Harry
Potter
Capitolo 1
Eventi tristi e fortuiti incontri
A Hogsmead era una bella giornata limpida
ma molto fredda. Le poche persone in giro si muovevano veloci per le
vie, ansiose di tornare a i loro caldi focolari.
Il rappresentante
locale della Squadra Speciale Magica guardava annoiato al di
là del vetro appannato del suo ufficio in cerca del vuoto da osservare
con insistenza. Era appena riuscito a svuotare la mente, quando un sospiro,
lungo e profondo, lo ridestò. Sua nonna, con aria
mesta, lo guardava affacciandosi dalla sua cornice appesa al muro. Non gli
disse nulla, lo osservò a lungo eloquentemente: si guardarono e gli occhi
dell’agente speciale Paciock si appannarono come
colpiti dalla fredda aria invernale. Le lacrime gli iniziarono
a sgorgare dagli occhi colmi e sua nonna avrebbe voluto staccarsi del
muro e abbracciarlo. Gli disse piano, poco convinta…:
«Su
avanti Neville, non fare il bambino…»
L’agente
Speciale della Squadra Speciale Magica Paciock si sentì invece proprio tornare bambino e prese a
piangere ancora più forte. Un gufo entrò infreddolito
nell’ufficio, Neville gli prese la pergamena legata alla zampa.
“Caro
Sig. Paciock,
Date
le ultime spiacevoli novità, le è concesso un permesso di tre giorni.
I migliori
saluti,
Arnaldo Araciock,
Ufficio Comunicazione Dipendenti,
Ministero della Magia”.
Questo recitava la pergamena.
Si
alzò e salì mollemente al piano di sopra per fare qualche bagaglio.
«Bagalius» sussurrò, ma così piano che niente si mosse.
Sospirò
così forte da far rantolare i suoi polmoni.
«Bagalius!» gridò subito dopo agitando la bacchetta. Le
poche cose scelte per il viaggio si sistemarono nel borsone. Il viso era rosso
di rabbia e di dolore. Decise di prendere il Nottetempo per allontanare di un
po’ il suo scontro con la realtà dura dei fatti. Quando
arrivò all’ospedale San Mungo non piangeva più e specchiandosi in una vetrina
gabbana si sorprese sereno, e rassegnato. Sbrigò presto le pratiche
amministrative, ma quando entrò nella camera mortuaria dell’ospedale, le sue
gambe non lo ressero più. Non c’era nessuno e si lasciò abbandonare su una
sedia, il più possibili lontane dalle bare. Non osò avvicinarsi. Aveva passato
tutta la vita a vedere i suoi genitori ricoverati in quell’ospedale,
con lo sguardo vuoto e triste come se fossero stati baciati dai Dissennatori. Già quelli però lui erano
gli unici ricordi “felici” dei propri genitori…non voleva che gli rimanesse
impressa anche l’immagine della loro morte.
Entrarono
gli addetti delle pompe funebri e, dopo brevi convenevoli, chiusero e portarono
via le bare, facendole lievitare come comuni bagagli.
Il
suo dovere lì era finito.
Si
alzò e uscì da quella stanza impestata da un’aria troppo pesante e lugubre. La
luce algida dei corridoi dell’ospedale lo accecò e lo fece barcollare: nessuno
fra i guaritori, addetti e pazienti parve accorgersene.
Cosa farò di questi tre giorni?
pensò.
Non
aveva tanta voglia di tornare a Hogsmead; pur
vergognandosi di quel suo pensiero, si disse che non
aveva voglia di vedere o parlare con il ritratto di sua nonna.
D’un
tratto si risvegliò dai suoi pensieri quando vide
passare accanto a sé una figura nota.
- Harry!- esclamò e d’istinto fermò con un braccio la persona
a cui si riferiva.
Per
un attimo fu certo di aver sbagliato persona. Gli stava davanti un uomo di
statura media ma molto slanciato, con i capelli neri, arruffati e sporchissimi,
gli occhi verdi…anzi…un occhio verde… L’altro non
c’era: quell’individuo aveva mezza faccia sciolta,
come un ammasso di cera caduta da una candela. Lo sguardo era penetrante e
Neville sussultò fra il ribrezzo e lo spavento. Poi, quando stava già per
porgere le sue scuse imbarazzatissime, una smorfia
stentata assomigliante ad un sorriso si storse sulla mezza faccia
del suo interlocutore.
-
Oh Neville- gemette
- Harry, sei proprio tu?-
La
smorfia si ripeté sul volto di Harry, unita ad un
breve cenno del capo.
- Cosa ti è successo! Per la barba di Merlino! Ti accompagno- Notò con orrore che, lievi e disordinati, rivoli di sangue
correvano sul suo viso lanciandosi poi a cascata sulla sua veste.
Neville,
che aveva preso sottobraccio Harry, si fermò un
attimo di fronte al cartello della reception dove
erano illustrati i vari piani con i reparti specializzati. Harry,
capendo la sua incertezza, rantolò:
-
Primo piano-
Paciock lesse
mentalmente “Lesioni da creature”.
- E’ stato un gremiso- aggiunse Harry sbrigativo.
Arrivati
al primo piano si dovettero dividere, poiché Harry si
era rimesso alle cure dei guaritori nell’ambulatorio del reparto.
Neville si mise ad aspettare stancamente
nel corridoio asettico di San Mungo. Si sentiva stranamente stanco e
consunto, come se avesse visto passare davanti a sé secoli inutili e stantii.
Una signora di mezza età rompeva il silenzio del reparto gridando
agitatissima contro uno specchietto da borsetta: chissà con chi stava parlando.
Neville la guardò per un po’, poi decise di astrarsi e
pensare ad altro.
Dopo
circa un’ora gli fu permesso di entrare e lo trovò seduto sul lettino con la
testa fasciata e la faccia mezza ricoperta di bende. Neville si rese conto per
la prima volta che il lato della faccia ferito era il destro, quello della
cicatrice.
Harry
lo informò con la voce ovattata dalle bende che presto sarebbe tornato come prima sul suo viso, o quasi (a queste parole
esitò un poco e Neville pensò di nuovo alla cicatrice). Gli avevano messo un
antidoto per il fuoco velenoso di gremiso e avrebbe fatto effetto nel giro di una settimana. Poteva, comunque, essere dimesso subito.
-
Dove abiti?- gli chiese Paciock, rendendosi conto di
aver fatto una domanda stupida.
-
Da Sirius- disse Harry con
un’intonazione noncurante, ma gelido. La sua risposta
e il tono lo fecero rabbrividire. Sirius
era morto ma Harry pareva
non ricordarlo o lo ricordava ancora con tutto il dolore e i sensi di colpa di
quindici anni prima.
QUINDICI ANNI.
-
Potresti venire a stare da me a Hogsmead per la
convalescenza. Sai- disse prendendo fiato –i miei
sono, beh, appena morti…una casa vuota non fa bene né a me né a te- concluse
affrettatamente. Si sentiva di nuovo un ragazzino, tuttavia non di fronte ad un
suo compagno ma ad un professore…Harry lo guardava
fisso e monocolo, era torvo e inquietante, tuttavia qualcosa si schiarì nel suo
sguardo e sorrise perfino (per quanto gli fosse possibile). Non erano molto
vicini a scuola, almeno non quanto lo fossero Ron ed Hermione, ma un comune destino li
accomunava e li legava. Sperava in un soggiorno sereno, libero da tutti i guai
che Harry aveva avuto
ultimamente.