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Autore: Melanto    14/07/2006    3 recensioni
[Versione Aggiornata del: 24/10/2009] - Si scherzava tra i più giovani, si rideva. Giocavano, ignari di ciò che stava succedendo o, forse, ne avevano percepito i frammenti nell'aria trascurandone la pericolosità.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angel no Tears'
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Lasciate che spenda due parole su questo capitolo prima di lasciarvi alla sua lettura! Sì, lo so, non dite che sono rompiscatole ok?!
Allora... incredibile, ma vero, l’intera storia ANT ha avuto origine proprio da questo ultimo capitolo! È stato mentre ascoltavo questa canzone (Solo un sogno di Pacifico) che ho immaginato la scena clou di quest’ultima parte e poi, da lì, piano piano si è diramato a ritroso tutto ciò che ha portato a questi eventi finali. Ve la consiglio davvero, questa canzone, perché merita!
Raziel è sempre stata la mia creatura angelica favorita, anche perché diciamo che è il mio Arcangelo guida secondo l’astrologia. Lui è la Ragione pura, ma ci sono così tanti fattori da valutare, che spesse volte ci si può sentire soffocati dalle proprie responsabilità ed il peso della Verità.
Per quanto riguarda Gabriel, nella maggior parte dei film sugli angeli che ho visto, la sua figura era sempre quella malvagia. Una visione che non mi ha mai trovato favorevole. Mentre la figura di Mikael era perennemente esaltata nella sua magnificenza di Principe Arcangelico supremo. Ma era poi una suddivisione così semplice? Può essere semplice il compito di Braccio Destro di Dio? Sinceramente non ho mai condiviso l’immagine Paradisiaca che tracciano la Bibbia ed i testi sacri, apocrifi e non: troppo facile (e chissà, magari è proprio così! ^^). Così ho voluto dare una mia particolare visione del Paradiso. Ed è nato tutto questo.
Era da tempo che volevo trattare queste figure, che mi affascinano particolarmente, e sono abbastanza soddisfatta del risultato finale. Vabbeh dai, vi ho rotto anche troppo con tutta sta predica! Vi lascio al capitolo! ^_^ un saluto e vi rimando alla nota finale.

ANGEL NO TEARS
- METAMORPHOSIS -

- CAPITOLO 8 - Solo un sogno

Le armate di Gabriel volavano composte in direzione del castello del Paradiso.
Si erano mossi con decisione dalla fortezza lunare ed avevano attraversato la linea di confine con la dimensione celeste già da molto tempo.
Il passaggio li aveva lasciati decisamente spaesati quando vennero a contatto con la pioggia battente del posto. Il cielo plumbeo e il fitto temporale non permettevano di distinguere nulla nel raggio di chilometri.
Laylahel, con la sua armatura in madreperla, era rimasto allibito di fronte a tutta quella violenza della natura.
“Principe...” mormorò, rivolgendosi a Gabriel “...mi avevate parlato della situazione che ci saremmo trovati di fronte, eppure io... non avrei mai immaginato che potesse essere così...” non seppe trovare la parola giusta per poter descrivere quello che i suoi occhi vedevano adesso, mentre li stringeva in fessure per riuscire a tenerli aperti contro la pioggia sospinta dal vento. Le piume tremavano con forza sotto quel respiro gelido e violento.
“Ti spaventa?” domandò il Principe della Luna in direzione del suo compagno.
“Molto.”
Camael si portò di qualche passo innanzi al gruppo in modo da poter essere ascoltato da tutti.
“Allora approfittate di questa vostra paura...” disse solenne “...succhiatele tutta la forza che essa contiene e trasformatela in coraggio, solo così potremo andare avanti.”
Gli altri annuirono, mentre lui tornava a capo delle Potestà. Insieme ripresero il volo verso la loro meta ultima.
Gabriel era alla testa della legione, affiancato dagli altri comandanti. Indossava, con incredibile eleganza, l’armatura d’oro e d’argento con cui aveva affrontato le orde demoniache di Satana, durante la prima vera guerra delle Schiere Celesti. Un pesante scudo di foggia ovale era posto al braccio sinistro mentre sopita, per il momento, nel fodero in metallo al suo fianco, restava la spada dal lungo manico finemente lavorato.
Alla sua destra, Uriel, potente arciere, indossava un’armatura rossa e avorio. Le ali fiammeggiavano senza minimamente risentire delle gocce di pioggia. Il lungo arco era già saldo nella sua mano, mentre la faretra carica di frecce restava sistemata sulla schiena. Accanto alla sua figura stava Laylahel, che in quel frangente avrebbe comandato le Schiere Lunari. Possenti catene si avvinghiavano ai suoi bracciali per poi lasciare pendenti le punte.
Alla sinistra di Gabriel, Camael aveva uno sguardo deciso, fisso innanzi a sé. Il Principe della Luna era rimasto incredibilmente sorpreso nel ritrovarselo alle porte del Palazzo, accompagnato dall’intero coro delle Potestà. Eppure nulla aveva voluto chiedergli in merito alla sua decisione: quando sarebbe stato il momento, glielo avrebbe confessato lui stesso. L’armatura d’oro lucente sembrava ora di un giallo scuro sotto le nubi grigie e globose. I crini rossi, scivolanti dall’elmo, ondeggiavano folli nel vento tumultuoso. Lo scudo romboidale nascondeva il braccio alla vista, mentre fuoriusciva l’elsa della scimitarra dal fodero.
Non erano una compagine molto numerosa, circa un centinaio.
Uriel era seguito dal nutrito gruppo di angeli arcieri a lui fedeli, i ventotto angeli lunari erano sotto il controllo di Laylahel. Camel e Gabriel comandavano i loro rispettivi cori, ma a questi (di soli di otto membri ciascuno) si erano aggiunti decine e decine di angeli provenienti da tutte le parti della dimensione paradisiaca.
La strada era presa e la meta ormai prossima. Non si sarebbero fermati fino a che non avrebbero raggiunto le porte del Paradiso. I loro sottoposti li seguivano silenziosi e, anche se erano molto titubanti sull’avvenire, mai avrebbero voltato le spalle alla fiducia che riponevano nelle loro guide. Con gli sguardi dritti innanzi al loro cammino continuavano ad avanzare compatti nella pioggia; potevano già sentire il fragore delle onde sulla costa.

I cortili erano in fermento. Gli eserciti si stavano preparando, radunandosi nel cielo sopra il castello del Paradiso.
La pioggia battente bagnava le loro ali dalle piume candide, scivolava sulle armature di variopinti colori.
Raggruppati in ranghi compatti, sembravano un arcobaleno terrificante.
Espressioni severe si celavano dietro gli elmetti, spade al fianco e scudi al braccio. Aspettavano gli ordini dei loro comandanti.
Gli angeli minori mostravano i loro volti timorosi dietro le grandi vetrate o sotto i colonnati al riparo dalla pioggia. Osservavano quell’imponente spiegamento di forze che similmente avevano visto solo durante la guerra contro Satanael.
Metatron camminava lentamente lungo il colonnato affiancato da Sandalphon. I loro sguardi rivolti al cielo plumbeo brulicante di cori angelici pronti alla battaglia. Gli occhi viola, attenti, in un’espressione triste e rassegnata nell’attesa che il destino si compisse.
Innanzi a loro Anael restava immobile in trepidante aspettativa. Le mani strette in petto e gli Elohim1 impauriti alle sue spalle.
Fu l’Arcangelo dai crini d’argento a parlare. “Sono tutti riuniti?” domandò al Principe dell’Armonia, il quale rispose senza staccare gli occhi dai Fratelli in armatura.
“Sì. Ormai sono al completo...”
“Nessuna notizia di Gabriel?”
Scosse il capo. “Gli Aralim sulle torrette non hanno suonato i corni.”
Metatron ne osservò il profilo delicato dall’espressione concentrata, in attesa che qualcosa accadesse.
Sandalphon sfiorò il suo braccio. “Anche Raphael sta aspettando.” ed indicò, con lo sguardo, il signore dei Malakim con le braccia conserte e lo sguardo teso, attorniato dal coro, anch’esso in struggente attesa.
Un metallico suono di passi attirò la loro attenzione verso il fondo del colonnato. I loro sguardi si persero nel profondo della sua oscurità, attendendo che l’origine del rumore riemergesse a mostrare la sua identità. Quel clangore non poteva essere altro che di un’armatura e ad esso se ne sommarono altri. Si alternavano con cadenza ritmica. Non fu difficile immaginare chi potessero essere: Mikael, innazi, seguito da Binael e Raziel affiancati. In alta armatura avanzavano lenti, ma decisi, verso un destino che non poteva essere oltremodo cambiato, nonostante le preghiere di Metatron.
Il primo a comparire, quasi fosse egli stesso un’ombra, fu il Principe Supremo delle Schiere Celesti, avvolto nella sua armatura interamente nera. L’elmo sulla testa e l’enorme spadone a riposo sulla schiena. Binael ostentava, dietro di lui, un’altrettanta sicurezza alimentata dal suo vivo orgoglio ferito. Il bronzo delle sue vestigia contrastava con i crini avorio oscillanti alle sue spalle. Stringeva nel pugno una lunga alabarda, pronta ad essere usata. Ma forse quello che aveva l’espressione più indecifrabile era Raziel: dal suo viso non si riusciva a dire se fosse deciso, preoccupato o addirittura indifferente, ma sicuramente non aveva paura. Più che altro appariva rassegnato. Si fermò insieme agli altri innanzi a Metatron e posò il pesante scudo a cerchio al suolo. Si scambiarono una lunga occhiata, il cui esito lasciò sfuggire un lungo respiro al consigliere del Padre.
“Ebbene non ci resta che aspettare.” esordì Mikael solenne, mentre Anael gli rivolgeva uno sguardo carico di rabbia che il Principe preferì ignorare.
Il vento sollevava insidioso le tuniche degli Arcangeli e ne smuoveva i crini, irrequieto.
“Per quando prevedete l’arrivo di Gabriel?” domandò Sandalphon, osservando gli eserciti in attesa.
Binael scosse il capo. “Non lo sappiamo. Lui sa essere imprevedibile, ma ci troverà preparati.”
Il viso di Metatron si contrasse in un’espressione indispettita. “Siete ancora in tempo per evitare quest’inutile carneficina.”
Ma le parole atone di Raziel non lasciarono scampo. “No...” disse, attirando gli sguardi su di sé “...ciò che è scritto non può essere cambiato e lo sai meglio di me. Il destino che ci attende è uno e lo stiamo per compiere. Ormai l’attesa è finita.” poi si volse ad osservare la pioggia in caduta libera ed incessante. Dritta e fitta. “Non ve ne siete accorti?” domandò agli altri “Il vento ha smesso di spirare. Arrivano.”
Un cupo silenzio e poi rauco, quasi assordante, il suono di un corno.

“Eccoci, dunque.” affermò Uriel, scorgendo l’isola del Paradiso dall’aura così irreale nel tumulto della tempesta.
Il palazzo dai candidi marmi, ora grigi sotto le nubi, era ben visibile tra l’oscillare scomposto delle cascate pensili. Le onde scroscianti restituivano suoni fragorosi nel loro abbattersi sulla costa; collassavano in esse porzioni di dirupi; lentamente, l’isola felice si stava sgretolando.
Il plotone si fermò, all’ordine di Gabriel, che mancavano poche centinaia di metri alla meta prefissa. Erano stati raggiunti dal suono di un corno nel loro avvicinarsi, preannunciandoli alla fazione avversa.
“Siamo alla fine del viaggio.” sospirò Uriel, mentre osservava i suoi Fratelli-rivali posizionarsi in cielo in attesa che lo scontro iniziasse. Li vedeva, tanti puntini colorati, e si sentì sollevato di non riconoscere il coro di Anael tra essi. Era dunque al sicuro.
“Tu dici fine?” lo richiamò Gabriel alla sua attenzione “Non pensi che questo sia solo l’inizio? Il reale inizio della nostra metamorfosi?” sospirò “O, forse, l’inizio si avrà con la fine di questa battaglia...” i suoi occhi notte si erano subito soffermati su l’unica cosa per cui valesse la pena morire.
Raziel lo stava aspettando. Avverso, come già sapeva che fosse, si stagliava quasi come il fantasma di sé stesso al fianco di un Mikael pronto a punire un peccato mai commesso. Si stavano avviando verso un qualcosa di indefinito, ma incredibilmente doloroso. Non sapeva quale sarebbe stato l’esito finale, ma qualcosa era già cambiato con la sua ribellione, il loro finto equilibrio si era finalmente spezzato. Ecco. Questo era il vero Paradiso. Questi erano davvero loro stessi e gli umani, come loro, ne riproducevano i comportamenti nel loro breve quotidiano. Il cambiamento stava già avvenendo e sarebbe perpetrato anche alla fine di questo ‘primo giorno’, sia che lui ne fosse uscito vincitore o perdente. Era il suo ultimo atto affinchè Mikael capisse.
“Prima di avanzare, dovrei parlarti.” Camael lo distolse dai suoi pensieri, facendolo voltare nella sua direzione. Uno sguardo deciso, eppure terribilmente affranto, gli restituivano gli occhi azzurri per poi distoglierli e volgerli al loro destino. “E' giusto che tu sappia la decisione che mi ha portato a raggiungerti al castello lunare.”
“Non c’è bisogno che tu lo dica, se non vuoi.”
“Voglio.” insistette l'altro e aveva tutta quella convinzione che lo aveva sempre contraddistinto.
Gabriel rimase in silenzio ad ascoltare ciò che aveva da dire, mentre Camael prendeva fiato, sospirando.
“Il giorno che tu varcasti le soglie del Planetario, durante la riunione, sentii il mio animo come risollevarsi dopo una brutta caduta. Leggero, gioiva del tuo agognato ritorno...” e fece vagare lo sguardo lungo tutto quel luogo che per millenni era stata la sua casa “...mi illudevo che ormai pace era fatta, che tu e Mikael vi sareste riconciliati. Insomma che tutto sarebbe tornato come prima e che questa... scaramuccia... sarebbe stata lasciata lì, nel dimenticatoio delle nostre memorie.”. Inclinò leggermente il capo di lato. “Ma non era così.” disse con un sorriso che prendeva in giro la sua stessa ingenuità. “La tua dichiarazione di guerra mi ha come aperto gli occhi. È stato il risvegliarsi da un incubo e guardare la realtà... che l’incubo è la realtà... che quello in cui mi sono crogiolato non erano altro che illusioni.”
Gabriel lo guardava dritto negli occhi, capendo il suo stato d’animo smarrito, ma non lo interruppe.
“Noi ci stiamo sgretolando, ci stiamo autodistruggendo ed è inutile credere che sia solo una nuvola passeggera. Questa è la verità. Ho capito che dovevo scegliere: continuare ad osannare ogni mio respiro, oppure cambiare tutto questo.” osservò il cielo grigio, che continuava a restituire solo pioggia compatta e battente. “Quando ho abbandonato la sala mi sono diretto nel grande cortile centrale. Ed ho osservato la pioggia, proprio come adesso. Mi sono rivolto al Padre affinché mi indicasse la via più giusta da prendere, mi desse un consiglio... un solo segno...” guardò Gabriel “...un sorriso.”
“Un sorriso?”
“E’ stato come un sole tra le nubi. Ciò che mi ha permesso di scegliere. Un ricordo: i sorrisi di Raziel quando parlava di te. La sua gioia quando passeggiava in tua compagnia. La sua tranquillità e la tua. Gabriel, io vi ho sempre ammirato; eravate il mio esempio, i miei Fratelli più vicini ed avrei fatto qualsiasi cosa purché voi foste felici. Restare con Mikael non me lo avrebbe mai permesso, per questo sono venuto da te. E per questo io combatterò, perché voi possiate essere nuovamente felici.”
Il Principe del Cielo Lunare poggiò una mano sulla sua spalla, sorrise come da molto tempo aveva smesso di fare. “Sei un grande amico ed un Fratello indispensabile. Grazie, Camael.”
L’altro annuì, tornando a guardare il castello, mentre Gabriel dava l’ordine di avanzare nuovamente e mentre riprendevano il volo, l'Arcangelo ribelle pensò che la felicità fosse una cosa a cui aveva ormai rinunciato quando aveva abbandonato il Paradiso, eppure gli sarebbe bastato avere Raziel tra le braccia per un solo secondo, per poter essere felice in eterno.

Quel suono cupo rimbombò per un tempo indefinito nelle orecchie dei presenti, seguito da un silenzio terribilmente innaturale come sospeso in quella breve ansia che aveva colpito tutti.
Mikael increspò le sue labbra in un sorriso beffardo e fu il primo a levarsi in volo per raggiungere i suoi sottoposti. Gli occhi puntati su quella lontana figura che era di Gabriel. Suo Fratello di carne. Suo Fratello reale.
Per quanto chiamasse e considerasse tutti gli angeli come suoi Fratelli, non poteva dimenticare il suo retaggio, la sua nascita, la sua natura di essere umano. Ciò che più odiava di sé stesso e che in parte aveva sempre influito sul suo carattere.
E poi c’era Gabriel, il suo fratellino. Quanto gli aveva voluto bene con quella sua vivacità, quella solarità che l’aveva fatto subito ben volere da tutti gli angeli, ma che, purtroppo, aveva deciso di restare umano. Che fosse stata proprio questa decisione la causa della corruzione della sua morale, che lo aveva portato a compiere un così empio gesto? I suoi istinti umani, non del tutto cancellati, l’avevano reso sporco dentro.
Scosse il capo, mentre una parte di sé si rifiutava di vedere che questo era accaduto anche per due Arcangeli puri come Uriel e Anael. Plagiati dall’animo trascinatore di Gabriel, ovvio. Erano creature superiori, quel genere di amore mutevole come il vento non poteva appartenere anche a loro, sarebbe stata una bestemmia.
Bloccò il flusso dei suoi pensieri prima che questi potessero deconcentrarlo, e calò lo sguardo al suolo. Raziel era ancora fermo nel portico. Gli occhi rivolti ad un punto indefinito del cielo, assenti, indecifrabili, privi di vita sembravano come riflettere l’anima di un morto. La scelta di schierarsi contro Gabriel lo aveva ucciso o, forse, era stato proprio il fatto stesso di compiere una scelta? Di combattere contro dei Fratelli? Raziel era la Ragione, forse era stato schiacciato dal peso di tutte quelle verità che stava a mano a mano scoprendo.
“Ora basta.” mormorò a sé stesso, riprendendo il controllo del suo animo. Vide Binael sollevarsi e raggiungerlo al comando delle schiere, un attimo dopo, meccanicamente, si librò anche Raziel.
“Aspetta...” lo chiamò Metatron impercettibilmente; l’ultimo disperato tentativo.
L’Arcangelo dai crini di bronzo scosse il capo. “Così deve essere...” e si portò alla guida del coro degli Auphanim.
Le sete della veste frusciarono nel suo librarsi attraverso la pioggia battente. Sistemò lo scudo sul braccio e mosse lo sguardo in un punto ben definito. La figura di Gabriel era così nitida nella sua imponenza e, per quanto lontani fossero, sapeva che i suoi occhi lo stavano studiando in ogni minimo particolare. Sentì il cuore fermarsi per quell’emozione improvvisa di poterlo nuovamente rivedere... un’ultima volta.
“Perchè non avanzano?” domandò Binael, rompendo la tensione che si era venuta a creare nel mezzo del cielo.
“Non avere fretta...” rispose Mikael “...sfrutta questo momento per concentrarti al massimo.” poi si rivolse alle schiere in attesa alle loro spalle “Fratelli, il Paradiso sta per affrontare una dura prova, ma noi la supereremo poiché con noi è il Giusto. I nostri Fratelli...” ed indicò l’esercito avversario, più distante “...sono stati plagiati dall’umana tentazione. Con dita sinuose li ha distolti dal corretto percorso dell’anima, cancellando in loro il senso della morale. Ma non condanniamoli, sono vittime dell’inganno come tutti noi... uno solo è il nemico: Gabriel.” e quel nome uscì come un sibilo tra i denti, mentre gli sguardi dei suoi sottoposti erano rigidi in rimprovero verso colui che aveva osato sfidare le forze celesti. “Non uccidete se non è strettamente necessario.” fu l’ordine perentorio impartito da Mikael.
Raziel ascoltò il suo discorso immobile. Non aveva ancora capito, ma questo non lo sorprendeva visto che erano ad un passo dalla guerra. Mentre il Principe parlava aveva visto l’esercito di Gabriel dirigersi nella sua direzione e fermarsi ad un centinaio di metri da loro. Piano piano la sagoma del Principe Lunare si era fatta sempre più nitida, fino a che non fu in grado di distinguerne, senza difficoltà, ogni minimo particolare.
Bello, nella sua armatura d’oro e argento. L’elmo, ben saldo sulla testa, nascondeva la maggior parte della sua chioma color rosso oro e morbida. Ebbe un irrefrenabile impulso di corrergli incontro ed accarezzargli i capelli, ma si costrinse a tenersi bloccato nella sua posizione. Gli occhi color della notte gli restituivano una dolce espressione.
Di fianco a lui anche Camael lo stava osservando ed era terribilmente sorpreso di trovalo lì. Raziel gli rivolse un sorriso, ringraziandolo mentalmente di essere a supporto di Gabriel e di aver capito il suo punto di vista.
Lo sguardo di Uriel vagava ai colonnati sottostanti, dove incrociò gli occhi turchesi di Anael. Lo vide appoggiarsi ad una colonna, restituendogli un’espressione trepidante. Un fugace sorriso ne illuminò i tratti dolcissimi e delicati del viso, ma scomparve subito seguito da un’espressione affranta. Trapelavano le sue emozioni e lui non si curava di nasconderle, era il suo carattere; la sincerità la sua indole.
Uriel gli rivolse un debole sorriso, mentre vide che pesanti lacrime avevano iniziato a scendere lungo le goti chiare. Avrebbe sofferto, ma l’importante era che fosse al sicuro. Lontano da quell’inferno che, di lì a poco, si sarebbe scatenato. Accanto a lui le presenze di Metatron e Sandalphon lo rassicurarono maggiormente, dandogli una dose di fiducia in più che in quel momento gli tornò particolarmente utile.
Il Consigliere di Dio mosse lo sguardo alla sua sinistra. Anche Hesediel fece il suo ingresso nel cortile seguito dal coro in armatura, pronto ad intervenire in caso di estrema necessità. E con lui si scortava anche Azrael. Non che Metatron fosse particolarmente felice della sua presenza, eppure sapeva che nessuno ne sarebbe uscito indenne... a quel punto l'Arcangelo della Morte sarebbe stato necessario.
“E così lo spettacolo sta per cominciare.” fu proprio quest’ultimo a proferire parola, attirando gli sguardi degli altri presenti sotto il portico. “Ebbene mi toccherà prendere posto accanto a Raphael, con permesso.” scandì quella frase con una naturalezza quasi agghiacciante. L’ipotesi della morte di qualche suo Fratello sembrava non turbarlo minimamente. Asserviva il proprio dovere nella maniera più tranquilla possibile, forse era per questo che la sua presenza incuteva sempre un certo timore. Ma quel giorno non sarebbe stato lui al centro dell’attenzione di tutti.

Gabriel era innanzi alla sua legione. “Fratelli...” chiamò “...sapete già il mio pensiero. Ferite senza uccidere.” e mise mano all’elsa elaborata della sua spada dal manico lungo. La carezzò lentamente, tenendo fisso lo sguardo in quello di Mikael.
Dopo quanti secoli quella lama avrebbe rivisto la luce? Pochi, dannatamente pochi, ma ormai la decisione era definitiva. L’afferrò saldamente, cominciando a sfilarla dal pesante fodero in metallo che recava al fianco. Uno strano rumore ed una scia di fumo si levarono dal piccolo spiraglio che stava allargando nel gesto di estrarla. Un bagliore rossastro intenso si fece largo nel grigio del cielo notturno e la pioggia sembrava sfrigolare in quella parte luminosa. Poi una lingua infuocata sfuggì al suo fodero costrittore. Ed un’altra e un’altra ancora, finchè non fu totalmente sguainata, risplendendo meravigliosa nel cuore della notte. La dritta lama lunga era fatta interamente di fuoco e vederla tolse il respiro agli angeli minori, che restavano nascosti tra i colonnati e le finestre del castello.
La magnificenza degli Arcangeli era nota anche in quelle armi, così rare, e dono supremo del Padre a loro, che erano le guide di tutti gli angeli. Armi nate nella Fiamma Eterna e fatte di essa, erano le più potenti.
Il suo gesto venne imitato da Camael e la scimitarra prese a risplendere di un bagliore così intenso da sembrare viva.
Mikael sorrise ancora una volta, mentre estraeva l’enorme spadone che portava a riposo sulla schiena, impugnandolo saldamente con ambo le mani.
Fu la volta dell’alabarda di Binael, le cui estremità presero a risplendere di una luce arancio e calda.
L’ultimo fu Raziel. Con maggior titubanza aveva afferrato l’elsa senza estrarla.
-Non farlo...- aveva pensato Metatron con ultimo guizzo di speranza, mentre lo vedeva indugiare su quel gesto. Ma forse si era sbagliato. Non era indugio, il suo, solo una pausa voluta per una maggiore presa di coscienza sulle proprie azioni, difatti, non ci fu alcuna incertezza mentre permetteva alla lama serpeggiante di rifulgere libera verso l’esterno.

Uriel fece un passo in avanti portandosi innanzi a Gabriel. Con due dita sfilò una freccia dalla faretra alle sue spalle, senza perdere di vista i movimenti dei suoi avversari.
“Tieni pronta la tua cavalleria.” avvisò senza voltarsi. Il capo della rivolta fece un breve cenno, mettendo i suoi sottoposti sulla difensiva, intanto gli arcieri si intervallavano tra le schiere; le dita pronte ad afferrare le code piumate sporgenti alle loro spalle. Un solo comando e la carica di Gabriel sarebbe stata coperta da una pioggia di frecce.
Arcieri...” gridò Uriel, per farsi sentire “...incocca!” e tutti estrassero un oggetto sottile, allineandolo nell’arco. “Tendi!”
Le loro braccia si tesero all’unisono, prendendo la mira.
Il momento era ormai arrivato, la battaglia stava per prendere il via. Le schiere estrassero le spade, puntarono le lance. Camael mise la scimitarra di traverso dall’alto, Laylahel prese a roteare le catene.
Scocca!” la punta della freccia candida di Uriel prese fuoco, ricordando a tutti che era un’arma arcangelica, e d’improvviso saettò nel cielo, come fosse una stella cometa seguita dalle altre che sembravano uno stormo di uccelli in picchiata.
Gabriel alzò la spada al cielo. “Angeli! Per la nostra Libertà!
Un grido d’assenso si levò alle sue spalle, ed un attimo dopo l’intero esercito si lanciò a valanga sulla compagine avversaria.
Mikael ridusse gli occhi a due fessure, mentre un angelo innalzava un possente scudo per proteggerlo. “Difesa a Testuggine!” ordinò ed i ranghi si serrarono compatti, diventando un muro invalicabile composto da scudi.
Raziel non si difese né si unì al gruppo. Rimase ad osservare ogni secondo della carica avversaria con la spada bassa, senza nemmeno metterla in posizione di difesa. Della ondata di frecce sapeva bene che nessuna di quelle lanciate poteva in alcun modo ferirlo tranne quella di Uriel, la quale però scelse un diverso avversario, conficcandosi con forza nello scudo posto a difesa di Mikael. Quest’ultimo emise un grugnito di sfida, liberandosi della protezione con un gesto deciso. Agguantò lo spadone con entrambe le mani, fissando dritto negli occhi il suo Fratello traditore.
Per l'Onore del Paradiso!” fu il suo incitamento, prima di lanciarsi contro di lui con estrema ferocia. Un comportamento simile non l’aveva avuto nemmeno nella guerra contro Satanael. La delusione di vedere i propri princìpi traditi e calpestati dal suo vero Fratello era stata troppo grande e non vi aveva saputo far fronte con lucidità. La rabbia e la collera l’avevano reso cieco e lui aveva raddoppiato il suo rigore per le Leggi Celesti. Come se avesse dovuto sopperire alla durezza che il Fratello aveva perso per lasciarsi sopraffare dai sentimenti mortali.
Mortale... umano...
Si era sentito così protetto nella sua illusione di essere superiore a quelle creature per cui aveva tanto sofferto, che ora non poteva perdonare suo Fratello di aver distrutto la sua felicità, dimostrando come tra angeli ed umani il passo fosse breve. Era diventata una questione personale a cui avrebbe messo fine senza esitazione.
Con forza calò il fendente infuocato sullo scudo di Gabriel. Il rumore fu assordante e scagliò entrambi i contendenti a decine di metri di distanza l’uno dall’altro. Caricarono nuovamente, mentre intorno a loro le compagini si fondevano a divenire un unico corpo colorato e scomposto. Le frecce piovevano da ogni lato, mietendo i primi feriti. Precipitavano al suolo come foglie morte, con sonori tonfi, venendo immediatamente soccorsi da Raphael ed il suo coro.
Urla concitate, clangore di armature e spade che cozzavano, esplosioni di luce.
Incredibile come non ci fosse nessuna pietà.
“Sarai la rovina di te stesso!” gridò Mikael, per farsi sentire “Sarai la tua condanna a morte ed io il boia che la eseguirà!”
“Almeno io ho coinvolto solo la mia persona in tutto questo!” rispose l’altro di rimando “Tu stai distruggendo l’intero Paradiso, non te ne rendi conto?”
E queste sue parole non fecero che aumentare l’odio del Principe delle Schiere Celesti, che urlò con rabbia. “Non hai diritto alla parola, traditore!”. Il colpo si infranse sullo scudo, scaraventando Gabriel in picchiata verso il cortile. Sapeva che Mikael era il più forte, ma lui non si sarebbe fatto sconfiggere così facilmente. Effettuò una capriola a mezz’aria e, dopo essersi dato una spinta con i piedi, caricò il Fratello con tutto il suo corpo spingendolo lontano.
A poca distanza, Camael
aveva vissuto con totale sgomento la presenza di Raziel sul campo, schierato con la fazione avversa. Perché agiva contro Gabriel? Come poteva levare la spada su di lui? Non se lo sarebbe mai aspettato. Lo aveva scrutato, con la bocca semiaperta, fino a che Uriel non aveva scoccato la sua freccia. Eppure, quando lo aveva visto, a stento lo aveva riconosciuto. Aveva lo sguardo vacuo e gli sembrava che stesse osservando la scena in maniera del tutto impersonale.
Era come se lui fosse tra i colonnati insieme a Metatron, invece che sul campo di battaglia. Durante la calata di frecce era rimasto immobile e altrettanto aveva fatto durante la carica. Ora che le fazioni si erano fuse lui continuava a restare lì, immobile, nella stessa posizone. Era un involucro vuoto ed i suoi occhi seguivano Mikael e Gabriel in ogni loro spostamento. Ancora più incredibile gli era sembrata la reazione di Gabriel: nulla. Non aveva battuto ciglio come se lui già lo sapesse e forse doveva essere davvero così. Forse era già al corrente di doversi scontrare con Raziel, eppure Camael ancora non riusciva a capire il perché. La sua scimitarra lasciava un’intensa scia luminosa in ogni movimento, mentre fronteggiava gli angeli dei cori che gli si paravano innanzi. Aveva mozzato un paio d’ali, colpito braccia e gambe. Ovviamente non erano ferite mortali, quelli erano i suoi Fratelli.
Binael non fu altrettanto gentile nei suoi confronti.
Gli arrivò alle spalle, colpendolo di taglio lungo il braccio, in un punto privo della protezione dell’armatura. Lanciò un urlo per il dolore e la sorpresa, riprendendosi in tempo prima che venisse colpito nuovamente. Alzò lo scudo con uno sforzo immane, mentre il sangue scorreva copioso lungo i bracciali.
“Non sapevo potessi essere così vigliacco da attaccarmi alle spalle!” disse, mentre Binael faceva ruotare la sua alabarda tra le mani.
“Osi parlare proprio tu, che le spalle me le hai voltate?!”
“Avrei dovuto comunque voltarle a qualcuno ed ho preferito seguire Gabriel!”
“Hai tradito la fiducia che riponevo in te!” ed attaccò in più punti, con un’incredibile velocità, costringendo Camael alla sola difesa.
“Ti sbagli! Non è stato tradimento, il mio, ma un scelta.” e bloccò l’alabarda con il taglio della scimitarra “Differente dalla tua!” i loro visi erano vicinissimi.
“Banali giustificazioni!” ringhiò tra i denti “Avete osato dichiarare guerra al Paradiso!”
“Se voi vi foste soffermati ad ascoltare e a pensare, magari non saremmo mai giunti a questa conclusione!” si separarono di scatto per poi caricarsi di nuovo, mentre Binael emetteva un cupissimo ruggito rabbioso.

La calata ‘avversaria’ era scivolata intorno a lui come fosse stato invisibile. Nessuno aveva deciso di fronteggiarlo in alcun modo, forse perché consapevoli di non poterlo sconfiggere o forse... perché qualcun altro era a lui destinato a fargli da avversario. Raziel muoveva i suoi occhi seguendo attentamente lo scontro tra Gabriel e Mikael, il resto sembrava non interessarlo. Li vedeva avvicinarsi, cozzare le armi, allontanarsi per poi riavvicinarsi ancora. Mikael era forte, Gabriel era veloce ed erano riusciti a colpirsi vicendevolmente in più punti. Ferite non profonde, che però tracciavano numerose scie di sangue sui loro corpi e le armature lucenti.
Ora toccava a lui intervenire come era giusto che fosse, Mikael si era sfogato abbastanza.
Hakamiah stava passando al suo fianco quando lui la trattenne per un braccio.
Il giovane angelo aveva la fronte imperlata di sudore e la spada insanguinata. La pelle lacerata in un paio di punti.
“Mio Signore, siete indenne?” domandò, accertandosi delle sue condizioni, Raziel mosse lo sguardo verso di lei.
“Ascolta attentamente, Hakamiah: di tutto il coro tu sei quella in cui io ripongo la massima fiducia. A te affido la guida degli Auphanim.” i suoi occhi erano di un verde brillante, improvvisamente rinato, mentre lo sguardo dell’angelo era nella confusione più totale.
“Ma... Signore...” cercò di dire “...perché?” non ottenne risposta, mentre Raziel si allontanava per separare i feroci duellanti.
Mikael e Gabriel riprendevano fiato nel corso dello scontro e restavano distanti di una decina di metri.
“Non vuoi cedere, vero?” affermò il Signore del coro Arcangelico2, mentre respirava affannosamente.
“Mai contro di te!” fu la risposta altrettanto affannosa.
Una lama fiammante si parò a pochi centimetri dal corpo di Mikael, mentre questi la osservava interdetto.
“Fatti da parte...” proferì la voce di Raziel nella sua direzione, senza però distogliere lo sguardo dal suo amato Arcangelo “...Gabriel è mio.”
“Cosa?” affermò con sconcerto. Non solo il signore degli Auphanim aveva deciso di scendere in guerra in suo favore, ma ora voleva addirittura affrontare ciò a cui più teneva al mondo... ma perchè? Perchè si voleva distruggere così? “Raziel io non posso permetterti di-”
“Silenzio.” ordinò perentorio e con un tono che non gli aveva mai sentito usare. I loro sguardi si incrociarono, lasciando Mikael ancora più interdetto da tutta la sicurezza che vi leggeva dentro.
“Credimi, è giusto così.” si giustificò Raziel, portandosi avanti a lui di qualche passo.
L’altro ne osservò la schiena indeciso, per poi abbassare la testa e farsi da parte, rinfoderando lo spadone.
Gabriel sorrise nel poterlo nuovamente vedere. “Ti stavo aspettando.” disse, mentre un’incredibile felicità sembrava esplodergli in petto.
“Eccomi a te.” un sorriso altrettanto felice si dipinse sul volto di Raziel.
“Fino a questo punto ci si deve spingere per stare insieme?” come riuscisse a fare dell'ironia in quel momento, non lo seppe nemmeno lui, ma vedere il suo amato sorridergli ancora una volta, gli fece quasi mettere da parte l'angoscia di ciò che stava succedendo.
“Così pare.”
“Mi sei mancato...”
“Anche tu.” rispose Raziel, poi imbracciò la spada “Cominciamo?”
Gabriel annuì ed in contemporanea partirono l’uno verso l’altro ad incrociare le loro armi.
Si udì un rumore così sordo che fece bloccare a mano a mano anche gli altri intorno a loro.
“Oh, guardate...”
“Gabriel... e Raziel...”
“...stanno combattendo...”
Un’immagine quella che fermò tutti per lo stupore e lo strano senso di tristezza che non sapevano spiegarsi. Si allontanarono, lasciando loro l’intero cielo e fermandosi a guardare.
Camael non aveva parole, come prima anche adesso aveva la bocca semiaperta e lo sguardo atterrito. Quello scenario era il più terrificante che potesse vedere. Ma perché combattevano tra loro? A che scopo? Cosa significava?
Metatron scosse il capo, ormai non si poteva più tornare indietro.
“Tu lo sapevi, vero?” Sandalphon lo guardava con la sua solita tranquillità.
L’altro sospirò lentamente ed annuì. “Sì, ma speravo di evitarlo, credevo... credevo di poter cambiare le cose...”
Il Fratello gli mise la mano sulla spalla. “Purtroppo certe cose sono necessarie, per comprendere i nostri errori.”
Raziel si liberò del suo scudo lanciandolo contro Gabriel, quest’ultimo alzò il braccio per parare il colpo, ma fu troppo violento e perse anche il suo di scudo.
“Accidenti!” esclamò, mentre un rivolo di sangue colava dalla mano. I due oggetti s’abbatterono con violenza sull’enorme statua del cortile, mandandone in frantumi lo spadone che reggeva tra le mani. Grida allarmate si levarono dai colonnati sottostanti, mentre crollavano al suolo i pesanti pezzi della statua.
Eppure i due contendenti non sembravano accorgersi di nulla, continuavano frenetici il duello con tutte le forze che avevano in corpo.
Il vento si levò improvviso, più violento di prima, sferzando sui loro visi e rendendone più difficile il volo. Anche la pioggia si scaricava sull’intero giardino quasi con rabbia. Il sudore si mischiò all’acqua e al sangue delle ferite che continuavano a provocarsi.
Con uno sforzo terribile, Gabriel vinse uno scontro diretto scaraventando Raziel nel moncone di statua che ancora restava in piedi, distruggendola del tutto e rimanendone sommerso dai blocchi.
Urla strozzate si levarono terrificanti, per poi zittirsi all’improvviso.
Gabriel planò, ma le gambe non lo sorressero e cadde sulle ginocchia nel cortile pieno di pioggia. Era esausto e cercava di recuperare fiato. Il cumulo di macerie poco distante era immobile.
“Ra-Raziel?” chiamò lentamente.
Un boato fece tremare l’intero palazzo, mentre gli angeli gridavano impauriti. La lama ondulata dell’Arcangelo si fece spazio tra il marmo in frantumi, creandogli una via d’uscita. Raziel riemerse avvolto da una strana luminescenza che lentamente scemò, fino a scomparire. Con uno scatto di reni si gettò su Gabriel lanciandolo lontano, sotto i colonnati. Un rivolo di sangue scendeva lungo la tempia ed era ormai privo di elmo mentre i capelli di bronzo, fradici, erano incollati al viso e perdevano acqua. Si risollevò facendo perno sulla spada.
Anche gli altri spettatori scesero nel cortile dove si sarebbe consumato il destino dei duellanti.
Anael era corso da Uriel, piangendo. “Digli che devono smettere!” lo supplicò “Ti prego!”
La Fiamma Ardente ne carezzò una guancia, col dorso della mano. Mai avrebbe voluto rifiutare una sua richiesta, eppure nemmeno lui poteva in alcun modo ostacolarli. “Mi dispiace...” disse, mentre la pioggia gli rigava il viso “...non posso.”.
Mikael, con le spalle ai cocci di quella statua che era diventata l’emblema della sua fierezza, era atterrito. Perché... perché stava succedendo a loro tutto quello? Perché il Padre si era tenuto in disparte e non li aveva fermati? Era così brutto essere paragonati ad un essere umano? Era così sbagliato che tra due angeli potesse esserci... amore? Era sbagliato l’Amore? Non lo sapeva... ormai non lo sapeva più.
Raziel si avvicinò al corpo esanime di Gabriel, accasciato lungo la parete del colonnato.
“Alzati...” mormorò nell’affanno. “...avanti alzati!” gridò, mentre il suo avversario si trascinava, cercando una stazione eretta. “Lo sai che non potrai vincere contro di me.” disse in un soffio in modo che nessuno potesse sentire e carpire così quel segreto di mortalità, di Arcangelo imperfetto che Gabriel si portava dietro da un tempo indefinito. Un segreto che lo aveva messo in pericolo nella guerra contro Satanael, ma da cui ne era uscito miracolosamente vivo. In pochi ne erano a conoscenza; in tre, oltre il diretto interessato.
“Allora uccidimi, ormai non mi reggo in piedi...” Gabriel glielo chiese sorridendo, mentre lasciava cadere la spada. Sapeva che Raziel lo stava facendo per lui, che aveva compiuto forse la scelta più dolorosa e di questo gli era grato: morire per mano di colui che amava; non avrebbe potuto chiedere fine migliore. “Grazie per avermi sempre capito, per avermi fatto combattere al massimo delle mie forze, per non avermi mai ostacolato, ma, soprattutto, per avermi amato, anche se sono un essere umano.". Con sforzo sollevò le mani, come se stesse per recitare una preghiera. “Non negarmi il tuo ultimo abbraccio... ”.
Raziel annuì, avvicinandosi a Gabriel che crollò nella sua stretta. La testa poggiata nell’incavo del collo. “Perdonami. Perdonami, ti prego. Non avrei dovuto coinvolgerti in questa guerra, non avrei mai dovuto dichiararla, non dovevo andarmene via e lasciarti da solo a patire la sofferenza... sono stato un egoista...” mormorò, con il respiro sempre più simile ad un rantolo soffocato.
“Ed io non avrei mai dovuto nascondermi dietro i miei doveri, e Mikael non avrebbe mai dovuto cedere al rancore, e Metatron non avrebbe mai dovuto peccare di superbia... e Binael... e Uriel... ognuno di noi ha la sua colpa in tutto questo, ma il riconoscimento dei propri errori saprà renderci più forti e consapevoli di noi stessi. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, Gabriel. E' un insegnamento del Padre, lo ricordi? Non sei l’unico ad aver sbagliato... non vorrai pentirti di avermi amato, vero?” domandò, mentre le lacrime sfuggivano ai suoi occhi e scivolavano sul viso, mescolandosi al sangue.
L’altro riuscì a levare lo sguardo su di lui. “Mai! Mai potrei pentirmi di una cosa simile! Rinnegare... la cosa più bella che abbia mai avuto...” lentamente alzò una mano per accarezzargli il viso, come aveva sempre fatto quando, dalla terrazza dei suoi appartamenti, restavano ad ammirare i meravigliosi arcobaleni che le cascate dei giardini pensili sapevano ricreare. Tutti quei meravigliosi momenti rivissero in lui per l’ultima volta, in modo da conservarli in eterno. “Promettimi...” mormorò “...promettimi che ti dimenticherai di me e vivrai la tua eternità... felice...”
“Sciocchezze! Come puoi chiedermi anche solo di ‘vivere’ senza di te? Credi che potrei?” Raziel sorrise, tenendo stretto il corpo dell’amato con un braccio, mentre l’altro impugnava ancora la spada fiammeggiante. “Quando ho scelto di portare a termine i miei doveri sapevo che ci saremmo inevitabilmente scontrati in battaglia e sapevo che tu saresti caduto, così ho deciso che sarebbe stato per mano mia; non avrei mai potuto accettare che qualcun altro potesse farti del male, però, nel momento stesso in cui saresti morto, sarei morto anche io. Siamo... siamo complementari... senza di te... che senso ho?” scosse il capo, mentre, al riparo dai suoi occhi, levava lentamente la spada. “La Legge dice che un uomo non può uccidere un Arcangelo, ma un Arcangelo può uccidere... sé stesso.” e Gabriel non ebbe nemmeno il tempo di comprendere appieno la sua ultima frase poiché Raziel trafisse entrambi con la sua spada di fuoco.

Sfila la lama dalle carni
levala piano amore mio
Cade il ghiaccio
e lascia gli alberi a tremare.
Sfila la lama senza fretta,
ora c'è tempo amore mio.
Tutto è quieto
e non serve un giorno in più

Silenzio.
Intorno.
Solo la pioggia che batteva imperterrita.
Nemmeno i cuori facevano rumore.
Fermati nel petto per quello a cui i loro occhi avevano appena assistito.
La fine.
La guerra era appena finita.
E tutti avevano perso.
La fiamma della spada di Raziel lentamente si gelò, per poi sgretolarsi, lasciando cadere le vittime che aveva mietuto. Sotto i loro corpi la pozza di sangue andava rapidamente allargandosi, mentre ancora si tenevano stretti.
“Fa male, perdonami...” mormorò Raziel. Il viso sul freddo pavimento adagiato su qualche ciocca inzuppata d’acqua, mentre gli altri capelli erano scompostamente sparsi attorno a loro.
Gabriel scosse il capo. “Non mi spaventa il dolore. Anzi, sta scomparendo, e mi culla gentile... il suono... della tua... voce...” lentamente i loro occhi si chiusero su quello scenario di guerra.

E non c'è più niente al mondo
da aspettare.
Gettami l'acqua fresca in viso
lasciami un soffio tra i capelli.
Se è davvero solo un sogno tornerò.

Metatron distolse lo sguardo, alzando gli occhi al cielo che restituiva migliaia di gocce di pioggia.
“Non piangere, Padre, ti prego non piangere...” disse, mentre le lacrime presero a scendere anche sul suo viso ed una voce spezzò il silenzio e ciò che rimaneva delle sue speranze.
“No...”. Si udì lo scalpiccio di un passo nell’acqua che allagava il cortile. “No...”. Seguito da un altro che lentamente avvicinò colui che aveva parlato ai suoi Fratelli distesi. Immobili. “No...”. Più veloci. “No... no... no, no, no, no!”. Fino a che quel susseguirsi irrefrenabile divenne una corsa che gettò Mikael accanto a loro, prendendoli per le spalle. Scuotendoli. Chiamandoli. Mentre le lacrime gli offuscavano gli occhi e quasi gli impedivano di parlare.
Raziel! Gabriel! Svegliatevi! Svegliatevi! Voi... voi non potete... non potete fermi questo! Non potete abbandonarmi! Oh, Dio! Padre come ho potuto? Li ho uccisi, li ho uccisi io... ho ucciso i miei Fratelli!”. Mikael li strinse a sé, piangendo disperato nel vedere la conseguenza dei suoi sbagli “Così cieco! Sono stato cieco! Padre, perdonami... perdonami!

Sfila la lama dalle carni,
lasciami andare amore mio.
Basta un salto per riprendere a volare
sopra palazzi e ciminiere,
prati bagnati e ferrovie
quanti posti non ho visto mai da qui
E non c'è più niente al mondo
da cercare.
Lasciami solo un po' di fiato
che mi riscalderà le mani.
Se è davvero solo un sogno tornerò.

La scimitarra di Camael cadde al suolo con uno sfrigolio a contatto con l’acqua sottostante.
Stringeva i denti e sentiva la rabbia impossessarsi di lui. Di ogni sua più piccola parte. Ciò per cui aveva imbracciato le armi gli si era voltato contro. Voleva riunirli. Voleva vederli di nuovo felici. Voleva... ed invece... mai più i loro sorrisi, mai più i loro sguardi che lo salutavano, mai più le loro voci... mai più... per tutta l’eternità. E sentì distintamente il frantumarsi del suo cuore.
“Che cosa avete fatto...” disse, inghiottendo le lacrime. “Che cosa avete fatto?! Avete visto dove ci ha portato la vostra ottusità? Loro sono morti... sono morti per colpa vostra! Non resterò in questo Inferno un minuto di più!”. D’improvviso si librò in volo e in un attimo non fu più visibile ai loro occhi.
Uriel comprese il suo rancore, sospirando con forza. Anche se con Gabriel non ne avevano mai parlato, lui era inconsciamente consapevole di tutto questo. Sentì Anael stringersi a lui piangente e non poté fare altro che avvolgerlo con entrambe le braccia, per dargli la sicurezza che non l’avrebbe mai abbandonato.
Azrael si fece largo tra i presenti. Le piume d’oro frusciarono, accompagnando i suoi movimenti, fino a portarsi ad un passo da Mikael e lo chiamò, con un tono così gentile che mai, il Principe delle Schiere, aveva sentito da lui. “Mikael...”
Quest’ultimo incrociò i suoi occhi, scuotendo il capo. “Non portarmeli via... non portarmeli via, ti prego...” lo supplicò, ma quello era il suo dovere. Forse il peggiore di tutti.
“Lascia che vengano con me, ora sono liberi.”. Lentamente i corpi si dissolsero, lasciando al loro posto due piccole sfere luminose.
La Luce pura.
Le loro Anime.

Se non c'è più niente al mondo
da cambiare.
Cercami e stringiti vicino.
prima che perda il mio calore.
Se è davvero solo un sogno tornerò.

“Ti prego, non portarmeli via...” Mikael strinse l’aria, cercando di afferrarli, ma le due stelle si allontanarono ruotando come gioiose intorno alla figura di Azrael.
“Possiamo andare.” concluse quest'ultimo e dei tre non restò più alcuna traccia.
Mikael si piegò al suolo, mentre le lacrime non accennavano a fermarsi. Loro non ci sarebbero stati più. Perché quella frase continuava a risuonargli incomprensibile nella mente?
Loro... persi per sempre...
Ed il suo cuore continuava a tormentarlo con suoni di risate infantili. Bambini che giocavano. Si inseguivano. Vivevano.
Loro tre... così inseparabili... così uniti...
Aveva promesso che li avrebbe protetti per sempre... come aveva potuto venir meno alla sua parola? Che scherzo crudele, quello... No. Lui, lui era stato crudele! Per fomentare la sua rabbia aveva ucciso coloro che gli avevano dato la gioia più grande, la felicità.
Aveva distrutto il Paradiso, non meritava alcuna pietà. E mentre incolpava sé stesso, non si accorse di come la pioggia fosse calata di intensità fino a cessare del tutto. Le nubi si diradarono lentamente, lasciando intravedere i raggi di un nuovo sole.
L’alba.
La mano di Metatron si poggiò sulla sua spalla, facendolo voltare. Il suo viso gli sorrideva per quanto fosse chiaramente visibile che avesse pianto.
“Principe di tutte le Schiere Celesti...” lo chiamò “...Fratello, per quanti errori la nostra umanità potrà commettere, questi saranno sempre diversi e da essi tracceremo il nostro cammino. Facciamo cominciare da qui il nostro nuovo giorno.”

Cercami e vieni più vicino,
ancora un po' del tuo calore.
Se è soltanto e solo un sogno tornerò.
Cercami e vieni più vicino,
ancora un po' del tuo calore.
Se è davvero solo un sogno...


Pacifico - Solo un sogno

FINE


 1ELOHIM: Dei, chiamati anche Principati. E' il coro retto da Anael.
 2ARCANGELICO: o Beni Elohim, Figli degli Dei, chiamati anche Arcangeli. E' il coro retto da Mikael.


Nd Author: E termina così l'orginal Angel no Tears: Metamorphosis. Una storia alla quale sono molto affezionata, come a tutti i suoi protagonisti.
Questa storia è dedicata a Stormy, grandissima autrice del fandom di Captain Tsubasa e grandissima persona che, al secolo che fu della sua prima pubblicazione, recensì questa storia con entusiasmo ed affetto. A lei è dedicata l'intera saga Angel no Tears.
Un ringraziamento grandissimo va poi a tutti coloro che, successivamente, l'hanno letta, commentata e messa tra i preferiti. Spero che l'abbiate apprezzata e che abbiate passato dei piacevoli momenti in compagnia dei miei Arcangeli, yep! **

In particolare, su FW.it: grazie ad Eos per le sue recensioni. *v*

In oltre, come 'Bonus', è disponibile il Fanmix di Angel no Tears, ovvero, la colonna sonora della storia! Seguite il link fino al mio Livejournal e... buon ascolto! **/

   
 
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