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Autore: Tsukino Chan    19/07/2006    2 recensioni
Questa è semplicemente la caustica visione di Lord Voldemort nei confronti delle Mary e Sue. Esse ormai fanno parte della sua vita quotidiana, ma lui non sembra esserne soddisfatto. Riuscirà il genio del male nel suo malefico intento di sterminare chiunque lo intralci, Mary e Sue comprese? O si farà travolgere dagli eventi, sopraffatto da una volontà più potente della sua, quella del destino. Probabilmente in questa fanfiction non sono presenti risposte a tali inafferrabili domande. Probabilmente però ci sarà la ricerca di queste fantomatiche risposte. Voldy-chan è e sarà leggermente OOC ma sono esigenze della trama. Non voglio offendere nessun autore che inserisce l'opzione nuovo personaggio nelle sue FF. Tutt'altro, visto che questa FF ne è piena zeppa ...
Genere: Generale, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Sorpresa, Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Lui era il signore oscuro

Lui era il signore oscuro. Portatore di morte e disperazione, nessuno osava pronunciare il suo nome. Come l’araba fenice era risorto dalle sue ceneri a nuova vita, riconquistandosi il potere perduto.

Ogni essere vivente ormai conosceva la superiorità di Lord Voldemort, la sua smisurata potenza, la volontà infinità.

Era l’apoteosi del malvagio,Voldemort, inarrestabile,imperscrutabile, imbattibile.

Eppure come ogni essere umano anche lui era stato sopraffatto da dei problemi più grandi di lui.

Quali,vi chiederete. I ribelli? Attentati alla sua persona? La mancanza di viveri per i suoi fedeli? O quella di alcool e sostanze non esattamente lecite?

Nulla di questo, purtroppo.

La catastrofe che incombeva  sulla potente pelata dell’oscuro signore era molto peggio.

Era la sua famiglia.

Ma non era orfano, mi chiederete? Solo, senza famigliari di alcuna sorta?

Questo era la stessa cosa che pensava Lord Voldemort, prima che gli cadesse tra capo e collo, la pesante, dura e gelida verità.

Quello che era una volta Tom Marvolo Ridde, aveva un’ingombrante famiglia che superava le cinque decine di componenti.

Lo aveva scoperto malauguratamente qualche mese dopo la sua rinascita, quando un suo fedele servitore gli aveva portato la posta arretrata degli ultimi quattordici anni.

Avrebbe preferito morire di infarto in quel momento, quando ancora viveva felicemente la sua solitaria condizione.

Ma si sa, le divinità sono crudeli...

 

In quel momento Lord Voldemort aveva appena finito di compilare il ventisettesimo assegno per gli alimenti di una dei suoi tanti discendenti.

Avete capito bene, l’oscuro signore aveva una numerosa prole, sparsa in quasi tutto il mondo.

Tre quarti di questi erano nati la notte di halloween, due terzi avevano la stessa età dello stupido potter, e la quasi totalità era stata trasferita ad hogwarts negli ultimi sei anni.

Voldemort sospirò.

Se fossero stati solo quelli i componenti familiari non ne avrebbe fatto una tragedia...

In fondo i figli obbediscono ai padri,no?

E quando non lo facevano non sarebbero stati una gran perdita per la comunità. Almeno così la pensava lui.

Peccato che la sua nuova famiglia comprendesse sorelle, zii, nipoti, cugini fino al quarantesimo grado, due prozii ed un trisavolo.

Come gli ultimi tre facessero ancora a campare era un mistero. Lui sperava che schiattassero prima di subito, ma quelli probabilmente avrebbero campato ancora anni.

Voldemort sospirò nuovamente.

-Che merda di vita.-

Il telefono sulla sua scrivania squillò. Lui alzò lentamente la cornetta, sperando in un gioioso contrattempo.

Consigli sull’ultimo piano per tirar fuori le budella di Potty. La richiesta della sua presenza ad un convegno sulle torture moderne. L’invito all’anteprima di carneficina show.

-Pronto?-

-Tommino, Tommuccio! Non mi riconosci? Sono la tua adorata zietta Mary! È da tanto tempo che non ci vediamo, sarai cresciuto tanto immagino. Dovresti arti vivo più spesso, adorato nipotuccio mio. La famiglia non va accantonata in questo modo, e no, no, no! Mi raccomando di non mancare domani sera alla cena di famiglia. Lo sai quanto io e le ragazze ci teniamo a vederti. Bacioni.-

CLACK. L’adorata zia Mary aveva riattaccato.

Voldemort fissava con disgusto la cornetta del telefono, domandandosi perché non aveva ancora trovato come kedravizzare chi stava dall’altra parte dell’apparecchio.

L’amata zia Mary si era appena spostata al secondo posto della sua lista, dopo il moccioso con gli occhiali.

Come poteva aspettarsi che lui, l’uomo più potente ed oscuro del mondo partecipasse ad un’inutilissima cena di famiglia. Se ci fosse andato sarebbe stato solo per sterminare tutti i partecipanti.

Uh, che idea gustosa. Trucidare tutti quegli odiosi ed ingombranti in un colpo solo.

Poi gli vennero in mente le ragazze di cui aveva parlato la zia.

Betoneghe di cui la più giovane avrebbe avuto novantanni, con la dentiera e l’orribile abitudine di volere dei baci dai nipoti.

Lord Voldemort fu scosso da tremiti di ribrezzo.

No, forse ripensandoci era meglio non farsi trovare a quella cena l’indomani.

Con un sibilo richiamò l’unica di cui si fidasse ciecamente, mentre sparpagliava a terra le lettere sulla scrivania, in cerca di un foglietto di carta ancora intonso.

Un serpentone di otto metri comparve sulla soglia della stanza, con un bavaglione rosa  con i topolini bianchi legato al collo.

-Nagini, io parto. Prepara le valigie.-

Il serpentone chinò la testa di quarantacinque gradi, guardando sfottente il suo padrone.

-Si, non ci vado a quella cena. È inutile che insisti con le tue cazzate sulla famiglia. Quelle sono serpi buone solo da morte.-

Nagini sibilò quello che sembrava una promessa di morte, poi si voltò,e strisciò fuori dalla stanza.

-Oh andiamo, non intendevo in quel senso... Nagini non fare l’offesa con me, capito!?- sbottò un Voldemort abbastanza nervoso.

Ricevette un sibilo come risposta, e la caduta di un vaso di orribile fattura causata dalla  codata di uscita del serpentone.

Lord Voldemort osservò i cocci del vaso dondolare sul pavimento, poi alzò le spalle.

-Oh, bhè, non importa. Tanto era un regalo di zia Sue.-

 

 

Un rumore di passi concitati, frettolosi si faceva sempre più forte. Si stava avvicinando pericolosamente allo studio del signore oscuro. La porta sbattè violentemente contro il muro e tre figure fecero il loro ingresso nella stanza.

La prima, nero vestita, stringeva convulsamente una pergamena  nella mano destra, mentre era impegnata con il braccio sinistro a trattenere le altre due.

-Papi!- cinguettò quella con i capelli violetti trattenuti in una coda di cavallo. Indossava un completino lilla succinto canotta-minigonna, e agitava insulsamente la borsetta formato portachiavi.

-Tom Ridde!- sbottò con voce cavernosa la seconda, una donna di ottantanni più larga che alta, dagli occhi infidi.

-Signore calmatevi.- la figura in nero si inchinò velocemente verso la scrivania-Mio signore, chiedo perdono. Non sono riuscito a fermarle.

- Giovanotto scapestrato, con chi stai parlando. Qui non c’è nessuno!- osservò l’anziana signora, spintonando a terra il mangiamorte sorpreso dalla rivelazione.

La ragazza iniziò a punzecchiarlo con i tacchi delle scarpe, due micidiali aghi di venti centimetri.

-Allora, dov’è il mio papi? Deve portarmi fuori a fare spese. Dimmi dov’è!-

-Signorina... la prego... non so dove sia l’oscuro signore...-balbettò il giovane mangiamorte, terrorizzato dalla vicinanza dei micidiali tacchi alle sue parti basse.

-Catherin, lascia stare quel disgraziato, buono a nulla li per terra, e vieni a leggere questo biglietto.- ringhiò la vecchietta.

Catherin si avvicinò sculettando all’anziana donna e preso il biglietto cinguettò unOh’ di delusione.

di papi, prozia Sue. Dice che esce per uccidere Potter e che bisogna riprovare più tardi. Riprovare che cosa?-

La prozia Sue alzò gli occhi al cielo, chiedendosi perché doveva avere nipoti e pronipoti idioti.

Poi il suo sguardò oltrepassò Catherin, ancora intenta a capire il misterioso significato del biglietto di suo padre per andarsi a posare sull’oggetto bianco che stava a terra.

Una breve analisi e riconobbe il bellissimo vaso della sua famiglia che aveva regalato al nipote degenere.

In due passi raggiunse il giovane mangiamorte ancora sorpreso per l’assenza del suo superiore, e lo sollevò da terra prendendolo per il bavero della tunica.

-Dimmi dov’è mio nipote!-

Il mangiamorte deglutì faticosamente –Non lo so signora....- gli occhi che lo vissavano erano diventati se possibile ancora più infidi. Aveva di fronte due piccoli pozzi di malvagità pura, incastrati in una faccia raggrinzita. In quel momento era sicuro che la sua esistenza sarebbe cessata per mano di una vecchia.

Per sua fortuna questa lo lasciò andare ed acchialappata la ragazza per i capelli uscì dalla stanza.

Il mangiamorte tirò un profondo sospiro di sollievo.

-Che morte del cazzo sarebbe stata...-

E dopo quest’illuminante commento si addentrò per i corridoi della base in ricerca dei colleghi.

 

Dalla scrivania provenì una risata rauca, e la figura dell’Oscuro signore comparve poco dopo.

Ce l’aveva fatta, era riuscito a sfuggire contemporaneamente alle scemenze di una figlia e agli acidi commenti della zia Sue.

Era o no il genio del male? 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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