Eccomi qui con il primo capitolo. Ad una
prima occhiata vi sembrerà totalmente diverso da ciò che annuncia il prologo,
ma vi prego, non fermatevi alle apparenze! I primi due capitoli serviranno a
far partire la storia, ma poi la trama si svilupperà sull’idea che il prologo
vuole comunicare. Ah, altra cosa, non smettete di leggere solo perché la
protagonista non è la solita ragazzina zuccherosa e fragile: datele una chance!
In fin dei conti, questo è un racconto sull’oblio…
Buona lettura e spero che qualcuno recensirà!
´¯`°¤.¸(¯`...´¯)¸.¤°´¯` Capitolo I´¯`°¤.¸(¯`...´¯)¸.¤°´¯`
Ho dei gusti semplicissimi.
Mi accontento sempre del meglio.
-Oscar Wilde-
La sala era splendida illuminata dalla luce soffusa delle
candele e addobbata con fiori candidi e profumati. Grandi vasi dipinti stavano
un po’ dovunque contenenti composizioni floreali di delicata bellezza, le
finestre erano adornate con nastri dorati e bianchi, le sedie e i tavolini di
noce erano stati lucidati con cura, i tappeti antichi erano stati sbattuti e le
vetrate brillavano delicatamente. Un’orchestra di archi suonava arie gentili e
per tutta la sala passavano in continuazione camerieri con vassoi sempre colmi
di leccornie prelibate.
I nobili si aggiravano pigramente per la stanza con fare
tranquillo, le donne trascinando i lunghi e pesanti abiti e gli uomini
allungando gli occhi alla ricerca della possibile conquista della serata.
Sì, la festa in onore delle nuove allieve sembrava davvero
riuscita, anche se il momento culminante doveva ancora arrivare…
«Forza, fanciulle, il momento è vicino!» esclamò
Madame Gabrielle dalla stanza attigua riservata alla vestizione delle allieve,
scorrazzando nervosa da una parte all’altra sistemando corpetti e acconciature
calde di ferro.
Agnese si sistemò con noncuranza la rosellina
bianca che la donna le aveva ordinato di acconciare tra i capelli, sbuffando
annoiata tra uno spruzzo di profumo e l’altro.
«Agnès…» una fanciulla dai lunghi
capelli neri resi ondulati dal ferro arroventato si avvicinò alla fanciulla con
la rosa bianca tra i capelli che stava davanti allo specchio, camminando
incerta e goffa data la mole dell’abito «…ti prego aiutami a stringere un po’ di
più questo corpetto…guarda che aspetto orribile che ho! Persino Laurette sembrerà più graziosa di me…».
Agnese si spostò prontamente dallo specchio, lasciando
sedere la fanciulla che stava ormai sull’orlo delle lacrime.
«Nessuna potrebbe apparire più graziosa di te, Isabelle.» le disse la fanciulla con dolcezza
mentre con mano esperta e forza misurata le stringeva i nastri di seta del
corpetto color crema «Sai benissimo che nessuno qui dentro può competere con i
tuoi capelli d’ebano, i tuoi occhi da cerbiatta e la tua pelle liscia e
candida…a parte me, ovviamente!»
Isabelle distese il viso teso in un timido sorriso,
lasciandosi scappare persino una risatina e illuminando lo sguardo di una
bellezza posata e ingenua.
«Hai ragione, Agnès…sono una
sciocca.» mormorò piano arrossendo spontaneamente.
Agnese sorrise nel vederla tornare la tranquilla e pacata
ragazza che conosceva e stimava.
«Forse solo un po’…» le disse sedendosi senza tanti
complimenti sopra una poltroncina lì accanto «Non capisco perché ti fai prendere
dall’ansia per ogni evento mondano cui siamo costrette partecipare. Tanto sai che è sempre la stessa storia:
entriamo, veniamo tutte guardate e soppesate, io e te risultiamo sempre le più
belle, ci buttiamo tra la folla e poi usciamo all’ora appropriata per la nostra
età. Questa serata è uguale a tutte le altre, Isabelle. Pensala così e andrà
tutto bene.»
Agnese storse la piccola bocca lasciata al naturale in una
buffa smorfia di disgusto e si lisciò pigramente le pieghe della gonna color
rubino. Alcune ragazze dentro la stanza le scoccarono occhiate tra il risentito
e l’ammirato, scorrazzando di qua e di là come trottole in preda all’agitazione
pre-festa che lei sembrava non accusare.
«Sempre modesta, Agnès!» esclamò
Isabelle severamente alzandosi dalla postazione davanti allo specchio per far
risedere l’amica.
Agnese sbuffò ritrovandosi a guardare nuovamente la sua
immagine riflessa e distolse lo sguardo, spazientita. Ma rimase lì, con l’amica
che le sorrideva alle spalle.
«Certo che lo sono, Isabelle. Devo esserlo.» disse con serietà fissando l’amica dritta negli occhi per un
attimo con un’espressione severa, ma subito tornando a sorridere «Guarda come
corrono tutte, queste sciocche. Sembrano galline pazze che si preparano tutte
per una
stesso gallo!» esclamò poi ridacchiando sottovoce e guardandosi intorno
divertita.
La stanza era di modeste dimensioni ma al momento sembrava
incredibilmente piccola e soffocante. Ogni centimetro di parete era nascosto da
specchiere e poltrone dove nervose fanciulle si contemplavano continuamente
aggiungendo e ritoccando continuamente qualcosa dal volto, altre fanciulle si
cambiavano gli abiti in modo ossessivo davanti grandi specchi a piantana, altre
ancora sostavano intorno alle parrucchiere per farsi sistemare le acconciature.
E maestosa in mezzo a tutto questo caos silenzioso stava lei, Madame Gabrielle:
la matrona, la responsabile dell’evento, fulgida ed enorme nel suo abito color prugna che
le comprimeva le molli membra cercando di donarle un aspetto aggraziato che per
natura non possedeva.
«Non dire così, Agnès!» la
rimproverò Isabelle, mentre con le dolci mani le sistemava i capelli «Sai che
per molte di noi questa è un’occasione importante…solo tu fingi indifferenza!»
«Oh no, Isabelle, ti sbagli: io ne sono indifferente!» riprese subito la fanciulla seduta davanti allo
specchio con un tono tra il divertito e il disperato.
«Certo, certo…vuoi dirmi che non ti tocca minimamente il
fatto che tra dieci minuti verremo presentate davanti a tutte la più alta società di Parigi
non come semplici fanciulle ma come allieve della più famosa e prestigiosa
scuola femminile dell’Europa?» chiese interrogativamente subito l’altra,
scettica nonostante i suoi occhi ridessero.
«Ehm…fammi pensare…no.»
rispose Agnese ridacchiando sarcastica
e fissando con piacere l’espressione
stupita e affranta dell’amica.
«Capisco…» mormorò Isabelle fingendo indulgenza «Per te,
con questo viso incantevole, certo non deve essere motivo di apprensione quello
che sta per avvenire…ma sii clemente con le altre!»
Agnese annuii stizzita tornando a guardarsi allo specchio.
Due grandissimi occhi azzurri e profondi dove pagliuzze blu ballavano in modo
diverso a secondo del suo stato d’animo la fissavano in
un’espressione imbronciata incastonati su un volto ovale, diafano e perfetto,
dove labbra vermiglie brillavano in un ghigno divertito e un nasino grazioso
troneggiava prepotente nella sua bellezza. I capelli biondo scuro, di una
tonalità insolita e ondulati per natura, erano stati parzialmente raccolti e
fermati sulla testa con pettini di avori, mentre altre ciocche erano state
legate con nastri rossi o intrecciate con fiorellini bianchi. Isabelle era
brava, quando ci si metteva.
«Lo sarò, se ci tiene tanto, ma chère.» borbottò Agnese rivolta all’amica,
scoccandole un’occhiata tra il risentito e l’annoiato.
Isabelle finì di sistemare i capelli della bella fanciulla
con un sorriso entusiasta, certa che la sua opera avrebbe contribuito in modo
dominante a rendere la bellezza innata di Agnese ancora più matura e affascinante.
Anche questa dovette accorgersene perché rivolse all’amica un raro sorriso di
sincera gratitudine, così spontaneo e semplice che riuscì a illuminarle se
possibile ancora di più lo sguardo, solitamente una maschera dove sostava
un’espressione cocciuta e altezzosa.
«Forza, mademoiselle!» la voce di
Madame Gabrielle arrivò acuta e isterica alle loro orecchie come una sferzata
facendole sobbalzare e ridacchiare «E’ arrivato il momento…su, su…tutte in
piedi…avete il ventaglio?…brave…adesso mettetevi in fila…così, per due, come
abbiamo provato…dov’è Agnès?…»
Agnese si alzò dal poltroncina e, eretta e fiera nel
portamento nonostante continuasse a dire che quelle manifestazione
l’annoiavano, raggiunse la donna.
«Agnès, mia cara, tu starai in
fondo alla fila…come abbiamo provato…sì, dietro a Isabelle e Madeline…» la donna sembrava sul punto di una crisi di
nervi tanto saltellava e parlava in modo sempre più acuto. «Sai che è il posto
d’onore…sì?…bene, quindi sai cosa devi fare…»
Agnese annuì tranquilla verso la donna, portandosi in fondo
alla fila con passi piccoli e graziosi. Arrivata davanti ad Isabelle, le
sorrise beffarda e le si mise dietro, sola.
Non era vero che proprio non le importava l’esito di quella
serata, diciamo che ci dava un minimo di importanza rispetto all’interesse che
dimostrava per qualsiasi altra serata di gala. Questa volta non era solo un festa e nemmeno le interessava il
fatto che fosse la serata in cui la maggior parte delle fanciulle avrebbe
dimostrato chi sarebbe stata nella sua vita…in quella serata li avrebbe visti, tutti quanti.
Si sentì avvampare al pensiero di cosa avrebbero pensato
vedendola così, truccata e vestita come una vera nobildonna. Lei, la piccola
Agnesina combina-guai, quella che si rotolava nel
fango con i mocciosi del paese, che lanciava insulti indistintamente a chiunque
non stesse a genio con i suoi principi, che aveva una lingua da
scaricatore di porto e che odiava mettersi le gonne.
“Oddio, ma cosa ci
faccio qui?” pensò con un brivido mentre la lenta processione si avviava
fuori dalla porta, all’interno della sala dove tutti l’avrebbero riconosciuta.
Se un anno prima le avessero predetto che sarebbe stata
presentata alla società di Parigi con addosso chili di abiti preziosi e i capelli
pettinati, perdipiù in coda alla fila come rappresentante
ufficiale della scuola, avrebbe deriso l’indovino e se ne sarebbe scappata via
a cavalcare con il suo Nemesis.
“E invece sono
qui…guarda un po’ che fato simpatico!”
Non le dispiaceva entrare in società come allieva del
Collège du Bergnac, il
posto che aveva sempre sognato quale meta della sua insaziabile curiosità
intellettuale, ma doversi acconciare in quella maniera, a suo dire ridicola, la
irritava leggermente.
“Lo faccio solo
perché ne sono costretta…diciamo che è il rovescio della medaglia per aver voluto entrare nella più facoltosa Università europea. Ma se
penso a cosa diranno tutti…”
La luce della sala si avvicinava inesorabilmente, un
inquietante buco oltre il quale il suo destino sarebbe stato per sempre
segnato.
“Avanti, Agnese, smettila di lagnarti, testa alta, sguardo
dritto…andrà tutto bene.”
Sentì il vociare ammirato delle persone che accoglievano
l’ingresso delle fanciulle, la fievole e dolce sonata dei violini che
accarezzava l’aria, il profumo di gelsomini che fluiva verso le sue narici.
Inesorabilmente la fila andava avanti, vedeva davanti a sé l’esile busto di
Isabelle ondeggiare per poi sparire nel buco…ecco,
ora sarebbe toccato a lei…
«Contessa Agnese Ristori!»
Agnese prese un lungo respiro, aprì il ventaglio e con
fierezza entrò nella luce della festa.