Capitolo 3
Il litigio
Era
ormai l’imbrunire quando Hermione
si ripresentò. Harry parve non accorgersi di lei.
Neville invece la accolse con gioia, visto che ormai Harry,
che continuava a sanguinare, aveva un colore simile al bianchiccio della carta
da parati.
-
Hai un letto in più? Rimarrei qui stanotte.- chiese a Neville che assentì rincuorandosi: era contento ci fosse qualcun altro
quella notte con Harry. – Ho avvertito
Harry
debolmente sollevò la testa e la guardò con un sorriso (come
a Neville parse) ammirato o forse un po’ scanzonato. Comunque
lasciò che armeggiasse sulla sua fronte senza troppe resistenze. Hermione comandava ago e filo come se stesse cucendo una
camicia. Neville preferì distogliere lo sguardo da quel metodo poco ortodosso,
e occuparsi di qualcos’altro. Quando Harry si sembrò addormentarsi era ormai tardi. Neville ed Hermione lo lasciarono e andarono a preparare la stanza
degli ospiti per la notte. Prima di tornare nella sua stanza Neville si fermò e
si voltò, anche Hermione, intenta vacuamente a
guardare fuori, si voltò. Era fermo sulla soglia con una mano sulla maniglia e
l’altra sullo stipite , incerto
-
Lo hanno torturato, secondo me- disse con lentezza,
come se avesse dovuto calibrare ogni parola.
- Lo
suppongo anch’io- disse Hermione,
tornando a girarsi verso la finestra. Neville avrebbe giurato di averle visto gli occhi gonfi di lacrime, ma non disse
niente e uscì.
La
notte passò lenta e irrequieta per tutti. Sembrava che qualcosa di nero e
viscido li avesse infettati e si trascinasse affamato all’interno delle loro
membra. Harry solo, forse per la debolezza
accumulatasi pesantemente sulla sua testa, riuscì poco prima dell’alba ad addormentarsi. Furono buttati giù dal letto verso le otto
da degli strepiti in mezzo alla via. Data l’apprensione che gli aveva presi,
saltarono giù tutti allarmati. Harry si sentiva bene
e notò con piacere che la sua ferita si era finalmente chiusa.
C’era
un vecchi che gridava in mezzo alla strada con la
neve, caduta nella notte, che gli arrivava alle ginocchia.
-
Al ladro! Mi hanno derubato!- l’agente Paciock risalì
in fretta, si vestì e andò in strada a placare la grande agitazione
dell’anziano signore. Hermione e Harry
si sorrisero con sollievo, poi, quasi ricordandosi la loro ostilità, si
divisero e andarono a prepararsi ciascuno nella propria stanza.
Harry, mentre si dava un’ultima
sistemata, si rese conto di quanto, pochi minuti prima, Hermione,
scompigliata ancora dal sonno, assomigliasse ancora sorprendentemente ad una
ventenne: i suoi capelli erano ancora oltremodo cespugliosi: forse lei ogni
mattina li incantava uno ad uno.
Rise pensando ad Hermione
alle prese con la sua indomabile criniera. Quando scese per la colazione,
Neville non era ancora tornato ma Hermione,
dall’aspetto impeccabile, era già scesa e controllava la colazione che si
preparava. Si sedette a tavola e Hermione lo
raggiunse porgendoli il piatto. L’aspetto non era molto invitante,
ma Harry mangiò tutto lo stesso senza fiatare.
Quando ebbero finito il silenzio si fece troppo
pesante ed allora Harry decise di parlare di quello
che gli era capitato.
-
Penso di essere stato colpito con un incantesimo crociatus
la notte scorsa. Volevano sapere da me qualcosa, qualcosa che non ho ben
individuato. Non sono riuscito all’inizio a difendermi, non mi aspettavo un attacco e stavo crollando, anche se ormai ho
imparato l’arte dell’occlumanzia. Qualcuno frugava
nella mia testa e mi sentivo bruciare. Poi sono finalmente riuscito ad astrarmi
da tutto e ricusarlo via.-
-
Me l’ero immaginato- disse Hermione – e so anche chi può essere stato secondo te.- ci fu un breve
silenzio, di nuovo molto pesante. –Lord Voldemort è morto.- concluse
brevemente.
- No che non lo è!- ribattè Harry colpendo con violenza il palmo della mano sul tavolo;
si riapriva una vecchia discussione.
Intanto
Neville era tornato, ma nessuno dei due gli aveva dato molta attenzione.
-
L’ha ucciso Silente in punto di morte.-
-
Io non credo che sia morto -
-
Sei un Auror Harry, ed
anche molto bravo ed…esposto: in molti vogliono carpire informazioni da te!-
Sembrava
che presi dalla foga del litigio almeno avessero smesso di fingere un
formalismo freddo e inutile.
-…ma la cicatrice…-
-
Oh andiamo! Fa parte profondamente di te, sarebbe rispuntata comunque!-
Neville
si gongolò al pensiero di aver avuto la stessa idea di Hermione.
-
E’ stato Voldemort!-
-
E’ morto
-
No che non lo è!-
- Ma perché ti ostini ancora? Sono passati dodici anni!-
- Perché non è andata come avrebbe dovuto. Perché
avrei dovuto ucciderlo io, non Silente!- sbottò Harry
furioso.
A
Neville sembrò che fuori, attorno a loro, fosse calata una notte buia e pesta.
I due si guardavano quasi con odio.
Poi
con un fiotto di parole Harry riprese a parlare:
- Hermione- disse con calore e aria conciliante – io non ti
ho mai detto una cosa, una cosa che mi rivelò Silente
dopo la morte di Sirius.- gli tremò
impercettibilmente la voce. Neville fece per andarsene con
discrezione, ma il piede, già posto sul primo gradino della scala, gli si gelò.
–
Riguarda molto anche te, Neville Paciock- Perché
chiamarlo così solennemente? Harry riprese a
parlare con aria funesta: sembrava che tutto fosse sospeso nell’aria ancora più
nera.
- Ecco
giungere il solo con il potere di sconfiggere l’Oscuro Signore… nato da chi lo
ha tre volte sfidato, nato sull’estinguersi del
settimo mese…l’Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un
potere a lui sconosciuto…e l’uno dovrà morire per mano dell’altro, poiché
nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive…- declamò e poi fece una
pausa, aspettando che ognuno di loro assorbisse ogni parola. – Questo recitava
la profezia che andò infranta quella notte-
Per
un po’ il silenzio fu tale che sembrava si potesse
sentire cadere ogni singolo fiocco di neve fuori.
-
Per questo non credi alla sua morte? Per una stupida, futile ed insulsa
profezia? Io non credo a queste cose Harry e pensavo
non ci dessi importanza nemmeno tu!-
-
Io che centro?- chiese timidamente Neville, bloccando la sfuriata di Hermione.
-
Beh, mi spiegò Silente- ad Harry
tremò nuovamente la voce – che date le caratteristiche elencate nella profezia,
potevamo essere sia tu che io- guardava Neville ancora vicino alla scala ed
evitava invece di volgersi verso Hermione che, sapeva,
lo guardava torva. Neville si sentì morire: il corpo gli si congelava e la
testa era invece tutta un fuoco.
- E
allora perché hai detto che non è morto perché TU non
l’hai ucciso?- la voce di Hermione era pungente e
sarcastica. Sapeva che da tempo per quella questione i dissapori fra loro erano
cresciuti fino ad allontanarli del tutto. Hermione credeva che la troppa fame gli avesse fritto il
cervello. Harry glielo aveva fatto credere…del resto
la reazione della sua amica lo aveva persuaso a non parlare più con nessuno: se
non le aveva creduto lei, chi lo avrebbe fatto?
Per fortuna il quegli anni non era successo niente e
anche lui si era convinto di essersi un po’ montato la testa. Ma ora…bisognava ritornare a parlarne
-
Silente era persuaso che Voldemort mi avesse
designato involontariamente con la cicatrice che ho sulla fronte-
Hermione
si alzò di scatto e si smaterializzò.
-
Le profezie sono stupidag…- BANG Ebbe il tempo di
dire, ma forse con un tono un po’ meno convinto.
- Perché non hai mai raccontato tutto ciò?- gli chiese Neville
avvicinandosi e sedendosi di fronte a lui.
-
Perché anch’io speravo che non fosse vero: significherebbe che se avessi la
fortuna dalla mia, diventerei comunque un assassino-
Neville
si chiese perché non ne avesse fatto parola con i suoi
amici Hermione e Ron, e se
questo era l’unico motivo dell’ostilità che li allontanava- Non disse nulla se
non – Gratta e netta!- puntando la bacchetta verso i piatti sporchi della
colazione.
Harry
decise di uscire per rimanere un po’ da solo e far sì che l’aria pungente gli
schiarisse un po’ le idee. Ripercorse gli anni trascorsi e si accorse di come
stupidamente si era allontanato dai suoi amici. Si sentiva già un povero
vecchio chiuso in una stamberga umida e ammuffita a pensare al suo passato. In
realtà era così (pensò con un brivido alla casa di Grimmauld
Place): da quando Voldemort era scomparso aveva continuato la sua carriera
con sempre meno entusiasmo.
Era
il migliore nel suo mestiere perché in realtà non gli importava molto della sua
vita. Il periodo più bello della sua esistenza era legato a Hogwarts,
ma soprattutto a Lord Voldemort.
Raggelò
e pensò con orrore a quanto aveva appena pensato e alle parole della profezia:
erano legati l’uno all’altro e si rese anche conto che solo ora si sentiva di
nuovo rinascere…cercò di ricacciare via quest’idea
agghiacciante e si rese conto che quello che più di tutto in quegli anni lo
aveva corroso era stata la perdita degli amici.
Si
ricordò con dolore di chi era morto e di che stupidamente aveva lasciato
allontanare. Decise di essere un po’ più sincero con se stesso, e di accattare
gli errori fatti: capì che in quei giorni la rinnovata vicinanza a persone che
gli erano rimaste care lo avevano rincuorato e riscaldato. Non era stata la
(presunta) fine di Voldemort a spegnerlo, ma la solitudine.
Tornò a passo svelto, per quanto permettesse la neve,
da Neville e gli sorrise.
-
Voglio fare visita ad Hogwarts,
penso che
-
Oh Harry!- si trattenne dallo scoppiare in lacrime.
Si capirono a fondo, come mai era successo e come mai avrebbero creduto potesse succedere fra loro.
-
Non posso venire con te, ma passa a salutarmi, fammi sapere.-
Harry
salì nella sua stanza e usò il gufo di Neville per mandare un messaggio alla
preside di Hogwarts: sperava per una volta di essere privilegiato. La risposta arrivò rapidamente: era come se
Grazie
alle 27 persone che hanno avuto la pazienza di leggere la mia storia
! Se devo essere sincera ero indecisa se continuare a scrivere
o no, ma ora mi sono rincuorata.
Neko_tensai, ti ringrazio molto e ti volevo avvertire che
Neville non sarà l’unico protagonista di questa storia: ciascun personaggio
entrato in scena avrà voce in capitolo durante la narrazione.
Evanescense88,
non ho parole!! GRAZIE!!
Alla
prossima!