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Autore: DeAnna     30/11/2011    6 recensioni
Maria Sanchez e Jasper Cullen , una coppia bellissima, una coppia perfetta...una coppia con un orribile segreto.
Maria, disturbata e autolesionista, usa un coltello per spingere Jasper verso un abisso di dolore.
Jasper , innamorato e disorientato, cocciuto e spaventato si lascia trascinare in una spirale di guai.
Carlisle, Esme, Emmett ed Edward fanno di tutto per recuperare il figlio ed il fratello che rischiano di perdere.
Dalla storia, 2° cap:
Maria si fermò davanti a lui e lo osservò con un ghigno infernale dipinto sul viso, prima di calare la lama sul proprio braccio e tagliarsi .
Jasper osservò le minuscole gocce di sangue che uscivano dalla ferita, come piccole perle scarlatte sulla pelle bruna della ragazza , con un misto di orrore e curiosità.
Sentì la nausea serrargli lo stomaco, ma non riuscì a muoversi.
E ancora:, 10° cap:
“Quello è il mio posto”
Una voce cristallina interruppe il suo riposo.
Jasper sollevò lo sguardo, schermando gli occhi con la mano e vide una specie di folletto,magrissima , dai tratti molto delicati. I suoi capelli erano neri corvini, corti e scompigliati * .
“Prego???”
“Questo è il mio posto : io vengo sempre qui, a pranzo o durante le pause.....”
Jasper si alzò.
“ Io sono Mary Alice Brandon, ma puoi chiamarmi Alice” disse lei tendendogli la mano, amichevolmente.
“Io mi chiamo Jasper ”
Nella storia ci sono anche gli altri Cullen: Edward, Emmett, Esme Rose, Bella ... Tutti umani!
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Jasper Hale, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buongiorno carissimi lettori/trici!!!

Ecco a voi il 21° capitolo, previsto e puntuale (eh si si, nonostante la vita incasinatissima dell'autrice, ma chi di noi oggi non lo è? Ah ah ah!!!).


Non so proprio come ringraziare tutte le persone che leggono questa mia fic ( e il loro numero mi lusinga davvero! ) e particolarmente chi ha recensito anche il cap 20 (Kikka Hale, Camilla L, Prudence 78, BringerOfDevil, Orsacchiotta Potta Potta e Edvige 86).


Grazie, grazie, grazie!


Ora spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento e che mi facciate sapere che ve ne pare.


*Prossimo aggiornamento Sabato o, max, Domenica...


'Bye...






CAPITOLO 21



Carlisle uscì dall'ufficio del Preside Jones.


C'erano delle sedie allineate contro il muro. I suoi figli ne occupavano tre.


Fece cenno di seguirlo e si avviò verso l'uscita.


Si era già scusato con gli altri genitori e avevano convenuto che ciascuno dei ragazzi avesse la propria parte di colpa, tutti, tranne i Truman perché Fred era ancora in infermeria a farsi medicare il naso.




In macchina, subito. Non voglio sentire una sola parola finché non arriveremo a casa” ordinò, con un tono che non ammetteva alcuna replica.



I ragazzi lo seguirono in silenzio, all'apparenza sembravano sconsolati , ma continuando a lanciarsi sguardi di fuoco.



Carlisle li guardò salire in macchina uno alla volta senza risparmiare a ciascuno di loro sguardi di biasimo.



Mi spiace...” mormorò Edward, incapace di sostenere il peso che affliggeva il suo animo.



Ho detto che non voglio sentire nulla finché non saremo a casa. Non scherzavo, Edward” lo ammonì suo padre severamente.



Edward sospirò e prese posto , senza dir nulla di più.



Il tragitto verso casa ai ragazzi parve durare ore, ogni chilometro, ogni minuto era un'agonia.



Carlisle fece appena in tempo a parcheggiare l'auto in garage che i tre saltarono giù.



Non pensate nemmeno lontanamente di scappare. Vi voglio nel mio studio: tutti e subito!” dichiarò.





Quando Carlisle entrò nella stanza trovò i ragazzi in piedi, davanti alla sua scrivania.



Per un attimo fu quasi tentato di lasciarli così,ma poi disse “ Potete sedervi. Non siete davanti al plotone d'esecuzione!”



I tre si sedettero sul divano; Carlisle prese una sedia e si sedette di fronte a loro.

Incrociò le gambe, posò le braccia sul ginocchio e li guardò intensamente.



Emmett sembrava grosso il doppio dei fratelli. Li superava di tutta la testa ed era molto più muscoloso di loro.



Papà io....” provò di nuovo Edward.



No – lo interruppe Carlisle – ora io parlo e voi ascoltate. Potrete parlare quando io avrò finito. Per prima cosa gradirei farvi presente che questo è il mio giorno libero, il primo giorno libero dopo dieci giorni di lavoro ininterrotto.... Il giorno libero in cui avrei voluto, e probabilmente dovuto, riposare.... Il giorno in cui, mentre, pensavo di mangiare qualcosa in santa pace davanti alla TV, sono stato chiamato dal Preside Jones che , mi dice ' i suoi figli - non uno solo, ma tutti e tre - sono stati coinvolti in una rissa in sala mensa' . Poi vorrei ricordarvi, casomai l'aveste scordato, che siete ancora in punizione. Ma evidentemente non è un deterrente sufficiente dal mettervi di nuovo nei guai.... Io, veramente, mi chiedo cosa diavolo vi sia passato per la testa! Siete degli incoscienti!”



Nessuno dei tre osò aprir bocca, senza essere stato autorizzato.



Carlisle era veramente furioso.



Nessuno di voi ha nulla da dire? - insisté – Avanti, parlate. Voglio sapere cosa vi ha spinto a comportarvi in questo modo inqualificabile!”



Jasper sospirò, si morse le labbra e sollevò , per la prima volta, lo sguardo dalle proprie scarpe quindi borbottò: “É colpa mia. Sono stato io a picchiare quel coglione di Fred”



Posto che non mi piace sentirti parlare in quel modo quindi modera i termini – disse suo padre – poi sarò io a decidere di chi è la colpa, eventualmente. Anche perché non mi sembra che i tuoi fratelli si siano tirati indietro, provando, che so, ad impedire la rissa. No! Ho avuto l'impressione che nessuno di voi abbia ricordato che io e vostra madre non vi abbiamo allevato come dei selvaggi, ma vi abbiamo sempre insegnato che è importante dialogare e ragionare con le persone!”



Mi dispiace” bofonchiò Edward, mortificato.



Edward! Ho capito che ti dispiace. Ora dimmi: pensi forse che il tuo dispiacere risolva le cose? Che cambi il fatto che voi tre vi siete comportati da perfetti imbecilli?” chiese Carlisle.



Fred ha insultato Alice” dichiarò Emmett



Insultare chiunque è sbagliato. Ridicolizzare una ragazza che ha superato molte difficoltà è un gesto riprovevole, ma picchiare qualcuno non è giustificabile, comunque” replicò Carlisle.


La piccola Alice Brandon gli piaceva. L'aveva conosciuta in ospedale, dove lei faceva volontariato da parecchie settimane e ne era rimasto affascinato, come tutti del resto. Quella bizzarra ragazzina andava dritta al cuore delle persone!


I tre ragazzi lo guardarono, avviliti; sembrava che non ci fosse nulla che potessero dire o fare per mitigare l'ira paterna.



Mi dispiace dirvelo, ma mi avete deluso profondamente” dichiarò.



Ma papà non capisci? Se io non gli avessi chiuso la bocca Fred avrebbe continuato a prendere in giro Alice....” sbottò Jasper.



Ma tanto tu e Alice non siete nemmeno amici” lo punzecchiò Emmett facendogli il verso.


Se tu avessi evitato di picchiare Fred a quest'ora non ci troveremo in questo enorme casino!” esclamò Edward.



Potevi stare al tuo posto. Io non ti ho chiesto nulla! Anzi: se voi due non vi foste sentiti in dovere di intromettervi di nuovo a quest'ora sareste tranquilli e beati per i fatti vostri!” lo rimbeccò Jasper



Non so se te ne sei accorto, fratellino, ma noi due abbiamo impedito a Jack e Tyler di spaccarti la faccia!” affermò Emmett



Io non vi ho chiesto niente! É la mia faccia!” gridò Jasper



Ehi..ehi...voi tre smettetela immediatamente!” li sgridò Carlisle.


Era sbalordito. Non aveva mai visto i suoi figli litigare fra loro in maniera così accesa.



Cosa vi prende? Io non capisco, davvero....” aggiunse, poi, costernato.



Te l'ho detto e te lo ripeto: è colpa mia. Sono stato io picchiare Fred e sono io quello che ha combinato il casino!” ribadì Jasper, testardo.



Ragazzi. Io sono deluso, ve l'ho già detto, ma sono anche molto arrabbiato. Non voglio dire o fare qualcosa di cui potrei pentirmi, quindi voi tre andrete nelle vostre camere. Riflettere un po' su quanto è accaduto vi farà sicuramente bene e anch'io ho bisogno di un po' tempo...” disse Carlisle.





Carlisle.


Carlisle mise a posto la sedia e cominciò a camminare su e giù per la stanza, incapace di stare fermo.



Fece un piccolo sorriso, involontariamente, ricordando di aver trasmesso quel vizio a Edward: camminare avanti e indietro quando qualcosa li preoccupava sembrava aiutarli a concentrarsi.



E in quel momento, decisamente, aveva bisogno di tutta la concentrazione possibile!



Fu quasi tentato di chiamare Esme che sarebbe stata fuori tutto il giorno, ma poi pensò che non fosse giusto, perché sapeva che aveva un incontro di lavoro davvero molto importante, a cui, comunque, non sarebbe potuta mancare. Scaricarle addosso anche il peso dell'ultima bravata dei figli sarebbe stato decisamente troppo!



'No! - pensò – devi decisamente cavartela da solo!
Anche se, cavoli, doveva capitare proprio oggi.....'



Sbuffò, seccato. Quella era la parte, della paternità, che non gli piaceva. Non gli piaceva sgridare i suoi figli, odiava far loro le prediche e detestava punirli.



Lo sguardo gli cadde su una foto che aveva sulla scrivania, in cui era con i bambini.


La prese in mano e la osservò per qualche secondo.


Edward, seduto sulle sue ginocchia, indossava una maglia blu e aveva un braccio ingessato, Emmett con gli occhi scuri e brillanti era alla sua destra, mentre Jasper che era poco più che un bamboccio con gli occhioni azzurri spalancati e un sorriso birichino,era alla sua sinistra.


Automaticamente, il pensiero corse alla mattina in cui era stata scattata.




Siete delle pesti! Io e vostra madre non vi permetteremo di farlo mai più!”


Davanti a lui c'erano i suoi tre figli: Emmett , Edward e Jasper.


Avevano, rispettivamente, otto,sette e sei anni.


Dopo mille insistenze lui e Esme avevano permesso loro di dormire all'aperto, nel giardino di casa. Dopo nemmeno un'ora erano stati richiamati fuori dalle urla disperate del secondogenito.


I ragazzi avevano deciso di fare una gara “a chi riesce a salire per primo fino alla casetta sull'albero, al buio” ; Edward aveva perso l'equilibrio ed era caduto, rompendosi il braccio.


Avevano passato un paio di ore tremende al Pronto soccorso e, la mattina successiva, era necessario far capire ai bambini che certi scherzi potevano anche sembrare divertenti, ma erano estremamente pericolosi.



Li guardò intensamente :


Emmett era alto per la sua età, i riccioli scomposti gli ricadevano sulla fronte e la maglia rossa del pigiama, era dello stesso colore delle sue guance.


Scusa papà, scusa mamma. É stata una mia idea...” mormorò, con gli occhioni pieni di lacrime.


Edward sedeva accanto a lui, in silenzio, stringendo a sé il braccio ingessato, il labbro inferiore sporgente e le guance rigate di lacrime.


Edward è già stato punito. Ha il gesso, poverino...” ragionò Jasper con la sincerità disarmante dei bambini piccoli. Anche lui aveva pianto, per lo spavento, ma soprattutto perchè faceva, sempre, ciò che facevano i fratelli più grandi.



Ciascuno di loro era sempre pronto a tutto per difendere gli altri.


Sentite bambini. Io e vostra madre ci siamo fidati di voi, ma voi ci avete dimostrato, salendo sull'albero al buio, che non meritate la nostra fiducia. Jasper ha ragione. Edward ha avuto già una punizione, ma mi spiace, la casetta sull'albero per voi è off-limit fino a nuovo ordine così come lo sono, per tutta la settimana, i cartoni animati e i videogiochi - aveva spiegato Carlisle - E ora venite qui che voglio abbracciarvi finché siete tutti interi!”


Tutti e tre si erano precipitati fra le sue braccia, ridendo e piangendo contemporaneamente.


Profumavano di sapone e avevano i capelli morbidi e arruffati.


Carlisle pensò che erano, con la sua adorata moglie, la cosa più bella che gli potesse capitare!





Carlisle si riscosse dai propri pensieri.


Era decisamente più facile, quando erano piccoli, ma si sa “figli piccoli, problemi piccoli- figli grandi, problemi grandi”



Doveva risolvere la faccenda.


  
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