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Autore: Elanor Eliniel    26/11/2011    2 recensioni
Elanor, razionalista e devota ad Ulmo, e Niphredil, dolce fanciulla e amica delle cose che crescono, sono le due nipoti di Cìrdan, cresciute nel Mithlond, sulle rive del Mare.
Ma il mare stesso è mutevole, la Guerra dell’Anello si avvicina e nonostante le speranze di una vita di semplicità, si ritroveranno coinvolte in eventi più grandi di loro, eventi che le separeranno per poi lasciarle a rincorrersi, per poi sradicarle dalle loro tranquille esistenze, sino a spingerle in una nuova dimora e in terre sempre più distanti.
Tra gemme e profezie provenienti dai Tempi Remoti a lettere per Gil-galad datate Seconda Era; tra ombre che si allungano da Sud a paesi nel profondo Est o celati tra i monti; tra amori che rischiano di essere spezzati ancor prima di germogliare e amicizie che nascono in modo inaspettato, questa è la storia di come le due sorelle attraversarono la fine della Terza Era, sino a venirne fuori. Forse.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Arwen, Elrond, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elanor & Niphredil'
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In quel torno di tempo, Elanor a Dol Amroth era divenuta compagna di Finduilas ed Elràwien, ché le tre fanciulle avevano in comune l’amore per il mare. Spesso solcavano le acque con il vecchio vascello di Elanor e le gioconde Sirene di Elràwien spingevano lo scafo cantando melodie che riscaldavano il cuore di Ulmo ed Ossë, cui s'aggiungevano i canti delle fanciulle e così andavano le cose in quel periodo di pace.
In quegli anni Finduilas era promessa a Denethor, figlio di Ecthelion Sovrintendente di Gondor, e quando furono passati sei anni dall’arrivo della Dama del Mare fu il momento di celebrare le nozze nella Città dei Re.
 
- Sto per diventare la futura signora di Minas Tirith – commentò la donna in tono neutro alcune ora prima del matrimonio – E ciò è troppo per me. Volando così in alto, resterò scottata dal sole. –
La fanciulla guardava il proprio riflesso nello specchio, mentre Elràwien le pettinava i lunghi capelli scuri intrecciando tra essi i migliori fiori del Losannarch.
- Discendente di una delle più nobili casate di Gondor, dama bella e gentile; nessuna sarebbe più adatta di te – commentò la sacerdotessa.
Le sorrise nello specchio.
- Sono una semplice fanciulla proveniente dal Mare; il popolo della città è diverso da me e non mi comprenderà mai; amo la sottile sabbia granulosa, non la rude roccia o la liscia pietra bianca. –
Elanor era seduta sul letto, malinconica. Le parole di Finduilas le avevano riportato alla mente la propria terra, probabilmente ormai distrutta dal Nemico.
- Arriva per tutti il momento di volare via dal nido. – commentò con una punta d’asprezza.
- Spesso troppo presto – aggiunse Elràwien, ché i suoi genitori erano periti molti anni addietro ed ella era rimasta sola molto giovane.
- Ma tu spiegherai le ali come un nobile gabbiano d’argento – continuò la figlia di Mìrdan, stavolta con dolcezza.
Finduilas sorrise lievemente, senza apparire realmente convinta.
- Nessun gabbiano vola a lungo se non è sorretto dalla brezza del mare. – rispose.
La Dama del Mare soppesò queste ultime parole, trovandole fin troppo vere.
- Sei saggia, figlia degli Uomini – le disse – Ma sei anche bella, e questo è per te un giorno di festa. Non rattristarti in quest’ora! –
- No, non mi rattristerò adesso. – convenne la Principessa di Dol Amroth – Pure, lo farò non appena rimasta sola, come un gabbiano che vive tra aquile dei monti. –
Elanor osservò il riflesso dell’amica nello specchio e la vide fragile come non le era mai apparsa.
- Resta con me, te ne prego. – aggiunse la donna in un soffio.
La figlia di Mìrdan rimase spiazzata ed interdetta da quella richiesta; in realtà aveva progettato di partire e tornare nel Mithlond, onde scoprire che ne era stato dopo la tempesta di Sauron.
Continuare a vivere tra gli uomini per mesi, forse anni? Non era certo ciò che desiderava, ciò a cui il suo cuore tendeva.
Lottò alcuni istanti con se stessa chiedendosi quanto le sarebbe costato rimandare un momento che desiderava e temeva da tempo più di ogni altra cosa.
Mille ragioni per partire al più presto le sovvennero e affiorarono sulle sue labbra, pure, benché valide e legittime, le sentì affievolirsi e spegnersi come una fiammella, nel rivedere il riflesso di Finduilas nello specchio. Quella debolezza che vi lesse in viso, forse in parte dovuta alla natura umana, la turbò non poco.
- Resterò, se lo vorrai – mormorò, mentre una piccola parte di sé si ribellava, sostenendo che neanche lei poteva sopravvivere a lungo lontana dal mare.
- A vivere a Minas Tirith, con te. – completò la Mezzelfa, quasi pentendosi della promessa appena fatta.
Finduilas la guardò per qualche istante, con un misto di gratitudine e gioia, ma Elanor pregò che non aggiungesse nulla; sentiva che se ne avesse discusso ancora, forse la sua risoluzione si sarebbe indebolita.
- Hannon le. – rispose soltanto la donna e non fu un caso che avesse usato la lingua della Mezzelfa per ringraziarla.
 
- Sciocco è chi promette qualcosa senza sapere se sarà in grado di mantenerla – disse Elanor qualche minuto più tardi, allorché ebbero lasciato Finduilas sola per raggiungere gli altri invitati alle nozze ed attendere che venissero celebrate.
- Lo è davvero – convenne Elràwien scoccando un’occhiata alla Mezzelfa – Ma dimorare a Minas Tirith non significherà esserne prigioniera. –
- Almeno non per me. – concluse Elanor.
 
Denethor, a modo suo, amava Finduilas, ma né al momento delle nozze, né successivamente comprese quanto ella fosse rattristata all’idea di doversi trasferire a Minas Tirith e allontanarsi dal mare.
Elanor venne a dimorare nella città, pure, ogni due mesi si recava sempre a fare visita al Principe di Dol Amroth, non solo perché non era dimentica dell’ospitalità ricevuta, ma anche per avvicinarsi all’oceano e in quei torni di tempo si recava alla torre di Elràwien e le due fanciulle discutevano anche di Finduilas per tema che alla loro compagna mancasse troppo la musica del Mare.
Ed Elràwien diede ad Elanor uno piccolo strumento con funzioni simili ad un corno, fatto di corallo e perle nel quale la fanciulla poteva soffiare se si trovava in difficoltà, ed allora il cuore di Elràwien l'avrebbe saputo. La Dama del mare, invece, donò il suo vascello alla sacerdotessa, conscia che prima o poi sarebbe dovuta tornare nella sua terra natia per scoprire cos’era accaduto ed allora Elràwien avrebbe potuto raggiungerla se le circostanze lo richiedevano. Con questo episodio, tra loro si strinse un'alleanza che sarebbe durata sino alla fine di Arda.
 
Nei suoi viaggi a Finduilas non era permesso accompagnarla, poiché a Denethor poco andava a genio la presenza di Elanor del Mithlond.
La donna però nei primi tempi era felice del suo matrimonio e del fatto di avere accanto l’amica, sicché  non le pesava tanto la lontananza dalla sua terra; col passare del tempo però divenne per lei fonte di immenso turbamento.
 
Nel 2978 nacque Boromir e cinque anni dopo Faramir, figli di Finduilas e Denethor ed immensa fu la loro gioia ancorché per breve tempo; ben presto fu chiaro che l’Uomo amava incondizionatamente il figlio maggiore.
Nel cuore di Elanor nacque amore per i due bambini, ed anche loro le si affezionarono; così ella aiutava l’amica a crescerli; grande era l’affetto tra le due compagne, ma Elanor vedeva Finduilas consumarsi e volgere sempre lo sguardo a sud, in direzione del mare.
Un giorno allora la Dama del Mare si recò da Denethor e camminò silenziosa sino al suo seggio, udendo i suoi stessi passi rimbombare sul pavimento di pietra.
- A breve, mio signore, partirò per Dol Amroth, ove si festeggia la nascita di Elphir figlio di Imrahil. –
- Mi rallegro per mio cognato. – ribatté Denethor, senza traccia di gioia.
- Consenti a Dama Finduilas di venire meco, così che possa rivedere la sua famiglia, la sua terra ed il Mare. – disse la Mezzelfa con fermezza.
- Ah! Il Mare dici? Ma noi non siamo Elfi, il mare non ci chiama. Il posto di una donna è al fianco del suo sposo. –
Il cuore di Elanor si gonfiò di rabbia nell’udire quelle parole che le parvero assurde; si sforzò di controllarsi per rispetto alla Casa dei Sovrintendenti, pure, la sua voce già tremava d’ira repressa quando parlò di nuovo.
- In verità, il mare parlava anche all’orecchio di Tuor mio avo, il quale apparteneva alla schiatta degli Uomini. E il posto di una donna è dove il suo cuore desidera, a meno che essa non sia tenuta come una prigioniera. –
Denethor la fulminò con lo sguardo, coi suoi occhi grigi, ma nel rispondere la sua voce era ancora ferma, benché i suoi nervi iniziassero a tendersi.
- Il fato di Tuor fu scisso da quello dei Mortali ed egli è annoverato tra gli Elfi. – ribatté, facendo aperta mostra delle proprie conoscenze e inorgogliendosi – E non ti permetto di parlare a questo modo della mia sposa, la quale vive tra gli agi quasi fosse la Regina di Gondor e non solo la Signora. –
- Ciò che dici è vero, mio signore, ma Tuor nacque Uomo. Pure, una gabbia, ancorché costruita in mithril e gemme, resterà sempre una gabbia. – fece la Mezzelfa sostenendo gli occhi grigi del suo interlocutore con fierezza.
- Non mi è concesso porre un veto sui tuoi passi, ché nessun vincolo ci unisce, va’ dunque dove più ti aggrada. Tuttavia non accetterò consigli né imposizioni da una Strega Elfo che brama frapporsi tra me e mia moglie onde seminare discordia! –
- Strega Elfo? – ripeté Elanor, incredula, per poi scoppiare in una fragorosa risata priva di gioia.
- Sire, sei stato fin troppo chiaro. Partirò da sola. –
S’inchinò rigidamente ed in maniera del tutto formale, per poi voltarsi ed avviarsi verso l’uscita.
- Possa tu godere a lungo dell’ospitalità dei miei congiunti. – le gettò dietro Denethor.
 
In quell’occasione a Dol Amroth giunse anche Elràwien ed anche lei si rammaricò della sorte di Finduilas, ricordando i tempi spensierati in cui non c'era Denethor ad impedirle nulla.
Ma nessuno avrebbe immaginato l’epilogo drammatico che avrebbe avuto la vicenda: quando fu che Boromir ebbe dieci anni e Faramir cinque, Finduilas s’ammalò di tristezza e morì a trent’otto anni. Elanor fu sconvolta dal dolore e dovette passare molto tempo prima che il riso squillasse di nuovo sul suo viso; così Elràwien, che accorse a Minas Tirith non appena ebbe sentore di cattive nuove tramite lo strumento donato ad Elanor.
La Mezzelfa sapeva che l’amica era mortale, ma mai si sarebbe aspettata che la morte calasse su di lei così presto. Disperata era quando l’amica fu sul letto di morte; ma ora lei se n’era andata, Denethor era divenuto ancora più taciturno e chiuso, e i bambini piangevano per la loro mamma.
Tremendamente profetiche le parvero allora le parole di Finduilas il giorno del suo matrimonio, ma ciò la fece sentire, se possibile, ancora più impotente.
La convinzione di poter evitare quella tragedia le piombò addosso con violenza, lacerandola.
Finduilas era morta.
L’amica l’aveva voluta lì, credendo che soltanto lei potesse comprenderla tra quella gente di città, gente di montagna in mezzo cui vivevano come pesci fuor d’acqua. Eppure, aveva riposto male la sua fiducia, si disse Elanor. Era forse sì l’unica a capire la nostalgia della donna che bramava il mare, pure, non era riuscita nemmeno a portarla a Dol Amroth per alleggerire il suo cuore. Avrebbe mai potuto sfidare apertamente la volontà di Denethor? Le sembrava una cosa assurda o inutile, fino a qualche tempo prima, ma ora si pentì di non averlo fatto. Forse l’avversione del Sovrintendente nei suoi confronti aveva influito sulla sua decisione di non mandare la moglie nel Belfalas?
Quesiti senza risposta affollavano i suoi pensieri, mentre sedeva sulla tomba grigia della Signora di Gondor. Sotto quella fredda pietra, l’oblio, il nulla o forse qualcosa che i Primogeniti non erano in grado di afferrare.
 
Un rumore di passi pesanti giunse al suo orecchio, ma ella, persa nei suoi tristi pensieri su Finduilas, non ebbe voglia di voltarsi per scoprire di chi si trattava.
- Piangi, adesso? – chiese l’Uomo con la voce rotta, ma con tono feroce – Dimmi com’è potuto accadere tutto questo, tu che discendi da Cìrdan il lungimirante! –
Elanor si voltò e scorse Denethor come non l’aveva mai visto; pallido come un cencio, i capelli in disordine, gli occhi scuri velati di follia. Aveva pronunciato quelle parole quasi sputandogliele addosso, con rabbia.
- Gli Elfi non possiedono tutte le risposte. – mormorò piano la fanciulla.
- Forse, dove gli Elfi ignorano, gli uomini di Gondor possono rispondere. –
I suoi occhi erano terribili e parevano ardere tra le fiamme.
- Troppo a lungo ho sopportato la tua presenza nella mia Città, e solo per amore della mia povera moglie. Tu, con la tua presenza, i tuoi racconti, i tuoi viaggi al sud, hai alimentato la sua nostalgia per il Mare, avvelenandola. Non negare! L’hai uccisa ogni giorno a poco a poco! –
In quell’ora Denethor riversò i propri sensi di colpa sulla Mezzelfa, ché essendo saggio e lungimirante, ora ben s’avvedeva del male che aveva fatto a Finduilas, pure, in quei giorni, un buio seme di follia mise radici nella sua mente.
Egli era un uomo valente in cui scorreva il sangue dell’antica razza; tuttavia, i suoi occhi che vedevano sì lontano, erano capaci di divenir ciechi alle volte, se mostravano ciò che era in disaccordo con le sue convinzioni.
- No… - ribatté Elanor debolmente – Non è andata così e tu lo sai… -
- Lasciami solo con lei – sibilò fissando la tomba – Vattene! Va’ via! Nel regno degli eredi di Elendil non sei più la benvoluta. Per ordine di Denethor l'Alto ti è vietato di rimettere piede in queste contrade finché io, il Sovrintendente siederò in trono –
Elanor si alzò, fremente di rabbia e dolore, e comprese che era giunto infine il momento di levarsi e partire. Ma essere trattata a quel modo, era troppo; essere additata ingiustamente come la causa della morte dell’amica era assurdo e più di quanto potesse sopportare.
- Nè Denethor figlio di Ecthelion appartiene al lignaggio di Elendil. Se non fui la benvoluta da lui soltanto, non me ne rammarico - fece con il sangue dei Noldor che le ribolliva nelle vene - Forse verrà un giorno, quando tornerà il Re, in cui sarò più accetta a Minas Tirith. –
Così se ne andò dalla Città. E Denethor udì le sue ultime parole, né le dimenticò.
 
Nessuno, fatta eccezione per la vecchia badante, vide il momento in cui la  Mezzelfa disse addio a Boromir e Faramir; certo è che fu una triste ora e che la Dama diede a ciascuno di loro un ciondolo da recare al collo a forma di conchiglia in suo ricordo.


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Ok...c'è bisogno di un grande meaculpa per questa latitanza di 3 mesi e mezzo. Chiedo scusa a chi segue la storia, in particolare Black_Moody e Thiliol che voglio ringraziare di cuore! Ma è stato ed è un brutto periodo dal punto di vista sentimentale e questo mi ha tolto del tutto idee e ispirazione. Spero che mi perdoniate e continuiate a seguire! Alla prossima (che non sarà tra 3 mesi, prometto!)
  
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