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Autore: _Sihaya    18/07/2006    2 recensioni
Ho classificato questa storia come AU... Mah... se si tratta veramente di un Universo Alternativo, lo lascio decidere a voi. "Quei bastardi lo stavano cercando. Cercavano lui e il suo compagno per ucciderli, e l’avrebbero fatto se avesse continuato a trattenersi ancora a lungo in quella zona... I suoi pensieri corsero per un attimo a Rukawa, quel testardo, aveva voluto agire da solo e ora dov’era? Forse lo avevano già preso. "
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Ryota Miyagi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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THE KING

THE KING

 

By Sihaya

 

* * *

 

Parte 2

 

«L’ho colpito!», sussurrò Ryota al compagno accanto a lui, «sono sicuro!», disse sorridendo soddisfatto nelle tenebre.

 

Non sapeva come erano giunti fino lì, ma era accaduto.

 

Si era ritrovato ad un tratto costretto, seppure contro la sua volontà, a lottare contro i propri amici, ad inseguirli come una spia nel buio di quell’hangar.

 

Non voleva arrivare a quello, non l’avrebbe mai voluto, ma non era stata una sua scelta.

 

Loro avevano Ayako e quella era una motivazione sufficiente. La nascondevano nella sala di comando e Dio solo sapeva che cosa le avevano fatto.

 

«Bastardi…» sussurrò rabbioso.

 

«Shhh…», lo intimò il compagno accanto a lui, imbracciando il fucile, «non parlare, ti sentiranno.», lo ammonì. Aveva parlato così piano che la sua voce avrebbe potuto essere confusa con un soffio di vento.

 

Peccato che in quella stanza non circolasse nemmeno un filo d’aria. Il  ragazzo respirava a fatica. L’odore del sudore e della paura impregnavano quello squallido hangar.

 

«Ryo-chan…», disse il compagno sedendosi accanto a lui, « sta attento, la volpe non è morta.»

 

«Come fai a dirlo?», chiese il ragazzo sospettoso mentre preparava il fucile per il prossimo colpo.

 

«Fidati», rispose l’altro.

 

Di nuovo il silenzio prese il sopravvento.

 

Nulla si muoveva. Nessun rumore.

 

Ryota poteva sentire solo il respiro calmo e rassicurante del compagno accanto a sè.

 

«Hana… Ce la faremo?» disse volgendosi verso il ragazzo, una debole luce diffusa gli permetteva di scorgere la sua sagoma e di cogliere appena l’espressione sul volto dell’amico. Sorrideva.

 

«Certo», gli rispose il rossino con fermezza, «Là dentro c’è Ayako. Non vorrai lasciarla nelle loro mani?», aggiunse.

 

«No», rispose l’altro improvvisamente rinvigorito. Una forza che non credeva più d’avere gli percorse il corpo.

 

Si volse a guardare il compagno.

 

«Che stai facendo!?», gli chiese allarmato, trattenendo un grido.

 

Il rossino si voltò verso di lui con uno strano ghigno sul viso.

 

Aveva estratto un piccolo coltello a serramanico che teneva nascosto in tasca. Con un lievissimo scatto lo aprì mostrando una lama argentea e ben affilata, poi, con mano ferma e decisa, lo puntò a terra e cominciò a incidere alcuni segni sottili sul pavimento.

 

«Ma cosa fai!? Hanamichi sei fuori di testa!?», disse il ragazzo terrorizzato guardandosi intorno, «se ci scoprono… »

 

«Sta tranquillo Ryo-chan», gli disse l’altro in un soffio, «so quello che faccio».

 

Ryota rimase a guardare sconvolto il rossino che segnava in modo indelebile il pavimento con estrema precisione.

 

Gli ci volle un po’ prima di capire, ma pian piano comprese le lettere che stavano prendendo forma.

 

Scritte in stampatello, in modo un po’ infantile, il rossino aveva inciso le parole THE KING. 

 

Hanamichi richiuse il coltello con un altro lieve scatto e se lo rimise in tasca soddisfatto.

 

«Ma… Hana, perché?», chiese il ragazzo, incredulo.

 

«Per lasciare un segno ai posteri», rispose Hanamichi gonfiando il petto, «tutti devono sapere che il re è passato di qua, …e che ha vinto», aggiunse dopo un breve silenzio.

 

«Forza alzati», disse poi scuotendo Ryota, «è ora di muoversi, Ayako ti sta aspettando»

 

«Si», disse il ragazzo pieno di fiducia. Il compagno si era dimostrato un soldato esperto e preparato molto più di quello che si aspettava, era una guida preziosa e un astuto stratega.

 

Si alzò in piedi e preparò il fucile.

 

«Ryo-chan…», fece il rossino, la sua voce si era fatta tutt’ad un tratto seria, «fa’ attenzione, Mitsui è vicino», disse in tono appena percettibile, «tu va avanti, io ti copro le spalle», ordinò.

 

«No Hana, è meglio che sia tu ad avanzare, tu sei più esperto, io non …»

 

«Fa come ti dico…raggiungi la sala di comando, puoi farcela. Corri veloce come sai fare, Rukawa non riuscirà a colpirti.», disse poggiandogli una mano sulla spalla.

 

Qualcosa si mosse dietro al rossino.

 

Non c’era più tempo, dovevano giocarsi il tutto per tutto.

 

«Vai Ryota! CORRI!!», gridò lanciandosi fuori dal nascondiglio con il fucile pronto a colpire il nemico.

 

Si guardò le spalle, Mitsui lo aveva visto da lontano e gli puntava contro la sua arma.

 

«MUORI!!», gridò Hanamichi sparando all’impazzata contro il ragazzo, finchè non vide la sua sagoma fare qualche passo indietro e inciampare nel buio dell’hangar. 

 

L’eco metallico delle lamiere si prolungò a lungo nell’enorme sala mentre Mitsui cadeva a terra spargendo ovunque tubi e ferraglie.

 

Era stato colpito a morte.

 

Non c’era più nulla che potesse fare, non poteva aiutare il compagno di squadra né poteva portare a termine la missione. Si strinse una mano sul petto.

 

Aveva perso. Aveva perduto definitivamente, sconfitto da Sakuragi.

 

Aveva saputo fin dall’inizio cosa significasse mettersi contro di lui, contro il re, e ora pagava il prezzo delle sue scelte, giuste o sbagliate che fossero. Chiuse gli occhi abbandonandosi all’ultimo fremito che scosse il suo corpo.

 

Hanamichi distolse lo sguardo dalla sua vittima. Probabilmente l’aveva finito, ma non poteva accertarsene, doveva pensare a coprire Ryota. Il volpino era ancora nella stanza e, nonostante fosse stato ferito, era di certo ancora in agguato.

 

Ryota correva veloce come il vento fra le macerie guidato solo dall’istinto, saltava gli ostacoli che si ponevano davanti a lui senza nemmeno guardarli. Pensava ad Ayako, la sua immagine fissa nella mente. Doveva salvarla, doveva raggiungerla e impedire che quei bastardi le facessero del male.

 

«Ayako!!», gridò mentre i colpi del nemico gli passavano accanto sfiorandogli il corpo.

 

“Corri veloce” aveva detto Hanamichi, “io ti coprirò le spalle”.

 

Doveva fidarsi del compagno, si disse Ryota, lui sapeva quello che faceva, compito suo era solo quello di raggiungere la sala di comando.

 

Ancora pochi passi e con un ultimo balzo afferrò la maniglia della sala di comando…

 

Rukawa dietro di lui caricò il fucile mirando alla sua schiena.

 

«Non farlo»

 

Una voce alle sue spalle gli sibilò nell’orecchio.

 

Si voltò terrorizzato.

 

Hanamichi lo aveva colto alle spalle. Come aveva potuto essere così sciocco? Uscire allo scoperto in quel modo era stata la cosa più avventata che avesse mai fatto.

 

Il rossino lo guardò negli occhi con un sorriso perfido dipinto sul volto, illuminato dalla debole luce rossastra.

 

«Va all’inferno», gli disse puntandogli il fucile dritto sul petto e sparando a bruciapelo.

 

Rukawa indietreggiò di alcuni passi inciampando nelle ferraglie sparse sul pavimento e cadde a terra sconvolto.

 

Come erano potuti arrivare fino a quel punto?

 

Com’era potuto accadere?

 

Chiuse gli occhi mentre il suo corpo vibrava scosso da un tremito che gli immobilizzava gli arti e gli rendeva difficile respirare.

 

Era finita.

 

Era finita per lui e per Mitsui.

 

Li avevano mandati alla morte, soldati inesperti allo sbaraglio.

 

Strinse i denti trattenendo le lacrime di rabbia che prepotentemente si formavano all’angolo degli occhi. Non doveva piangere. L’orgoglio gli imponeva di comportarsi da uomo anche di fronte alla sconfitta, inevitabile.

 

* * *

 

Una brezza leggera investì il volpino liberandolo da quell’aria pesante e viziata che aleggiava nell’hangar fino a pochi istanti prima. Aprì gli occhi ancora cosciente. Una luce lo circondava tutt’intorno e servirono alcuni secondi perchè i suoi occhi si abituassero.

 

Finalmente quelle tenebre insopportabili si erano dileguate.

 

In piedi sopra di lui Hanamichi lo guardava con un sorriso compiaciuto e gli tendeva la mano.

 

«Merda…» sussurrò il volpino, cercando di alzarsi a sedere, il suo corpo ancora tremante.

 

«Te l’avevo detto…», fece Hanamichi mentre lo aiutava ad alzarsi, «…Tu sarai anche il miglior giocatore di basket della prefettura, ma io… sono il RE del Laser Game!! Nessuno può battermi!!», disse pieno di sé, ridendo fragorosamente.

 

«Stupida scimmia…», brontolò Mitsui avvicinandosi ai due e ripulendosi i pantaloni impolverati, «Dov’è Ryota?», chiese poi guardandosi intorno.

 

La porta in fondo alla sala era spalancata e probabilmente il ragazzo era già fuori, forse aveva raggiunto Ayako che li attendeva fuori. Lo aveva sentito gridare il nome della ragazza mentre correva come un fulmine per raggiungere la meta.

 

«Allora Mitchi! Hai visto come sono bravo!? Ha ha!», esultò Hanamichi inebriato dalla vittoria.

 

«Stai sudando come una fontana», disse Rukawa avvicinandosi a Mitsui, ma evitando di incrociare i suoi occhi: in fondo avevano perso per colpa sua.

 

«Qui dentro c’è un caldo insopportabile», rispose il ragazzo levandosi di dosso l’attrezzatura del gioco e asciugandosi il sudore sul viso con il collo della maglietta, «andiamo fuori…», suggerì sbuffando.

 

Avevano perso e toccava a loro pagare la partita. Quelli erano i patti.

 

“Tutta colpa di quello stupido volpino, se non fosse stato così testardo avremmo potuto vincere .”, pensò Mitsui fra sé e sé mentre usciva dalla stanza.

 

 

* * *

 

Ehm…

…che ne pensate?…

Ammetto che ho un po’ paura a chiedervelo…

Scusate, ma a volte non mi riesce proprio di mettere un freno alla mia fantasia.

Bye Bye,

Sihaya

 

 

* * *

 

N.B.

…Per chi non lo sapesse il laser game funziona così:

si gioca in due squadre, meglio se composte da almeno quattro giocatori. L’arma a disposizione è un fucile laser. I giocatori indossano una specie di imbracatura che si allaccia intorno alla vita e sulle spalle. Sul petto e sulla schiena ci sono delle pettorine,  che, se colpite dal laser, vibrano per qualche secondo impedendo al giocatore “ferito” di muoversi. Le squadre giocano a tempo, nel buio di una stanza ed è l’accensione delle luci a determinare la fine del gioco.

La vittoria spetta alla squadra che ha colpito il maggior numero di volte l’avversario.

 

   
 
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