Una bottiglia di uischi
Prompt: elfo
Ambientazione: settimo anno
Parole: 2218
13 maggio 1978
Mentre cammina a passo sconsolato lungo il corridoio della scuola, impegnato ad evitare con attenzione di calpestare le crepe nel pavimento, James Potter si rende conto di essersi pentito per la prima volta in vita sua di ciò che ha fatto per meritarsi la punizione inflittagli qualche giorno fa dalla professoressa McGranitt.
Ha cercato di comportarsi piuttosto bene, durante quell’anno scolastico. Dopotutto, Silente l’ha nominato Caposcuola e non se la sentiva di tradire la fiducia che aveva evidentemente riposto in lui. Deciso finalmente che era giunto il momento di piantarla con le bravate, James sentiva di aver davvero messo la testa a posto: ormai non ricordava nemmeno più come fosse fatto l’ufficio di Gazza (forse questa era un’esagerazione, ma d’altronde era impossibile dimenticare che il cassetto con gli elenchi delle punizioni destinate a lui e a Sirius era il terzo a partire dall’alto nel mobile sulla sinistra della porta, dopo tutti quegli anni).
Tuttavia, non è tanto per ciò che ha fatto che James è pentito. Ha compiuto azioni ben più gravi nel corso della sua turbolenta carriera scolastica – un certo Severus Piton di Serpeverde ne sa qualcosa, ad esempio – ma questa, probabilmente, è la punizione più difficile da mandar giù che gli sia mai stata assegnata. E anche quella per cui Sirius l’ha preso di più in giro, perfino più di quando Lumacorno l’ha costretto a venire nel suo ufficio per fissarlo nelle palle degli occhi un’ora al giorno, nella più completa inattività.
Di una cosa James è certo: se fra gli insegnanti si dovesse stabilire un premio annuale per chi assegna la punizione più originale, la McGranitt vincerebbe senza alcun dubbio. L’iniziativa potrebbe essere un piacevole diversivo, peraltro; la proporrà a Silente la prossima volta che dovrà andare nel suo ufficio a fare rapporto come Caposcuola. È abbastanza sicuro che il Preside apprezzerà la sua inventiva.
Quando James giunge finalmente all’ingresso delle cucine, lo contempla con aria desolata per alcuni secondi. La sua collega Caposcuola, Lily Evans – rimasta miracolosamente in silenzio fino a quel momento – solleva lo sguardo verso di lui, con una certa compassione di cui James non sa se esserle grato. È più probabile che, dentro di sé, lo stia deridendo di gusto.
“Dai, è solo per una giornata”, gli dice, posandogli una mano sulla spalla. Lui pensa che vorrebbe tanto incatenarsi al muro, di modo da rendere impossibile il compimento di quella barbara punizione. Ma non può tirare ulteriormente la corda con la McGranitt. Gli sta già abbastanza col fiato sul collo per via del campionato di Quidditch, ci manca solo che si metta a rincorrerlo per tutta Hogwarts per trascinarlo di nuovo fin lì.
“Se non sopravviverò, di’ a Sirius che gli lascio il mio Mantello dell’Invisibilità”, sentenzia, con aria lugubre.
“Mentre a me toccherà il tuo manico di scopa, immagino”, commenta lei, sarcastica.
“Beh, allora fate a gara a chi se lo prende per primo. Sono sicuro che sarà una bella lotta”.
“James”.
“Sì, sì, ora vado…”
“Non ti agitare”.
Lily tronca in un attimo le sue lamentele, prendendogli il viso tra le mani e depositandogli un lieve bacio sulle labbra. Per un attimo, James si sente invadere da un familiare senso di calore. Dopodiché, torna a voltarsi verso la porta delle cucine: tentando di racimolare un po’ di determinazione, riesce finalmente a varcarla con successo. L’attimo dopo aver salutato Lily con un cenno della mano, si accorge che tutti gli occhi dei presenti sono puntati su di lui; i rumori di coltelli, pentole e bollitori sembrano essere improvvisamente cessati. Con un gran sospiro, James avanza di un passo e fa la sua domanda alle decine di musi affilati, dotati di nasi ed orecchie lunghi e sottili, che lo scrutano attentamente con i loro grandi occhi a palla.
“Avanti, chi di voi devo sostituire?”
*
In quel momento, dentro di sé, James sta litigando con una proiezione molto fedele di sua madre. Purtroppo non può averla davanti per rimproverarla come si deve, perciò è costretto ad arrangiarsi come può, conducendo quel silenzioso dialogo in un angolo della sua mente. Il motivo per cui ce l’ha con lei è perché l’ha cresciuto senza mai fargli alzare un dito, neppure per le cose più elementari; il risultato è che James non ha praticamente mai preso in mano un coltello, neppure per sbucciarsi un frutto, e ora si trova in seria difficoltà. È stato infatti inviato a sostituire un Elfo delle cucine, cosa in teoria meno faticosa rispetto al cambiare lenzuola, pulire pavimenti e riordinare armadi; tuttavia, quando si tratta di cucinare, quello che si può fare con la magia è ben poco. Come se non bastasse, la sua punizione implicava di recarsi sul luogo senza bacchetta. Sbuffando sonoramente, comincia a domandarsi quando ha deciso di diventare così ubbidiente.
“Il signorino forse farebbe meglio ad aiutarsi con il pollice per riuscire a sbucciare meglio la patata, ma quello di Safran è solo un umile consiglio, signorino”, gli dice alle spalle una vocetta sottilmente petulante. James per un attimo viene quasi preso dall’impulso di continuare come stava facendo soltanto per fare un dispetto all’esserino che gli dà ordini in maniera così subdola e velata, ma alla fine sceglie di non andare sul piede di guerra e di seguire il suo consiglio. Inaspettatamente, questo si rivela corretto: aiutandosi con il pollice, James non si sente più così tanto impedito.
“Il signorino sembra già stanco”, osserva poi l’Elfo, in tono più sommesso.
“Puoi giurarci, amico”, risponde lui, gettando uno sguardo desolato alla montagna di patate che ancora gli sta di fronte, in attesa di passare sotto il suo coltello malfermo.
“Il signorino gradisce qualcosa da bere?” propone l’Elfo, e James, per quanto stupito da quell’offerta, non ci pensa due volte ad accettare.
“Buona idea”.
Approfittando della buona scusa per fare una pausa, James segue l’Elfo fino ad un bancone appartato, situato vicino a una grande credenza in legno massiccio. La bizzarra creatura si arrampica verso uno dei battenti più alti, con una notevole agilità per essere il più vecchio della cucina; dopodiché, guardandosi intorno con fare circospetto, ridiscende portando con sé nientemeno che una bottiglia di Whiskey Incendiario.
James fissa l’Elfo negli occhi giganteschi con evidente stupore per diversi secondi, ma quello non dà segno di essere minimamente toccato dalla cosa. Si limita a riempirgli un bicchiere di cristallo per alcolici, per poi porgerglielo con un gesto disinvolto.
“Il signorino non beve?” domanda, incerto.
“Oh, beh, ti ringrazio del pensiero, ma… pensavo che avessi in mente qualcosa di più leggero”, obietta James, manifestando la sua perplessità.
“Safran beve sempre Whiskey Incendiario. Lo aiuta ad arrivare a fine giornata”, spiega l’Elfo, in tono lievemente malinconico. James si sente spinto da un moto di compassione. In fondo, non ha alcun motivo per rifiutare quel bicchiere colmo fino all’orlo.
“Come ti capisco”, dice James, e l’esserino assume uno sguardo triste mentre si rigira il bicchiere fra le mani, osservando le onde prodotte dal movimento sulla superficie del liquido.
“Safran dovrebbe essere in pensione, ormai, ma non vuole rassegnarsi. Non avrebbe più niente da fare, nessun padrone da servire. Solo a Hogwarts il professor Silente gli lascia ancora fare qualcosa”.
“E allora perché bevi? Dovresti essere contento di essere qui”.
L’Elfo butta giù il suo bicchiere tutto d’un fiato, senza lasciare neppure una goccia, e James è sempre più sbalordito.
“Lavorare è faticoso. A Safran fanno male le ossa”.
“E allora andare in pensione non sarebbe una scelta migliore?”
“Il signorino vorrebbe prendere Safran a servizio? Safran ne sarebbe molto lieto”.
Talmente tanto che gli luccicano gli occhi per l’emozione, osserva James.
“Ehm… mi dispiace, davvero, ma abbiamo già un Elfo domestico a casa. Altrimenti avrei accettato, te lo garantisco. Forse quando metterò su una famiglia mia potrei richiamarti”, dice infine, tentando di essere diplomatico. L’Elfo, tuttavia, sembra sempre più attratto da quella discussione.
“Il signorino vuole mettere su famiglia? Safran sarebbe lieto di servirla”.
“Uh, beh, prima mi devo sposare, però”, obietta James, in tono pragmatico. Sempre se Lily prenderà mai in considerazione l’idea, comunque.
“Il signorino ha una fidanzata?”
“Sì, diciamo di sì. È molto carina. L’avrai vista girare per la scuola, con i suoi lunghi capelli rossi, il suo distintivo da Caposcuola e l’aria minacciosa di chi ha costantemente una frusta in mano”.
A quel punto, l’Elfo assume un’espressione lievemente allarmata.
“Il signorino viene frustato?”, gli domanda, e James agita subito le braccia in segno di diniego.
“No, non siamo ancora arrivati a questo punto. Per fortuna. Non dirglielo se la incontri, stavo solo scherzando”.
L’Elfo annuisce e James può tirare un sospiro di sollievo. Dopodiché posa lo sguardo sul bicchiere e, pur avendolo vuotato giusto qualche secondo prima, se lo ritrova di nuovo inspiegabilmente pieno.
“E le cose vanno bene?” domanda Safran, sorseggiando la sua seconda dose di Whiskey Incendiario con assoluta noncuranza.
“Sì, o almeno per la maggior parte del tempo”.
“Cioè quando il signorino non viene frustato?”
“Ma no, ti ho detto che stavo scherzando!”
“È che l’ha detto con un’espressione molto spaventata, poco fa”.
“Oh, beh, probabilmente ne sarebbe capace. Ma non gliel’ha ancora suggerito nessuno, per il momento”.
A quel punto, James inizia a sentire la familiare sensazione di leggerezza che dallo stomaco si propaga al cervello. Nessuno degli altri Elfi al lavoro ha dato segno di essere minimamente toccato dalla loro sparizione momentanea, perciò comincia a pensare che davvero l’esemplare che ha davanti sia un alcolizzato e che non gli abbia semplicemente offerto da bere per rompere il ghiaccio. Di sicuro, dopo tutte le patate che ha sbucciato in quelle due ore, se lo merita, in un certo senso. Però resta comunque un episodio bizzarro, ai limiti dell’assurdo, che non potrà fare a meno di raccontare immediatamente a Sirius non appena sarà tornato in dormitorio.
“Secondo Safran, il signorino sposerà la sua fidanzata. Safran ne è sicuro”.
“Uh, ti ringrazio. Se mi sposerà, vorrà dire che non sarò stato ucciso”.
“Il signorino si ricordi di Safran, quando dovrà scegliere il suo Elfo domestico”.
“Puoi
contarci”.
Mentre James si sente
sempre più barcollante, l’Elfo dà
un’occhiata all’orologio a pendolo appeso
sopra le loro teste.
“È ora di tornare al
lavoro. Il signorino deve tagliare le cipolle”.
James sbarra gli occhi,
inorridito. Con tutto quello che può esserci da fare in una
cucina, devono
toccargli proprio le cipolle?
“Oh, certo,
magnifico. Scommetto che questa è un’altra geniale
idea della professoressa
McGranitt”, sospira, rassegnato, scendendo dal suo sgabello
con meno agilità
del solito.
*
Quando
James può
finalmente rientrare al suo amato dormitorio quella sera stessa, gli
sembra
quasi di sognare. È stanco morto e i suoi vestiti odorano
incredibilmente di
fritto; senza contare che, dopo essersi praticamente scolato
un’intera
bottiglia di Whiskey Incendiario insieme all’Elfo che doveva
sostituire, sta
cominciando ad avvertire un fastidioso cerchio alla testa, unito ad una
spiacevole sensazione di subbuglio nello stomaco. È quasi
ora di cena, in
teoria, ma non ha alcuna intenzione di scendere in Sala Grande. Ha
già visto
abbastanza cibo nel corso di quella faticosa giornata e, indubbiamente,
preferisce lasciare ad altri il privilegio di mangiarsi i cetrioli che
ha
tagliato così abilmente a forma di stellina – se
non altro, durante tutte
quelle ore trascorse in cucina, ha almeno imparato a maneggiare un
coltello.
Lily ne sarà contenta: questo costituisce un motivo in
più per desiderare di
sposarlo. Ma da quando in qua James si è messo a pensare al
matrimonio? È tutta
colpa di quell’Elfo, che non ha fatto altro che parlargli di
questo argomento
per tutta la giornata.
Dopo aver salito con
estrema lentezza i gradini che conducono al buco del ritratto, James
riesce
comunque ad avere il fiatone. Nonostante abbia indosso gli occhiali, ci
mette
un po’ ad individuare Lily, seduta su una delle poltrone
della sala comune;
quando lei si accorge della sua presenza e gli corre incontro, James la
trascina in dormitorio immediatamente, affermando di essere distrutto e
di
avere assoluto bisogno di sdraiarsi su un letto prima di parlare.
Quando finalmente può
realizzare il suo desiderio, gettandosi a pesce sulle coperte sfatte e
rotolandovisi per alcuni secondi, sente alleviarsi un pochino quel
cerchio alla
testa causato dal Whiskey Incendiario.
“Allora? Com’è andata
questa terribile esperienza?” gli domanda Lily, carezzandogli
teneramente i
capelli.
“L’hai detto. È stato
terribile”, risponde James, in tono melodrammatico.
“Ma un Elfo domestico mi ha
detto che ci sposeremo”, aggiunge poi, sollevando lo sguardo
per osservare la
reazione della sua ragazza. Lei sgrana i bellissimi occhi verdi di
colpo,
sorpresa; indubbiamente non se l’aspettava. Chissà
se aveva mai pensato a
questa evenienza, alla possibilità che la loro relazione
diventi qualcosa di davvero
serio. Neanche James ci aveva
mai pensato fino a quel giorno, a parte qualche stupida battuta fatta
con
Sirius in privata sede, ma se lei un giorno gli dicesse di
sì è probabile che
il cuore gli scoppierebbe nel petto.
“Wow”, commenta
semplicemente lei, assumendo un’aria pensierosa. Tuttavia, un
mezzo sorriso le
distende una guancia e James non può fare a meno di notarlo.
“Mi ha anche predetto
il futuro, sai. Ha detto che avremo dieci bambini”, le
annuncia, quasi
sghignazzando.
“Oh, James, non dire
idiozie!” esclama lei, punta sul vivo, probabilmente indecisa
se scoppiare a
ridere o tirargli un pugno. In effetti, James riconosce tra
sé di averla
sparata un po’ grossa. Dieci bambini sarebbero decisamente
troppi, soprattutto
se venissero tutti fuori come lui.
Nota conclusiva: il nome che ho scelto per l’Elfo domestico, Safran, è il secondo nome del protagonista (e autore) di un libro che s’intitola Ogni cosa è illuminata.
Siamo ormai alla penultima storia - sigh - perciò vi lascio con un grazie immenso per chi segue questa storia e ogni volta perde tempo per lasciarmi una splendida recensione, e con l'anticipazione del prossimo capitolo, che spero rappresenterà una degna conclusione per questa raccolta:
“Bene,
allora spiegami perché proprio i
tulipani”.
“Tra i Babbani si dice che siano nati
dalle gocce di sangue di un giovane suicidatosi per amore”.
“Uh, allora ti piacciono le relazioni
sanguinarie?”
“Con te è tutto tempo perso, per
Merlino”.
Alla prossima settimana!
S.