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Autore: ryuzaki eru    21/11/2011    4 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Riesco ancora una volta a pubblicare nei tempi promessi! Sono commossa di me stessa… ;)
Un capitolo scritto nei ritagli di tempo, sul treno, la notte, ovunque… Speriamo bene…
Inserisco all’inizio ed in corsivo la fine del capitolo precedente, perché altrimenti il dialogo tra Emma ed Elle risulterebbe un po’campato per aria…
Buona lettura e grazie di essere qui!

 12. Un caffé, un gelato e due cioccolatini


«Ehi!» esordì con voce squillante avvicinandoglisi. Ancora un passo e lo affiancò, sull’ultimo gradino delle scale.
Elle si fermò, ruotò il capo, continuando a mantenere il resto del corpo di profilo e guardò negli occhi la ragazza che aveva al fianco…  «Sì.» le rispose. Le rispose in italiano…
Assolutamente spiazzante! Questo Emma non se l’era aspettato… O meglio, non ci aveva proprio sperato… Ma Elle è Elle ed entrambi, in quell’istante, stavano iniziando la loro partita, determinati a sfruttare ciascuno le proprie armi…
Emma ricacciò immediatamente indietro la sorpresa e lo sgomento e proseguì.
«Io ti conosco! Ed a questo punto non ho dubbi. Anche tu ti ricordi di me! Non vedo perché altrimenti mi avresti risposto in italiano!» e parlò in inglese, mantenendo fissi i suoi occhi in quelli di lui, non temendo di dirgli schiettamente ciò che aveva pensato…
«Sì. Suppongo che tu mi conosca.» anche lui in inglese questa volta…Risposta netta ma ambigua, perlomeno agli occhi di Emma, che lo notò e proseguì senza timore…
«Tu eri a Roma, nell’area archeologica del Palatino, eri seduto sul tronco sotto gli abeti e hai mangiato i miei biscotti.»
«Sì. Ed ora siamo entrambi a Tokyo, casualmente.» e la fissò più intensamente. Secco, serio, ma forse impercettibilmente provocatorio?
Emma iniziava stranamente a divertirsi e fece un sorrisetto beffardo «Già. È improbabile, no?!» Questo era lo spirito giusto.
«Potrebbe sembrare improbabile, sì. Ma potrebbe anche non esserlo.» sentenziò lui, continuando a guardarla.
Sembrava stessero assurdamente parlando in codice…
Poi Elle sfilò una mano dalla tasca e la portò sulla nuca, la massaggiò appena sotto i capelli, sempre con le sue spalle appese ed il collo dritto e proteso in avanti… Era forse rilassato in fondo…?
No…Magari non era rilassato… Era solo lui. Serio e deciso e poi dinoccolato, ingenuo e quasi gustoso nei suoi movimenti spontanei e sinceri… 
Emma sorrise compiaciuta. «Sì. Potrebbe anche non essere così improbabile.» e non aggiunse altro in proposito. «Comunque io sono Emma. Possiamo presentarci, ora.»
Ora potevano in effetti. Ora Elle aveva un nome ufficiale da dare e lei lo sapeva. Ma fu molto attenta a non allungare la mano per stringergliela, come invece avrebbe fatto chiunque, anzi continuò a tenerla nella tasca del cappotto, disinvolta e guardandolo.
Nessun contatto fisico… Neppure quelli ovvi ai quali lui potrebbe “abbassarsi” per consuetudine sociale…
Elle continuò a massaggiarsi lentamente la nuca, senza distogliere gli occhi da lei e le disse calmo «Ryuga.»
Si fissarono ancora qualche breve istante.
Se mi ha visto sotto l’hotel adesso mi dirà qualcosa… Perché lui è sempre diretto…
Poi lui fece scivolare la mano in basso…
Oddio, ma che fa, mi vuole stringere la mano??
Elle abbassò lo sguardo tranquillamente…
Ed infilò la mano nella tasca posteriore dei jeans…
Ah, ecco, mi pareva strano…
Tirò fuori il cellulare, tenendolo all’estremità superiore con la mano “appesa”. Lo scosse appena e lo sportellino si aprì da solo. Sfilò placidamente anche l’altra mano dalla tasca e, tenendo il telefono sospeso davanti al volto, come fosse stato un fazzoletto sporco ed infetto, premette un tasto.
«Scusami un attimo.» disse ad Emma, portando il cellulare all’orecchio e ritornando a rivolgerle lo sguardo.
«Uhm, uhm.» annuì Emma fissandolo con gli occhioni spalancati e curiosissima…
Ed iniziò la breve conversazione.
«Pronto. Sì, ho finito. Ma ho da fare ancora.  …   Esattamente, come d’accordo. A cose fatte potrai aspettarmi davanti all’ingresso.  …  Sì. A dopo.» e richiuse il telefono, facendolo poi sparire di nuovo nei jeans, insieme alla mano.
Dall’altra parte c’era Watari…
Poi Elle si rivolse di nuovo ad Emma. «Vorrei sedermi, prendere un caffè e mangiare. Tu vuoi qualcosa?»
Niente dichiarazioni o altre ambiguità. Sembrava aver cambiato registro improvvisamente…
Non si poteva però dire che questo non fosse comunque un approccio diretto… Magari differente dalla scena che si era figurata Emma nella testa, ma certamente diretto…
Lei infatti era condizionata nelle aspettative dal nitido ricordo dell’atteggiamento senza sottintesi che Elle avrebbe avuto con Light nel loro primo confronto diretto, in cui il detective gli avrebbe palesato senza mezze parole la sua identità e soprattutto i gravi sospetti che nutriva su di lui…
Ma Emma non era Light, ovviamente e per fortuna…
 
A questo punto credo proprio di non potervi più tacere un elemento, anche se a malincuore, perché avrei voluto tenerlo per me ancora per un po’…
Un semplice e comune essere umano, dotato di una media intelligenza, cosa potrebbe fare per attirare l’interesse di uno come Elle?
Pensateci un attimo.
Se non vi riesce di produrre soluzioni, ve lo dico io.
Quell’essere umano dovrebbe uccidere un bel numero di persone o dovrebbe organizzare truffe stratosferiche.
Ma Emma, ovviamente, non aveva intenzione di fare né l’una né l’altra cosa…
Ad ogni modo, questa considerazione porta ad una semplice conclusione: per interessare Elle si doveva in qualche modo essere oggetto delle sue indagini.
E quindi cos’avrebbe potuto mai fare Emma per essere presa di mira dalle indagini di Elle?
E poi cos’avrebbe potuto mai fare Emma per essere presa di mira dalle indagini “personali” di Elle, prive del coinvolgimento di polizia, interpol, FBI o quant’altro?
E soprattutto, l’oggetto di quale indagine avrebbe potuto addirittura essere così tanto importante da portare lui ad occuparsene insieme al complesso e sconvolgente caso Kira?
La risposta è semplice e copre tutte e tre le domande.
L’oggetto di quell’indagine avrebbe dovuto essere una persona che, da brevi accenni, mosse o comportamenti, avesse lasciato intuire di conoscere l’identità di Elle stesso, i suoi spostamenti, la sua “dimora”, i suoi pensieri, la sua persona e, naturalmente, anche alcuni dettagli del caso Kira…
Questo perché l’anonimato totale e l’assenza di una qualunque immagine, di un nome e di un passato, erano fondamentali per l’esistenza del grande detective.
Questo perché la sua incolumità veniva prima di tutto.
E chi poteva sapere tutto questo di lui?
Soltanto Emma.
In questo senso anche le cose che le erano sfuggite al loro primo incontro sotto gli abeti dell’area archeologica, in compagnia dei butter cookies, avrebbero potuto esserle utili.
Avete il diritto di non essere d’accordo.
Io vi ho detto semplicemente quello che Emma ha pensato.
Ed ecco quindi spiegato il perché lei avesse programmato gli appostamenti sotto l’hotel. Nessuno, eccetto Watari ed in un secondo momento i poliziotti della squadra anti-kira, poteva conoscere il luogo in cui Elle soggiornava.
Ed ecco anche chiarito il motivo per cui era stato fondamentale farsi vedere almeno due volte sotto l’albergo. Perché altrimenti la presenza di Emma lì avrebbe potuto rappresentare un’unica e semplice casualità, magari improbabile, ma pur sempre una casualità.
Ed ecco anche perché doveva farsi vedere assolutamente prima del test d’ingresso alla Todai: Emma sperava che a quella data lui, avendola vista sotto l’hotel, avesse già iniziato a sospettare in qualche modo e quindi sarebbe stato più propenso ad essere avvicinato.
Le incognite per Emma erano due.
Uno: non sapeva se Elle l’avesse effettivamente notata sotto l’albergo. E voi siete sempre avvantaggiati in questo senso.
Due: non sapeva se sarebbe stato lui a farsi avanti per indagare direttamente a contatto con lei o se avesse preferito delegare Watari, sempre per tutelare la sua incolumità… A lei, in fondo, sarebbe andata bene in entrambi i casi, perché comunque avrebbe potuto fare in modo che a lui arrivassero determinate informazioni. Anche se, ovviamente, lei avrebbe preferito la prima opzione… Ma, a quanto pareva, era quella l’opzione che si stava verificando.
Aggiungo un quesito per voi: siete sicuri che lui stia veramente indagando su di lei?

 
Ma…cosa… vuole andare a mangiare qualcosa?! Che gli prende? Allora non mi ha vista sotto l’hotel… In quel caso mi sarei aspettata un avvicinamento freddo e forse anche “temibile”, esplicito e crudo sui suoi dubbi su di me… Oddio… Lo sapevo che mi avrebbe spiazzata comunque! Be’, viverla! Questo devo fare, soltanto questo, viverla! L’importante era agganciarlo, indipendentemente da ciò che aspettavo, e finora sta andando bene…
«Se voglio qualcosa? Sì, certamente, un caffé. Vengo con te.» gli rispose Emma.
Ma quale caffé! Un silos di camomilla!!! «In realtà forse sarebbe meglio una camomilla… Ma vada per il caffé.» Evviva la sincerità… Emma, con lui, era incredibilmente se stessa.
Aveva deciso che quella avrebbe dovuto essere l’unica “tattica” da adottare e che avrebbe dovuto bandire le menzogne, perchè non era assolutamente in grado di dirle, nonostante ci avesse provato… Sarebbe stato meglio essere naturale. Tanto le cose che sapeva di lui le scappavano comunque di bocca con naturalezza ed avrebbe detto senza problemi e spontaneamente il necessario per “incuriosirlo”. Si trattava solo di dilazionarle nel tempo, quelle cose… In pillole… Solo su quello doveva stare attenta.
«Camomilla. Non dormi?» le chiese lui tranquillo e candido, con gli occhi sgranati ed inespressivi.
«Sì, sì, dormo. La camomilla era per altri motivi… Però andiamo, che fa freddo a stare qui fuori…Cioè… Perlomeno io ho freddo…» si corresse alla fine Emma.
«Uhm. Freddo? Sì, forse rimanendo qui fuori, tra un po’ potrebbe fare freddo.» commentò Elle, osservando pensieroso le foglie secche che si muovevano al vento gelido della mattina, come se stesse riflettendo allora, per la prima volta, al fatto che in inverno, rimanendo all’ “esterno” per un periodo di tempo più prolungato, anche lui avrebbe potuto sentire il disagio di una rigida temperatura, con la sua magliettina di cotone.
«Be’, sì… questi sono gli irrilevanti problemi di chi va in giro per strada e non può godere sempre del riscaldamento di un posto chiuso o di un’automobile…» commentò Emma…
Lo stava forse velatamente prendendo un po’ in giro?
Elle non si scompose ed accettò tranquillamente quella considerazione.
O forse la incamerò senza battere ciglio? Forse, quell’ennesima ambiguità di Emma, lui la registrò, la considerò e la archiviò come informazione,  continuando a scrutare con le pupille nere e l’aspetto ingenuo quella ragazza?
Qualunque fosse la verità, lui lasciò cadere la questione e le disse «Potremmo andare, allora.»
«D’accordo. Si deve camminare un po’, il bar con pasticceria è fuori dal campus.»
«Perfetto.»
Emma non fece in tempo a sorridere…
Erano ancora in piedi, uno di fronte all’altra, sull’ultimo gradino delle scale d’ingresso e Light uscì dall’edificio ed iniziò a scendere la scalinata…
Ovvio. Anche lui aveva finito il test molto prima dello scadere del tempo.
Emma girò improvvisamente il capo da un lato ed abbassò il mento e lo sguardo, quasi a volere nascondere il volto, mostrando ad Elle un profilo confuso e preso alla sprovvista…
Light in quel momento stava scendendo i gradini  alle spalle di lui.
Elle allora ruotò impercettibilmente la testa corvina e lo vide, con la coda dell’occhio…
Lo seguì, con uno sguardo deciso, basso e quasi aggressivo, mentre Kira si allontanava dall’edificio…
Poi, quando fu ormai distante, ritornò a fissare Emma, ancora serio.
E rimase in silenzio per qualche brevissimo istante.
Ma non fece nessun accenno all’accaduto. «Allora? Vogliamo andare a questo bar pasticceria?»
Emma finalmente risollevò lo sguardo.
«Sì, certo. Scusami…»
«Figurati. È un bel ragazzo. Non c’è bisogno di scusarsi.» Gentile, cordiale, normale e… banale… o subdolo? Sì, forse un po’…
Emma sorrise e si incamminò.
«Credo che tu sia fuori strada.»
«Davvero? Evidentemente allora non sono la persona più adatta a giudicare questo genere di cose. Be’, vorrà dire che cercherò di prendere la strada giusta, da ora in poi.» Rispose Elle incamminandosi anche lui, strascicato e posato sulle sue scarpe logore.
Emma, naturalmente, non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa…
L’avevi già presa dall’inizio la “strada giusta” e stai parlando per doppi sensi? Stai giocando a mettermi alla prova? Oppure mi sto facendo tanti “film” mentali e si tratta di una semplice battuta tanto per? Sei inquietante… Ma sei incredibilmente meraviglioso…
Emma tirò fuori una sigaretta e l’accese.
Lui non battè ciglio e proseguirono a camminare, lungo il viale alberato, in silenzio.
«Questo dettaglio non è irrilevante.» Esordì Elle dopo un po’, senza voltarsi, continuando a guardare davanti a sé, ma col consueto capo chino.
«Quale dettaglio?» chiese Emma.
«Che sei stranamente tranquilla.» pacato e incolore…
«Perché non dovrei esserlo?»
«Perché, ad esempio, non mi conosci.» assolutamente impersonale, come se le avesse appena comunicato l’ora…
«Ma io ti conosco. Te l’ho detto prima, no?» Sorrise ironica Emma.
«Già.» E si voltò ora a guardarla negli occhi.
Ok… Andiamoci piano con questi sguardi… Se no farò la triste fine del budino…
Devo finirla io con questi doppi sensi!

Ad Emma venne da ridere per i suoi stessi pensieri ed i suoi occhi si illuminarono divertiti.
«In verità sono abbastanza tranquilla in generale. Ecco il bar, si vede l’insegna già da qui!» ed allungò il passo, staccandosi da lui…
Entrarono nel locale, caldo e già pieno di studenti.
Emma si fece largo tra la folla che era davanti al banco ed Elle la seguì. Raggiunsero un tavolo libero.
I ragazzi preferivano prendere qualcosa al bancone, rapidamente, piuttosto che sedersi, perlomeno in quegli orari mattinieri ed a ridosso delle lezioni. Erano le dieci. Ed entro pochissimi minuti il locale si sarebbe svuotato. Per riempirsi di nuovo dopo una mezz’ora ed all’arrivo di coloro che avevano la lezione delle undici o di coloro che avevano completato quella delle nove.
I bar vicino alle università funzionano così, in tutto il mondo.
«Senti, io intanto prendo dal banco due caffè e li porto qui. Vuoi un caffè anche tu giusto? Tu siediti e scegli cosa vuoi mangiare. I menù dei dolci sono sui tavoli. Torno subito.» disse Emma ad Elle. Lui non annuì neppure e si diresse lentamente verso il tavolo libero vicino alla vetrata del locale che dava sulla strada.
Emma c’era abituata a sbrogliarsela da sola. Questo genere di cose le faceva sempre lei anche quando era con le sue amiche. E poi Elle non ci avrebbe mai pensato.
Prendere i caffè al banco… Per carità!
Per oggi ci penso io, ma alla prossima, se mai ci sarà, il “lord” si dovrà svegliare…

Il fatto che lei facesse sempre certe cose, non voleva dire che ritenesse le altre persone non in grado di farle o incapaci di pensarci. Voleva semplicemente significare che non le pesava e che si comportava spontaneamente.
Ma avere davanti una persona che si aspettava tutto e non si smuoveva la irritava.
Insomma, era pragmatica, intraprendente ed attiva, ma non era una “geisha” per partito preso o per assuefazione! Con tutto il rispetto per le geishe, ovviamente.
Fare qualcosa per qualcuno che non si rende nemmeno conto del fatto che la si stia facendo per lui o farla per qualcuno che non può capire il “peso” del compierla, semplicemente perché non l’ha mai fatta, non è neanche una gentilezza. E non fa nemmeno piacere farla, quella gentilezza, perché non sarà presa come tale, perché data per scontata. Compierla sarà invece solo ed esclusivamente un incentivo alla prosecuzione del “privilegio” di qualcuno che non conosce l’origine di quello stesso privilegio, che non sa bene nemmeno che quello sia un privilegio e non è quindi assolutamente in grado di apprezzarne “veramente” la portata.
Emma raggiunse il tavolo con le due grosse tazze di caffè tra le mani.
Elle naturalmente aveva sfilato le scarpe, aveva rannicchiato le gambe sulla panca, aveva accovacciato le spalle ancora di più al torace e leggeva il menù sul tavolo, senza toccarlo, col collo allungato in avanti e le mani poggiate sulle ginocchia.
Emma gli passò il caffè. Lui annuì appena, senza guardarla e continuando a fissare la lista dei dolci, con gli occhi sgranati e concentrati.
Poi arrivò il cameriere. Elle sollevò lo sguardo. «Un gelato “fantasia” con doppia porzione di panna, per cortesia. Tu?» chiese rivolto ad Emma.
«Nulla, grazie. A quest’ora nulla.»
Il ragazzo annuì senza neanche guardare i volti da cui provenivano quelle parole. Scarabocchiò qualcosa su un foglietto e se ne andò velocemente, senza neppure salutare.
Poi Emma prese la bustina di zucchero che era sul piattino della sua tazza e la riversò all’interno.
Solo allora Elle osservò il suo caffè, quello che gli aveva portato Emma. Sul piattino, affianco alla tazza, c’erano otto bustine di zucchero…
Lui non disse nulla.
Né Emma si accorse di cosa lui stesse osservando, perché era intenta a girare lo zucchero nel suo bibitone. Quando ebbe finito prese il cioccolatino, che pure era sul piattino affianco alla tazza e che al bar servivano insieme al caffè, e lo posò sul tavolo; gli diede una leggera schicchera e lo fece scivolare sulla liscia lacca del ripiano, verso Elle.
Il tutto senza dire una parola.
Infine sorseggiò il caffè caldo, cercando di scaldarsi e fece una faccia compiaciuta mentre lo mandava giù.
Per tutto il tempo lui non smise mai di osservarla.
Poi Elle, anche lui senza fiatare e come se fosse stato tutto normale, scartò il cioccolatino che gli aveva tirato Emma, lo prese accuratamente tra il pollice e l’indice e lo ingoiò. Scartò anche il suo di cioccolatino posato sul piattino e, con la stessa procedura, si ingurgitò anche quello. Leccò appena dalla punta delle dita le tracce di cacao che rimanevano e si dedicò ad aprire le otto bustine di zucchero che Emma gli aveva portato e meticolosamente ne tuffò tutto il contenuto nella tazza di caffè fumante che aveva davanti.
Mentre lui espletava queste attività, Emma guardava fuori, attraverso la vetrata del bar. Nella realtà però lo osservò semplicemente per tutto il tempo nel riflesso del vetro… Il tutto per non fissarlo in modo spudorato… Se lo guardava di nascosto, il suo Elle, quasi rubando il suo profilo rannicchiato, riscaldandosi le mani avvolte avidamente entrambe intorno alla tazza bollente …
Elle invece sollevò la tazza dal manichetto, sfiorandola soltanto con una mano e guardandone il contenuto. Sorseggiò.
E poi, entrambi, si osservarono di nuovo.
Nessuno dei due aveva fatto domande sul perché fossero entrambi, “casualmente”, lì a Tokyo.
E nessuno dei due ne avrebbe fatte.
Per tacito assenso e per tacita consapevolezza l’uno dell’altra?
Erano lì, in un bar, seduti di fronte, e si erano a mala pena parlati una volta, un mese prima… e tutto era stranamente normale.
E allora arrivò il gelato di Elle…
Ad Emma vibrò il cellulare. Era Misao.
«Ohi, è successo qualcosa? Scusa mi sono un po’ dilungata, arrivo subito… Ah, non ce n’è bisogno… Ok! Grazie, mi fate veramente sentire indispensabile in questo modo, della serie “se non ci sei è assolutamente la stessa cosa”! La prossima volta dimmi direttamente di rimanere a casa!» Disse ridendo Emma. «Va be’, scherzi a parte, perché mi hai telefonato? Ah… ma dai? Sempre più complicato… Accidenti! Uhm… Oggi pomeriggio ne parleremo col prof… temo che non ne verremo a capo comunque… Sì sì, vi porto il caffè, a dopo!» e riagganciò.
«Avete qualche “enigma” nella realizzazione del vostro puzzle?» Le chiese Elle e infilò in bocca la punta di un lungo cucchiaio da gelato carico di panna.
«Sì… È un incastro che non riusciamo assolutamente a far quadrare…» rispose Emma. «I dati sono precisi, il diagramma di fasi è perfetto, ma i materiali, per quel poco che abbiamo visto, ci sconvolgono tutto…»
«Forse vi siete semplicemente incastrati su una strada e non riuscite a vedere che magari ce n’è un’altra molto più semplice che corre parallela.» Disse lui leccando il cucchiaio rumorosamente e rimirandolo…
«Sì… Sicuramente è così… Magari un’altra testa, estranea e non condizionata finora da tutte le nostre speculazioni, potrebbe risolvere il problema…» Disse Emma, fissandolo ambiguamente…
«Magari sì.» Ribattè Elle sempre senza guardarla, ma dedicato completamente alla sua coppa di gelato.
E allora Emma si fece coraggio e gli fece spudoratamente una domanda.
«Sai come funziona un diagramma stratigrafico?» Sfruttare senza vergogna il genio? Sì! Sarei stupida a non farlo!
«In teoria sì. Nella pratica non ne ho mai fatto uno. È piuttosto interessante. È costruito con una logica stringente e nello stesso tempo è sintetico ed esplicativo. Uno strumento veramente molto interessante.» rispose Elle.
«Ok, mi basta che tu conosca la teoria. Non hai bisogno di altro, per quanto mi riguarda.» E sarai senza dubbio avanti rispetto a me… Vediamo un po’ cosa mi tiri fuori. «Ti sfrutto sfacciatamente allora.» E sfilò dalla lunga tracolla un quaderno ed una matita.
Elle non disse nulla e continuò a mangiare il suo gelato.
Non annuì, non acconsentì, non si rifiutò, non si scompose, continuò semplicemente a mangiare il suo gelato.
Emma cominciò a scarabocchiare a memoria ed in modo semplificato la sezione della parte di scavo che aveva creato problemi e dalla quale si sarebbe ricavato il diagramma. Poi fece scivolare il foglio sul tavolo ed Elle allungò appena il collo e lo osservò per qualche istante. Poggiò il cucchiaino. Prese l’estremità della matita dalle mani di Emma, delicatamente. Mantenendo l’altra mano placidamente poggiata sul ginocchio cominciò a scrivere il diagramma stratigrafico, rapidamente, solo guardando lo scarabocchio di Emma, avendolo osservato per pochissimi istanti, senza aver mai visto lo scavo, né aver mai fatto un diagramma di quel genere…
Emma osservò la scena in silenzio, scrutando interessatissima le dita di Elle ed i tratti che lasciava sulla carta…
Perfetto. Assolutamente perfetto.
«Ok. È assolutamente perfetto. Il problema deriva proprio da questo. Adesso ti spiego cos’è che non torna…»
E cominciò a parlare con lui come fosse stato il prof. Usui… anzi, come fossero stati tanti professor Usui, uno accanto all’altro, con tante teste eccellenti sommate in un unico cervello…
Elle ascoltò tutto.
Poi alla fine disse «E se qui, invece di fermarvi ad una quota così alta, aveste continuato? Magari c’è un’altra fase…»
Emma rimase in silenzio… Le si era appena accesa una lampadina e solo grazie a lui…
È su un altro pianeta… È veramente su un altro pianeta…
«Ok… Quanti libri di metodologia ed archeologia hai letto…?»
«Qualcuno.» rispose lapidario Elle.
«Ok. Quando tornerai da queste parti? Ti offrirò tutti i caffè che ti pare, ti farò i butter cookies, ti “comprerò” con qualsiasi mezzo, ma quando e se tornerai devi permettermi di placcarti per un’oretta, ti farò vedere la documentazione completa e magari risolverai questo grattacapo…»
«D’accordo. I puzzle difficili da completare mi attirano.» acconsentì lui.
«Già… Non farli completare da nessun altro, oltre te… Qualcuno, un giorno, potrebbe dire che “chi non inserisce l’ultima tessera del puzzle è solo un perdente”…» commentò Emma, improvvisamente un po’ triste…
«È un qualcuno che conosci?» Chiese Elle, portando serio il pollice sulle labbra e fissandola di nuovo in modo strano.
«Sì. Più o meno come conosco te.» Sorrise di nuovo ironica Emma.
Il bar iniziò a riempirsi… erano le dieci e mezza passate…
Alcuni ragazzi si avviarono verso i tavoli e passarono affianco a loro. Guardarono sbigottiti ed imbarazzati Elle ed i suoi piedi nudi sulla panca, nonché le sua strana ed inquietante postura. Qualcuno farfugliò a bassa voce che “non era quello il modo di stare in un luogo pubblico e che magari si doveva avvisare il proprietario, perchè era indecente…”
Poi guardarono Emma…
Lei si accorse di tutto. Si girò e li guardò con occhi gelidi. Poi, seria ed educata, con fare quasi contrito e remissivo, disse loro gentilmente «È un asociale, un caso clinico difficile, ed io sono la sua psicologa nonché assistente sociale personale…»
Quelli rimasero in silenzio…
Poi Emma cambiò completamente tono di voce e gli disse diretta «Per cui sloggiate e fatevi gli affari vostri!» Aggiunse alla fine un sorrisetto finto «Sempre per cortesia, naturalmente.»
E si girò, senza più prestar loro attenzione.
Se ne andarono… Ma del resto, cos’altro avrebbero potuto fare?
«Un “asociale, un caso clinico difficile” e la sua “psicologa” dai modi e dai toni poliedrici, anche lei altrettanto compromessa clinicamente, aggiungerei. Per lo meno secondo il loro punto di vista basico e circoscritto.» Commentò Elle in modo impersonale, con una voce calma e distaccata ma sorprendentemente seducente.
Non si era minimamente scomposto. Aveva seguito la scena e l’exploi di Emma come fossero stati un film che non lo riguardava affatto.
Il punto era che non gliene importava assolutamente nulla di ciò che avevano detto quei ragazzi… Era meravigliosamente sicuro di sé e sopravviveva in quel mondo senza bisogno dell’approvazione di nessuno.
«Sai una cosa,» disse Emma «credo che questa sia l’unica cosa che potrei arrivare ad invidiarti… La fredda “sicurezza”… Ma solo per ottenere un mio maggiore equilibrio personale. Non per altro.»
«Uhm. Ci sono altre cose che ritieni qualcuno possa invidiarmi?» iniziò a fissarla intensamente…
«Sì. Credo di sì… Ma l’invidia non è il mio pane quotidiano…»
«Il combattere le presunte scorrettezze o ingiustizie invece è il tuo pane quotidiano?» la incalzò lui, fissandola sempre di più.
Già… Al Palatino la lattina gettata schifosamente a terra da un insulso turista ed ora questo… Gli sembrerà che io sia una sciocca paladina delle cause perse… Ma cosa gliene frega? Sta velatamente cercando di capire cosa penso? Perché? Devo per forza non raccontargliela giusta! Accidenti, non convincerei neanche me stessa del fatto che sono una persona ignara, dopo tutte le allusioni strane che ho fatto su di lui… Sta andando in porto il mio piano? Oddio…non lo so… Non lo riesco a capire… È così “lui”… ma così diverso da come si comporta con Light, del quale sospetta… Oddio…
Però… ha detto “combattere le ingiustizie”… Ma forse… Kira…

«Sì forse sì, voglio combattere le ingiustizie» rispose Emma sorridendo candidamente «Ma magari eviterei di far venire un attacco cardiaco a quei poveri ragazzetti di prima…»
 
Ve lo chiedo di nuovo: siete veramente convinti che Elle stia in qualche modo indagando su Emma?
 
 
 
Ohi, ohi, ohi…
Ancora una volta taglio qualcosa… Ma se avessi continuato avrei scritto tutta la storia fino alla fine… Perché in realtà ero presissima!
E ora sono invece terrorizzata… AAARGH!
Com’è venuto fuori Elle?
L’ho descritto troppo?
E' noioso?
Non lo so e quindi la finisco, sottoponendomi col capo chino al vostro sacrosanto giudizio ;D
 
Allora, ringrazio ciascuno di voi… ed oggi mi va di citarvi proprio tutti, voi che mi esortate e mi date forza in modo inimmaginabile: Saretta che è la prima in assoluto in molti sensi, Despina ed Amaterasu con i loro favolosi disegni, Yuriko con le sue belle considerazioni, NewDark con il suo amore per Elle, naturalmente Hanny che mi ha fatto il grande regalo di ringraziami nella sua ff!! E poi Gargy, Lu, Simo e naturalmente la mia Laura-pulcino, che mi sostiene sempre…
Spero non vi dispiaccia il fatto che io vi abbia citate e spero di non essere stata indiscreta… Lo spero tanto… Se in qualche modo vi ha dato fastidio o vi siete sentite invase, provvederò a cancellare i vostri nick subito…
Ringrazio poi anonimamente coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite e tutti coloro che leggono silenziosamente!!!
Con il terrore e le solite dita di liquirizia, vi saluto ;D

 

Eru

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
 

   
 
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