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Autore: Eohl    18/11/2011    2 recensioni
Elise Scarletsparrow è in ritardo per il suo primo giorno alla prestigiosa quanto affascinante accademia, di cui lei e il mondo ignorano l'esistenza.
La ragazza, però, non è in grado di sapere quali e quante avventure intrise di misteri e piene di ostacoli dovrà affrontare per salvare quel mondo così nuovo ma al contempo così familiare che sta ancora scoprendo, poichè un essere oscuro e malvagio sta già progettando di conquistarlo...
In quest'avventura Elise avrà al suo fianco amici fedeli e di fronte nemici inaspettati e potenti, ma il più grande dei pericoli è nascosto dentro di lei, un potere in grado di difendere la realtà...o di distruggerla...
Con una storia di magia, avventura, amicizia, odio e tradimenti inizierà il viaggio di Elise e dei suoi amici, alla ricerca dell'unico modo per fermare l'Oscurità, nonostante essa sia più vicina a loro di quanto credano...
E' la mia prima storia e mi impegnerò molto, per questo spero vi piaccia e spero di ricevere recensioni costruttive per permettere al mio stile di crescere ed affinarsi.
Attenzione: Premetto fin da subito che per questa storia ho preso (parecchio) spunto dalla saga di Harry Potter (visto che l'adorooo!) ma con una sfumatura autobiografica, perciò spero di non ricevere accuse di plagio.
Genere: Fantasy, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Attenzione: Premetto fin da subito che per questa storia ho preso (parecchio) spunto dalla saga di Harry Potter (visto che l'adorooo!) ma con una sfumatura autobiografica, perciò spero di non ricevere accuse di plagio. Un ringraziamento speciale a Tayra e lalayth che mi hanno (con il fucile puntato alla schiena) convinto a postarla :)

Buona lettura!


 


 

Capitolo 1 – Prendo un treno nella metropolitana e faccio nuove amicizie.


 


 


 

Quella mattina la solita Londra grigiastra e costantemente minacciata dalle piogge e dai venti, risplendeva con il suo cielo sereno e le nuvole bianche. In alto, il sole splendeva caloroso. La città, quel giorno, era in costante movimento. Sicuramente più degli altri giorni. Per le strade le macchine, gli autobus e i motorini erano schiacciati l'uno contro gli altri, come sardine in una scatola. Era il primo giorno di lavoro per molti inglesi e il primo di scuola per moltissimi studenti. Il che voleva dire soltanto che non solo la parte superiore della città era intasata, ma anche quella inferiore. Londra era letteralmente governata dal caos quel giorno, così come gli altri anni, e nessuno pareva far caso a quella bella giornata, a causa del gran trambusto proveniente dalle strade. Oxford Street, in particolare, era la strada maggiormente trafficata. C'erano più di quattro chilometri di macchine, autobus, taxi e motorini, tutti in fila. I negozi erano stati appena aperti e la gente rimasta a piedi andava in due diverse direzioni: verso la fermata dell'autobus più vicina oppure si ammassava sulle scale che scendevano alla Underground, la metropolitana londinese. Nell'aria si respirava un caotico ritardo. Ed ecco così che, all'ottavo rintocco dell'imponente Big Ben, l'orologio più grande di tutta Londra, la città si era svegliata.

Tra la gente, una ragazza correva affannosamente. Aveva il respiro ansante e i capelli neri, di solito lunghi fino alle spalle, ora in balia del vento per la corsa. I suoi occhi castani riuscivano a scorgere in lontananza la fermata dell'autobus e, con lei, il mezzo stesso. Aveva da poco superato Hamleys, il famoso negozio di giocattoli, a circa trenta metri di distanza, quando quel maledetto rosso scattò, lasciando così libertà all'autobus di scappare via. Purtroppo, la fatica per quella corsa

angosciante, la rabbia verso il semaforo e l'ansia del suo ormai certo ritardo al primo giorno di scuola, la costrinse ad appoggiarsi al primo palo della luce che incontrò, per riprendere fiato. Esausta, la giovane quattordicenne di nome Elise, si passò una mano sulla fronte madida di sudore, imprecando tra sé e sé e chiedendosi come avrebbe fatto a raggiungere la scuola. Quella mattina non aveva corso per molto tempo: era uscita di casa mezz'ora prima delle otto, causa ritardo, e da lì aveva corso verso la fermata più vicina, la quale si trovava a Oxford Street. Non si era fatta più di quattro chilometri di corsa libera. Magari! No, aveva corso, facendosi strada tra la massa di personeche intasava le strade, in modo da raggiungere la fermata il più presto possibile, ma a quanto pare ciò non era servito a molto. D'altronde doveva aspettarselo. Se solo quella maledetta sveglia avesse suonato..!

Comunque, quella mattina, i veri responsabili del suo ritardo e della sua fatica erano la borsa gigante che si era portata dietro, lo zaino sulle spalle e il marsupio stretto in vita. Infatti, la scuola che avrebbe dovuto frequentare da quel giorno di inizio settembre, era un college. Un'accademia, in realtà. Qualche mese prima aveva ricevuto una lettera scritta a mano con una calligrafia elegante e molto chiara, nella quale veniva accettata in quella prestigiosa scuola.

'Downson Mind Academy.

Mittente: Preside Eoin Lush


 


 

Cara Signorina,

Siamo lieti di informarla che lei è stata ammessa alla Downson Mind Academy, dove potrà apprendere le materie da noi insegnate e praticarle con la maggiore abilità.

Il mezzo di trasporto che la condurrà nella nostra rinomata scuola potrà facilmente trovarlo a Oxford Circus, Londra. Qui accluso troverà il distintivo della nostra scuola, che tutti gli studenti dovranno allegare al proprio bagaglio per evitarne la dispersione durante il viaggio d'andata.

Speriamo di riceverla presto nella nostra scuola.

La Downson Mind Academy sarà lieta di avere un talento come il suo tra di noi.

Distinti saluti.


 

Preside Eoin Lush.'

Il mittente era il preside della suddetta scuola, una certa Downson Mind Academy. All'inizio Elise non ci aveva creduto, dato che non aveva mai mandato la richiesta per essere ammessa, se non alla scuola pubblica. Aveva, perciò, deciso di parlarne con i suoi genitori. Il padre, un uomo poco più alto di lei, con un ciuffo di capelli neri che copriva la sua imminente calvizie, dal naso leggermente adunco e dalle sopracciglia folte, le aveva detto che aveva già sentito parlare di quella scuola e ci pensò su, corrucciando la fronte come faceva di solito, quando pensava. La madre, dai capelli corti tinti di un castano-rossiccio, le labbra sottili e il naso leggermente aquilino, la guardava con dolcezza, da dietro i suoi occhiali dalla montatura blu, e le aveva detto che era una scuola molto prestigiosa e importante e che rifiutare sarebbe stato davvero un peccato. Così, in un modo o nell'altro, si era ritrovata con una valigia ricolma di vestiti, quattro paia di scarpe, biancheria e calzini di ogni tipo. Mentre lo zaino era ricolmo di tutti gli effetti personali dai quali non poteva separarsi, tra cui il suo piccolo PC portatile, il portafoglio, l'album di fotografie, la macchina fotografica, il cellulare e il suo fedele MP4, e altre cose tutte sparpagliate. E, infine, nel marsupio, portava la merenda per quel giorno. Purtroppo non aveva altro posto dove metterla!

Sulla sua lettera le era stato detto che il mezzo di trasporto che l'avrebbe portata direttamente alla scuola si trovava ad Oxford Circus. Quindi Elise si era sbrigata a raggiungere l'autobus più vicino all'incrocio, che purtroppo aveva perso. E ora un altro problema, ben più importante del cibo, sorgeva: come avrebbe fatto a raggiungere l'accademia?

Aveva appeno finito di porsi la domanda quando un razzo le passò davanti, facendole perdere l'equilibrio. Era un ragazzo abbastanza alto, con uno zaino blu in spalla e una valigia nera gigantesca a seguito. Questo era il massimo che riuscì a distinguere di quel pazzo che correva come un forsennato. Elise, a terra, dolorante e schiacciata dal peso delle sue stesse borse, ci mise qualche secondo prima di riconnettere il cervello alla bocca.

-Ehi! Razza di idiota! Guarda dove vai!- gridò, agitando il pugno verso il punto dove era sparito il ragazzo. Poi cercò di rialzarsi ma, purtroppo, il pesò delle valige la appiattì al suolo. Si sfilò il borsone a tracolla di dosso e lo posò accanto a sé, riuscendo a sedersi e appoggiando la schiena al palo dove si era fermata poco prima.

''Accidenti a quel siluro umano!'' iprecò tra sè e sè.

Beh, in fondo, era l'ora di punta. Non poteva aspettarsi di essere l'unica in ritardo.

''Però c'è modo e modo! Cavolo! Non si è neanche fermato ad aiutarmi! Che razza di..''

-Serve aiuto?- disse una voce accanto a lei. Alzò lo sguardo e notò una ragazza alta poco più di lei, dai capelli castani, con la frangia rivolta da una parte, un po' come la sua, solo che questa aveva dei colpi di sole biondi. Aveva un viso molto simpatico: gli occhi, castani come i suoi, la scrutavano con preoccupazione, aveva il naso piccolo e le labbra fine e minute che si aprivano in un sorriso premuroso. Aveva in spalla uno zaino bianco e una valigia rossa a seguito. Indossava dei semplici jeans scuri, delle All Star nere e un giaccone nero, con delle sottili strisce bianche ai lati. La ragazza le tese la mano e, dopo pochi secondi di stallo, Elise la accettò e si rialzò in piedi.

-Grazie.- ringraziò, spolverandosi i pantaloni. Quando rialzò lo sguardo notò che la ragazza non stava più fissando lei, ma il suo borsone e, in particolare, la spilla con lo stemma della scuola che Elise vi aveva appuntato sopra. L'aveva ricevuta per posta, insieme alle informazioni su come raggiungere l'accademia, nient'altro.

Era uno stemma piuttosto bizzarro in effetti: al centro c'erano 3 lettere allineate, una D, una M e una A, le iniziali dell'accademia. Intorno alle lettere c'erano delle decorazioni: in alto a sinistra delle lingue di fuoco, in basso a sinistra dei rami e delle foglie, in alto a destra delle gocce e delle bolle d'acqua e in basso a destra il simbolo di un uragano. Insieme riempivano l'intera spilla, grande più o meno come un mandarino. Le immagini intorno alle lettere erano davvero molto realistiche. Poi la ragazza tornò a fissarla, con uno sguardo interrogativo.

-Per caso..anche tu vai alla Downson Mind Academy?- chiese.

-Sì.- disse Elise e poi si voltò verso la fine di Oxford Street, dove aveva perso l'autobus qualche minuto prima. -Ma ho perso l'autobus per arrivarci.- ammise, tornando a guardarla.

-L'autobus?- chiese l'altra, confusa. -Non si prende certo l'autobus per arrivarci.- aggiunse.

-Ah no? Strano, la lettera che ho ricevuto diceva che per raggiungere la scuola avrei trovato il mezzo a Oxford Circus, mi pare..- disse Elise, cercando di ricordare tutte le informazioni.

-Sì.- convenne la ragazza. -Alla stazione della metro di Oxford Circus. Non ci si arriva certo con gli autobus fin laggiù.- aggiunse. Ma Elise si era fermata a 'stazione della metro'.

-Come la metro? Devo prendere la metropolitana per arrivarci?- Elise, cominciava ad agitarsi. In tutta la sua vita aveva preso una sola volta la metro e non aveva la minima voglia di ripetere l'esperienza. La sensazione di ritrovarsi tre metri sotto terra le faceva venire i brividi.

La ragazza di fronte a lei quasi non l'ascoltava più. Fissava il suo orologio grigio, con la fronte corrucciata. Poi sospirò.

-Accidenti! Sono in ritardissimo! Devo correre verso la stazione!- Tutta agitata, si sistemò lo zaino sulle spalle, tirò la maniglia della valigia e, dopo aver mosso neanche due passi, si voltò verso Elise.

-Andiamo! Siamo in ritardo!- La prese per mano e la spinse a seguirla, poi la lasciò e cominciò a correre tra le gente. -Sbrigati o perderemo la metro!- urlò, in lontananza. Elise si fermò un attimo e poi corse come una furia, seguendo quella ragazza. Dopo alcuni minuti di corsa, facendosi strada tra le gente, Elise arrivò a Oxford Circus. Riprese fiato, appoggiandosi con le mani sulle ginocchia. In quell'incrocio spaventoso di macchine e mezzi pubblici, cercò quella ragazza, voltando la testa da una parte all'altra. Ma dove era finita? Poi, in lontananza, la vide con la gigantesca valigia rossa che le faceva cenno di seguirla, proprio davanti all'entrata dell'Underground. Elise attraversò l'incrocio, rischiando anche di essere messa sotto da un taxi. Appena raggiunta l'entrata della metro, scesero le scale e si ritrovarono immerse in un mare di persone. C'era chi correva per salire prima di tutti sulla metropolitana appena arrivata e occupare i posti a sedere e chi si precipitava per raggiungere le porte che si chiudevano all'ultimo minuto, cercando di infilarcisi. E poi c'erano quelli appena arrivati che, come lei, si perdevano nello shock di quel caos assordante. Si voltò verso il punto dove c'era la ragazza di prima, la quale stava di qualche passo avanti a lei e le faceva cenno con la testa di seguirla. Una volta raggiunta, si incamminarono insieme, cercando il binario giusto.

-Scusa, quale dobbiamo prendere?- chiese Elise, continuando a guardarsi intorno.

-A quanto ho saputo un binario con le iniziali della scuola. Spero sia di un colore diverso dagli altri.- disse. In effetti tutti i binari della metro erano bianchi e blu, con le porte rosse e il simbolo della metro su uno dei vagoni: un cerchio rosso tagliato da una striscia blu, con sopra la scritta Underground. Perciò era facile confondersi. Ma non era possibile che ci fosse un binario di un colore diverso dalle altre. Poi Elise si accorse che non si era nemmeno presentata.

-Ehi, senti..- la chiamò e questa si girò verso di lei. -Mi sono dimenticata..- disse e sorridendo tese la mano verso di lei. -Il mio nome è Elise, Elise Scarletsparrow. Piacere di conoscerti.- la ragazza sorrise a sua volta e strinse la sua mano.

-Piacere. Io sono Eve Blossom!- Elise, in quel momento, non seppe perché ma sentì che Eve sarebbe stata la sua prima grande migliore amica. Quelle che aveva avuto in passato non erano che amicizie superficiali, di quelle che non ne senti la necessità nemmeno nei momenti peggiori. Non aveva mai avuto vere amiche e non sapeva come accorgersi di averne trovate, perciò niente le diceva che Eve sarebbe stata diversa dalle altre. Eppure, dentro di sé, Elise percepiva una sensazione inspiegabile che le diceva che si sbagliava. Non aveva certezze, ma se lo sentiva. Era un legame diverso da tutti gli altri, qualcosa di profondo e di unico. L'Amicizia..

-Dai! Sbrigati!- la voce di Eve la riscosse dai suoi pensieri. Era andata avanti di una decina di passi. -Forza! Credo di averlo trovato!- aggiunse, tutta entusiasta. Elise la raggiunse e, dopo aver svoltato uno degli archi che reggevano il tetto della stazione, Eve indicò un punto indistinto dritto davanti a loro, dietro la massa di persone che affollavano la metropolitana. Dopo averlo messo a fuoco, anche Elise vide un binario diverso dagli altri. Era nero, con una striscia rossa ai lati e, proprio al centro del treno, c'erano le iniziali DMA, Downson Mind Academy. Una volta raggiunto, dopo aver oltrepassato le sardine, Elise e Eve si ritrovarono davanti al binario. Per raggiungerlo avevano oltrepassato una nube di fumo bianco che le aveva fatte tossire per un bel po'.

-La prossima volta...- disse Eve, a fatica e tossendo. -..tratteniamo il respiro!...Che schifo!- aggiunse, facendo una smorfia di disgusto. Elise concordò: quel fumo aveva un odore schifoso, simile a una discarica! Dette un occhiata al binario davanti a lei. A differenza di tutti gli altri, a parte per il colore e le scritte, quel binario non aveva nessuna fretta, anzi, era fermo sul posto. Non c'era neanche il cartello elettronico che segnava se ce n'era in arrivo un altro. Sembrava quasi un treno, di quelli da una sola corsa che non hanno un successivo. Come..come l'Orient Express! A destra, all'inizio del binario, si disperdeva un sacco di fumo bianco, che lo copriva agli occhi della gente. Quello stesso fumo che le aveva quasi soffocate. Qualcuno avrebbe dovuto aggiustarlo, altrimenti chi non si sarebbe lamentato per un treno della metro, il cui fumo avrebbe senz'altro ucciso i passeggeri? Chiunque lo avesse visto...Un attimo! Possibile che lo avessero visto solo loro due? No, non era possibile. Però era parecchio strano...Forse era un binario diverso dagli altri, di quelli che vanno su prenotazione. Uno di quelli importanti..

''Ma da quando mai i binari delle metro fumano?'' si chiese Elise tra sé e sé, ancora un po' confusa.

-Elise, vieni!- la chiamò Eve, che intanto si era caricata sul binario la sua valigia rossa. Grazie al cielo le metro non avevano gli scalini! Anche Elise caricò il suo borsone, che poco prima aveva posato a terra esausta. E poi...rimase a bocca aperta. Non aveva mai visto molte metro ma era sicurissima che nessuna fosse così.

All'interno era strutturato come un treno a tutti gli effetti. Non c'erano i soliti posti a sedere da un lato e dall'altro con il solito corridoio in mezzo, no, il corridoio era solamente sulla sinistra e a destra c'erano le cabine, rivestite tutte in legno. I posti a sedere erano sei per ogni cabina, tre da un lato e tre dall'altro, rivestiti di un tessuto rosso molto morbido e c'era un enorme finestrino, che per ora dava solo sul muro della galleria. Ma l'unica cosa che sembrò accomunare quel binario a tutti gli altri era che non c'era un solo posto libero, tutti le cabine erano occupate. E i passeggeri erano tutti ragazzi e ragazze della sua età. C'era chi parlava allegramente con i compagni di vagone, chi leggeva, chi mangiava, chi dormiva... Elise non poté fare a meno di sorridere, osservando gli altri. Si sentiva così bene lì, insieme a tanti altri ragazzi della sua età. In un certo senso si sentiva a casa.

-Elise! Ho trovato un vagone libero! Sbrigati prima che ce lo prendano!- la chiamò Eve, a circa dieci-dodici cabine di distanza. Elise trascinò il suo borsone fino alla cabina scelta da Eve, la quale si era già sistemata la sua nel portabagagli sopra i sedili e si era accomodata vicino al finestrino, rovistando nel suo zaino alla ricerca di qualcosa. Anche Elise sistemò il borsone sopra il sedile e si sedette vicino al finestrino, proprio di fronte a Eve. Appena quest'ultima si slacciò il giaccone, Elise notò un campanellino un po' scolorito legato al suo collo a mo' di collana. Ora, libero di muoversi, il campanellino suonò allegramente mentre lei posava il suo giaccone sul sedile accanto e poi, sopra, il suo zaino bianco. Da questo, Eve aveva tirato fuori un panino alla cioccolata. Dopo averla osservata anche Elise cominciò a sentire i morsi della fame e le scappò un mugolio contrariato dallo stomaco e tirò fuori dal suo marsupio una merendina al cioccolato. Nell'aprirla Eve non poté non notare che, legato al polso di Elise, c'era un campanellino simile al suo, solo più piccolo e con meno ghirigori.

-Piacciono anche a te?- chiese, indicandolo. Elise seguì con gli occhi la sua mano e poi annuì.

-Sì, soprattutto il loro suono.- detto ciò, a Eve le si illuminarono gli occhi.

-Dicono che infonda armonia e felicità a chi lo porta.- disse Eve, rigirandosi il suo campanellino fra le mani. Elise sorrise ancora, cominciando a rigirarsi tra le mani anche il suo.

E così, in men che non si dica, si ritrovarono a parlare a raffica di ogni tipo di cose: dal cibo alla scuola, dai ragazzi agli animali domestici, dai film ai libri. Scoprirono inoltre di avere un altro interesse in comune: il disegno. Adoravano disegnare entrambe, specialmente i fumetti giapponesi. Parlarono dei loro Manga e Anime preferiti e tanto erano prese dalla loro conversazione che neanche si accorsero che il binario era già partito e che, così, era iniziata la loro avventura.


 

Eve stava ancora mostrando il suo album di disegni a Elise, quando qualcuno bussò alla loro cabina. Era un ragazzo, un po' più alto di Eve, magro ma non esageratamente. Aveva i capelli neri, con un ciuffo sulla nuca che non ne voleva sapere di stare insieme agli altri. Gli occhi erano castani e aveva il naso un po' storto. Indossava un giaccone completamente blu, tranne che per delle strisce a zig-zag, una rossa e una bianca per braccio. E dei jeans grigio chiaro. Aprì la porta, infilando la testa nella cabina.

-Scusate, posso?- chiese. -Le altre cabine sono tutte occupate.- disse e, senza neanche pensarci, Eve lo invitò a entrare.

-Certo, vieni.- disse, riponendo il suo album nello zaino. Il ragazzo sorrise, prese la sua valigia nera e la fece entrare nella cabina. Nel metterla sopra uno dei sedili, accanto a quella di Eve, si dovette voltare. E lì Elise scoprì che il ragazzo portava uno zaino blu. Che sembrava lo stesso di quel tipo che...!!!

-TU!!- urlò, indicandolo. Lui si voltò e la guardò confuso. Era lui, non c'era ombra di dubbio! I capelli, la valigia nera e persino lo zaino! Era quel teppista veloce come un razzo che l'aveva fatta cadere a terra!

-Sei quello che mi ha fatta cadere senza nemmeno fermarsi!- aggiunse, dopo essersi alzata anche lei e avergli puntato un dito contro. Lui la guardò ancora con la stessa espressione di prima.

-Veramente non ricordo.- disse, serio. Elise ribollì ancora di più di rabbia.

-Pensa quanto sei stato attento! E se fossi stata in mezzo alla strada?! Sarei potuta finire sotto una macchina, razza di idiota!!- dopo quell'insulto, anche il ragazzo cominciò a imporporarsi di rabbia.

-Beh, tu potevi stare attenta!- rispose a tono, incrociando le braccia.

-Io?! IO?! Sei TU quello che è venuto addosso a ME!- esclamò lei.

-Non l'ho mica fatto apposta! Ero in ritardo!!- aggiunse lui, serrando la mascella.

-E per cosa?! Dopo mezz'ora che eri andato via il binario era ancora qui!-

-Infatti ho sbagliato fermata e sono dovuto tornare indietro! Quando sono arrivato il treno stava già per partire!-

-Pensa allora quanto puoi essere idiota, oltre che maleducato!-

Eve osservava la scena, seguendo con la testa chi parlava, facendo destra, sinistra, destra, sinistra...

-Beh, scusa, mi dispiace, va bene?!- si scusò lui, alzando la voce.

-'Ti dispiace'? Non basta! Ma ti hanno insegnato l'educazione?! Se fossi stata in situazioni critiche la tua sarebbe stata omissione di soccorso, lo sai?-

-Ma non lo eri! Quindi piantala di fare tutta questa scena!-

-Io non sto facendo nessuna scena! La colpa è solo tua!-

-Sei tu che hai iniziato!! E smettila di urlare come un'isterica!-

-Se tu non avessi fatto il cretino, non starei urlando!-

-Neanche io se è per questo!! Ti ho chiesto scusa, va bene?!-

-Bene!-

-Bene!-

-BENE!-

-BENE!-

E si lasciarono cadere sui sedili, guardando ovunque tranne che dalla loro parte.

Eve era rimasta zitta tutto il tempo, osservando la scena divertita. Rise sotto i baffi, mentre osservava le loro espressioni contrariate e corrucciate. Loro, d'altronde, non ci fecero molto caso, occupati com'erano a non rivolgersi neanche lo sguardo, pensando ad ogni tipo di insulto possibile da rivolgersi nel caso uno di loro avesse cominciato a borbottare. Ma niente. Il silenzio assoluto regnò in quella cabina per quel che parvero ore, ma che in realtà erano solo pochi minuti. Poi Eve spezzò il silenzio.

-Okay, direi che è il momento di fare le presentazioni. Ciao! Io sono Eve, Eve Blossom.- disse Eve, con un sorriso, tendendo la mano al ragazzo che, anche se ancora arrabbiato, la strinse e sorrise.

-Piacere. Io sono Ruben Viridian.- si presentò. Poi lanciò uno sguardo a Elise, che neanche lo guardava, e si rimise nella stessa posizione di poco fa. Toccava ancora a Eve spezzare il silenzio.

-Allooora...- disse Eve, rivolgendosi a tutti e due. Poi prese dal suo zaino, che ora aveva tra le braccia, un foglio di carta spiegazzato. -..Qualcuno ha delle informazioni più fornite di queste a riguardo all'accademia?- chiese, sventolando il foglio di carta in attesa che uno dei due lo prendesse. La mano di Elise fu più veloce e prese il foglio per prima.

La lettera era tale e quale a quella che aveva ricevuto Elise. L'unica differenza era il destinatario, e cioè Eve. Elise la rilesse, soffermandosi poi su un'unica frase.

'...dove potrà apprendere le materie da noi insegnate e praticarle con la maggiore abilità.'

Su questa parte c'era niente di strano, ma l'ultima frase fu quella che colpì Elise, come l'aveva colpita la prima volta che l'aveva letta.

'La Downson Mind Academy sarà lieta di avere un talento come il suo tra di noi.'

Talento. Quando aveva letto quella parola per la prima volta nella sua lettera si era sentita lusingata, ma adesso un pensiero le si formulò in testa.

Talento? Quando andava alla scuola pubblica nessuno le aveva detto di avere del talento. Un po' perchè lei non sapeva granchè e un po' perche quei professori erano dei veri incompetenti. Ma come faceva quella, a quanto si diceva, prestigiosa scuola riconoscere in lei del talento?

Ruben prese il foglio dalle mani di Elise quasi senza che lei se ne accorgesse e lo lesse attentamente.

-Non vi sembra strano?- chiese, catturando l'attenzione di entrambe.

-Cosa?- chiese Eve. Ruben indicò una frase in particolare e la mostrò a Eve.

-Qui, guarda. Dice: ''..dove potrete apprendere le materie da noi insegnate e praticarle con la maggiore abilità.''-

-E cosa c'è di strano?- chiese Elise.

-..Beh, hanno parlato di pratica e abilità..Come se dovessimo fare qualcosa di particolare, qualcosa di diverso dalle altre scuole..- spiegò lui.

-Io non ci trovo nulla di strano. In molte lettere di accettazione mandano frasi del genere. Forse è una scuola di specializzazione.- propose Elise.

-..Specializzazione per cosa?- chiese lui, con un tono un po troppo da sapientino per i gusti di Elise.

-Non ne ho idea. Io non so neanche cosa studieremo là.- disse lei.

-Neanche io so che tipo di scuola sia la DMA, né cosa ci insegneranno.- disse Eve.

-Idem.- aggiunse Ruben. Seguirono alcuni istanti di silenzio, ricchi di domande silenziose.

-Quindi, riassumendo, siamo su un binario sottoterra, diretto chissà dove, verso una scuola dove dovremmo stare tutto l'anno che nessuno conosce. Non sappiamo cosa faremo o studieremo e tutto quello che sappiamo è scritto su un foglio di carta che non ci dice niente di soddisfacente.- disse Elise.

-E al mio telefono è morta la batteria!- aggiunse Eve. Elise e Ruben la guardarono confusi.

-E questo che c'entra?- chiesero all'unisono.

-Un'ora fa aveva sette tacche di batteria! Si è rotto adesso!- disse, indicando il suo cellulare. Ruben si mise una mano nella tasca destra dei pantaloni e ne uscì il suo.

-Se vuoi ti presto il mio.- si offrì lui. Eve non parve farci troppo caso e scosse la testa.

-Grazie, non ti preoccupare.- disse lei. Ruben scrollò le spalle e ripose il telefonino nella tasca.


 


 


 


 


 

P.s. Fatemi sapere che ne pensate e se merita di essere continuata o no. Grazie :) 

  
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