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Autore: Fuuma    21/07/2006    4 recensioni
Se i suoi occhi fossero state pietre preziose allora sarebbero stati smeraldi, abbaglianti, bellissimi dall'intenso verde pungente.
Se il suo sorriso fosse stato vero allora... sarebbe stato mio...
Genere: Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sha Gojio, Genjo Sanzo Hoshi, Cho Hakkai, Son Goku
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Pay for Love

Serie: Saiyuki

Capitolo: La masque qui rit (6 di ?)

Rating: Nc-14 - A/U

Pairing: Mhm>.< tutto rimandato al prossimo capitolo in cui è SICURO che la 5x8 compaia finalmente per la prima volta*_*v… Vai Gojyo sbattiti Hakkai al muro e fattelo èOé/

Note: Yoooo, dopo quasi un anno di pausa da questa fic, sono finalmente riuscita a concludere anche il sesto capitolo. Inquietante (Il capitolo naturalmente, ma anche il fatto che la fic continui O.O! Scommetto che non ci speravate più eh XD?), macabro, avrei pure potuto fare di peggio lo ammetto ma non mi sembrava il caso di torturare oltre il povero Hakkaiucciopicuccio ç.ç! Anche io ho un cuore infondo… ehm… mooolto infondo XD! Ma vediamo ora di continuare sulla retta via e mandare avanti la storiella in cui il casino in cui ho ficcato Hakkai si scioglierà in fretta e finalmente lui e Gò si daranno da fare*__*… Spero^^””… e spero anche che questo chappo non risulti troppo incomprensibile, non mi fa bene ascoltare gli Evanescence mentre scrivo XD!

Dedicated: A chi ama la coppia GojyoxHakkai, perché ci sono troppo poche ff su di loro e perché io sono abbastanza sadica da far conoscere al mondo le mie^^””…

A me*__*””, per lo stesso motivo su riportato XD!

E a chi avrà il coraggio di leggerla, myah X3!

PAY FOR LOVE

*La masque qui rit*

(1° Parte)

Violini suonano stonati nella mia testa.

Una musica sgraziata che si perde in echi e ritorna più forte rimbombando nella parete della mia immaginazione.

Non esiste alcun violino nella realtà.

Non esiste alcuna musica se non quella dei miei pensieri che lentamente si spengono uno dopo l’altro.

Ed è lei a riapparire.

Insieme ad un sorriso.

Il mio.

Un sorriso che diviene risata, che diventa pazzia, che si colora di cieco benessere e si abbandona all’estasi del momento.

Non c’è nulla da ridere.

Il vicolo è buio e vuoto, il sangue rappreso macchia ancora l’asfalto in cui lei è caduta esalando il suo ultimo respiro e sussurrando il mio nome tra labbra di rosa rossa.

Non c’è nulla da ridere, se non fosse per questa follia che mi solletica e si insinua bisbigliando alle mie orecchie parole piene di un rancore che non riesco a dimenticare.

È per questo che lascio che il mio corpo rida. Disperato. Senza sosta. Senza prendere respiro.

Oh, ridi, ridi giullare della tua vita, ridi e soffoca il tuo dolore dietro a labbra smosse in una maschera di falsità.

Ridi e poi…

E poi distruggi e distruggiti.

Che non rimanga niente di loro.

Che non rimanga niente di te.

Soltanto il nulla, avanzo della tua pazzia.

Voglio che tutto scompaia.

Ora.

Insieme al ricordo che ho di lei e che mi tormenta percuotendomi con violenza, abbattendosi su di me ormai così debole per riuscire a restare ancora in piedi…

Voglio che tutto sparisca.

Per sempre.

Anche io.

Voglio sparire.

Voglio morire.

Voglio… non soffrire più…


Lo specchio rotto nel vicolo in cui Gojyo aveva raggiunto rimandava un’immagine così incredibile da credere che passarono lunghi minuti prima di rendersi conto che quel demone dalle fattezze vagamente umane era proprio Hakkai.

Un riflesso ingannatore che per una volta rigettava la verità che il corpo dell’altro nascondeva, celandolo dietro alle maschere dei suoi sorrisi falsi e tirati.

Si mosse di qualche passo verso il giovane tendendo un braccio verso di lui per sfiorarlo.

- Ha… Hakkai? – azzardò con voce preoccupata.

L’altro non si mosse.

Fissava anch’egli le schegge di vetro rotto e vi vedeva così bene la propria immagine che un sorriso divertito lo colse, padrone ora del suo volto.

- Hakkai è tutto a posto? – domandò Gojyo cercando la sua attenzione.

- Ma certo. –

Eppure non sembrava la sua voce…

- E’ tutto perfetto. -

Non sembrava nemmeno il suo corpo quello che si mosse per voltarsi verso il rossino. Si fissarono anche, e il sorriso di Hakkai divenne riso.

Spaventoso.

La risata di un bambino mescolata a quella di un folle.

Ed era pazzia a colorare i suoi occhi di smeraldo puro.

Pazzia e nulla.

Si rivoltò di scatto correndo via senza un perché, senza aggiungere nulla se non quei suoi passi veloci che lo portavano lontano dal vicolo del peccato e si perdevano nella notte senza stelle, immergendosi nella cappa di oscurità che lo abbracciava e lo cullava come una madre premurosa.

- Ehy, Hakkai, ma dove… dove stai andando?! -

Non udì le parole di Gojyo.

Come avrebbe potuto?

Non era più lì per farlo, non c’era più un’anima e una memoria in quel mondo che appartenesse a Cho Hakkai.

Soltanto un corpo reso il manichino dei suoi tormenti che lo condussero lontano, sempre più distante, soffocando la stanchezza con boccate di aria putrida che puzzava di morte.

Fu un cimitero ad accoglierlo.

Il cimitero in cui una piccola tomba spiccava tra le altre e la lapide fortuita recitava parole tristi per la ragazza ivi seppellita, parole incise su una pietra con un sasso appuntito, perché nessuno aveva voluto scriverle per lui...

“Qui riposa Kanan, sorella e amata. Colei che mai dimenticherò.”

Così era stato.

Kanan, che divenne fantasma e continuò a tormentarlo tanto di giorno quanto la notte.

Anche lui divenne tale in quel momento.

Divenne lo spettro delle sue paure, e gli spiriti del suo passato si riunirono per portarlo all’inferno. Al suo fianco un uomo dalla capigliatura violacea rideva con voce stridula e lo spingeva attraverso le tombe del cimitero.

Lo incitava a raggiungere quella della donna che un tempo amò, e di fronte ad essa Hakkai si inginocchiò.

Rideva ancora e non riusciva a smettere, probabilmente non sapeva nemmeno come potersi fermare.

Rideva e veniva assalito in continuazione dalle scene della morte di lei, ma ancora di più da quelle che avevano segnato la morte dei suoi assassini.

Tre uomini.

Morti nel medesimo modo.

Crudelmente.

Anche per bastardi come loro.

E lui li aveva assistiti durante il momento in cui la loro anima aveva abbandonato i corpi.

Li fissava dall’alto con un viso bianco, con un viso svuotato di ogni espressione. Non il disgusto, non il disprezzo, non la rabbia aveva colorato il volto di Hakkai quando quegli uomini, quegli assassini!, erano morti ottenendo la giusta pena.

Quante volte aveva desiderato di ucciderli con le sue stesse mani per farsi giustizia da solo?

Quante volte aveva immaginato la loro morte…

In quel momento i suoi sogni e i suoi incubi divennero realtà, ed ora poteva rivedersi in piedi mentre donava l’oro l’eterna dannazione.

E dalla terra scheletri ammuffiti si ammassarono uscendo dal fango e ululando feroci alla luna camminando verso di lui.

Zombie deteriorati dal tempo, divorati dai topi, divenuti case per gli insetti.

Morti che camminavano sfidando le leggi del mondo, gracchiando con voce stridula come unghie passate sulle lavagne, e fissavano con le loro orbite vuote Hakkai chiamandolo assassino.

Avanzavano a passi lenti, ondeggiando da una parte all’altra con arti che a malapena si reggevano a quei corpi marci e senza pelle, mettendo in mostra le ossa e i nervi che ricoprivano i muscoli a pezzi.

Nauseabondo era l’odore di quei cadaveri maledetti che sotto la luna incandescente tornavano a vivere, protendendo le mani verso il corpo del giovane, fissando senza realmente vedere i suoi occhi in cui la giada aveva smesso di risplendere.

E, tra quelle carcasse prive di vita, una giovane donna stringeva le mani al petto.

Lunghi capelli raccolti in una treccia.

Dolci lacrime amare che sfilavano dagli occhi e sangue a macchiare quel corpo esile.

- Kanan… - fu la voce di Hakkai resa solo un sussurro.

Lei annuì.

Kanan.

Sua sorella.

La sua amata.

Kanan.

- Oh, Kanan… - e si avvicinò di un passo. Un passo più vicino agli zombie dei suoi incubi che circondavano Kanan e lo puntavano con dita scheletriche divorate dagli avvoltoi.

Ma lei lo fermò.

Il suo sguardo, vuoto, in cui occhi di cristallo erano stati rubati tempo addietro e ora lo fissava cieca. Martoriata.

- E’ colpa tua. -

Una frase.

Una condanna.

- E’ solo colpa tua Cho Gono. -

E lui spalancò lo sguardo smeraldino all’udire quelle parole pronunciate dalla sorella.

- Sono morta a causa tua e per il nostro amore proibito sono stata l’unica a pagare. -

- Io… mi dispiace… -

- Bugiardo. -

No.

Non mentiva, ma non glielo avrebbe detto perché nulla poteva ripagare le pene sofferte da sua sorella in un Inferno rosso sangue in cui lui l’aveva gettata a causa del suo amore.

Perché amare a quel modo una sorella è peccato, perché nessuno dei due avrebbe più meritato di vivere felice.

- Non è giusto che abbia pagato solo io Cho Gono, non è giusto! -

Piangeva Kanan, lacrime di sangue scarlatto che bruciavano le sue gote scavate e pallide.

Gemme rosse che si infrangevano nel terreno fangoso e che brillavano più di rubini.

- Se mi ami non avresti dovuto lasciarmi solo qui, in questo Inferno! Se mi ami Chi Gono, non lasciarmi da sola… Non lasciarmi… -

Supplicava con la voce rotta dal pianto mentre le mani nascondevano un viso che aveva perso ogni cosa della bellezza di un tempo.

- Vieni da me. – mormorò lasciando scivolare la sua voce sul corpo di Hakkai insieme al vento e al profumo aborrante dei cadaveri in decomposizione.

- Vieni Con Me. -

Voce d’Oltretomba di un corpo senza vita.

Sussurri di morte da un cadavere che cammina.

E lacrime rosse a rigare viso di una giovane trascinata all’Oblio.

- Sì… -

Rispose lui muovendo un passo mentre la mano scheletrica di Kanan si muoveva meccanicamente ad indicare la sua destra, in basso: una fossa scavata da poco nel terreno ancora umido.

Sorrise Hakkai.

Perché quella fossa era per lui.

Oh, povera anima in pena, finalmente aveva trovato il suo posto nel mondo. Sotto terra! Sotto terra con i vermi e con i morti!

- Vieni Cho Gono, vieni da me. -

Guidato dalla voce di miele e fiele della sorella Hakkai continuò a camminare, fino a trovare un’unica barriera che separava lui e quell’ammasso di cadaveri ambulanti. Che separava lui e la sua amata sorella, morta e tornata dall’Averno solo per lui.

- Vieni Cho Gono… -

Una grata lo bloccava, innalzandosi verso il cielo come a volerlo squartare, impedendogli di preseguire oltre.

Ma perché ancora una volta volevano dividerlo da sua sorella?! Perché?!

Le dita affusolate si impossessarono delle reti della grata e piano, lentamente, la scavalcò per raggiungere la cima, incitato dalla voce sottile di Kanan.

- Vieni Cho Gono… -

Veleno tra le labbra.

Ma con quel veleno sarebbe morto felice.

Per tornare finalmente insieme a lei che aveva continuato ad aspettarlo.

- Vieni Cho Gono, è questo il tuo posto… -

L’inferno.

Tra i suoi demoni.

E finalmente arrivò in cima alla rete di sicurezza, il vento sferzava il viso schiaffeggiandolo più volte e urlandogli nelle orecchie per distorcere la voce di sua sorella.

Invano.

Hakkai l’avrebbe udita anche tra mille, anche in un altro mondo, anche in un’altra vita!

In piedi, in bilico tra la vita e la morte, fissò in basso.

Ancor più giù dove una buca era scavata nella terra e nel fango.

La sua tomba.

- Vieni Cho Gono, non aver paura. -

Non aveva paura lui.

Non provava più niente.

Nemmeno la follia che lo aveva colto spingendolo tra gli spettri dei suoi ricordi che ora danzavano sotto la falce di una luna rosso sangue e, tra essi, gracchiava un uomo dallo sguardo rubinescente e dai capelli violacei, invitandolo a raggiungerli movendo la mano in cui lunghi artigli sembravano ferire l’aria intorno a sé.

- Vieni Cho Gono. – ripeteva quell’essere, accompagnando la voce melliflua di Kanan.

- Vieni anche tu, è questa la punizione che ti spetta. -

Un respiro tra le labbra del ragazzo mentre le palpebre celavano per un attimo lo splendore di quegli occhi di smeraldo opaco.

La gamba si spostò di poco più avanti.

Quella destra.

Per compiere il passo che lo avrebbe condotto dritto in una tomba scavata apposta per lui, in cui la lapide recitava crudelmente “Riposa in pace, Demone assassino.”.

Deglutì.

Nessun rimorso.

Nessun rimpianto.

Finalmente avrebbe pagato per i suoi peccati. Finalmente sarebbe stato di nuovo con Kanan e questo solo contava.

Sì.

La gamba destra si mosse ancor più avanti e lui si gettò nel vuoto…

- Vieni Cho Gono, l’Inferno ti attende… -


>LA MASQUE QUI RIT FIN<
   
 
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