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Autore: kikkinavampire    25/11/2011    1 recensioni
Ero abituata a tutto ormai, ad ogni cosa che mi potesse accadere, ad ogni imprevisto.
Ma soprattutto alla cosa che all’inizio mi faceva star male, a tutte le persone che mi guardavano, alcuni mi salutavano quando entravo a scuola, altri mi sorridevano, altri evitavano il mio sguardo per evitare problemi, altri ancora mi fissavano con disprezzo.[...]
. Antonio era nuovo e non sapeva che nessuno poteva chiedermi di uscire, infatti sperai che proprio nessuno sentisse la nostra conversazione.[...]
Così, sorrisi un ultima volta e mi incamminai lungo il corridoio, rossa in viso, cercando di calmarmi. Mentre camminavo sentii la voce stizzosa di Elena contro quel povero e ignaro ragazzo, -Ma che fai?! Sei pazzo? Ti vuoi far uccidere?-
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Scusate per il ritardo... ho avuto delle settimane pienissime a scuola e solo oggi ho avuto tempo di finire questo nuovo capitolo. Buona lettura e..recensite in tanti, mi raccomando!! :D

Capitolo 2 {Flashback}
Ero completamente paralizzata. Fissavo quei bellissimi occhi azzurri senza rendermi conto, primo di chi avessi davanti e secondo che la sua espressione era alquanto scocciata e innervosita.
-S-scusa.. m-mi dispiace così…tanto…io non volevo…-balbettai poco dopo in preda al panico.
-Dovresti stare attenta a dove cammini!- mi ringhiò contro Edward.
Io lo guardai afflitta, sospirai e scossi la testa, -S-scusa…- dissi balbettando nuovamente e poi mi chinai a raccogliere tutti i libri sperando che non avesse intenzione di usare quella pistola che portava nella fondina. Ero riuscita a spargere libri e appunti ovunque e inoltre, cercando di prendere il libro di matematica, che era finito addirittura sotto un calorifero, per poco non caddi in avanti.
Ero davvero goffa e maldestra, soprattutto se avevo una sguardo infuriato puntato addosso. Edward sospirò.
Pensai subito che di lì a pochi secondi se ne sarebbe andato urlandomi contro e sarei diventata lo zimbello della scuola di lì a pochi giorni; invece sospirò di nuovo e poi si chinò ad aiutarmi. Rimasi sbalordita: lo guardai a bocca aperta e rimasi imbambolata quando mi sorrise, -Ecco- disse porgendomi poco dopo tutti i libri, -Dovresti fare attenzione… potresti farti male un giorno- aggiunse poi aiutandomi ad alzarmi. Io annuii arrossendo, -Okay..-
Lui sorrise nuovamente, -Quindi.. la prossima volta fa’ attenzione. Un giorno o l’altro potresti andare addosso a qualche persona non troppo gradevole e pericolosa,sai- ridacchiò e mi sfiorò i capelli con una carezza prima di andarsene lungo il corridoio. Rimasi paralizzata ma ebbi la forza di guardare indietro: anche lui si girò e mi sorrise facendomi un cenno con la mano.
In quel momento l’unica cosa che riuscii a pensare fu che Elena per una volta avrebbe invidiato la mia goffaggine…
 
Ero rimasta molto scombussolata da quell’incontro (anzi, dovrei dire scontro) e infatti appena aprii la porta di casa urlai un “ciao zia!”, senza rendermi conto che in quel momento avrebbe dovuto essere su un aereo diretta per la Cina.
Quando finalmente mi resi conto che in casa non c’era nessuno ,sospirai, lasciai lo zaino per terra e senza nemmeno pensarci due volte richiusi la porta e mi sedetti sui gradini del vialetto.
Tutto mi sembrava perfetto da lì fuori: gli alberi stavano perdendo le foglie un manto dorato colorava i marciapiedi. Tutto era perfetto, tranne me. Non lo ero mai stata. Elena era sempre stata la ragazza perfetta: aveva quella bellezza particolare delle ragazze dai capelli scuri e dagli occhi chiari, che tutti invidiano. Inoltre era anche intelligente e a scuola aveva sempre i voti più alti, anche se studiava poco. Era sempre stata brava nello sport, una ginnasta modello se non fosse stato per quel grave infortunio che le aveva fatto abbandonare la sua passione.
Io inciampavo e basta. Ah, no, andavo anche addosso a gangster, dimenticavo.
Non avevo mai invidiato Elena più di tanto; eravamo sempre state buone amiche e nessuna delle due aveva mai avuto motivi di discussione con l’altra, ma avevo sempre saputo che lei era migliore in tutto. Non tanto perché aveva sempre la media del nove o nelle lezioni di corpo libero sembrava che volasse per quando era brava, no, non per quello, mai. Sapevo di avere dei limiti, come lei li aveva da tutt’altra parte. Io la invidiavo perché lei aveva una famiglia perfetta, delle amiche perfette ma soprattutto dei genitori perfetti, che io non avevo mai avuto e mai avrei mai avuto più.
 
Sapevo che starmene seduta lì fuori non mi avrebbe aiutato per nulla, così decisi di dirigermi , infreddolita, verso la Caffetteria della scuola.
La caffetteria, che era un edificio restaurato nel mille e ottocento circa,  si trovava accanto alla scuola ed era dipinta di verde e banco, i colori della squadra di basket dei Green Luck, plurivincitrice di campionati scolastici e provinciali.
-Hei, Pit! - dissi sorridendo appena entrai.
-Ciao, Bella!-
Oramai il proprietario mi conosceva: tutti i giorni –o quasi- andavo lì dopo la scuola. Una cioccolata calda era l’ideale per distendere i nervi.
-Muoviti, Luca! - disse lui urlando addosso a uno dei tanti camerieri che se ne stavano su uno sgabello a far nulla. -Scusa tesoro, oggi siamo un po’ sfasati tutti…- ridacchiò lui nuovamente, -I campionati sono in vista e.. con tutto il cibo per gli atleti- sbuffò lasciando la frase in sospeso. Io sorrisi e mi avvicinai al bancone.
-Il solito?- mi disse un altro cameriere, che con ara stanca leggiucchiava un giornale appoggiato con un gomito al bancone.
Io annuii sorridendo, mentre cercavo di racimolare i due euro della cioccolata con monetine da venti centesimi.
-Due- disse dopo pochi attimi una voce calda e profonda accanto a me.
Mi sarei aspettata che accanto a me ci fossero proprio tutti i ragazzi della scuola, tutti, davvero, ma non a lui. Ma non era uno dei tanti; infatti negli occhi annoiati del barista si materializzò il panico in persona mentre dalle sue labbra uscivano suoni confusi che tutti messi insieme avrebbero formato la frase “Sì, signor Masen”.
Quel nome bastò a scaricarmi addosso una forte scarica di adrenalina e panico.
Sapevo che sarebbe stato meglio non girarmi, ma fu istintivo, e quando lo feci rimasi paralizzata da cosa i miei occhi trovarono: un paio di occhi azzurri mi fissavano sorridenti e il ragazzo a cui appartenevano aveva un’espressione alquanto divertita. Forse perché lo stavo fissando a bocca aperta, o forse solo perché lo stavo semplicemente fissando. Subito la botta di terrore che avevo ricevuto qualche secondo prima, al solo suono del suo nome, si sostituì a una strana sensazione di calma.
Sbattei un paio di volte le palpebre prima di sentire la voce scalpitante di quel barista accennare appena un “lo offre la casa, signore”.
-Ci sediamo?- disse Edward prendendo entrambe le cioccolate.
Lo squadrai ancora una volta, per capire bene se si stava rivolgendo proprio a me e dopo qualche attimo annuii incerta. Non sapevo se quella fosse la mossa migliore da fare.
-Ecco qui- disse appena ci sedemmo, appoggiando le due cioccolate sul tavolo. Emanavano un profumo delizioso.
-Allora…- disse lui soffiando leggermente sulla sua cioccolata, -Mi stai guardando in quel modo perché.. sai chi sono immagino- sorrise.
-S-Sì..- annuii prendendo tra le mani la cioccolata e bevendone un sorso. Era bollente ma mi scaldò tanto da darmi la carica giusta per accennare un sorriso qualche attimo dopo.
Lui annuì pensieroso, -Io però non conosco te… tu sei..?-
-Bella- risposi tutto d’un fiato, -Voglio dire… Isabella ma…hemm.. –
-Bella- sorrise lui; poi riprese, -Ti dà fastidio che mi sia seduto con te?-
-No..- dissi piano, -Perché?-
-Beh, direi perché circa un’ora fa abbiamo fatto un autoscontro, ricordi?- rise.
Ah già.. –Mi spiace di… esserti venuta addosso..-balbettai.
Edward rise, -Oh, beh, ti spiace solo perché mi chiamo Edward Masen e controllo mezza città, giusto?-
-Tutta la città- precisai e lui sorrise malizioso.
-E comunque…- ripresi, -Comunque mi sarebbe dispiaciuto anche se ti fossi chiamato solo Edward e se non fossi il capo di una gang- replicai.
Lui mi guardò qualche secondo e poi sorseggiò un po’ di cioccolata, -E’ orribile questa cioccolata- disse con un’espressione buffissima stampata in faccia.
Io replicai ridacchiando.
-Ma come fai a bere questa roba?- disse indicando la tazza banco latte.
-Vengo qui per il posto, non per la cioccolata- risposi sorridendo, -Però non è male nemmeno quella-
-Per il posto.. beh, dato che tu sai tutto di me, ora voglio sapere io qualcosa di te- sorrise, -Perché non sei a casa a mangiare con la tua famiglia? Dopotutto è sabato, non credi?- dissi guardandomi malizioso.
  
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