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Autore: AlexDavis    18/11/2011    18 recensioni
Isabella Swan amministratore delegato della Cullen assicurazioni si troverà un giorno a dover avere a che fare con il figlio del presidente Carlisle Cullen, Edward Cullen.
Edward e Isabella non si sono mai sopportati per questo quest'ultima decide di vendicarsi su di lui, ma non sempre va come ci si aspetta.
Come finirà?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Eccomiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!
Amori miei dopo quasi due mesi la linea è ritornata ed io posso fare tutto quello che cavolo mi pare senza dare conto a nessuno.
Allora.... oddio oddio oddio oddio.... avete visto Bd? Io si, due volte e tutte e due volte sono morta completamente.
Quel film è il più bello e il più completo in assoluto... è romantico, divertente, drammatico... è tutto.
Adoro Charlie con le sue battutine e ho adorato Bella in versione sexy ed Edward era così carino e spensierato mentre si è rotolato nel letto ridendo. Ah... basta adesso con gli spoiler, perchè forse qualcuno non lo ha visto ancora. Però vorrei dire solo una cosa: 'Se David Slade si mertiava una statua d'oro per il capolavore di Eclipse, Bill Condon si merita una scuola o un palazzo in suo onore'.
Un'alttimacosa: Che vi ricordaa questa bellissima canzone? http://www.youtube.com/watch?v=7ftCj_lYMAs&feature=related
Cmq adesso passiamo al capitolo... questo è l'ultimo capitolo, ragazze mie, e non sapete come mi dispiace. Perchè adoravo anche io questa storia burrascosa, ma tutto ha una sua fine.
Per i saluto ci penserò all'epilogo.
Buona lettura angeli.
xoxo Alex
ps. questa è la mia storia originale, mi farebbe piacere la leggeste http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=864887&i=1 


 


 

 

Capitolo 26


 

Era già una settimana che mi trovavo a Chicago e le cose nell’azienda procedevano a rilento, ma i dipendenti erano ben disposti a collaborare. C’era un grosso problema di organizzazione che aveva portato con il tempo alla perdita di clienti e quindi di soldi portandola quasi sull’orlo del fallimento ed io con l’aiuto di un equipe scelta da me personalmente stavo cercando di arginare il possibile e ci stavo riuscendo. Nell’equipe oltretutto avevo conosciuto una ragazza davvero carina e simpatica e il giorno precedente ci eravamo baciati non so neanche io come, ma mi ero ritrovato seduto sulla scrivania con lei tra le mie gambe mentre mi infilava la lingua in bocca. Subito dopo mi ero sentito uno schifo perché io sapevo perché mi piaceva e non era una cosa da esserne fieri. Mi piaceva perché le assomigliava, aveva gli stessi capelli e gli stessi tratti del viso ed io la stavo prendendo in giro.
Non vedevo Isabella da quella mattina nell’ufficio di mio padre e fino all’ultimo all’aeroporto avevo sperato di vederla arrivare di corsa con il fiatone e dirmi che mi amava e che aveva sbagliato e che non voleva perdermi. L’avrei accolta tra le mie braccia e stretta a me fino a farle mancare il respiro e le avrei detto che non era successo niente, che l’avevo perdonata e che non avevo mai smesso di amarla. Saremmo tornati a casa nostra e avremmo passato l’intero giorno e quelli a seguire a fare l’amore, a parlare, a coccolarci a recuperare tutto il tempo perso.
Ma non era venuta e tutti i miei sogni erano caduti sommersi dalla tristezza e dalla consapevolezza che mai più l’avrei vista e che mai più avrei potuto toccarla e stringerla a me come la notte nel nostro letto quando scavava letteralmente uno spazio tra le mie braccia e si stringeva a me per trovare calore.
<< Capo? >> qualcuno mi chiamò ed io distolsi lo sguardo dalla vetrata che dava sull’intera città.
Avevo scelto quell’ufficio perché mi dava l’impressione di essere nel mio ufficio a New York, ma la vista di quella città non era niente in confronto a quello della mia città.
Ad avermi chiamato era un ragazzo dello staff, uno dei più qualificati. Aveva più o meno la mia età e aveva preso il posto di dirigente fino al mio arrivo, ma questo non aveva creato nessun equivoco o disguido tra di noi. Si era comportato in modo professionale e mi aveva aiutato ad ambientarmi in quel nuovo mondo che non aveva nulla a che fare con il mondo di New York.
<< Cosa c’è? >> chiesi dandogli la mia completa attenzione.
<< Sono arrivati i dirigenti della Jonson. >> mi informò.
Annuii e gli dissi che subito sarei andato da loro. Quelli erano i dirigenti di una delle innumerevoli compagnia che avevo rintracciato per darci una mano a risollevare le sorti dell’azienda. Era da una settimana che andavo avanti così, tra appuntamenti e scartoffie. Era un vero inferno.
Presi tutte le carte e il mio Apple e mi diressi nell’aula riunione dove trovai la mia equipe e i tre dirigenti dell’azienda.
Mi accomodai a capo tavolo e sorrisi a tutti. << Innanzitutto vi ringrazio di essere qui e di avermi dato l’opportunità di spiegarmi. >>
Il più anziano annuì. << La reputazione di suo padre la precede, signor Cullen, non potevamo fare altro che accettare. >>
Annuii e dopo altri convenevoli cominciai ad elencare il mio piano e i benefici che avrebbero tratto in seguito loro e le altre aziende che ci avrebbero aiutati. Ero fiero del mio discorso e dalla mia idea e loro sembravano essere abbastanza interessati e questo non poteva che farmi piacere perché se la cosa non fosse andata in porto io sarei dovuto tornare a New York e lavorare con lei e non ne avevo la forza. Ero troppo innamorato di lei per stare al suo fianco senza sfiorarla o parlare come una volta.
<< Entro quanto tempo ci verrà restituito il prestito? >> chiese il più giovane, che poteva avere massimo quarant’anni.
Feci un cenno ad Anna, la ragazza che mi ricordava tanto lei, che consegnò ai dirigenti dei fogli con sopra dei grafici.
<< Avevamo previsto di restituire il tutto entro quattro anni. >> dissi semplicemente perché tutto quello che avevo da dire era segnato su quei fogli ed erano abbastanza esplicativi.
Rimasi in silenzio ad osservarli mentre si mettevano d’accordo e dopo minuti interminabili il più vecchio mi guardò. << Come ho detto ad inizio riunione, la reputazione di suo padre la precede e da come ho potuto vedere lei è la sua copia spiccicata. Ci vogliamo fidare di lei, signor Cullen. >> disse.
Annuii senza lasciar trasparire il mio compiacimento e la mia soddisfazione. << Non se ne pentirà, signor Jonson. >> disse con voce ferma.
La riunione durò un’altra ora in cui ci mettemmo d’accordo sul procedimento del pagamento e firmammo innumerevoli carte in cui si attestava il nuovo contratto di lavoro e le annesse clausole. Quando se ne andarono erano le tre ed avevo fame come anche la mia equipe così chiamammo il ristorante cinese che dopo una mezz’ora ci portò quello che avevamo ordinato.
<< Oh se non mangio subito, svengo. >> commentò Anna.
Mi rabbuiai, anche lei non mangiava e sveniva. Chissà se Bella aveva cominciato a mangiare e se si era ripresa, non mi faceva stare tranquillo il pensiero di lei a casa da sola con nessuno che la controllasse e che le ricordasse di mangiare o di prendersi cura di se stessa.
<< Ehi capo, ci sei? >> mi chiese un altro ragazzo.
Mi riscossi e lo guardai rendendomi conto che mi stavano guardando tutti e che era rimasto con le bacchette a mezz’aria e con lo sguardo perso nel vuoto.
Cercai di sorridere. << Si, eccomi. Cosa c’è? >> chiesi addentando i miei spaghetti.
<< Sei stato davvero bravo, prima. >> commentò Anna guardandomi con occhi sognanti.
Annuii. << So quello che faccio. >> e i ragazzi annuirono confermandolo.
Continuammo a mangiare e a chiacchierare ed evitai di perdermi nel vuoto, perché le voci che giravano sul mio conto e sulla mia precaria sanità mentale cominciavano a girare e volevo evitare di incrementarle.
Stavamo commentando la prossima riunione quando la mia segretaria, Julia ci interruppe. << Signor Cullen c’è una persona che la sta cercando. >>
Sbuffai. << Sono in pausa, Julia, dille di chiamare più tardi o domani mattina presto. >> e ritornai a guardare i ragazzi, ma la mia segretaria mi interruppe di nuovo.
<< Non è al telefono, è giù nell’atrio. >> disse ancora.
<< Le dica la stessa cosa. >> commentai stanco.
Julia annuì ed uscì fuori lasciandomi in pace. Non sopportavo le persone che pretendevano, molto probabilmente erano uno di quei ragazzi che cercavano lavoro o che avevano qualche problema con noi. Ma io non potevo occuparmi di tutto, ero umano, santo cielo, un po’ di rispetto.
I ragazzi mi stavano esponendo il programma per la serata, volevano uscire e mi avevano chiesto di unirmi a loro. Lo avevano fatto molte volte da quando mi ero trasferito, ma avevo detto sempre di no, non me la sentivo, non ero nel pieno delle forze per divertirmi.
<< Allora, capo, ci sei stasera? >> mi chiese Jeff.
Mi girai verso di loro. << Dove andate? >>
<< Un pizza e poi in qualche locale a bere qualcosa. >> continuò Donald.
<< Non lo so, io… >> ma qualcosa che si disperse nell’aria mi fece zittire.

http://www.youtube.com/watch?v=4D_I6WASSf4&feature=related
  (sentitela mentre leggete)

La dolce melodia della nostra canzone si sparse per la sala e dai commenti proveniente da fuori la porta, doveva sentirsi anche lì. Mi irrigidii immediatamente e la mia mente cominciò a fare mille congetture, ma il mio cuore non voleva credere a nessuna di queste per non rimanerci a pezzi scoprendo che non era nulla.
Ma la sensazione che avevo era troppo forte da ignorare così in poche falcare arrivai alla porta e la spalancai trovandomi la maggior parte dei dipendenti di quel piano e non affacciati alle loro porte che guardavano un punto preciso davanti a loro.
Seguii lo sguardo e quando la vidi il mio cuore cominciò a battere più forte e il mio sangue scorrere più velocemente nelle vene.
<< Chi cavolo è? >> chiese uno.
<< Bho, chi cerca? >> domandò l’altro.
Uscii definitivamente dalla porta e mi feci largo tra i miei dipendenti fino ad arrivare a qualche metro da lei che mi stava guardando con gli occhi lucidi.
Aveva un vestitino nero ad una spallina che scendeva dolcemente sulle sue curve fino a fermarsi sopra il ginocchio e al piede un paio di sandali viola. I capelli erano lasciati sciolti sulle spalle morbidi e lucenti e sul viso aveva un leggero strato di trucco. Era bellissima ed era lì davanti ai miei occhi.
Feci un passo verso di lei, ma mi bloccò. << No, fermo lì. >> mi impose. << Se ti avvicini non riuscirò a dire nulla. >>
Annuii, non dicendo nulla anzi facendo un passo indietro. Potevo sentire gli occhi di tutti i dipendenti puntati su quella scena, ma non importava, Bella era lì davanti a me e stava per dirmi qualcosa, qualcosa che forse mi avrebbe cambiato la vita un vita che forse avrei vissuto con lei.
Fece un grosso respiro e cominciò a parlare. << Non ho mai fatto una cosa del genere perché sono sempre stato il tipo di persona che non dice quello che prova e lo sai benissimo.  Ma proprio questo mio modo di fare ti ha allontanato da me. Fin dall’inizio della nostra storia tu sei sempre stato quello che ci metteva di più in tutto, di più nel prenderti cura di me, di più nell’amarmi, di più in tutto. Io no, non ci sono mai riuscita perché avevo sempre paura di scottarmi, di perderti. Avevo la costante e fottutissima paura che tu mi lasciassi, ma alla fine l’ho fatto io e ho mandato tutto a puttane.  >> si fermò un attimo e mi guardò negli occhi. << Ti ho lasciato senza darti spiegazioni, perché non ne avevo neanche io. Non lo so perché l’ho fatto, e non lo so perché ho continuato ad ignorare quel dolore lancinante al petto quel vuoto allo stomaco per settimane. Non lo so perché ho continuato a mentire a me stessa dicendomi che ti avrei dimenticato, che tutto sarebbe passato. Ma non passava, cazzo, più passavano i giorni e più il dolore cresceva mozzandomi il fiato e impedendomi di vivere. Sono andata via da New York per dimenticarti, ma neanche lì ci sono riuscita. Mi ero detto che una volta che tu fossi partito per Chicago tutto sarebbe passato e che molto presto avrei trovato qualcun altro, ma anche lì mi sono sbagliata. Perché sai cosa, Edward? La mancanza di una persona non ti passa se sei profondamente, fottutamente e irreparabilmente innamorata di lei. >> si fermò ancora e riprese fiato.
Sapevo quanto le costasse dire quello che stava dicendo, perché come aveva detto lei non era il tipo da esprimere i suoi sentimenti. Avrei voluto fermarla, dirle che andava tutto bene e che poteva stare zitta perché l’unica cosa che voleva era stringerla a me e baciarla. Ma mi aveva detto di stare zitto e poi volevo prendermi almeno una vittoria e quella era senz’altro la più piacevole.
<< Ti ho detto che non volevo bambini che non ero pronta, ma mentivo. Perché io lo volevo un bambino, ma non so perché ti ho detto così. Ero così felice quando avevamo deciso di averlo, ma qualcosa mi ha bloccato. Per l’ennesima volta la paura mi aveva frenato, mi aveva preso in giro. Mi aveva fatto credere di non volerne, di non essere capace di crescerne uno e di non essere capace di amarti anche dopo. >> man mano che parlava si avvicinava a me e il mio cuore batteva sempre più velocemente.
<< Sono venuta all’aeroporto quando sei partito, ma non ho fatto in tempo. Sono arrivata troppo tardi e pensavo di essere arrivata tardi in tutto, ma poi lì ho incontrato Alice che mi ha fatto capire che non è mai troppo tardi. Che non è mai troppo tardi per dire alla persona che ami ‘Ti amo e non posso stare senza di te’; non è mai troppo tardi per dire ‘Mi dispiace ho fatto una cazzata, perdonami’; non è mai troppo tardi per nulla. >> ormai a separarci non era neanche un metro. << Ho messo una settimana per venire qui, ho messo un’intera settimana per perdonare me stessa e per capire cosa dirti. L’ho capito, ma nulla di quello che mi ero preparata è uscito fuori qui oggi, perché appena ti ho visto sapevo già cosa dirti. >>
Rimase in silenzio ed io trattenni il respiro quando la vidi inginocchiarsi davanti a me porgermi un scatoletta blu. Sapevo cosa stava per fare, ma non volevo crederci.
<< Edward Cullen prometto di non scappare più, di non chiudermi in me stessa quando ho un problema e di parlarne con te, prometto di starti accanto e prendermi cura di te e di noi. Prometto di non farti soffrire più e di abbracciarti quando ne hai bisogno, prometto di non farti saltare i nervi e di comportarmi bene. Infine,  prometto di amarti sempre e comunque e di credere in noi anche quando l’unica cosa da fare è mollare. >> si fermò prese un grosso respiro e aprì la scatoletta di velluto e sopra la seta c’erano appoggiati due gemelli d’oro bianco. << Edward Cullen mi concederesti lo straordinario onore di diventare mio marito? >> mi chiese con voce spezzata dall’emozione.
Ero come pietrificato, non mi aspettavo una cosa del genere e la nostra canzone di sottofondo non aiutava per niente il mio stato emotivo. Seppi di trattenere il respiro quando la testa cominciò a girarmi e cominciai a respirare regolarmente.
Afferrai la scatoletta e la chiusi, poi presi la sua mano e l’aiutai ad alzarla. La guardai intensamente negli occhi senza mai lasciare la sua mano, mi beai dei suoi bellissimi occhi lucidi, delle sue guance rosse per l’imbarazzo e del suo labbra che si martoriava tra i denti. Era la donna più bella del mondo e mi aveva appena chiesto di sposarla.
<< Avanti, capo, rispondi. >> mi sussurrò qualcuno incitandomi.
Alzai la mano e le accarezzai la guancia, la osservai chiudere gli occhi e appoggiarsi al palmo beandosi del contatto.
<< Solo se mi darai la possibilità di farti una proposta come si deve, perché oggi hai minato profondamente la mia virilità. >> le sussurrai.
Lei sgranò gli occhi e rise e pianse. Ed io l’abbracciai, ispirando il suo profumo e stringendo il suo esile corpo che mi era tanto mancato. Sentii uno scoscio di applausi e urla di incoraggiamento, ma non mi importava, l’unica cosa che aveva senso era Isabella stretta tra le mie braccia mentre singhiozzava felice.
<< Mi sei mancato tanto. >> mi sussurrò.
<< Anche tu, amore mio, anche tu. >> la scostai da me quel tanto per permettere alle mie labbra di toccare le sue.
Ci scambiammo un bacio, dolce e passionale, voluto e desiderato, un bacio che avevo sognato tanto in quelle settimane, un bacio che non aveva niente a che vedere con la mia fantasia. Un bacio che sapeva di noi, della nostra vita e del nostro amore.
Quando ci staccammo la guardai negli occhi e sapevo che erano specchio dei miei. Lucidi, felici e innamorati.
<< Ti amo. >> un sussurro pieno di amore e desiderio.
Mi sorrise dolcemente. << Ti amo. >> e ritornammo a baciarci.  


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