Anime & Manga > Eyeshield 21
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Autore: Mad dy ness Zalk909192    20/11/2011    2 recensioni
Quando perdi tutto, quando non ha più nulla, quando l'unica cosa che ti tiene in vita è la vittoria. Vittoria come scelta di vita, come unica possibilità. Perché non esistono più delle scelte, esiste solo la cruda realtà dei fatti. E l'unica possibilità che hai è vincere. Perchè perdere non è che inutile.
Hiruma ha sempre vissuto la vita così.
Sena ci si ritrova in mezzo per casualità, per mero e macabro destino.
Un appartamento scialbo in riva al fiume, un torneo, le vittorie sul campo, le sconfitte nella vita.
L'ombra ossessiva di Musashi. E poi qualcosa di nuovo.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Personalmente, non so cosa ne verrà fuori. Oltre a queste ho scritto altre 26 pagine, ma si può dire che anche quella che sto pubblicando ora sia una bozza.

Vorrei qualche parere, più che altro.

Mah, vedremo! :D

 

 

 

Mancava poco al torneo d'autunno ma di fronte a un fatto così drammatico, nemmeno Hiruma aveva vagamente ventilato la possibilità di non interrompere gli allenamenti.

Tutta la squadra dei Deimon Devil Bats era in una microscopica sala d'attesa, circondata da un silenzio pesante e teso.

Sena, seduto su una sedia di freddo metallo con la testa fra le mani, piangeva silenziosamente e Mamori, al suo fianco, scoccava sguardi spaventati a tutti i presenti.

Nessuno osava dire qualcosa, erano lì in veste di supporto eppure erano come pietrificati, impotenti davanti alla disperazione del loro runningback.

Di ritorno dagli allenamenti era entrato in casa trovando sua madre stesa sul pavimento, inerte.

I medici gli avevano detto che aveva assunto troppi antidepressivi e che probabilmente ci aveva bevuto anche sopra; difficilmente sarebbe sopravvissuta.

Ora era ricoverata d'urgenza nella stanza accanto alla saletta e tutti aspettavano una qualche risposta, qualsiasi tipo di risposta, purché l'agonia dell'attesa finisse.

Sena si lasciò scappare un singhiozzo e tutti si immobilizzarono completamente, senza sapere come reagire.

Kurita era sull'orlo delle lacrime, Monta stringeva forte i braccioli della sedia e solo Hiruma tra tutti manteneva un'espressione neutra, in piedi accanto alla porta come se stesse studiando la situazione, ruminando gomme americane con un mitra sottobraccio. Mamori non si capacitava della presenza di un mitra in un ospedale e non voleva, forse, nemmeno sapere perché glielo permettessero.

Quando la porta si aprì e Sena levò lo sguardo sul medico che ne stava uscendo, Hiruma si avvicinò con fare minaccioso, come se potesse servire a cambiare le cose.

-E' lei Sena Kobayakawa?-

-E' lui.- Hiruma indicò il ragazzo, ancora seduto, che fissava il camice bianco, non osando guardarlo negli occhi.

-Oh, capisco. Kobayakawa, mi dispiace molto. Non ce l'ha fatta.-

Gli occhi di Sena, che forse aveva osato sperare in una risposta diversa, si riempirono di nuove lacrime e prima che chiunque potesse fare o dire qualcosa, sussurrò qualche parola di scusa e scappò letteralmente via da lì. Nessuno lo provò a seguire.

Furono Hiruma e la sua agendina ad occuparsi della parte burocratica in pochi minuti. Erano tutti sotto schok, investiti di emozioni che rapidamente sfociarono in pianti e imprecazioni.

Era solo l'inizio.

 

 

 

Ogni cosa accadde troppo rapidamente;

Dopo la fuga, i tentativi inutili di contattare suo padre, la preparazione della veglia e del funerale cattolico come da testamento, le condoglianze di sconosciuti, gli assistenti sociali.

Poi l'arrivo di suo padre che non vedeva da anni, dal giorno in cui si era presentato in tribunale per il divorzio, e lo scoprire che sarebbe andato a vivere con lui a Pechino, dalla nuova famiglia dell'uomo.

Sena ascoltava le parole di suo padre senza capirne appieno il senso.

Pechino. Nuova città, nuovi problemi, sarebbe tornato lo schiavo del momento, nessuno avrebbe potuto aiutarlo.

Qualcosa però, scattò dentro di lui, mentre l'uomo cianciava di quanto fosse migliore la scuola dell'ambasciata rispetto a quella scuola di pezzenti che è l'Istituto Superiore Privato Deimon.

Pezzenti? Con che diritto ne parlava in quei termini? Cosa ne poteva sapere?

Soprattutto niente più football, uno sport troppo violento e da barbari. Sicuramente avrebbe trovato qualcosa di più adatto a lui.

Niente football. Non avrebbe più giocato, non avrebbe più potuto arrivare al Christmas Bowl, non avrebbe più potuto battere Shin. Non avrebbe mai più rivisto i suoi compagni, i suoi amici.

Davvero doveva vivere lontano da loro con uno come suo padre, che aveva abbandonato sua madre per una puttana d'alto rango di Pechino?

All'inizio dell'anno non avrebbe protestato, ora sì.

Ora aveva qualcuno da perdere.

Sena urlò, sputò addosso a suo padre tutta la sua rabbia e il suo dissenso e suo padre lo insultò, gli disse di non fare il bambino, che l'ambasciata era un posto meraviglioso, disse che qualsiasi cosa avrebbe fatto non sarebbe servita a nulla e che vivo o morto sarebbe partito con lui di lì a pochi giorni.

Sena scoppiò in lacrime, che in quei giorni sembravano non avere mai fine, tirò un pugno in pieno viso a suo padre e corse via, lontano da lui e da quella casa.

 

 

 

I Deimon Devil Bat erano in riunione speciale alla sede del club e ascoltavano scioccati le parole di Hiruma, che, davanti al suo portatile, spiegava di come si sarebbero trovati senza manager, ed implicitamente senza runningback, durante il torneo.

-...le cose stanno così, sacchi di merda. Suo padre è impiegato all'ambasciata giapponese di Pechino ed è l'unico parente e tutore legale del tappo. Non possiamo fare nulla, vedete di rassegnarvi, è out.-

-Ma Hiruma-san! Davvero non...-

Una mitragliata irosa fece gridare tutti di fastidio e spavento, Hiruma non disse una parola, meditabondo.

Kurita piagnucolò molto poco sommessamente e Monta pensò che nonostante tutto non potevano arrendersi a quel modo.

-Impegno MAX! Ci deve essere un qualche modo per impedire che parta! Ne, Mamori-chan?!-

Mamori, tetra, mise fine alla discussione:

-No, ha ragione Hiruma-kun. Fine del discorso.-

-Ma...-

-Niente ma, scimmia del cazzo, Kobayakawa è tagliato fuori, non esiste più e non lo ripeterò un'altra vol...-

La porta si aprì di scatto e Sena entrò, sconvolto e distrutto dalla fatica per aver corso quasi tutta la notte per sfogare la rabbia, il dolore e quell'orribile sensazione di impotenza che lo attanagliava.

-Sena! Sena, cosa succede?!- Mamori si era avvicinata e aiutata da Kurita lo sorreggeva preoccupata.

-A Pechino io... non ci vado. Non mi importa di nulla, io...-

Delirava, era stanco, lì si sentiva al sicuro e poi finalmente non aveva più freddo…

-Stai calmo, ragiona! Vieni, ti accompa...-

La ragazza fu interrotta bruscamente, il frastuono continuo era assordante.

-YA-HA! Perfetto tappo di merda, è esattamente quello che volevo sentire!-

Tutti guardarono Hiruma che a mitra spianato sparava sul soffitto, visibilmente rinvigorito.

Con un salto fu addosso a Sena, lo guardò negli occhi e gli fece una domanda. Più che fare una domanda sembrava cercare un... un'autorizzazione?

-Qualsiasi cosa per rimanere?-

-Si, qualsiasi.-

Hiruma sparò di nuovo sul soffitto ghignando come un folle vero e proprio e sentenziò:

-Perfetto. Voi occupatevi di questa mezza sega, io ho qualche commissione da sbrigare, ora. Kekeke...-

...e non c'era più.

Kurita non poté fare a meno di sorridere mite. Con Hiruma in quello stato tutto era possibile, le cose sarebbero andate per il meglio. Avvertì un brivido, il suo sorriso vacillò. Forse.

 

 

 

Quattro ore dopo, Mamori vegliava Sena, addormentato su una panca degli spogliatoi.

Era domenica, avevano la scuola a disposizione per gli allenamenti, il club di calcio era stato convinto a non presentarsi sotto gentile richiesta del loro capitano, e l'appena citato non era ancora tornato. Sospirò. Chissà cosa aveva in mente.

 

 

 

-Vede, dottore, so alcune cosette, lei ormai lo sa, che potrebbero metterla in difficoltà, professionalmente parlando... Credo che non ci sia bisogno di approfondire l'argomento, dalla sua espressione.-

-D'accordo, Yoichi, cosa vuoi che faccia?-

Il dottor Harao, conosceva fin troppo bene quel ragazzo. Era pericoloso e nei limiti dell'impossibile era meglio accontentarlo.

-Deve firmare questo foglio. Attesta che Yoruichi Fujisawa è una persona affidabile ed idonea a ricevere l'affidamento di un minore.-

Attimi di silenzio. Poi Harao prese in mano la situazione.

-Lo farò ma solo perché sotto ricatto, perché ti conosco abbastanza da capire che stai macchinando qualcosa di cui, in realtà, tua madre non sa nulla e perché so che mi posso fidare, non sei un'imbecille. Fai attenzione che non lo venga a sapere.-

Hiruma si fece improvvisamente serio, trasformando repentinamente l'ostentata baldanza iniziale in serietà.

-Ne sono consapevole, Harao-san, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Vivo ancora solo come un cane, dovrebbe saperlo.-

-Sarà, vorrà dire che mi fiderò per l'ennesima volta.-

Strappò il foglio dalle mani dell’uomo ed uscì dall’ambulatorio in tutta fretta.

"Fatta questa, mi manca soltanto l'autorizzazione paterna."

Controllò qualche file sul suo computer mentre il taxi lo portava alla casa di Sena.

Ghignò.

Sarebbe stato fin troppo facile.

 

 

-Kobayakawa-san, buongiorno.-

L'uomo sollevò lo sguardo dal suo giornale per fissarlo con astio.

-Chi sei tu? E cosa ci fai nel mio cortile? Sparisci, moccioso.-

-Oh, che peccato. Credo, allora, che racconterò all'ambasciatore delle particolari ripetizioni di lingua che impartisce alla sua innocente figlia minorenne...-

Sbiancò.

-Cos-cos'hai detto?-

-Kekeke... Ora che ho catalizzato la sua attenzione va meglio. Vede, lei ha intenzione di deportare suo figlio, dato che la sua ex moglie ha deciso di tirare le cuoia... è così?-

Si irrigidì.

-Sì, è così. E così sarà.-

-Le consiglio di tenere a mente quello che le ho detto poco fa, non sia mai che cambi idea all'ultimo secondo a causa di una sua scortesia...- Stava morendo dal ridere dentro di sé, già sapeva quello che gli avrebbe detto e già sapeva come avrebbe risposto;

-Non hai prove.-

-Ci hai provato, vecchio. So date, ore, minute e secondi. Duri in media un quarto d'ora e hai un uccello di 15 centimetri, se la memoria non m'inganna.-

Occhi sgranati come piattini da the e mascella che tocca terra erano i tratti distintivi di chi era ricattato da Hiruma per la prima volta, il padre di Sena non fece eccezione.

-...per tenerti la bocca chiusa?-

Hiruma ghignò sadicamente.

-Rinunci alla tutela legale di suo figlio.-

 

 

 

A scuola Eyeshield21 si era svegliato da un sonno senza sogni e lì per lì si sentì bene, poi ricordò sua madre, la discussione con suo padre. Non ebbe il tempo di pensare ad altro però, che Hiruma fece la sua entrata trionfale sbattendo la porta, armato di lanciafiamme fumante.

Si precipitò negli spogliatoi trovando Sena seduto ed esplose sadicamente:

-Ya-ha! Tappo, vai a casa e raccatta la tua roba, oggi traslochi!-

Sena si rabbuiò. Tutto si aspettava tranne che vedere il suo capitano così contento di liberarsi di lui. Alla faccia dell'asso del Deimon.

-Si, lo so.- Sbottò in risposta.

-Che cazzo hai capito?-

-Vado a fare le valige e parto con mio padre. Probabilmente entro sta sera.-

Il ghigno che si allargò sul volto di Hiruma gli fece venire brividi di puro terrore in modo del tutto istintivo.

-Vedo che non hai capito un bel cazzo di niente. Ti trasferisci appena finiti gli allenamenti. Da me.-

-DOVE, SCUSA?- Mamori era entrata in quel momento nella stanza e gli asciugamani che aveva in mano rovinarono per terra, sfuggiti alla sua presa.

-Che diamine hai combinato, Hiruma? Cos'hai intenzione di fare?-

-Niente, manager di merda, niente di male... per ora. Dovresti essere contenta, potrai continuare a proteggere il tuo adorato bambino.-

Mentre i due si stuzzicavano, Sena stava realizzando.

Trascurando il dettaglio di dover convivere con il Diavolo, era vero? Poteva restare?

-Cosa... come... cos'hai fatto?-

I due interruppero il dialogo pungente.

-Sentiamo!- rincarò Mamori, stizzita.

Hiruma ghignò di nuovo, trattenendo a stento le risate, pensò che vedere quelle due facce, una incazzata e una sconvolta lo ripagava di quelle ore passate per studi notarili e uffici vari a ricattare la gente.

-Semplice. Una firma del prefetto, qualche firma di tuo padre, qualche firma di qualche psicologo e qualche centinaia di firme false di mia madre. Ora, legalmente, sei figlio suo. La commissione è d'accordo con noi nel dire che la tua fragile mente non sarebbe pronta ad un distacco così repentino da Tokyo e che la cosa migliore è indubbiamente che tu venga affidato alla tua cara e lontanissima cugina. Ah, tuo padre non ha obiettato, ha rinunciato alla tua tutela senza quasi batter ciglio. Un uomo molto ragionevole.-

Ricatto. Ricatto bello e buono, altro che uomo ragionevole.

Brandendo un mocio, Mamori esplose in tutta la sua indignazione.

-Hirumaaaa! Non è possibile! Quello che hai fatto è illegale, è sbagliato! Non si possono decidere queste cose surclassando completamente il nostro sistema giudiziario! E' da malati, scommetto che tua madre non lo sa nemmeno! Come farai a spiegare la presenza di Sena in casa ora?!-

Uno sguardo omicida la mise a tacere all'istante: -Mia madre non sa nemmeno se sono vivo o morto. Vivo da solo in una casa abbastanza grande per due, dovresti solo essere contenta che io abbia avuto le palle di fare una cosa del genere. O preferivi liberarti del nano di merda una volta per tutte?-

Mamori si gelò sul posto, incerta su cosa fare o dire. Hiruma aveva ragione. D'altro canto la legge era qualcosa che non doveva essere infranta, soprattutto non in modo così evidente e spudorato! Odiava Hiruma, odiava i suoi ricatti con tutta se stessa! Se solo non fosse stato così arrogante e menefreghista sarebbe anche potuto essere...

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle parole di Sena, veloci e concise ma significative per chiudere la faccenda.

-Hiruma-kun, grazie davvero.-

Incredule e felice, il ragazzo era in procinto di mettersi a piangere di gioia. Chi sene fregava se doveva convivere con Hiruma, a chi importava vivere col male o con un demone quando quello stesso akuma gli aveva dato la possibilità di restare?

 

 

 

Era stato uno strazio svuotare la camera, riempire qualche scatolone sotto gli occhi irati e accusatori di suo padre e uscire di casa in fretta e furia. Sperò di non aver dimenticato nulla e mentalmente ringraziò sé stesso di essere sempre stato un minimalista con pochi interessi, cosa che gli consentì di sbrigare quell'incombenza velocemente.

Si era portato via i vestiti, i libri di scuola, tutto quello che gli poteva servire in a malapena una valigia e due scatoloni leggeri.

Poi uscì e chiudendosi la porta alle spalle vi ci si appoggiò per un attimo.

Decise che non si sarebbe voltato a guardare la casa mentre se ne andava, decise che non avrebbe pianto pensando a sua madre.

Raggiunse Hiruma che lo aspettava appena fuori dal cancello, gli prese una scatola dalle mani e in silenzio si avviarono verso la sua nuova casa.

Faceva ancora molto caldo, eppure dentro di lui tutto era freddo, distante, come se ogni cosa fosse ricoperta da una spessa coltre di neve. Era orribile. Era vero. Si era promesso di non piangere e non l'avrebbe fatto.

-Hi-Hiruma-san... Tu dove abiti?-

Combatteva contro le lacrime ad ogni passo e fu grato ad Hiruma quando gli rispose senza voltarsi: -Dove abiterai anche tu, nano del cazzo, ma non ti aspettare nulla di speciale.-

Sena si distrasse pensando alternativamente o a un bunker sotterraneo o a un superattico in pieno centro.

Si ritrovò invece a comminare lungo il fiume e in pochi minuti arrivarono a un condominio dalle poche pretese, un po' vecchio e dalle pareti scrostate, di un grigio cupo.

Quando entrarono fecero qualche rampa di scale e Sena, incuriosito e dimentico delle lacrime, entrò finalmente nell'appartamento fatidico.

Hiruma ghignò, quasi soddisfatto di quel che vedeva:

-Tappo di merda, benvenuto nella mia umile dimora!-

Inutile dire che l'appartamento in stile occidentale in cui si trovavano era completamente stato messo a soqquadro.

Ciotole di ramen istantaneo, pile di riviste sul football, dvd e cassette di partite varie, proiettili, armi e scartoffie di vario genere e spessore la facevano da padroni, occupando la quasi totalità delle superfici piane dell'ingresso e presumibilmente della casa.

-Questa stanza è il soggiorno, essenzialmente ci si mangia cibi precotti, sempre che tu non mi voglia fare da cameriera, kekeke... In fondo a sinistra c'è la tua camera, qui sulla destra lo studio e di fronte a te il bagno.-

Lo studio, visibile già da lì causa la mancanza della porta, era più un cinema casalingo con un gigantesco televisore appeso alla parete, un mastodontico divano in velluto verde e un tavolo ingombro di un ammasso improponibile di aggeggi elettronici, coltelli e armi da fuoco.

Metteva i brividi, come quasi tutto quello che riguardava direttamente Hiruma, e inconsciamente, Sena decise che a quel tavolo non si sarebbe mai seduto in vita sua.

-Per quanto riguarda le altre due porte presenti- e le indicò distrattamente togliendosi cravatta e giacca della divisa -non sei autorizzato nemmeno ad aprirle per sbaglio, chibi merdoso. Ora vado a guardare qualche partita, metti in ordine la tua roba, al casino ci penso egregiamente da solo.-

E si buttò sul divano con tanto di scarpe, occupandone la maggior parte.

-Oh, ok, allora io... vado in camera...ehm...grazie.-

-Mhpf.-

Sena non ci aspettava certo un comitato di benvenuto e forse essere lasciato solo gli avrebbe fatto bene.

Quando si chiuse la porta alle spalle, trovandosi in una stanza spoglia, con un letto matrimoniale, una minuscola scrivania e un armadio a ridosso della parete, scoppiò in lacrime. Sua madre era morta, aveva abbandonato ed era stato abbandonato da suo padre e niente sarebbe mai più stato come prima.

Era colpa sua se sua madre era morta. Lui sapeva che aveva problemi, che prendeva psicofarmaci sempre più frequentemente e di nascosto. Sapeva ed era rimasto in America, lasciandola in balia di sé stessa. Si accasciò a terra, distrutto.

Perché era rimasto? Perché era stato così egoista da strappare il biglietto aereo? Il football era stato in grado di rovinargli la vita fino a quel punto? L'ossessione di vincere ed essere forte gli aveva fatto dimenticare cosa voleva dire avere una famiglia?

Perché l'aveva fatto?

Poi capì. L'aveva fatto per sé stesso e per la sua squadra. Squadra che ormai era l'unica famiglia che gli rimaneva.

Pianse, pianse per molto tempo, quello che gli serviva per sfogarsi e per maledirsi.

Maledì Hiruma, che ora l'aveva accolto in casa propria, per averlo fatto cambiare, trascinandolo nel football, maledì tutti i suoi compagni per poi rendersi conto che tutto quello che si stava dicendo non aveva senso.

Non aveva senso perché in realtà nessuno l'aveva costretto, era solo lui che aveva preso le sue decisioni, era lui che si ritrovava in quel casino e che doveva venirne fuori.

Maledire il football americano? Mai, mai più.

Gli aveva fatto conoscere amici e compagni, un nuovo tipo di famiglia.

In realtà, era grato ad Hiruma per avergli fatto conoscere tutto quello che aveva in quel momento.

Si disse che doveva smettere di piangere come un moccioso e decidere di vivere, che nascondersi ed incolparsi non serviva a nulla.

Aveva lasciato morire sua madre perché voleva vincere. E avrebbe vinto, non avrebbe vanificato tutti gli sforzi e i sacrifici fatti fino a quel giorno.

In fondo, non era colpa sua se Aoi era stata così debole da avere bisogno di psicofarmaci per vivere.

Si asciugò le lacrime e notò un biglietto sulla scrivania;

 

Se non vuoi essere sommerso dalle munizioni di scorta usa soltanto le ante centrali.

Preparati ad un inferno, nano. Da oggi non avrai più un attimo libero per pensare a una vita tua, gli allenamenti ti uccideranno.

YA-HA!

P.S. La lavatrice è in bagno, se cerchi del cibo controlla il freezer.

Benvenuto.

 

Sorrise tra le lacrime. Era fin troppo da uno come lui.

 

   
 
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