Capitolo 2
A quanto pare quello era davvero un
ospedale, molto
futuristico ma lo era. I corridoi puzzavano di disinfettante e
pipì,il classico odoraccio degli ospedali. Mi sentivo un po'
fuori
posto con quegli abiti addosso,
non mi sembrava consono, anche in un sogno, indossare quel
particolare vestiario e la cosa strana è che non c'era
neanche una
finestra. Il tragitto dalla camera criogenica, che devo capire ancora
cos'è, all'ufficio del signor Figal fu breve: dovemmo
prendere
l'ascensore e salire fino all'ultimo piano, speravo che almeno ci
fosse uno specchio in ascensore...e invece no . Le porte
dell'ascensore si aprirono
direttamente su un ampio vano, a far luce c'erano sempre le lampade
al neon che rendevano tristissime le pareti di un verde tenue e la
moquette dello stesso colore. Ci sarebbe stata sicuramente
più luce
se le pesanti tende blu che coprivano certamente delle finestre
fossero state scostate, sembrava quasi che l'ospedale non volesse far
vedere ai pazienti cosa c'era fuori. Il dottor Figal si
accomodò dietro la scrivania su una
poltrona con lo schienale alto e i cuscini,mi ricordava tanto la
poltrona attrezzata di cuscini per il fondoschiena di mia
nonna.L'ambiente era pulito e ordinato, ma spoglio: né un
quadro, né
una foto di famiglia sulla scrivania e, cosa molto
sconvolgente, non c'era il computer! Come diamine faceva a lavorare
senza
un PC!?! Anzi, piuttosto come faceva a vivere
senza il
PC...la gente è
strana. Dopo essersi
accomodato e pulito nuovamente le lenti degli occhiali, il dottor Figal
indicò a me e
a padre Rodri una stanza con la porta scorrevole che prima mi era
sfuggita completamente. Mi avvicinai lentamente alla porta e la feci
scorrere rivelando una stanza arredata finemente con poltrone e
divani d'epoca, al centro c'era un tavolino molto carino
con
sopra una scacchiera con le pedine in vetro e , finalmente, trovai in
quell'ambiente un accenno di umanità: la TV. C'era un grande
televisore al plasma attaccato alla parete , mi ero anche messa a
cercare il telecomando ma quando sentii sbattere la porta scorrevole
alle mie spalle sobbalzai, non perchè avessi avuto paura,
be', forse
un po' si, ma più che altro per la violenza del colpo.
Quando mi girai, alle mie spalle vidi
solo padre Rodri, il dottore a quanto pare era rimasto nell'altra
stanza. Non mi ero accorta che incutesse così tanto timore
quel
prete col suo abito nero, gli occhi infossati e la sua altezza.
-Mi
dispiace, non volevo spaventarti- disse in tono di scusa.
Lentamente
camminò verso la poltrona difronte al divano, si
accomodò e
attese. Non sapevo cosa stesse aspettando, ma forse voleva che mi
accomodassi difronte a lui sul divano.
" Fantastico, mi trovo
in una stanza da sola con un prete, se vuole confessarmi credo che
dovrà tapparsi le orecchie..." pensai.
-Ok prete, di cosa vogliamo parlare?-buttai lì in tono
stanco
-Di te, sono qui per farti ricordare. Dimmi,
ti ricordi il tuo nome?-
-Certo che me lo ricordo! Che domande...-
-Potresti dirlo ad
alta voce? Però prima aspetta, siediti sul divano, non
vorrei che ti
sentissi male al centro della stanza-
Mi accomodai sul
divano, padre Rodri sembrava quasi sapere cosa mi sarebbe accaduto
dopo, come se non fossi la prima a parlare con lui. Era quasi
inquietante...magari quando mi sveglio posso scrivere un romanzo
basato sul mio sogno in chiave horror!
-Prima di dirti il mio nome, dimmi una cosa tu: dove sono gli specchi
e perchè le finestre o non ci sono o ci sono ma sono
coperte?-
-Te lo dirò quando avrai ricordato tutto, e per farlo
devi solo dire il tuo nome, capito? Solo il tuo nome.-
All'improvviso sentii una vocina, tipo
quella del grillo parlante in Pinocchio
,che mi
sussurrava
“non
lo dire , ti farai male.”
-Io mi chiamo Giulia...-
all'improvviso mi scoppiò un gran mal di testa che
portò con sé un' esplosione di
immagini vaghe...
-Continua, dimmi per intero il
tuo nome, non reprimere le immagini che in questo momento ti stanno
esplodendo in testa, lo so che fa male ma devi farlo!-
-ehm io...io...-
“ti
prego non farlo!”
-m..mi chiamo Giulia
–
Il dolore era lancinante e la tempia destra mi pulsava
dolorosamente.
-Continua!
Dimmi il tuo nome!-
“Non voglio,
non voglio!”
-Non voglio! Perchè mi fa male dirti il mio
nome?- Cominciarono a scendere sul mio volto copiose lacrime di dolore
e disperazione, non ce la facevo più, tanto che
esplosi sputando quelle parole cose fossero veleno
- Mantovani, Giulia Mantovani!-
Lanciai un urlo disperato, il dolore alla testa era troppo
forte, e quel dannato prete contribuiva ad aumentarlo urlandomi le
stesse parole nelle orecchie:
- non reprimere le immagini!
Visualizzale!-
-Chiudi quella dannata
bocca!!! -
Ero sicuramente distesa su qualcosa, credo
fosse il divano, e il mal di testa continuava a torturarmi.
“Perchè
l'hai fatto!perchè stai
riportando alla luce tutto quello che non volevi vedere mai
più!Io
so che non vuoi ricordare, io sono te! Perchè l'hai fatto!”
Adesso le immagini erano
più nitide, vedevo la mia meravigliosa città
natale: Napoli. Vedevo
il lungomare e le onde brillanti sotto il sole che si infrangevano
sugli scogli alzando spruzzi di schiuma e sugli scogli vedevo delle
ragazze che pranzavano allegramente. Tra quelle ragazze c'ero anche
io, quelle immagini erano ricordi, i miei ricordi.
Adesso la scena
era cambiata, mi trovavo tra i banchi di scuola con un espressione
annoiata intenta a disegnare un occhio...adoravo gli occhi, gli occhi
per me hanno sempre avuto una certa importanza perchè ho
sempre
pensato che fossero il riflesso dell'anima. Quando guardavo una
persona negli occhi riuscivo sempre a capire se mi stesse dicendo il
vero o il falso.
Le immagini continuavano a susseguirsi freneticamente, mi
bastava un attimo e mi tornava alla mente il quando e il dove di
quei ricordi, ricordavo le sensazioni, e forse quella era la cosa
peggiore, sentivo che stava per accadere qualcosa di veramente
brutto,
la cosa che non
avrei voluto ricordare. Sentivo il cuore che pulsava alle tempie e,
nel viaggio attraverso ai miei ricordi , mi accorsi di poter
percepire anche i sapori:il sapore che avevo in bocca non era dei
migliori... Un altro flash, l'ultimo e da quello
identificai il sapore che avevo in bocca e in un attimo ricordai
tutto.
Quello era il sapore del sangue.