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Autore: Fog_    21/11/2011    1 recensioni
«Ora basta, ci hai scocciato, te ne vai da tuo fratello».
È con questa frase che i miei mi hanno praticamente liquidato.
Cacciata di casa a sedici anni, grande, faccio proprio schifo.
Ora, si da il caso che mio fratello abiti a Londra, e che sia lo stereotipo del “figlio perfetto”, educato, studioso, mai fatto una marachella, sempre impeccabile, borsa di studio in giurisprudenza.
Quello che i miei non sanno, però, è che lì a Londra Lorenzo sta facendo di tutto tranne che andare all’università. Lui e i suoi nuovi amici, le ultime persone che mi sarei aspettata di conoscere.
E io, che avevo deciso di smetterla di fare la fan accanita dei One Direction, mi sono ritrovata a fare da loro manager, occasionalmente da sesto componente della band e, forse, qualcosa in più…
Chi sono io? sono Elisabetta, Eli per gli amici, Libby per le persone più strette, Beth per quei cinque idioti che mi hanno cambiato la vita.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap1

 
«Ora basta, ci hai scocciato, te ne vai da tuo fratello» gridò mio padre ponendo fine all’ennesimo litigio.
Borbottai un “oh, che paura” e mi alzai da tavola lasciando tutta la cena nel piatto.
Camminai strisciando i piedi fino in camera mia, sbattei la porta e attaccai dal pc la playlist dei Linkin Park a tutto volume. I miei non li sopportavano, perfetto.
Frugando nella borsa mi capitò tra le mani un pacchetto di sigarette, fui davvero tentata di accendermene una lì in camera e scatenare il finimondo, ma mi trattenni. Avevo esagerato.
Controllai il cellulare, c’erano un paio di messaggi di Andy, la mia migliore amica, e uno di quel bastardo di Giorgio, che cancellai senza neanche aprirlo. Portai il telefono contro l’orecchio e premetti il tasto di composizione rapida, contando i bip bip che emetteva.
«Finalmente ti degni di chiamarmi» esordì incazzata Andy, rispondendo al secondo squillo.
«Scusa, casini vari» dissi fissando il soffitto, soffermandomi nei punti in cui era scorticato  a causa dei poster e delle foto che avevo strappato.
Se vuoi cambiare devi farlo radicalmente.
«Casini vari ‘sto cazzo» gridò mandando a quel paese la sua finezza «Libby, seriamente, è vero che ti hanno sospeso? Di nuovo?»
«Si, per una settimana»  risposi tranquillamente, come se fossi abituata a questo genere di cose.
Mi alzai dal letto per andare a cambiare canzone e quando i miei occhi incontrarono il contenuto della borsa sparso sulla scrivania cedetti alla tentazione e afferrai il pacchetto di Winston dirigendomi verso la finestra che dava sul piccolo balcone. Uscii nell’aria gelida della città e cercai di accendere una maledetta sigaretta, sperando in non so che cosa.
«Mi spieghi cosa hai combinato?» chiese Andy cauta, già me la vedevo con la testa poggiata sulla mano e l’aria afflitta, come se ogni casino che combinavo si aggravasse anche su di lei.
«Ho bruciato le foto mie e di Giorgio nel cortile di scuola» dissi condensando il fumo in una nuvoletta bianca «lanciando sentenze contro di lui»
«Be’, l’ultima volta ti sei messa a cantare shut up dei Blink 182 davanti alla professoressa d’inglese, direi che stiamo migliorando»
«No, l’ho cantata in piedi sul banco, non sminuire le mie imprese» la corressi canticchiando in mente le parole della canzone. Shut the fuck up, she said, I’m going fucking deaf. Ero troppo un genio del male.
«Libby, è passato più di un mese, vuoi andare avanti?»
«ci sto provando, questo è il mio modo di dimostrare che lo sto superando»
«No, questo è nascondere  propri sentimenti facendo stronzate»
Probabilmente Andy aveva anche ragione, me ne rendevo conto, ma qualche modo per andare avanti dovevo pure trovarlo. Quando hai il cuore in mille pezzi hai bisogno di qualcosa che ti aiuti a non pensare, inizia a trattarsi di sopravvivere.
«Che hanno detto i tuoi?» fece dopo un po’, mi accovacciai in un angolo per ripararmi dal vento e inspirai fino a finire la sigaretta.
«Vogliono mandarmi da mio fratello, a Londra»
Spensi per terra la sigaretta e la gettai oltre la ringhiera, ma non tornai dentro.
Mi affacciai dal balcone e rimasi a guardare la strada, le luci gialle che la illuminavano facevano assomigliare le persone a un branco di Simpson. Se non avessi avuto le guancie gelate probabilmente mi sarei messa a ridere.
«Se ti dico che sono d’accordo con loro?» chiese spiazzandomi, tanto che rimasi senza parole.
«Vuoi che me ne vada?» sussurrai incapace di formulare frasi più sensate.
Persino la mia migliore amica mi stava chiedendo di togliermi dalle palle.
«Non intendevo questo, io…»
«Elisabetta» la voce di mia madre mi impedì di ascoltare Andy.
 Mi raggiunse sul balcone e mi afferrò per il braccio, trascinandomi dentro con lei.
«Scusa Andy, devo andare» salutai senza darle il tempo di replicare.
Nascosi le Winston e l’accendino nella tasca della felpa e seguii i movimenti frenetici di mia madre. Stava aprendo l’armadio e stava gettando all’aria vestiti a casaccio. Notai un particolare in camera che prima non c’era, una valigia rigida aperta al centro della stanza, e questo cosa significava?
«Mamma, che stai facendo?» domandai esasperata sedendomi sul letto.
Lei si girò di scatto verso di me, aveva un’espressione stanca e gli occhi arrossati, pensai che non l’avevo mai vista così.
«Domani vai da tuo fratello, prepara la valigia» rispose con un tono freddo, come se fosse un automa.
«E questo cosa significa? State scherzando, vero?» dissi ridendo senza gioia, non era divertente come scherzo.
 «No, ho già parlato con Lorenzo, ti viene a prendere dall’aeroporto quando arrivi e vai a stare un po’ da lui»
No, non poteva essere vero. Non volevo andarci a Londra. Per quando stupida e insulsa fosse diventata, la mia vita era comunque qui, in questa piccola città, con i miei amici, con le mie cose, con tutto ciò che avevo sempre amato, non in quel caos.
«Si e come ci vado a Londra? A piedi? Non abbiamo mica il biglietto» sbraitai alzandomi in piedi e spalancando le braccia, mamma continuava a gettare roba in valigia e a non guardarmi negli occhi
«Sta provvedendo papà»
In quel momento mi resi davvero conto che non stava scherzando.
Sarei andata a Londra, da Lorenzo, per chissà quanto tempo. Ero diventata tanto insopportabile che neanche i miei mi volevano più tra i piedi, e neanche la mia migliore amica, e neanche il ragazzo che amavo, mi facevo pena.
«Esci, me la vedo io» mormorai inginocchiandomi davanti ai vestiti accatastati.
Feci la valigia accatastando tutto ciò che avevo tra le mani con una furia esagerata e quando finii mi sdraiai sul letto, accoccolandomi sotto un plaid ancora vestita, riprendendo a fissare il soffitto.
Mi ricordavo le foto che erano attaccate lì su una per una, erano di una band, di cinque ragazzi che non ti aspetteresti mai che io possa ascoltare, conoscendomi ora. Ora per me c’era solo il rock, prima c’erano solo loro. I One Direction. Ma con loro avevo chiuso perché, anche se indirettamente, erano stati loro a convincermi a uscire con Giorgio, la ragione per cui ero così distrutta.
Lui era uno stronzo, ma me ne ero resa conto troppo tardi.
Quando lui mi ha spezzato il cuore, un mese fa, ormai mi ci ero affezionata.
E pensare che uscivo con lui solo perché era fottutamente identico a Harry Styles.
E ora, per questa cazzata, ero costretta ad andare via.

 

Angolo Autore:
Buonsalve gente!
Sono qui con la 3432543 storia, questa almeno spero di continuarla o di non cancellarla :3
è un'idea che mi è uscita così, in uno di quei viaggi mentali che ti fai mentre la professorerra spiega matematica.
Spero non sia uscita una popò (?) :3
So che è solo il primo capitolo, ma che ne direste di farmi sapere che ne pensate?
 Dai, dai, lasciatemi un commentino!
Comunque grazie di anche solo di essere arrivate a leggere fin qui e di non essere ancora scappate da questa pazza ossessiva - si, sto parlando di me-
Un bacio e alla prossima!
If_you_believe

   
 
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