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Autore: isline    17/07/2006    3 recensioni
Ciao a tutti! Dopo due one-shot, mi cimento in una storia lunga venutami in mente dopo aver riletto l’Ordine della Fenice. Dopo 15 anni tormentati ricordi tornano ad affollare le notti di Harry e persone e luoghi amati ripopolano la sua vita un po’ spenta. Buona lettura a tutti! Se riceverò recensioni (buone o cattive, ma soprattutto costruttive) continuerò a pubblicare e scrivere (per ora sono ferma al capitolo 13). Grazie in anticipo a tutti! N.B. La ff in questione non tiene conto degli avvenimenti del VI libro.
Genere: Malinconico, Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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HARRY POTTER

Disclaimer: Questa storia è basata sui personaggi e sulle situazioni create e di proprietà di JK Rowling, oltre che del suo editore e dei distributori internazionali che ne detengono i diritti. Questa storia è stata redatta senza fini di lucro e per mero diletto personale. Nessun copyright si ritiene leso.

Harry Potter

e la fonte dei ricordi


Capitolo 1

Eventi tristi e fortuiti incontri

A Hogsmead era una bella giornata limpida ma molto fredda. Le poche persone in giro si muovevano veloci per le vie, ansiose di tornare a i loro caldi focolari.

Il rappresentante locale della Squadra Speciale Magica guardava annoiato al di là del vetro appannato del suo ufficio in cerca del vuoto da osservare con insistenza. Era appena riuscito a svuotare la mente, quando un sospiro, lungo e profondo, lo ridestò. Sua nonna, con aria mesta, lo guardava affacciandosi dalla sua cornice appesa al muro. Non gli disse nulla, lo osservò a lungo eloquentemente: si guardarono e gli occhi dell’agente speciale Paciock si appannarono come colpiti dalla fredda aria invernale. Le lacrime gli iniziarono a sgorgare dagli occhi colmi e sua nonna avrebbe voluto staccarsi del muro e abbracciarlo. Gli disse piano, poco convinta…:

«Su avanti Neville, non fare il bambino…»

L’agente Speciale della Squadra Speciale Magica Paciock si sentì invece proprio tornare bambino e prese a piangere ancora più forte. Un gufo entrò infreddolito nell’ufficio, Neville gli prese la pergamena legata alla zampa.

“Caro Sig. Paciock,

Date le ultime spiacevoli novità, le è concesso un permesso di tre giorni.

I migliori saluti,

Arnaldo Araciock,

Ufficio Comunicazione Dipendenti, Ministero della Magia”.

Questo recitava la pergamena.

Si alzò e salì mollemente al piano di sopra per fare qualche bagaglio.

«Bagalius» sussurrò, ma così piano che niente si mosse.

Sospirò così forte da far rantolare i suoi polmoni.

«Bagalius!» gridò subito dopo agitando la bacchetta. Le poche cose scelte per il viaggio si sistemarono nel borsone. Il viso era rosso di rabbia e di dolore. Decise di prendere il Nottetempo per allontanare di un po’ il suo scontro con la realtà dura dei fatti. Quando arrivò all’ospedale San Mungo non piangeva più e specchiandosi in una vetrina gabbana si sorprese sereno, e rassegnato. Sbrigò presto le pratiche amministrative, ma quando entrò nella camera mortuaria dell’ospedale, le sue gambe non lo ressero più. Non c’era nessuno e si lasciò abbandonare su una sedia, il più possibili lontane dalle bare. Non osò avvicinarsi. Aveva passato tutta la vita a vedere i suoi genitori ricoverati in quell’ospedale, con lo sguardo vuoto e triste come se fossero stati baciati dai Dissennatori. Già quelli però lui erano gli unici ricordi “felici” dei propri genitori…non voleva che gli rimanesse impressa anche l’immagine della loro morte.

Entrarono gli addetti delle pompe funebri e, dopo brevi convenevoli, chiusero e portarono via le bare, facendole lievitare come comuni bagagli.

Il suo dovere lì era finito.

Si alzò e uscì da quella stanza impestata da un’aria troppo pesante e lugubre. La luce algida dei corridoi dell’ospedale lo accecò e lo fece barcollare: nessuno fra i guaritori, addetti e pazienti parve accorgersene.

Cosa farò di questi tre giorni? pensò.

Non aveva tanta voglia di tornare a Hogsmead; pur vergognandosi di quel suo pensiero, si disse che non aveva voglia di vedere o parlare con il ritratto di sua nonna.

D’un tratto si risvegliò dai suoi pensieri quando vide passare accanto a sé una figura nota.

- Harry!- esclamò e d’istinto fermò con un braccio la persona a cui si riferiva.

Per un attimo fu certo di aver sbagliato persona. Gli stava davanti un uomo di statura media ma molto slanciato, con i capelli neri, arruffati e sporchissimi, gli occhi verdi…anzi…un occhio verde… L’altro non c’era: quell’individuo aveva mezza faccia sciolta, come un ammasso di cera caduta da una candela. Lo sguardo era penetrante e Neville sussultò fra il ribrezzo e lo spavento. Poi, quando stava già per porgere le sue scuse imbarazzatissime, una smorfia stentata assomigliante ad un sorriso si storse sulla mezza faccia del suo interlocutore.

- Oh Neville- gemette

- Harry, sei proprio tu?-

La smorfia si ripeté sul volto di Harry, unita ad un breve cenno del capo.

- Cosa ti è successo! Per la barba di Merlino! Ti accompagno- Notò con orrore che, lievi e disordinati, rivoli di sangue correvano sul suo viso lanciandosi poi a cascata sulla sua veste.

Neville, che aveva preso sottobraccio Harry, si fermò un attimo di fronte al cartello della reception dove erano illustrati i vari piani con i reparti specializzati. Harry, capendo la sua incertezza, rantolò:

- Primo piano-

Paciock lesse mentalmente “Lesioni da creature”.

- E’ stato un gremiso- aggiunse Harry sbrigativo.

Arrivati al primo piano si dovettero dividere, poiché Harry si era rimesso alle cure dei guaritori nell’ambulatorio del reparto.

Neville si mise ad aspettare stancamente nel corridoio asettico di San Mungo. Si sentiva stranamente stanco e consunto, come se avesse visto passare davanti a sé secoli inutili e stantii.

Una signora di mezza età rompeva il silenzio del reparto gridando agitatissima contro uno specchietto da borsetta: chissà con chi stava parlando. Neville la guardò per un po’, poi decise di astrarsi e pensare ad altro.

Dopo circa un’ora gli fu permesso di entrare e lo trovò seduto sul lettino con la testa fasciata e la faccia mezza ricoperta di bende. Neville si rese conto per la prima volta che il lato della faccia ferito era il destro, quello della cicatrice.

Harry lo informò con la voce ovattata dalle bende che presto sarebbe tornato come prima sul suo viso, o quasi (a queste parole esitò un poco e Neville pensò di nuovo alla cicatrice). Gli avevano messo un antidoto per il fuoco velenoso di gremiso e avrebbe fatto effetto nel giro di una settimana. Poteva, comunque, essere dimesso subito.

- Dove abiti?- gli chiese Paciock, rendendosi conto di aver fatto una domanda stupida.

- Da Sirius- disse Harry con un’intonazione noncurante, ma gelido. La sua risposta e il tono lo fecero rabbrividire. Sirius era morto ma Harry pareva non ricordarlo o lo ricordava ancora con tutto il dolore e i sensi di colpa di quindici anni prima.

QUINDICI ANNI.

- Potresti venire a stare da me a Hogsmead per la convalescenza. Sai- disse prendendo fiato –i miei sono, beh, appena morti…una casa vuota non fa bene né a me né a te- concluse affrettatamente. Si sentiva di nuovo un ragazzino, tuttavia non di fronte ad un suo compagno ma ad un professore…Harry lo guardava fisso e monocolo, era torvo e inquietante, tuttavia qualcosa si schiarì nel suo sguardo e sorrise perfino (per quanto gli fosse possibile). Non erano molto vicini a scuola, almeno non quanto lo fossero Ron ed Hermione, ma un comune destino li accomunava e li legava. Sperava in un soggiorno sereno, libero da tutti i guai che Harry aveva avuto ultimamente.

  
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