Non sono mai stato un buon padre.
Non ho mai nemmeno saputo di esserlo… l’incoscienza e
l’inconsapevolezza mi hanno impedito di poter vivere una vita normale, accanto
ad una moglie normale, guardando crescere quella
creatura meravigliosa che è stata mia figlia.
Diana.
Pensare il suo nome fa male. Tanto.
La mia bambina, la donna che ho amato come nessun’altra
nella mia vita, è cresciuta da sola, in un mondo ostile che l’ha vista
rifiutata persino da sua madre; è cresciuta in fretta, la mia Diana, portando
con sé l’infamia di un cognome che la legava a doppio filo a quello che tutti ritenevano un pazzo assassino.
Ancora oggi, il rancore che provo nei confronti di
Cassandra non è sbiadito; è sciocco, ora, detestarla per avermi nascosto di
aspettare un figlio da me, ma… non riesco a tollerare il pensiero di quella
vita che mi è stata preclusa.
Non riesco a sopportare l’idea di non aver potuto vedere
mia figlia crescere e, infine, diventare lo splendore che ha arso come una
stella alla fine di quella maledettissima Guerra.
Diana è sempre stata distante da questo mondo, divisa da
me come da qualunque altro essere umano che le si sia
avvicinato; Diana era qualcosa di più, era una creatura immensamente più
grande, più potente, più meravigliosa di quanto chiunque – me compreso – potrà
mai arrivare a comprendere.
Diana era una Regina; una Regina che ha dato
la vita, pur di salvare il suo Regno.
Non ho mai pianto, per lei.
Sono rinato, tornato alla vita grazie al suo primo
sacrificio, sapendo di essere vivo soltanto perché mia figlia era morta.
Sono rimasto accanto a mia nipote, in questi anni, dopo la
morte dei suoi genitori.
Sono qui, adesso, davanti ad una tomba candida che non
riesco a smettere di fissare.
Diana Black in Zabini
Dallas – London
Non ci sono date, non ci sono
giorni; Diana è nata e morta nello stesso attimo, in un posto diverso da
qualunque si possa immaginare, al di là della
comprensione e della realtà.
La mia bambina, quella bambina che
non mi è stato concesso di amare, ha portato per più
di trent’anni il fardello di una famiglia dannata.
Il suo stesso sangue, il sangue
dei Black, il sangue che ancora scorre in me ed in sua figlia… quel sangue l’ha condannata ad essere la
più grande di questa era – ma me l’ha portata via.
La mia stessa discendenza, il mio
nome, la mia esistenza, ha fatto sì che la mia bambina sacrificasse se stessa.
Ha fatto sì che morisse, fra le
braccia dell’uomo che amava.
Ha sofferto troppo, nella sua
vita.
Ha visto la morte in faccia troppe
volte, troppe volte l’ha toccata con mano, troppe volte la Nera Signora le ha
portato via qualcuno di caro.
Ma ora tocca a me.
Sfioro il marmo della lapide, le
vene d’argento che mi ricordano tanto gli occhi di mia figlia. È freddo, al
tatto… come il corpo di mia figlia, esanime, esangue, privo dell’energica vita
che l’ha sempre contraddistinta.
Gli occhi bruciano.
Come posso piangere, ora?
Come posso, adesso, sentire un
acuto dolore a livello dello sterno, comprendendo quanto io abbia perduto quel
maledetto giorno di primavera?
Mia figlia non c’è più… la figlia che ho amato, che non ho protetto, che non ho
salvato.
Diana.
Eri più grande di me, bambina…
Eri più di me, in qualsiasi campo
– un genitore migliore di quanto io
sia mai stato per te.
Avrei voluto vederti crescere, Diana.
Avrei voluto vederti diventare lo
splendore che eri.
Avrei voluto proteggerti.
Ed invece, sono seduto davanti ad
una tomba vuota, a piangere.
Tutto ciò che mi è rimasto di te.
My Space:
Sono settimane, mesi, anni che
dico di voler tornare a Diana.
Di voler tornare
da lei, di attingere alla sua incredibile forza, alla sua energia, alla sua
vita indistruttibile.
Le devo qualcosa.
Le devo un omaggio… le devo un grazie,
per tutto quello che mi ha dato.
Ed eccolo; tramite le parole di
suo padre.