva semplicemente provveduto ad assicurarsi che lui l’avesse semplicemente compreso.

Solo questo.

Nessuno aveva mai osato dirglielo, gridarglielo o sussurrarglielo.

Anzi, lui non se lo era detto veramente e nessuno aveva avuto solo quello da dirgli.

Gli occhi scuri di Tsubasa si spalancarono di nuovo riprendendo tono e colore, diventando sempre più lucidi tornarono a fissarsi sulla persona che aveva davanti e non su un punto vuoto…e lo mormorò lui stesso senza il secondo fine di auto compatirsi o cose simili, solo perché era vero e non c’erano altri significati dietro.

- …non camminerò più…-

E su questo sussurro scesero finalmente le lacrime di Tsubasa.

FINE CAPITOLO 6

   
 
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