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Autore: ElenaNJ    28/11/2011    4 recensioni
[crossover con Cosmowarrior Zero]
Siamo nel 2984 e la rinata Federazione Terrestre è sotto shock: Tadashi Daiba, il suo amatissimo Primo Ministro, è stato assassinato da un individuo identificato come... Harlock!
Warius Zero, di ritorno da una lunga missione ai confini del cosmo, è contattato in gran segreto da Yuki Kei e, messo al corrente degli inquietanti fatti che fanno da contorno e precedono il delitto (tra cui il sospetto di una cospirazione ai livelli alti del Governo e la sparizione di gran parte dell'equipaggio dell'Arcadia), decide di portare a termine la missione che gli era stata affidata quattordici anni prima: catturare Harlock.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap 8 Ishikura guardò in alto.
Sopra di lui, il cielo era sempre più rosso e meno luminoso.
Sotto di lui, le tegole erano calde, quasi bollenti.
Attraverso la stoffa della divisa, il suo corpo era più che mai consapevole del peso e del tepore di quello di Sylviana, così come il suo collo nudo lo era del metallo gelido della lama.
Respirò a fondo per regolarizzare i battiti del cuore e le rivolse un sorriso incerto.
Non potresti metter via quello spiedo? Mi fa sentire un po' a disagio.
Con tutto il rispetto, non me ne frega niente. Sono in missione. Rischio la pelle. Che tu sia la spia a cui do la caccia, un suo contatto o il mio fido partner, non mi devi nascondere niente... e non lo farai. Fuori la verità. Tutta la verità.
Non è mica così semplice! – si lamentò lui – Non ho mai parlato di queste cose ad anima viva...
La magia del pugnale alla giugulare m'ha reso la confidente ideale di un sacco di persone, fino a oggi – mormorò lei contro il suo orecchio – Scommettiamo che funzionerà anche stavolta?
La pressione della lama aumentò e Ishikura sentì un dolore improvviso, simile alla puntura di diversi spilli. Un rivolo caldo gli colò sulla gola e gli bagnò il colletto.
Guardò Sylviana nella luce che andava diminuendo.
Fa sul serio.
Allora? Vuoi che sposti la lama un po' più sopra e tagli più in profondità?
Ishikura tirò un altro profondo respiro. Non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
Quando ripensava a quelle cose, e cercava di farlo il meno possibile, andava sempre nella confusione più totale, anche a distanza di anni.
Come ti ho detto, è una lunga storia – chiuse gli occhi e cercò di raccogliere le idee – Comincia con la mia famiglia, nel sessantotto.
Riaprì gli occhi. Lei lo fissava ancora.
Continua.
L'ex Segretario della Marina Spaziale Mamoru Ishikura era mio padre.
Sylviana non fece una piega. A quanto pare, se l'aspettava.
Ishikura deglutì. Era difficile credere che la donna seria, acuta e inflessibile che ora lo teneva in pugno con così tanta fermezza fosse la stessa che l'aveva fatto impazzire per una settimana con le sue frivolezze, il suo comportamento infantile e le sue risate sguaiate.
Oltre a me e Minoru, aveva un altro figlio: Takeshi.
Quello per cui poco fa tu e tuo fratello avete quasi litigato?
Sì. Aveva otto anni più di me e cinque più di Minoru. Era caposquadriglia di un'unità di caccia spaziali... e il mio eroe.
Cosa gli successe?
Quando scoppiò la guerra col Governatorato Extra-Solare, rifiutò d'approfittare della posizione di nostro padre o di fingersi inidoneo al combattimento per evitare d'esser mandato al fronte. Partì con la sessantaseiesima flotta e morì in battaglia dopo meno di un anno dall'inizio delle ostilità, nella fascia d'asteroidi fra Marte e Giove.
Ricordò la piccola cassa di metallo che conteneva i pochi resti di Takeshi, avvolta nella bandiera della Federazione e impilata su innumerevoli altre nella stiva di quell'enorme, buio cargo spaziale.
Gli parve di udire di nuovo l'urlo straziato di suo padre, ma forse era stato solo un cane, da qualche parte nei vicoli sotto di loro. Sbatté le palpebre per scacciare quel ricordo .
Da allora, mio padre cambiò. Fece di tutto per impedire che Minoru fosse chiamato al fronte e per convincere me a lasciare l'Accademia Militare.
Ma non ci riuscì.
No – lui scosse il capo – Avevo diciassette anni, odiavo i meccanoidi con tutto me stesso e bruciavo dalla voglia di combattere. Finii per litigarci: per tutta la vita aveva incoraggiato me e i miei fratelli a diventare soldati come lui e i suoi predecessori, ci aveva riempito la testa di bei discorsi, nobili ideali e storie di eroismo, e proprio quando avremmo dovuto davvero combattere per difendere il nostro mondo e tutto ciò che ci era caro, voleva che ci tirassimo indietro. Mi disse che le sue erano state solo parole, che tutto ciò che voleva per noi era una posizione sicura e prestigiosa e che nessun ideale valeva la nostra vita. E disse anche che Takeshi era stato uno stupido a partire. Mi sentii... tradito: tutto ciò che mio fratello era stato, tutto ciò che volevo diventare io, per lui non era altro che una menzogna... Ebbene: non per me. Me ne andai di casa e ruppi ogni legame con lui. O almeno ci provai.
Si rese conto che stava tremando dalla rabbia e se ne stupì: era passato tanto tempo eppure, a quanto pareva, ancora non era riuscito a seppellirla in fondo al cuore. O forse l'aveva fatto troppo a lungo.
Fece un altro respiro profondo. Quella non era nemmeno la parte peggiore.
Lui non lo accettò e mi rese la vita un inferno: suppliche, minacce, ricatti e ingerenze d'ogni tipo. Non mi risparmiò niente: gli ultimi tre anni d'Accademia furono i peggiori della mia vita – strinse il pugno – Mi diplomai col minimo dei voti che la guerra era ormai persa e finii a fare il Vice-Comandante sulla Kagero.
La carretta in cui il Governatorato fece sbattere il Grand'Uomo?
Ishikura annuì.
Era l'unica nave dello Squadrone Indipendente che fosse sempre sotto organico, un catorcio di pattugliatore comandato da un Capitano in disgrazia che si mormorava stesse andando via di testa e con un equipaggio di reduci stanchi, novellini e incapaci. Finirci era lo spauracchio di ogni ufficiale, ma avrei accettato di tutto pur d'allontanarmi dalla Terra e da mio padre. Ormai lo odiavo, per questo non ho mai parlato di lui a nessuno: all'epoca volevo solo dimenticarmi d'avere il suo stesso sangue nelle vene e in seguito... bé, era troppo tardi.
E nessuno ha mai fatto il collegamento?
Ishikura è un cognome molto comune – alzò le spalle – E poi ci si aspetterebbe che il figlio di un pezzo grosso, per quanto incapace, ricopra incarichi più prestigiosi.
Bene – Sylviana fece scorrere di piatto il coltello sulla sua gola – E così m'hai raccontato la storia della tua vita. Tutto molto interessante, ma che c'entra con il progetto Herakles?
Ci sto arrivando, Te l'avevo detto che era una storia lunga.
Infilò una mano sotto la giacca ma Sylviana lo bloccò. La lama del pugnale tornò a mordergli la gola e le sue gambe lo strinsero con più forza.
Calma, calma! – una goccia di sudore gli scese lungo la tempia – Sono disarmato, volevo solo prendere il portafogli.
Regola numero uno: non ti muovi senza prima avermi avvisata delle tue intenzioni. Riprovaci e ti sgozzo.
Lei gli liberò le gambe, gli si mise a cavalcioni sul bacino e gli sbottonò la giacca con una mano sola, in un paio di rapide mosse. Tirò fuori il suo portafogli dalla tasca interna con una velocità e una destrezza degni d'un borseggiatore professionista, lo aprì, frugò nelle tasche, ne tirò fuori una foto e trasalì. Ishikura sorrise amaro.
Girala – la incoraggiò – Leggi i nomi.
Sul viso di Sylviana si dipinse un'espressione stupita.
Questo era tuo fratello Takeshi?
Ishikura le fece un cenno affermativo.
Sylviana rigirò la foto, la fissò ancora un momento e gli tolse il coltello da sopra la gola.
Non ci somigliamo per niente, lo so – sospirò Ishikura – Takeshi aveva preso da nostro padre, mentre io e Minoru assomigliamo a nostra madre.
Ricordò i capelli castani di suo fratello, i suoi occhi marroni profondi ed espressivi, il suo naso lungo e diritto e le sue labbra sottili, il suo fisico atletico e la stretta d'acciaio delle sue mani.
In quella foto era in alta uniforme poco prima di partire per il fronte e sorrideva un po' brillo con un braccio intorno al suo collo e l'altro attorno a quello di Minoru.
Avrebbe voluto poterlo ricordare sempre e solo così, ma a volte l'immagine che aveva di lui era un'altra... e ora avrebbe dovuto rievocarla.
Si sollevò sui gomiti e avvicinò il viso a quello di Sylviana.
Takeshi Ishikura – mormorò con una smorfia amara – Il primo Herakles. O meglio, uno dei suoi tanti cloni senza nome, torturato a morte da Kurai col beneplacito del suo padre biologico e filmato da chissà chi.
Sylviana lo guardò spiazzata e il ricordo del momento in cui aveva visto per la prima volta quel video s'affacciò di nuovo alla mente di Ishikura, nitido come se l'avesse appena vissuto.
Si trovava su quella ghiacciaia del pianeta Beta davanti all'ennesima tazza di grog, con Grenadier che non si decideva a crollare, Rai che russava ormai sbronzo da più di un'ora, Nohara, Eluder e Kaibara che tifavano e il Capitano, fresco come una rosa, che trincava Heavy Red Barbour manco fosse acqua minerale e parlava sottovoce a Marina.
A un certo punto, il grande schermo sopra il bancone s'era oscurato e lui aveva alzto lo sguardo incuriosito, come tutti.
Aveva pensato a un guasto e stava per riprendere a svuotare la sua tazza quando era apparsa l'immagine di quel laboratorio.
Una zoomata su quel maledetto lettino e aveva visto il volto addormentato di suo fratello.
Poi, mentre ancora si stava chiedendo come fosse possibile una cosa del genere, era iniziato quell'orrore.
Non ricordava nulla di cosa fosse successo attorno a lui nel lasso di tempo che andava tra l'immagine di quegli occhi scuri che si spalancavano all'improvviso e quella di quel povero corpo riverso a terra, crivellato di colpi e con la testa ridotta a un'informe poltiglia sanguinolenta; non ricordava d'essersi alzato né d'aver lasciato cadere la tazza e nemmeno d'esser corso fuori dal locale; le sole cose di cui aveva avuto coscienza da quel momento in avanti erano la mano del Capitano sulla fronte e il suo braccio che lo sosteneva mentre vomitava persino l'anima in mezzo alla neve, poi il buio più totale.
Quando s'era ripreso nell'infermeria della Karyu aveva detto ai suoi amici che dovevano essere stati il freddo e l'alcool uniti a quelle immagini agghiaccianti a fargli quell'effetto.
Nessuno ne aveva dubitato: Grenadier gli aveva persino dato una pacca sulla schiena e gli aveva riferito tutto allegro che non era stato il solo a dare di stomaco, quella sera.
Tornò al presente e osservò Sylviana riporre la fotografia nel portafogli.
Il nome di mio padre era nei documenti arrivati alla Polizia Militare in contemporanea alla trasmissione di quel video anonimo, assieme alle prove del suo coinvolgimento nel progetto Herakles. Aveva fornito finanziamenti clandestini, locali, attrezzature e il DNA e il tracciato neurale di un militare deceduto per gli esperimenti... ora sai di chi. Lo arrestarono, lo processarono e lo condannarono. Ma credo che questo tu lo sappia già.
Lei annuì e si scostò una ciocca di capelli dal viso.
Il tappo è in gamba. M'ha procurato tutto ciò che è rimasto degli atti dei processi ai responsabili del progetto, compreso il Segretario Ishikura. Li ho studiati in viaggio mentre eri occupato a evitarmi, brontolare e dormire. Mi chiedo come sia possibile che questa storia non sia trapelata, al processo: Takeshi era suo figlio, ma non si accenna a lui in nessuno dei documenti in mio possesso.
Ishikura sospirò.
Minoru e io chiedemmo che non fosse resa pubblica l'identità del soldato da cui vennero generati quei cloni. Lui lavorava già al Ministero della Difesa, io ero un giovane eroe di guerra decorato al valore e Takeshi stesso era stato uno stimato ufficiale. Il Giudice del Tribunale Militare e l'Esercito non volevano altro che chiudere il caso e far posare il polverone... furono tutti felicissimi d'accontentarci – sorrise, amaro – Stabilirono che, come persona, il Maggiore Takeshi Ishikura era morto in guerra nel sessantanove, che quei cloni erano da considerarsi individui indipendenti da lui e gli uni dagli altri e celebrarono il processo a porte chiuse, in contemporanea a quello per crimini contro l'umanità degli assistenti di Kurai. Furono molto abili a far passare tutto in sordina, dalla lettura delle accuse alla sentenza finale.
Sylviana allentò la presa e si raddrizzò.
È tutto vero?
Ishikura la guardò negli occhi, con difficoltà. Ormai era buio.
Credi che riuscirei a inventarmi una storia del genere sui due piedi? Ti sembra che stia recitando?
No... non credo che tu sia così bravo – Sylviana rotolò di lato e lo liberò del tutto – Anzi, comincio a credere che tu sia incapace di mentire. Come andò a finire con tuo padre?
Ishikura si mise a sedere e si massaggiò il collo.
Presi una licenza e andai al processo con Minoru. Fu la prima volta che rividi mio fratello da quando m'ero imbarcato sulla Kagero. Non c'eravamo lasciati bene, ma ci riavvicinammo: non avevamo più nessun altro al mondo e poi volevamo la stessa cosa... sapere il perché. Sai cosa ci disse quel... quel... quel pazzo? Che voleva proteggerci, che lui e Kurai volevano proteggere tutti quanti e che quello non era nostro fratello, no, solo il suo DNA. Solo il suo DNA, ti rendi conto?
Sferrò un pugno alle tegole, stupito di come, dopo tanti anni, potesse provare ancora un rancore così violento e profondo.
Lo condannarono all'ergastolo e ne fui felice – si girò verso Sylviana – Si suicidò in cella dopo appena un mese e non provai niente. Ero convinto che quell'incubo fosse finito una volta per tutte... e invece...
E invece, a quanto pareva, quell'orrore stava ricominciando da capo. Qualcuno aveva ripreso quei folli esperimenti e qualcun altro lo stava aiutando proprio come aveva fatto suo padre con Kurai.
Ripensò alla ragazzina, a Daiba, alla Kei e al Capitano Zero, che ammirava e considerava un caro amico: erano nella stessa situazione in cui s'era trovato lui dieci anni prima, con l'aggravante che Harlock aveva ucciso delle persone e forse lo avrebbe fatto ancora.
Ti senti responsabile? – Sylviana era una sagoma scura contro il cielo in cui si accendevano le prime stelle.
Ishikura appoggiò il mento sulle ginocchia e vi strinse le braccia intorno. Vecchie domande senza risposta tornarono a risuonare nella sua testa.
Aveva fatto bene a seguire la sua strada a ogni costo? Era stata la sua decisione di non rinunciare alla carriera militare a spingere suo padre ad appoggiare il progetto Herakles? Era stata colpa sua se si era trasformato in un pazzo con le mani sporche del sangue di suo fratello e chissà quanti altri?
Non lo so – si passò una mano sugli occhi – So solo che non posso permettere che una cosa del genere si ripeta. Sono disposto a tutto.
Sylviana si alzò in piedi e gli dette le spalle.
Sai, se avessi saputo prima di tutta questa storia o l'avessi anche soltanto immaginato, t'avrei rispedito sulla Karyu a calci – spolverò via la fuliggine dal di dietro del suo vestito – Un partner coinvolto come te è una mina vagante in una missione del genere. Ma ormai è troppo tardi. Se te ne andassi di punto in bianco, tuo fratello si insospettirebbe.
Ishikura si alzò e le si avvicinò.
Che c'entra Minoru?
Vedi? Ragioni con questo – Sylviana gli piantò l'indice prima in mezzo al petto e poi sulla fronte – E non con questo, come dovresti. Il caro Minoru lavora ai piani alti del Ministero, ti conosce meglio di chiunque altro e tu ti fidi di lui: è la pedina ideale per estorcerti informazioni, sempre che non sia proprio la persona che cerchiamo. E sappi che, per come la vedo io, la seconda opzione è assai probabile.
Ishikura boccheggiò.
Come puoi dire una cosa del genere?! La nostra famiglia è stata distrutta dal progetto Herakles! Minoru ha sofferto più di chiunque altro per la follia di nostro padre... e poi... e poi è mio fratello!
Lei incrociò le braccia sul petto.
Non vuol dire niente. Tutti hanno un prezzo, anche i fratelli che dicono di amarci.
Ishikura non ci vide più. La afferrò per la scollatura del vestito e la attirò vicino.
Sollevò la mano per colpirla e qualcosa nella sua espressione lo bloccò: sembrava... triste?
Lei distolse lo sguardo e rimase immobile con le braccia lungo i fianchi.
Non lo avrebbe fatto se avesse voluto attaccarlo o sfuggirgli. Chissà perché, Ishikura ne era sicuro.
Ma che sto facendo?
La lasciò andare e si staccò da lei, turbato.
Aveva immaginato più volte di strozzarla, legarla, imbavagliarla, prenderla a schiaffi o buttarla giù dal treno in quell'ultima settimana ma, per quanto fosse irritante e capace di tutto, era pur sempre una donna... e lui certe cose non le avrebbe mai fatte per davvero, a meno di non esserci costretto per salvarsi la vita: aveva sempre pensato che sfogare la propria frustrazione in quel modo fosse da vigliacchi.
Mi dispiace – chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie – Ho i nervi a fior di pelle per tutta questa faccenda, ma non avrei dovuto.
Non importa – Sylviana si sistemò il vestito – Forse ho esagerato. Ma finché non spunterà fuori qualcun altro, tuo fratello per me è il primo tra i sospetti, ti piaccia o no: da quel che ho capito, ha libero accesso a questo appartamento quando non ci sei... e inoltre sapeva del tuo arrivo senza che tu l'abbia avvisato.
È un impiccione, non lo nego – Ishikura mise le mani avanti – Pensa che non sappia badare a me stesso ed è convinto di dovermi difendere dal mondo fin da quando eravamo piccoli: so che si fa passare tutto ciò che mi riguarda al Ministero e quando torno qui in licenza non mi molla un attimo, ma da questo a riempirmi la casa di microfoni e telecamere...
Ho la sensazione che nasconda qualcosa.
Ma chi, quel mattoide?
Gli veniva da ridere al solo pensiero.
Adesso sei tu che non ragioni con la testa – la punzecchiò – Avanti, possibile che non ti fidi di nessuno?
Sylviana si chinò e scese un gradino della scala, il solito sogghigno irriverente stampato sul volto.
No – scosse il capo – Ed è proprio grazie alla mia diffidenza che sono ancora viva e vegeta, quindi me la tengo stretta. Anzi, lo sai cosa ti dico? Dovresti imparare quest'arte anche tu, caro il mio Soldatino.
Lui decise di cambiare argomento.
Senti, sei sicura che tutto l'appartamento sia pieno di cimici e microcamere? Devo contattare la Karyu.
Oh, e perché?
Si chinò accanto a lei, lieto dell'oscurità che gli celava il volto.
E me lo chiedi? – sbottò – Dobbiamo far modificare le nostre schede personali e i rapporti ancora da inviare perché confermino tutte le balle che hai raccontato oggi a mio fratello, almeno a grandi linee. Si può sapere che diavolo t'è saltato in mente?
Non ti avrebbe più mollato, altrimenti – Sylviana alzò le spalle e scese un altro gradino – Aveva capito subito che gli stavi nascondendo qualcosa e lì per lì m'era parsa una buona idea. Non potevo sapere che lavorasse al Ministero.
Gli hai detto che sei incinta! Di me! – scosse il capo, ancora allibito – Così, come se niente fosse... non ci posso credere!
Sono solo parole – sbuffò lei – E non resteremo così a lungo da creare sospetti in merito. Una volta finita questa storia potrai dirgli la verità, raccontargli che il bambino era di un altro, che sono morta di parto o qualunque altra scusa ti venga in mente. A meno che tu non voglia davvero fare un figlio con me, Shizuo...
Ishikura mise il piede in fallo e per poco non le cadde addosso.
Nemmeno se fossi l'ultima donna rimasta in tutto l'universo noto e anche in quello ignoto – gli sfuggì.
Udì la sua risatina soffocata e sorrise anche lui nell'oscurità.
Era strano: non si sentiva così sereno da un mucchio di tempo.
Forse gli aveva fatto bene vuotare il sacco, sfogarsi con qualcuno... anche se si trattava di un qualcuno che, per la maggior parte del tempo, trovava piacevole come un dito in un occhio.
Lascia fare a me, per quella faccenda – Sylviana saltò giù dalla scala, aprì la porta e gli fece un cenno d'intesa mentre indossava di nuovo la maschera da fidanzatina mielosa – Prendi le valigie e mettiamoci qualcosa di più comodo, amore...
Ishikura era sicuro di essere arrossito di nuovo, vuoi per il suo tono, vuoi per il gesto, piuttosto esplicito, che lo aveva accompagnato prima che sparisse oltre l'uscio della camera da letto.
Pregò  in silenzio di non doversi pentire della scelta di fidarsi di lei, agguantò i bagagli ed entrò. Sylviana aveva già spalancato gli armadi ed era intenta a rifare il letto.
Ishikura posò le borse e le lanciò uno sguardo perplesso.
Che vuoi fare?
Lei si accarezzò il fianco e gli si avvicinò con movimenti lenti e sensuali.
Non lo indovini?
Lo afferrò alle braccia e gli tirò via la giacca con un solo, energico strattone, poi la fece roteare sopra la testa e la lanciò sul comò. Gli diede uno spintone che lo fece cadere di schiena sul materasso, gli saltò sopra a cavalcioni e si sfilò il vestito da sopra la testa.
Anche quello finì scaraventato chissà dove.
Sylviana – Ishikura deglutì, la temperatura corporea che gli era cresciuta d'un paio di gradi almeno – Ma cosa...
Lei gli posò un dito sulle labbra e gli fece cenno di tacere, poi gli tolse la maglia, che finì appesa al lampadario. Avvicinò la bocca al suo orecchio.
Le microcamere sono neutralizzate per il momento, ma non posso far niente per le cimici. Sarebbe troppo sospetto se tutti i sistemi di sorveglianza che hanno installato smettessero di funzionare all'improvviso, quindi parla piano. Molto piano. Chiama, io creerò un diversivo.
Sylviana lo liberò e lui afferrò il computer palmare. Accese il dispositivo anti-intercettazioni di Yattaran, si collegò sulla linea protetta, attese che il collegamento fosse stabile e si mise l'auricolare.
Itaca – mormorò – Itaca, mi sentite?
Odisseo? – la voce di Marina era lontana ma chiara.
Sì – Ishikura avvicinò le labbra al microfono – Itaca, ci sono cambiamenti urgenti da apportare al mio file personale: inserimento codice 237850...
Si voltò verso Sylviana, che aveva preso a saltare su e giù sul letto con forza e velocità crescente.
Che diavolo fai? – le chiese senza articolare. Poi, un pensiero lo gelò – Penseranno che stiamo...
Le lesse le labbra: “Proprio ciò che voglio”. Emise un mugolio che lo fece arrossire fino alla radice dei capelli e si alzò in piedi. Le molle cigolarono e la testiera sbatté contro il muro.
Ishikura distolse gli occhi dal movimento ipnotico del suo seno fasciato nel pizzo rosa e s'impose di guardare solo lo schermo.
Ho capito bene? 237850? – la voce di Marina era perplessa – Vuoi che mettiamo nel tuo file la voce “condotta immorale”?
Sì, e specificate “con la tirocinante medico, recluta… chi sapete voi” – bofonchiò – Inoltre dovete scrivere sui rapporti per il Ministero che ho aggredito il Capitano durante un diverbio e lasciato la nave insieme a lei. Farebbero comodo anche delle ecografie da allegare alla sua scheda... ehm... di un feto ai primi mesi... sì, insomma...
Oh, Shizuo... sì! – gemette Sylviana.
Ish... Odisseo, cosa state combinando? – la voce di Marina era tra l'allarmato, l'imbarazzato e l'irritato.
Sì, amore... ah!
Ehm... Penelope sta creando un diversivo. Siamo sotto sorveglianza audio.
Silenzio. E imbarazzo totale, almeno da parte sua.
Seduto a torso nudo sul materasso che sobbalzava, una matta in lingerie che saltellava e gemeva di fianco a lui, poteva immaginarsi la faccia rossa di Marina come se l'avesse avuta davanti.
E i commenti che avrebbero fatto Rai, Eluder e soprattutto Grenadier quando fosse tornato...
Già gli pareva di sentirli: non gli avrebbero dato pace per tutti i secoli dei secoli.
Avrebbe voluto sprofondare.
D'accordo, Odisseo – assentì il suo diretto superiore, asciutto – C'è altro?
Penelope vuole che comunichi che forse abbiamo già un contatto. Verificheremo nei prossimi giorni.
Bene. Da parte mia, v'informo che la prima parte del nostro piano è riuscita.
Davver... ah! – qualcosa, per la precisione un alluce smaltato di rosa, gli perforò il fianco destro.
Alzò lo sguardo e lesse le labbra di Sylviana: “Collabora un po'!”
Devo chiudere – si massaggiò l'anca dolorante – Buona fortuna, Itaca... Ah!
Anche a voi. Chiudo.
Oh, Shizuo, ti amo! – Sylviana si buttò a peso morto accanto a lui e gli pizzicò la coscia.
Ishikura urlò, non certo di piacere.
E non era certo amore quello che provava nei confronti di Sylviana in quel momento.
Ritiro tutto ciò che ho pensato di positivo su di lei: io questa la strozzo, dovessi rimetterci la pelle! Uno, due, tre...
Sei rosso come un peperone, Shizuo caro – ridacchiò lei – Ti sei stancato?
Quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici...
Cercò di non guardarla.
Copriti... amore – le ringhiò – Prenderai freddo...
Non ho dietro nessun pigiama, tesoro – cinguettò lei – Ti spiace se ne metto uno dei tuoi?
Il tempo di dirlo e gli aveva già aperto la valigia; un paio di rapide mosse e l'aveva già addosso: a quanto sembrava, i suoi bagagli non avevano segreti per lei.
Come lui, ormai.
Rinunciò all'idea di chiederle cosa diavolo ci fosse nelle pesantissime valigie che gli aveva fatto trascinare per mezzo sistema solare e cosa accidenti avesse comprato durante le fermate del Galaxy Express, prese i pantaloni del pigiama e della biancheria di ricambio, s'infilò in bagno e si buttò sotto la doccia.
Quando ne uscì, finalmente non più teso come una corda di violino e un po' meno infuriato, lei era già sotto le coperte.
Ishikura notò che aveva tolto i vestiti dai punti in cui li aveva lanciati e immaginò di dover recitare la sua parte di fidanzato innamoratissimo davanti alle telecamere.
Oh, bé... non potrà essere più imbarazzante di ciò che è capitato prima, sospirò.
Si stese sull'altra sponda del letto, si coprì con lenzuolo e coperta e si mise sul fianco, di spalle a lei.
Buona notte.
La sentì muoversi verso di lui e posargli una mano sulla spalla.
Posso chiederti una cosa?
Se proprio devi – sussurrò.
Cos'era quella storia dell'“Eroe Silenzioso” e della “Verità”? Una specie di codice segreto militare?
Gli sfuggì una risata.
È un gioco di quando io e i miei fratelli eravamo ancora piccoli – si girò verso di lei – Ogni tanto ci chiamavamo col significato dei nostri nomi: Takeshi significa “Guerriero”, Minoru “Verità” e Shizuo “Eroe Silenzioso”.
Sylviana fissò il soffitto, incrociò le braccia dietro la nuca e sospirò.
Sai una cosa? Ti invidio.
Per cosa?
Questi ricordi.
La guardò.
Alla luce fioca della lampada, la sua espressione era di nuovo lontana e velata di malinconia.
I tuoi fratelli.
Ishikura si chiese che cosa nascondesse lei nel suo passato, perché fosse tanto sensibile all'argomento e cosa l'avesse portata a credere che non ci si potesse fidare nemmeno della propria famiglia.
Lui aveva preso una bella batosta con suo padre, sicuro, ma una cosa del genere non l'aveva mai pensata, nemmeno per un istante.
Deglutì e prese il coraggio a due mani.
Niente segreti fra partner – la incoraggiò – Vuota il sacco.
Non hai il coltello – ridacchiò lei – E comunque, non c'entra con questa storia.
Si girò dall'altra parte e spense la luce.
Buona notte, Eroe Silenzioso.

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Disclaimer: fanfic basata sul mondo ed i personaggi di "Capitan Harlock" (Uchū kaizoku Kyaputen Hārokku" e "Cosmo Warrior Zero" (Kosumo Wōriā Zero), creati da e © Leiji Matsumoto.
Tutti i diritti per questi personaggi sono © Leiji Matsumoto, Toei Animation, Enoki Fims e probabilmente un mucchio di altra gente.
Il loro utilizzo in questa storia non implica appoggio, approvazione o permesso da parte loro.
Siccome questa storia è stata pensata e scritta da una fan per altri fan, prego di non plagiarla, di citarmi come autrice in caso di pubblicazione altrove e di non ridistribuirla a pagamento. Grazie!
   
 
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