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Autore: Angels Island    18/07/2006    10 recensioni
+ Una malinconica nostalgia. E l'infinito desiderio di stare ancora insieme. +
°°° Ex |Natale Con Te| -titolo modificato-.°°°
Genere: Romantico, Malinconico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringrazio di cuore Brinarap, elrohir, venus87, kiba91, sTeLLiNasTRoNZa, AncestralMelody e Yumi per aver apprezzato questa fic, benché sia una storia impregnata, fino ad ora, di tanta tristezza

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 3 + + +

 

 

 

Note

 

 

Ringrazio di cuore Brinarap, elrohir, venus87, kiba91, sTeLLiNasTRoNZa, AncestralMelody e Yumi per aver apprezzato questa fic, benché sia una storia impregnata, fino ad ora, di  tristezza. Avevo la voglia di scrivere qualcosa di diverso dal solito, ecco… Però non me ne dispiaccio. Io scrivo per sfogarmi, perciò ho sentito il bisogno di stendere una storia segnata da un'impronta di malinconia, scusatemi… ^^ ‘ ‘ Notizie di Kaede, per coloro che non riescono più a sopportare l’ombra di puro silenzio che è calata su di lui, oltre a quelle accennate nelle varie, piccole parentesi di questi iniziali capitoli, giungeranno a partire dal prossimo aggiornamento… Pazientate…^^’

 

 

 

Spero davvero che non troviate noiosa questa parte di fic… ^^’’’ che a me fa tanto –esagerando per dare l’idea- “elenco della spesa”… -.-   Ehm…

Beh… Buona lettura, un baci8!  =Angels’ Isl@nd=

 

 

 

 

 

 

 

 

 

+ Once more +

_-( Natale  Con  Te )-_

 

 

+ + + Capitolo 3 + + +

 

 

 

 

 

Ricordi quando ti eri svegliato al mattino.   Era ancora buio.

 

 

 

 

Sentivi il calore di un respiro diverso dal tuo condensarsi suoi tuoi capelli umidi.  Sentivi il piacevole peso di un braccio abbandonato su un tuo fianco,  delle dita rilassate appoggiate sulla tua pelle.   Ti eri mosso abbozzando un sorriso  rannicchiandoti contro un corpo caldo intrappolato insieme al tuo in un sacco a pelo.  E l’avevi sentito muoversi,  stringerti piano in un movimento assonnato che ti aveva trasmesso un senso di protezione dimenticato ormai da tempo. 

 

 

 

Eri rimasto immobile, crogiolandoti in quel dolce tepore che ti faceva sentire il ragazzo più felice del mondo.  C’era solo il silenzio e la melodia d’un ruscello che scivolava nelle fredde acque di un lago d’argento illuminato, nella notte, dai soffici baci della luna.  E tu avresti voluto davvero bloccare il tempo, fermare quella sabbia dorata che scivolava incessante nella fragile clessidra della tua vita  per godere di quell’attimo eterno in cui avresti voluto perderti per sempre. 

 

 

 

 

Le tue mani si muovono nel buio alla ricerca di un Cd.

 

 

 

 

 

 

                                                                                                 Non ti basta, vero?

 

 

 

 

 

 

 

 

                                             Tutta  questa  sofferenza  a  cui  ti  costringi  ogni  giorno  non  ti  basterà  mai,   vero?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E senti gli occhi riempirsi di lacrime  mentre ascolti la struggente melodia di un brano come I Love You.  Kaede non l’ascoltava mai. 

Sarah McLachlan, borbottava ogni volta quando ti sorprendeva ad ascoltare quell’unico pezzo che avevi di lei.  Storceva il naso e lasciava la stanza. 

 

 

Sorridi.  Non gli hai mai detto d’averlo sorpreso ad ascoltarlo,  quel giorno in cui l’avevi lasciato solo dopo un insensato diverbio. 

Eri rimasto in silenzio, e ti eri poggiato alla parete della stanza adiacente, per poterla ascoltare insieme a lui. 

 

 

 

 

Le tue labbra si contraggono in un fugace sorriso d’amarezza.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                              Ti  manca  Kaede.  

                                                                                                                                                Ti  manca  tanto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ti adagi sul letto,  restando su un fianco,  scompigliandoti i capelli contro le lenzuola.

 

 

 

 

Vorresti provare a chiamarlo a casa.  E sentirla  rispondere al telefono,  quella voce  unica,  profonda e irrimediabilmente meravigliosa che non senti ormai da tanto,  troppo tempo.

 

 

 

 

 

 

              Eppure sai che non puoi farlo.                     Non puoi perché era questa  la sua casa.  

 

                                                                                                 Perché era questa la  vostra  casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi gli alberi che stagliavano le loro fronde contro il cielo,  ricordi la luce in quegli occhi blu,  la stessa luce che  brillava nel  lago ai primi bagliori del mattino.  Ricordi le vostre voci urlate con tutto il fiato ch’avevate in corpo,  gridate da uno sperone di roccia solo per sentirle tornar indietro in un lontano eco  fuggente. 

 

 

 

Sorridi ad occhi chiusi ripensando agli sforzi sovrumani che avevi fatto per costringere Rukawa alzare la voce.  Che idiota eri stato.  Avevi gettato il suo vecchio lettore  nel dirupo.  E ti metti a ridere ripensando alla rabbia infinita che leggevi nei suoi occhi,  alla sua voce maledettamente sensuale anche quando era carica d’odio in un momento come quello. 

 

 

 

E ti aveva mandato al diavolo, lui, nel vedere che non reagivi e che, al contrario, lo fissavi imbambolato,  divertito,  felice d’esser riuscito nel tuo diabolico intento.  Senti ancora le sue proteste potenti,   penetranti,  arrochite ed indimenticabili  risuonare tutt’attorno.  

Ti volti sulla schiena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rivedi le sue dolci e buffe espressioni nel cercare di scegliere una tuta nuova,  quel giorno di saldi in cui eravate usciti fare spese. Osservavi il suo viso corrucciato, segnato da un’evidente, irrisolvibile esitazione.  Fissavi il suo sguardo concentrato passare da un capo all’altro, le sue labbra stupende morse dai denti nel tentativo di prendere una decisione.

 

 

 

 

                    Era così dolce…

 

 

 

 

 

                                                                                                      Era così…

 

 

                                                                                                                               Così…

 

 

 

 

 

 

 

Avresti voluto abbracciarlo forte.  

 

 

                                         E dirgli che lo amavi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                       Che eri davvero innamorato di lui.

 

 

 

 

E invece lo prendevi in giro ghignando,  ridendo dinanzi ai suoi insulti innervositi e imbarazzati.  L’avevi persuaso ad acquistare entrambe le tute ribadendo che,  di questo passo,  avreste fatto notte,  dandogli ragione ogni volta che giurava che non t’avrebbe più portato con sé in simili giornate.  Ma come avresti potuto dargli un giusto consiglio, tu che lo avresti ammirato come un dio anche se fosse stato solamente vestito di logori ritagli di stoffa…?

 

 

 

 

 

 

 

Ricordi le lacrime agli occhi, mentre osservavi rapito Kaede in mezzo alla pista,  un magico fulcro intorno al quale ruotava una miriade di gente in indistinti riflessi sfocati.

 

 

 

Lo ricordi mentre ti osservava guardare meravigliato la pista e le gradinate,  le luci che rendevano incantato quel luogo in cui ti aveva portato in un giorno speciale.   Lo ricordi cercare i tuoi occhi,  abbracciarti intensamente,  tenero,  con gli occhi lucidi al pari dei tuoi,  senza riuscire a proferir parola. Ti aveva fatto una sorpresa inaspettata.  Ti aveva reso felice.

 

 

 

 

Vedi ancora le sue saettate sul ghiaccio,  le sue perfette acrobazie eseguite volteggiandoti intorno,  con lo sguardo fisso su di te e nessun altro.  T’incantavi ad ammirare quel dolce sorriso che gl’incurvava le labbra,  ad osservare l’ondeggiare dei suoi capelli sferzati dal vento.

 

 

 

Ripensi alle tue proteste quando ti aveva preso per mano e trascinato per tutta la pista sfrecciando fra gli altri,  lasciandoti libero nel momento in cui era giunto alla sua massima velocità.  Ricordi il terrore,  le urla,  le botte,  le risate… 

 

 

 

 

Hai ancora in mente la corsa esagerata verso di lui,  quando ti sentivi al centro del mondo,  quella corsa incredibile che avevi cercato di frenare solo quando avevi realizzato di trovarti sul ghiaccio, lanciandoti involontariamente in una serie di spassose acrobazie per cercare di non cadere come un sacco di patate.  Senti risuonare le risate della gente quando eri inevitabilmente scivolato in avanti ritrovandoti con la testa fra le gambe del tuo Ede e con un gran livido su un fianco.

 

 

 

 

Ricordi il suo sorriso divertito mentre ti offriva una mano e ti abbracciava stretto a sé nel tirarti su… 

 

                                                                                                                                       Era  così  felice  quel  giorno…

 

 

 

 

 

 

 

 

Colorblind dei Counting Crows non migliora affatto il tuo stato d’animo.

                          Ti alzi stanco dal letto, tornando alla finestra come una giovane falena anela alla sua luce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Distingui solamente due colori,  fuori,  al di là di quelle fredde lastre di  vetro che le tue dita continuano a sfiorare.  Il blu della notte inoltrata…  …Il bianco della neve graffiato d’azzurro.  Quelle stesse sfumature che avevi osservato quel giorno in cui a bagnare i tuoi occhi erano lacrime di infinita tristezza.

 

 

 

 

 

Era stato il primo vostro, vero litigio. 

Ed entrambi,  gonfi d’orgoglio come ogni dannata, maledettissima volta  non avevate saputo riporlo da parte,  barricandovi nelle vostre stupide, discrepanti convinzioni. 

 

 

 

 

 

Stava ancora nevicando,  mentre la luna riusciva a prevalere su una fitta coltre di nubi.           La notte rendeva tutto così statico… 

 

                                              Soffrivi da morire, ed eri convinto che quegli attimi interminabili fossero destinati a non finire mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                     Piangevi.

 

    

 

 

 

                                                                                                                                                   Piangevi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                       Piangevi. 

 

 

 

 

 

 

E più soffrivi  più avvertivi la voglia di sfogarti ancora di più,  di svuotare tutto te stesso,  di singhiozzare più che potevi e  dare alla luce stille di pianto senza fine, piangendo fino all’ultima lacrima. 

 

 

 

Volevi sfogarti fino a disperdere l’ultima briciola d’energia,  per poter sentire quell’incommensurabile stanchezza che ti avrebbe costretto ad un sonno profondo,  riparato sotto i rami di un pino,  mille miglia  lontano da casa.   Volevi sentirti stanco. 

 

 

                                                                                                           Stanco e non svegliarti mai più.

 

 

 

 

 

 

 

Eri riuscito a ritrovarti senz’aver più una lacrima da versare.  E camminavi senza una meta per le strade di periferia,  osservando, senza vederla,  la tua nitida ombra che la luna proiettava silenziosa sulla neve.        Non sapevi dove fosse Kaede. 

E né avevi la forza di volerlo sapere, in quegli attimi in cui pareva che la Terra dovesse fermarsi così per sempre, immobile e sospesa.

 

 

 

 

 

Poi l’avevi scorto,  in fondo al parco.

 

 

 

 

 

 

 

Un’ombra accovacciata di profilo,  intenta ad ammonticchiare neve in un piccolo cumulo tondeggiante,  sotto un grosso rovere dai rami traboccanti di gelidi cristalli rilucenti.   Non credevi fosse uscito anche lui,  non credevi di trovarlo nell’esatto punto in cui vi eravate scambiati il vostro primo, indimenticabile bacio.

 

 

                                                  E temevi fosse un miraggio,  un’illusione creata dal nevischio che si posava sulle tue ciglia bagnate.

 

 

 

 

 

 

 

Tutt’intorno la natura brillava,  illuminata dalla luce della luna che si rifletteva nella neve in un magico candore soffuso. 

T’allontani dalla finestra infilando le mani nei pantaloni del pigiama,  mantenendo le braccia lungo i fianchi.  Ondeggi il peso da un piede all’altro,  ciondolando con il capo al lento ritmo della musica.  Rivedi i tuoi passi lasciare tracce fresche alle tue spalle,  rivedi la tua figura avvicinarsi sempre più a lui. Rivedi il suo volto arrossato per le lacrime salate che gli si raffreddavano sul viso.   Il suo corpo tremare per il freddo e lo stupore.   Non aveva indossato un giaccone, prima di uscire da casa sbattendo la porta. E ti eri inginocchiato al suo fianco,  abbozzando un timido sorriso,  cercando di osservare quel piccolo pupazzo di neve che non riuscivi  a mettere a fuoco a causa delle lacrime che riempivano i tuoi occhi.

 

 

 

 

 

 

E avevi allungato una mano  alla ricerca di quella di Kaede.  Avevi ritrovato le sue dita… così gelide…  che tanto ti erano mancate.  Le avevi sentite avvinghiarsi alle tue,  avvertendo il tuo koi che tentava inutilmente di reprimere la voce strozzata dal pianto.  E vedevi le sue lacrime inondargli le guance mentre, ad occhi chiusi,  si mordeva le labbra stingendoti la mano.  

 

 

 

 

                                  L’avevi abbracciato,  tirandotelo contro con dolcezza,  baciandogli i capelli.  

 

                                                                                                                         Avevi ripreso a piangere anche tu.

 

 

 

 

 

Avevi sentito le sue braccia circondarti la schiena e le spalle in una stretta disperata,  in un abbraccio da cui traspariva tutto il suo sconforto,  la sua disperazione,  il suo dispiacere.  Il suo  infinito  amore.

 

 

 

 

Ed eravate rimasti  così  per minuti interi,  abbracciati nelle neve,  mentre fiocchi cangianti  illuminati dalla luna  piovevano lenti dal cielo,  coprendovi d’un bianco manto iridescente nel silenzio della notte. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un pendolo d’ebano intona i suoi ultimi dodici rintocchi della giornata,  qualche stanza più in là.  E tu sospiri lasciandoti cadere all’indietro, a peso morto, sul letto.

 

 

 

 

Poi un flebile rumore, fuori dalla finestra.   Seguito da un altro.   E poi da un altro ancora.   E ancora.   E ancora.   E ancora. 

 

 

 

 

 

Torni a fissare il soffitto e sospiri,  alzando le braccia e abbandonandole sul materasso poco più al di sopra del tuo capo.

                                   E ti rendi conto solamente di una cosa,  mentre avverti le prime gocce di pioggia picchiare contro i vetri. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                              È Natale.

 

                                                                                                                                       E  Kaede  non  c’è.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

 

Colorblind e I Love You: due brani tutt’altro che allegri, che Hanamichi ascoltava ormai da tempo, nei momenti di più intensa nostalgia (veramente quella che li ascolta sono io, ma questo è un dettaglio irrilevante…u___u  )… Se qualcuna di voi ha presente le canzoni a cui mi riferisco spero le giudichi abbastanza adatte alla situazione che Hana sta vivendo… Non tanto per i testi, quanto per le melodie…

 

 

 

 

 

 

  
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