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Autore: Anima97    18/11/2011    5 recensioni
Prendo il disegno tra le mani e lo avvicino ai miei occhi: E’ macabro. E’ molto scuro, triste. Ci sono tanti visi che urlano, in una smorfia di dolore. Sembrano fantasmi per quanto sono bianchi.
Ma non sono questi gli elementi più terribili.
Al centro, il busto di una ragazza svestita,circondata da una spina che le tagli la pelle. Il viso non le si vede, indossa una maschera mostruosa e deforme. E non ha i capelli.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Liceo Artistico
 
 
15 Settembre 1991
 
Ecco il mio futuro: 
Un giardinetto pieno d’erbacce e grandi alberi che circondano un convento mal ridotto, con le finestre rotte e i muri che sembrano non avere più un colore definito, per via dei murales.
Dei ragazzi, di cui non conosco i nomi e fino a poco fa l’esistenza.
Alcuni sono veramente bizzarri, ma so già che andrò d’accordo con loro.
Già il fatto che vogliono imparare qualcosa sull’arte gli fa onore.
Esco fuori dalla Panda e prendo dal bagagliaio la borsa.
Mi fermo un attimo ad osservare la scritta enorme davanti a me.
LICEO ARTISTICO.
La A di “Artistico” sta per cadere… -Mh- faccio una smorfia.
I ragazzi adesso mi fissano curiosi, soprattutto quelli più piccoli, magari del primo anno.
Cerco di ignorarli, è normale questo comportamento.
Sono nuovo.
Sono diverso.
Il modo di vestire abbastanza semplice e la folta barba potrebbero far pensare che non sia un “prof”.
Mi avvio verso la porta, sentendomi ancora tutti quei giovani sguardi addosso.
Pesanti… ed esperti nell’osservare, spero.
Suono il campanello e mi stringo un po’ nel cappotto.
Fa un po’ freddo oggi, strano, settembre è appena iniziato.
Un uomo molto alto, col viso lungo ma diviso da un largo e simpatico sorriso mi apre.
-Benvenuto, professore-
Sembra simpatico, gli sorrido ed entro.
Il primo giorno di scuola è cominciato anche per me.
 
Entro in presidenza e un forte odore di qualche strano profumo mi investe.
Vorrei starnutire, ma evito, credo che davanti a quella donna minuta non sia educato.
La preside. 
Com’è che si chiamava? Non ricordo, pazienza.
-Buongiorno-
La sua voce l’ho sempre detestata.
Non è acuta, ma ricorda un folletto.
Un folletto con una massa povera ed informe di peli di colore rosso finto sulla testa.
-Buongiorno-
-Segga, professor Vino-
–Preferisco rimanere in piedi se non le dispiace-
-Si figuri- a questo punto si alza anche lei.
Non che ci sia molta differenza da seduta ad alzata.
Per quanto è bassa potrei dire che è veramente un folletto.
Capelli rosso finto… Folletto…
Mmm,  potrei chiamarla Rossetto.
Solo adesso noto quanti chili di marrone ha sulle labbra sottili.
Ma non pesa tutto quel grasso?
Mi porge un foglio, svegliandomi dai miei stupidi pensieri.
Sei un professore, Francesco, vedi di comportarti decentemente.
-Queste sono le ore scolastiche che deve fare ehmm, sa già che deve cambiare classe a ogni.. cambio…-
Quale arguto dizionario!
-..Infatti qui sotto ci sono i numeri delle aule in cui deve lavorare. 
Le sue prime tre ore le farà con la quinta B- 
Prendo in mano il foglio e lo metto nella mia tracolla, senza degnarlo di uno sguardo.
La preside sembra sorpresa dal mio comportamento.
Cos’è, vuoi che te lo metta in una teca di vetro?
-Prima di congedarci devo darle un consiglio- 
Si avvicina, come se sta per dirmi un segreto.
Mi abbasso leggermente, non si sa mai.
-Non si fidi di nessun ragazzo, dico, nessun alunno in questa scuola, capito?-
Faccio una smorfia e annuisco.
Penso si sia notato il fatto che questa donna non mi piace.
Non è un’Artista, un’Insegnante… allora che ci fa qui?
In questa scuola di incompresi?
Molti credono quei ragazzi degli inaffidabili.
Ma per me son solo alunni.
Anzi, sono più che alunni, sono persone che anziché seguire i consigli dei professori ed andare a qualche liceo Scientifico o Classico, seguono le loro passioni e vengono qui, in un posto che potrebbe crollare da un momento all’altro, combattendo ogni pregiudizio o paura.
Ed ecco il loro ringraziamento: indifferenza da parte di una donna che, si, non sarà tutto sto’ genio ma riveste una carica importante… purtroppo.
Mi massaggio un attimo la tempia.
Perché oggi non riesco a frenare i miei pensieri?
Faccio per andarmene, ma mi volto e le dico 
–Lei non si fidi di me, preside- l’ultima parola la dico sputando –Buongiorno-
Cammino lungo il corridoio a passo lento.
Il rumore assordante della campanella mi penetra nelle orecchie inaspettatamente.
Mi appoggio al muro del corridoio e sorrido all’uomo di prima, che mi fissa.
-Come le sembra la preside?-
-E’ una preside- sospiro.
Accenna a un sorriso e si avvicina, tendendo la mano –Mi chiamo Mimmo-
Stringo forte la mano –Francesco, piacere di conoscerla-
-Diamoci del lei, per carità!- ridacchia un po’ –Sa, nessuno da del lei a un bidello-
Mi sta già simpatico questo Mimmo.
Aspetto un po’ ma non sento ancora nessuno per i corridoi –I ragazzi non entrano?-
-Aspettano sempre un po’ prima di entrare-
-Chissà perché..-
-Lei non l’ha mai fatto?- mi guarda accigliato e con sguardo di sfida.
Sorrido –Io non entravo proprio-
Ridacchia, sta per parlare ma delle urla lo interrompono.
-Questo è Lorusso che fa casino, come al solito!-
Si avvicina alla folla di ragazzi che viene verso di noi e comincia a battere cinque e fare battute.
Sorrido e mi stacco dal muro, mettendomi le mani in tasca.
Davvero simpatico!
 
Da dentro l’aula sento provenire del chiacchiericcio.
Sto per entrare, ma si sente un urlo –O’ PROFESSO’!- accompagnato da rumori di sedie più forti.
Mi vien da ridere!
Era la vedetta di classe che avvisava gli altri del mio arrivo, una volta c’ero io al suo posto.
Ritorno serio ed entro in classe.
L’odore di sigarette è molto forte.
-Buongiorno- devo essere superiore…
Ma chi voglio prendere in giro!
Non ricevo risposta.
I ragazzi non si alzano nemmeno.
Penso dovrò farci l’abitudine.
Poggio la tracolla sulla piccola cattedra mal ridotta e mi guardo intorno.
Le pareti della classe sono adornate da firme e disegni.
I muri sono un po’ decadenti, come tutto il resto della scuola, e le luci attaccate con lo choc.
Non ci sono banchi, solo cavalletti e sedie… almeno quelli!
Vago per la stanza fissando uno per uno tutti gli studenti.
Un ragazzo mi attira particolarmente:
Ha i capelli rasati dal lato destro, quelli rimanenti verdi, un dilatatore e vestiti trasandati.
Mi avvicino e gli porgo la mano –Io-professore. Tu-zulù?-
Delle risate si levano nella classe, anche il ragazzo ride.
Sembra un folletto, questa scuola è popolata da folletti!
Stringe forte la mano –Felice Furioso- dice, con una cadenza dialettale fortissima.
-Nome originale!- ridacchio.
Fa spallette e continua a sorridere.
Almeno ha il senso dell’umorismo, deve essere stato preso in giro molte volte.
Poverino!
Ritorno alla cattedra e appoggio le mani sul legno.
E’ il momento delle presentazioni.
-Mi chiamo Vino Francesco, sono il vostro nuovo professore di Discipline Pittoriche e bla bla bla- 
Sbuffo e gli studenti mi guardano molto perplessi.
Alzo le mani –Sentite, lasciamo stare tutte le presentazioni! Ci conosceremo durante l’anno! Ok?-
Nessuna risposta.
-Fate sempre così oppure ho una chance di poter sentire le vostre voci?-
Una ragazza prende parola -Vedrà prof, alla fine dell’anno non ne potrà più di sentirle!- 
Altre risate –Come ti chiami?-
Sorride -Natretta- sembra un… un panda?
-Il cognome serve a farvi appartenere ad una famiglia, è come un’etichetta, ma a me non interessa.
E’ il nome che vi distingue dagli altri… quindi è quello che voglio sapere!-
Sorride ancora di più –Francesca! Mi piace come ragiona prof!-
La ragazza seduta affianco a lei annuisce.
-Grazie, a me piace il tuo nome!- sorrido.
Mi avvicino alla lavagna e comincio a scrivere –Oggi… Disegno libero!-
Mi volto di nuovo verso di loro e faccio fatica a non ridere.
Sono sconvolti, o cosa?!
Francesca mi guarda accigliata.
Quella seduta affianco sorride e comincia a prendere qualcosa dallo zaino.
Felice ha già la testa nel foglio.
Un altro ragazzo bisbiglia qualcosa all’amico che scuote la testa sconsolato.
Il resto rimane in silenzio e fermo.
Penso che hanno bisogno di un imput… -Fate quel che vi pare! Andate di fantasia!-
Più che ottima questa traccia!
Infatti funziona: velocemente prendono foglio, matite, colori e cominciano a  lavorare.
E a chiacchierare.
Sarà un bell’anno!
 
Non mi piace sedermi alla cattedra, sono troppo distante dai ragazzi.
Mi sento grande, potente, ma non è piacevole.
Non mi piace dominare.
Se devo insegnare, non lo voglio fare intimidendo… la gente è libera di apprendere.
Soprattutto se si tratta di arte.
Più ci penso, più mi vien voglia di andarmi a sedere ad un cavalletto e disegnare…
Come una volta, a scuola.
Osservo uno ad uno i miei nuovi alunni… In che posizione disegnano, con che espressione.
C’ero io al loro posto, pochi anni fa.
Sorrido al pensiero che questi ragazzi li vedrò tutti i giorni, ogni mattina, o quasi. 
Ogni tanto si alzano e si dirigono al cavalletto di qualche compagno.
Senza chiedermi il permesso.
Va bene.
Noto che un ragazzo si avvicina all’angolo, dove c’è un cavalletto abbandonato.
Poi si avvicina un altro… E un altro.
Forse si stanno facendo una sigaretta.
Mi alzo e mi avvicino –Che state facendo?-
Si crea un varco ai miei lati –Niente prof!- mi risponde qualcuno.
Noto che il cavalletto tanto interessante per i ragazzi non è vuoto.
-Buongiorno!- esclamo sorpreso.
E’ piccola rispetto a tutti i suoi compagni.
E’ abbastanza alta, magra, il viso è quello di una bambina, circondato da tantissimi capelli ricci e neri.
Gli occhi, scuri, puntati sempre verso il foglio su cui disegna.
Ha un’enorme maglia grigia e una sciarpa tipica dei missionari comboniani al collo.
Sulla maglia noto la scritta “Rubber Soul”.
Le piacciono i Beatles?
Sorrido.
Strano, non mi ha ancora risposto.
Continua a disegnare, ma con mano tremante.
-Come mai ti sei nascosta qui dietro?-
Penso di non avere un tono severo o che altro… però lei mi risponde secca.
–Perché non c’erano altri posti.-
Una sua compagna obbietta –Ma veramente io ti ho tenuta il posto qui!-
La ragazza la guarda malissimo.
Sorrido. Questi ragazzi sono spassosi!
-Fa niente, fa niente!-
La ragazza torna a lavorare al suo disegno.
Guardo i compagni intorno –Beh? Ancora qui? A lavorare su!-
-Ma prooof! Abbiamo ancora due ore!-
Li zittisco con un gesto della mano e se ne vanno.
Mi avvicino alla ragazza per osservare il disegno.
Il suo respiro sembra affannarsi.
Ma… sta tremando?
-Ti senti bene?-
Non mi risponde.
Fissa davanti a se, con un’espressione sconvolta.
-Che hai?-
-Guarda il disegno e vattene!-
Sgrano gli occhi.
Un po’ di nervoso mi sale nel petto.
Sa benissimo anche lei che non può parlarmi così.
Sono un professore.
La prendo per la spalla e la costringo a guardarmi –Come, scusa?-
Mi sento in colpa.
Per averla toccata.
Per averla disturbata!
Mi guarda, ora, come se fossi uno zombie.
Il viso è pallido, cadaverico.
La bocca tesa in una smorfia di… dolore?
Il naso arricciato, le guancie rigate da lacrime.
Gli occhi freddi.
Un brivido mi percorre dalla schiena fino al braccio, posato ancora sulla sua spalla.
Lo tolgo immediatamente –Sc-scusa-
I suoi compagni accorrono ad aiutarla, a consolarla.
Io non posso far altro che tornare al luogo che tanto odio: la cattedra.

 
Mondo Nutopiano:
Aridaje!
Una versione rivisitata de "O' Professore".
Per chi è nuovo:
Si, è una storia che è già stata pubblicata in passato ma in versione ehm...
Merdosa.
Spero vi piaccia *O*
Per le mie amatissime, purissime, buonissime recensitrici:
Vi ringrazio. Di tutto, per le vecchie recensioni.
Sono una stronzona, lo so (è il mio soprannome a scuola).
Voi che vi disturbate per recensire e io che PUFF elimino tutto.
Odiatemi.
Ma miraccomando recensite AHAH ._.
Spero vi piaccia questa nuova versione! Grazie *3*

Peace & Love.
MelinAnima :3
  
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