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Autore: MissysP    23/11/2011    2 recensioni
Può
un album
causare tanto scompiglio e dolore per una ragazza tormentata?
Può un album, di musica, provocare la morte di qualcuno?
Per
Hinata sembra che la vita riservi solamente sorprese amare e tristi.
Per lei, nella vita, non c'è spazio per l'amore. Un pensiero
che le è stato inculcato fin da piccola e che continua ad
essere verità.
Ma la sua vita sta per cambiare; dopo tanto ritornerà a "casa"
ed è proprio nella città in cui è nata che farà un incontro inaspettato che le scompiglierà la routine. Ma un incontro può
rivelarsi la sua ancora di salvezza oppure buttarla in un baratro
ancora più buio. Tuto sta nella sua decisione di come
cogliere la sua occasione per scappare dalla sua vita. Che cosa
deciderà di fare la povera, piccola ed indifesa Hinata? Come
finirà la sua vita?
[(cit. dal capitolo 3)  Erano
lì, tutti riuniti per il suo
ritorno e stavano aspettando la sua esibizione. Hinata si
allontanò dalla
tenda, facendo qualche passo indietro e sospirò. Non credeva
di potercela fare,
quel pubblico era diverso da tutti gli altri; era pieno di persone che non
vedeva da un sacco di tempo, pronta a giudicarla e lei non si sentiva
pronta. Non avrebbe dovuto assecondare la pazzia di un momento e chiedere a
Sakura di trovarle una sistemazione per il suo ritorno a Konoha. Alzò
una mano, stretta nuovamente a pugno, e si picchiettò la testa mormorando
“Stupida! Stupida!Stupida!” i suoi occhi erano assenti, fissi sul
parchè di legno dell’Auditorium. Una mano maschile fermò la sua,
prima che potesse colpirsi
nuovamente. Solo in quel momento lei ritornò in
sé e alzò lo sguardo per
guardare chi fossi il suo intruso. Sorrise nel vedere che si trattava
del suo biondo preferito.
“Naruto” lo chiamò dolcemente. Era felice
di vederlo in quel momento e sorrise ancora di più al
ricordo della giornata precedente.]
[4° classificata al concorso de "Il circolo dei promt indetto da Silvar Solli]
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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A perfect melody

Capitolo 2

Le finestre erano aperte e sebbene fino a qualche giorno prima aveva piovuto, quella sera c’era un caldo soffocante. Non riusciva a respirare, la fronte era imperlata di sudore e nemmeno la leggera brezza del ventilatore, posto sul soffitto, riusciva a darle sollievo. Le coperte erano ammucchiate ai suoi piedi e le luci dei lampioni, provenienti dalla strada, illuminavano la stanza, colpendo lo specchio sul quale la luce si rifletteva, creando così dei giochi di luce. Hinata non riusciva a dormire, continuava ad osservare una sfaccettatura, color arcobaleno, sul soffitto, cercando di prendere sonno. L’album era posto sulla scrivania, vicino al cappotto e agli occhiali da sole, che era solita ad usare per nascondersi. Si sentiva stranamente irrequieta e non sapeva cosa fare per calmarsi. Come un automa si alzò, mettendosi seduta sul letto e guardandosi attorno. Infilò le ciabatte pelose e viola, regalo di sua sorella Hanabi, la vestaglia del medesimo colore e uscì dalla stanza, in cerca di distrazioni in giro per l’abitazione.

Era una casa troppo grande per una sola persona e anche fin troppo silenziosa. Aveva proposto alla sua assistente Sakura di andare a vivere con lei, in modo da non farle fare avanti e indietro da casa sua e di avere un poco di compagnia, ma lei aveva rifiutato. Sebbene avesse abusato della scusa di non volerla disturbare, soprattutto mentre era intenta a comporre dei nuovi brani, sapeva che in realtà voleva passare più tempo possibile con il suo fidanzato e di certo non voleva fargliene una colpa.

Girovagò per le varie stanze, andando poi in cucina a preparasi una camomilla, nella speranza che l’aiutasse a farle prendere sonno, ma non sorbiva nessun effetto. Sul bancone c’erano un pacchetto di fiammiferi e senza un reale motivo se li mise in tasca. Poi si era sistemata comodamente sul divano e aveva acceso la tv, distraendosi con il primo programma demenziale che aveva scorto. Nemmeno quello, tuttavia, sembrava riuscir a farle dimenticare la sensazione sgradevole di qualcosa che non andava, ma più cercava di capire cos’era più aumentava anche la sensazione di nervosismo. Stanca, decise di dedicarsi in qualche modo al suo lavoro. Ripercorse le scale e si diresse verso la stanza in cui c’era il suo pianoforte. La porta era ricoperta dal cellofan, segno che ancora non c’era entrata, mise la mano sulla maniglia in ottone e l’abbassò. Spinse la porta, in modo da aprirsi verso l’interno e darle modo di osservare quella stanza. Le pareti erano bianche immacolate - incominciava ad essere stanca di quel colore neutrale- e in mezzo ad alla stanza c’era il suo strumento di lavoro. Il nero lucido dello strumento rifletteva la poca luce che filtrava dalla tenda della finestra aperta. Hinata aggrottò le sopracciglia, non si ricordava di averla mai aperta, non ricordava nemmeno che esistesse quella camera. Aggirò il piano e andò a controllare che tutto fosse a posto. S’affacciò sul balcone e non vide nessuno, nemmeno in strada, ma era comprensibile era notte fonda. Scuotendo la testa, per l’ennesima volta, socchiuse le persiane in modo che la stanza rimanesse al buio e il vento circolasse per la camera in modo da rinfrescare l’ambiente. Dalla tasca della propria vestaglia riprese i fiammiferi e ne accese uno, si guardò attorno. Di solito preferiva lavorare nell’auditorium del paese, ma per quella notte avrebbe fatto un’eccezione. Sforzando i propri occhi ad abituarsi al buio, individuò un paio di candele sopra il piano e le accese. Sakura doveva aver disseminato l’intera stanza di candele, in quanto non c’era la corrente elettrica in quella stanza. L’unica camera che non erano riusciti a “modernizzare” e alla fine era riuscita ad accendere tutte le candele presenti in quel posto. La luce calda dei ceri le infondeva un poco di tranquillità. Con le dita della mano sfiorò tutto il perimetro dello strumento, seguendo i bordi dolci e ondulati; la superficie era fredda e liscia e le piaceva quel tocco. Quando arrivò di fronte allo sgabello ci si sedette, percependo il morbido del cuscino. Con entrambe le mani assaporò ancora una volta la sostanza liscia, fredda, ma anche dura del legno e poi osservò i tasti neri e bianchi. Ne pigiò uno e ne uscì un suono dolce e tenue, il Sol. Quando alzò lo sguardo per controllare il leggio, rimase sorpresa nel edere che l’album che prima era sulla scrivania, perché era sicura che si trattasse dell’album che le aveva dato lo sconosciuto. Non lo aveva portato con sé e come era finito proprio in quella stanza proprio sul leggio? Spostò con impeto lo sgabello, cadendo all’indietro. Sbattendo così la testa sul pavimento, i suoi occhi fecero fatica a non chiudersi, ma quando videro un’ombra sul soffitto, che sembrava osservarla, divennero ancora più pesanti. Quell’ombra incominciò a danzare sopra la sua testa e a scendere verso di lei, fino a circondarla e tutto attorno a lei si fece nero.

 

Un incendio ha colto di sorpresa, nel sonno, un gruppetto di amici. Erano di ritorno dal concerto della famosa musicista, Miss Hyuuga, e un cortocircuito in cucina ha incendiato tutto il condominio. Oltre al gruppetto di amici, ci sono atre vittime, tra cui una madre e un bambino. Per i ragazzi non c’è stato nulla da fare, sono stati trovati i corpi carbonizzati.

 

Una lacrima solcò la guancia della ragazza, che ancora stava dormendo. Voleva scappare da quella realtà, da quell’incubo che era costretta a rivivere ogni volta che chiudeva gli occhi.

 

Un pirata della strada ha investito i genitori di un neonato, proprio mentre la famiglia era uscita dall’auditorium, dove prima si era tenuto un concerto. Il bambino è rimasto orfano e i famigliari ne sono distrutti. I corpi sono stati ritrovati in condizioni pietose.

 

Era colpa sua? Certo, che lo era. Quel bambino aveva perso i genitori  così prematuramente e non se li sarebbe nemmeno ricordato. Si sentiva un’assassina.

 

Attimi di terrore hanno avvolto il teatro di Okinawa. Durante un concerto, un pazzo è entrato, sequestrando gli spettatori e l’artista Hyuuga, sparando all’impazzata. Sono state lunghe ore quelle che si sono succedute. Il pazzo, un rinnegato della società, si era dichiarato follemente innamorato della musicista e minacciando di compiere una strage se non avesse accettato la sua proposta di matrimonio. I feriti sono molti come i morti. Da allora Hinata Hyuuga ha annunciato di non apparire più in pubblico. Ha anche annunciato di volersi prendere una pausa e di smettere di esibirsi a causa dello shock di quel giorno disastroso. Molti fan si sono riuniti per…

 

Urlò di rabbia e frustrazione. Quel giorno era stato rovinato ancora di più a causa sua. Al giornale erano più impegnati a metterla sotto i riflettori che spiegare cosa fosse successo in quel maledetto teatro. Avevano appena accennato alla morte di molte persone, ma non si erano soffermati più di tanto. Come se loro non fossero importati come lei, anzi, erano anche più inferiori di lei. Questo non lo poteva accettare, ma non si era mai opposta, non aveva mai detto nulla. Si era limitata ad assistere passivamente e fingendo sorrisi che erano, solamente, l’ombra di quelli che erano una volta.

Lacrime. Solo queste versava. Si sentiva vuota e meschina, come potevano trattarla in quel modo? E’ così che la vedevano? Una dea, una divinità da adorare e che era superiore a tutti? Non era così che la trattava la sua famiglia e non si sentiva tale. Ma i media sembravano provarci gusto nel stravolgere la sua vita.

 

Riaprì lentamente gli occhi e la prima cosa che osservò fu il bianco del soffitto. Le persiane erano ancora chiuse, ma poteva ben vedere che alcuni raggi del sole filtravano da dietro il legno ruvido e rovinato di esse. Le candele erano ancora accese, ma nel corso della notte si erano consumate molto perché vide della cera scivolare lungo il piano forte, sulla tastiera e sul pavimento. A fatica si tirò su con i gomiti. I lunghi capelli assecondavano ogni suo movimento oscillando fluidamente. Si portò una mano alla fronte, sfiorandosela con delicatezza; la testa le rimbombava e la stordiva ancora di più. Sbatté gli occhi più volte, cercandosi di ricordare dove si trovasse. Vide il piano e comprese di essere in quello che dovrebbe essere la sua stanza da lavoro. Era svenuta? Probabile. Alla fine, quando il capo smise di pulsare e sentendosi meglio, si rimise in piedi, appoggiandosi al piano. Ancora confusa si diresse verso il bagno, a cercare conforto sotto l’acqua calda.

 

Il getto d’acqua calda la colpiva violentemente la schiena, ma lei non se ne curava. Era persa nei suoi pensieri. Da quando era ritornata nel suo paese d’origine, quella che dovrebbe essere la sua confortevole casa, sembrava che ci fosse qualche entità superiore che volesse divertirsi con lei.

 

Che ironia, ero molto vicino alla verità.

 

Da giorni non riusciva più a scrivere una mezza nota, sembrava che l’ispirazione se ne fosse andata, reclamando una vacanza anticipata. I contatti con la sua famiglia erano sempre più disastrosi: suo padre voleva che ritornasse a casa, per una volta soddisfatto di sua figlia. Lei sapeva il perché: era diventata famosa e aveva molto successo e sebbene non lo dicesse apertamente, voleva imporle un matrimonio solo per avere un motivo in più di cui vantarsi. Suo cugino Neji, per quanto cercasse di essere gentile con lei, voleva che ritornasse a casa, ma non per lo stesso motivo di suo padre. Era dolce da parte sua preoccuparsi senza avere doppi fini, tuttavia continuava a rifiutarsi e per quanto riguardava sua sorella sembrava indifferente alla questione. Mai come in quel periodo si sentiva stanca e voleva solamente avere una via d’uscita. Voleva, in qualche modo, tagliare i ponti fra lei e la sua famiglia, per quanto doloroso poteva essere.

Poi, come se non bastasse, qualche giorno fa si era ritrovata ad osservare la porta di un negozio di musica e senza sapere come ci fosse finita in quel posto. In mano aveva quell’album, nuovo e uguale a quello che utilizzava di solito. Suo cugino gli regalava quei album a Natale e lei li utilizzava per cortesia.

Ed infine, quella notte appena passata. Ricordava che non era riuscita ad addormentarsi e aveva cercato conforto nel suo lavoro. Funzionava sempre, ogni volta che si sedeva di fronte ad un pianoforte, lei si rilassava e veniva avvolta dall’ispirazione del momento. Quella notte, però, non aveva funzionato. Era svenuta, probabilmente, e il mattino successivo si era risvegliata nella stessa stanza.

Scosse la testa, più ripensava a tutti quegli avvenimenti e più le veniva voglia di urlare e rompere tutto. Eppure c’era stato, almeno in quel giorno, qualcosa che l’aveva richiamata a casa, qualcosa che le aveva fatto dimenticare le difficoltà che avrebbe incontrato, in futuro, ritornando lì. Non riusciva, tuttavia, a ricordarselo. Sollevò le spalle e si scosse, agitandosi come un cane per levarsi le gocce d’acqua di dosso, e ritornò alla realtà. Chiuse il pomello della doccia e, da dietro la tendina, allungò il braccio per prendersi un asciugamano. Con attenzione uscì dalla cabina, cercando di non scivolare sul bagnato, e si guardò nel grande specchio spora il lavello. Si spaventò nell’accorgersi in quali pietose condizioni si presentava. Non era mai stata vanitosa, anzi, cercava sempre di nascondersi sotto la frangia e dietro i vestiti sformati, per coprire il suo corpo fin troppo prosperoso. Ghignò sarcasticamente, non osava immaginare in quali condizioni si sarebbe presentata il giorno dopo, al suo concerto. Non voleva pensarci, altrimenti avrebbe pensato, anche, alla presenza di suo padre. Ecco, lo stava facendo in quel momento.

Basta, smettila di pensare.

 

Come se qualcuno avesse udito le sue suppliche nascoste dietro la disperazione del momento, il telefono prese a squillare, salvandola da se sessa. Distogliendo lo sguardo dal proprio riflesso, s’incamminò verso la sua stanza da letto e si sedette sul bordo del materasso. Con una mano tremante sollevò l’apparecchio e se lo portò all’orecchio.

“Pronto?” domandò, esitante. La sua voce era lieve e roca, come se avesse pianto tutta la notte. Non voleva avere contatti con nessuno in quel momento, per non dare spiegazioni a nessuno.

“Hinata?” domandò una voce maschile e famigliare. Hinata sussultò nel sentirla, era da settimane che non si parlavano. Dopo il litigio avuto a causa del suo lavoro, non aveva avuto il coraggio di telefonargli e non trovava nemmeno le parole in quel momento.

“Naruto?” lo chiamò, per essere certa di non immaginarsi la sua voce. Sarebbe stato il colmo.

“Sì, sono io. Che ti è successo? Perché hai pianto?” domandò,veramente preoccupato. Hinata sorrise per quell’apprensione che sentiva nella sua voce. A volte si ritrovava a ringraziare il cielo per il dono ricevuto. Sospirò, rasserenata nel’aver udito la sua voce. La giornata sembrava risollevarsi e per questo gliene era grata.

“Non è successo nulla, Naruto. – disse assaporando il suo nome – Scusami, piuttosto, se non ti ho telefonato prima” finì di dire. Nella sua voce si poteva ben percepire quella nota di incertezza, ma il biondino non se ne era accorto, fortunatamente.

“Non ti preoccupare, anzi, il vero idiota sono stato io. Senti… Io sono qua, a Suna… Ti andrebbe di venirmi a trovare?” domandò, incerto di proporle di raggiungerlo. Quasi temesse in un suo rifiuto. Hinata ripensò al suo riflesso, morto e pallido, e rabbrividì; ma il desiderio di rivedere quel ragazzo, di cui era follemente innamorata, fin da quando era giovane, la spingeva ad accettare la richiesta. D’altra parte per raggiungere Suna ci voleva solamente una mezz’ora utilizzando il treno. Sospirò.

“Certamente. Dammi un’ora e arrivo alla stazione di Suna” accettò, cercando di esserne sicura. Non voleva che lui dubitasse di poter sistemare le faccende fra loro, perché, dopo varie pene per conquistarlo, non se lo sarebbe lasciato scappare.

“Fantastico!” gridò sollevato. Lei non poté che ridere di quella reazione.

“Allora ti vengo a prendere fra un’ora!” esclamò, felice e riagganciando il telefono. Hinata rimise a posto il telefono e rimase, in silenzio, ferma nella sua posizione ad osservare un punto indefinito. Aveva fatto bene ad accettare?

Certamente mi ha risollevato l’animo.

 

 

 

 

 

NdA: Ed ecco il secondo capitolo e anche il penultimo. Si, lo so non è molto lunga ma è uscita perfetta anche così xD Quindi che ne pensate?  Come avete potuto notare il personaggio di Hidan non è molto presente, almeno non in forma corporale. E quasto aggiunge un'aspetto ancora più lugubre alla storia 

La storia sta prendendo una piega un po' bislacca, in qualche modo si è capito il modo in cui il quaderno lavora. Diciamo che è spuntato fuori come Hinata sia riuscita a raggiungere la sua perfezione. Non è propriamente lei a scrivere le sue canzoni, almeno non del tutto. Questo particolare è diverso dal manga a cui mi sono ispirata, spero che vi piaccia lo stesso xD

Ringrazio Falsa dea molto adorata per aver messo la storia nelle seguite e la ringrazio anche per la sua recensione xD Inoltre ringrazio anche Mente libera e liu_Qgirl per aver recensito la storia. E ringrazio chi semplicemente la legge ^^

Bacioni

A presto!

MissysP

  
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