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Autore: Anima97    30/11/2011    5 recensioni
Prendo il disegno tra le mani e lo avvicino ai miei occhi: E’ macabro. E’ molto scuro, triste. Ci sono tanti visi che urlano, in una smorfia di dolore. Sembrano fantasmi per quanto sono bianchi.
Ma non sono questi gli elementi più terribili.
Al centro, il busto di una ragazza svestita,circondata da una spina che le tagli la pelle. Il viso non le si vede, indossa una maschera mostruosa e deforme. E non ha i capelli.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vecchie conoscenze


Il lavoro del professore è uno di quei lavori che ti consuma.
Ti stanca, perché devi essere attento, perfetto.
Non devi sbagliare, mai.
Sia di mattina che di pomeriggio.
Devi tenere un comportamento superiore.
Devi essere l’esempio per tutti: alunni e genitori.
Sei sempre in competizione con gli altri professori.
Perché devi essere tu il migliore, o il peggiore.
Ecco, io non mi ritrovo in quella categoria.
Amo il mio nuovo lavoro.
Al contrario del professor Locantore. Quanti anni avrà? 50? 60?
Mistero.
So solo che insegna matematica.
Insegnare si fa per dire, poi!
Non lo sa fare, almeno ha cercato di spiegarmi qualcosa…
Ma non ho capito nemmeno cosa!
Magari sono io che sono stupido, non sono mai stato pratico in matematica.
Eppure erano calcoli semplici! Almeno da come parlava speditamente… erano calcoli semplici.
Ma allora perché non li ho capiti?
Ok, non diventiamo paranoici.
Respiro e rispondo alla domanda del professore.
-Certo, ho capito- che bravo che sono!
Sorride –Perfetto-
Sorrido anch’io.
Che bravo attore, semmai.
-Viene adesso?-
-Dove?-
-Dalla preside! C’è l’incontro con i professori e i rappresentanti, come ogni anno!-
E che ne so io? Sono nuovo!
-Ehm, si certo, vengo, datemi solo un attimo-
Mi avvio verso la sala professori.
Devo sistemare i disegni dei ragazzi della quinta B.
Certo però, quella ragazza (di cui non so il nome, devo ancora controllare) non la capisco.
Perché ha reagito così?
Non penso di essere stato violento, l’ho semplicemente toccata.
Ah, che mal di testa.
Basta pensarci.
Entro nella sala e apro il mio armadietto.
Adesso ho un armadietto tutto mio.
Brividi! 
Prendo i disegni e li sistemo sul tavolo, li osservo uno ad uno.
Voglio solo dare un’occhiata veloce: sono interessanti.
Alcuni sono strisce di fumetti, anche satirici, altri composizioni astratte.
Davvero interessanti, i ragazzi hanno umorismo e fantasia!
Perfetto.
E questo?
Prendo il disegno tra le mani e lo avvicino ai miei occhi.
E’ macabro.
E’ molto scuro, triste.
Ci sono tanti visi che urlano, in una smorfia di dolore.
Sembrano fantasmi per quanto sono bianchi.
Ma non sono questi gli elementi più terribili.
Al centro, il busto di una ragazza svestita, circondata da una spina che le taglia la pelle.
Il viso non le si vede, indossa una maschera mostruosa e deforme.
E non ha i capelli.
I colori utilizzati sono il nero e il rosso.
Il nero, colore di sfondo, sembra fatto con pastelli, molto calcato.
Come se l’artista fosse arrabbiato.
Il rosso, al contrario, ha un tratto leggero e molto insicuro.
Giro il foglio per leggere il nome di chi ha potuto creare un disegno tanto macabro quanto profondo.
Pamela, così è firmato.
Prendo immediatamente il registro e cerco il nome di questa “Pamela”.
Ma non c’è.
E’ un nome d’arte, dannazione!
Sbatto una mano contro il tavolo.
Scommetto che si tratta di quella ragazza!
-Professor Vino?- 
Una voce dolce e acuta interrompe i miei pensieri.
Mi volto e mi trovo davanti un nano grassoccio.
Luigi, il segretario addetto alle fotocopie –Che c’è?-
-La preside la vuole in presidenza, sa, la riunione con i professori..-
-Si, ho capito-
Parlo senza espressione.
Mi volto di nuovo verso il tavolo, dove poco prima ho poggiato quel terribile disegno.
Dò un ultimo sguardo e lo metto di nuovo nel cassetto.
-Quel disegno è forse firmato “Pamela”, professore?- mi chiede Luigi.
Annuisco.
Di tutta risposta, il segretario scuote la testa sconsolato e se ne va.
Forse lui sa qualcosa in più su quella ragazza!
-Aspetti!- metto a posto i disegni e chiudo il cassetto.
Corro fuori dall’aula, ma l’uomo è sparito.
Dannazione.
 
Entro in stanza e il solito profumo (o puzza, dipende dai punti di vista) attraversa le narici con violenza.
Tossisco un po’, più per l’odore che per attirare l’attenzione.
Seduta alla scrivania c’è la preside, di cui non ricordo ancora il nome.
Intorno molti professori e ragazzi che ancora non conosco, tranne Locantore.
Mi avvicino e la preside saluta.
-Come ogni anno volevo cominciare con una riunione straordinaria, per informarvi delle novità e ricordarvi le regole della scuola. Come potete vedere, quest’anno c’è un nuovo…- 
Fa una pausa e mi guarda.
Sembra che faccia fatica a dire quella parola.
Dai, ce la puoi fare, non sono così tremendo! –Professore-
Bisogna festeggiare!
Altra pausa.
-…Se vuole può presentarsi-
Annuisco e parlo –Mi chiamo Vino Francesco, sono professore di discipline pittoriche.
Vengo dalla Puglia, precisamente da Taranto- Non so che altro dire.
I presenti mi guardano curiosi e impazienti, o anche mezzi addormentati.
Beh, ho detto nome, materia, provenienza… età.
-Ho trentadue anni-
La preside sorride, insieme a qualche professoressa.
Alzo le spalle –Vi ho già annoiato abbastanza-
-Dove ha studiato?-
Una giovane donna si fa vedere dalle spalle di un altro professore abbastanza robusto.
Ha i capelli corti fino alle spalle, lisci e scuri, ben ordinati.
Truccata in modo semplice, ma è comunque affascinante.
Si potrebbe dire che è una professoressa, ma sono in dubbio.
E’ vestita in modo naturale, quasi alla moda, diversamente dal vecchio grigio che prevale nella stanza.
Strano, mi è molto familiare.
Le rispondo con un sorriso malinconico –All’Accademia di Firenze, dopo esser venuto qui-
-Quindi lei ha studiato in questa scuola!-
-Ma solo l’ultimo anno-
-In che classe andava?-
La preside interviene –Mi scusi, professoressa Colucci, ma non siamo qui per chiacchierare-
-Mi scusi-
Sorrido alla professoressa, ora diventata improvvisamente timida.
La preside continua a parlare, ma non l’ascolto.
I discorsi assurdi della preside non mi interessano.
Crede che io sia un professore troppo giovane e inesperto, ma si sbaglia.
Ho vissuto anch’io la mia vita, lei non lo sa.
Osservo i presenti.
Noto che tra i ragazzi c’è anche Francesca, la ragazza di quinta B.
Dev’essere la rappresentante di classe.
I nostri sguardi si incrociano e le sorrido.
Anche lei sorride e sposta il suo peso sull’altra gamba.
E’ molto alta, sembra adulta…
Infatti ho letto che ha ben ventitré anni!
Praticamente si è fatta il primo superiore a diciotto anni.
Non so il perché e sinceramente non m’interessa.
Affianco a lei c’è il suo opposto: 
Una piccoletta magrissima, pallidissima e con una criniera da leone al posto dei capelli!
Non riesco a capire quanti anni abbia, sembra una bambina ma si atteggia da… trentenne.
Ha gli occhi molto grandi, il colore è indefinito, dal marrone al verde bosco…
Ma la cosa che mi colpisce di più sono le sopracciglia: enormi e folte, ma ben curate.
Curiosa ragazza! 
Sorrido ancora, senza volerlo, mentre la preside ci saluta.
Esco dall'aula e percorro il corridoio piccolo e umido.
Non vedo l’ora di tornare a casa e mangiare un po’ di spaghetti!
-Professor Vino!-
Che c’è ancora?!
La professoressa di prima si avvicina –Non ha risposto alla mia domanda..-
Sorrido e velocemente rispondo –Andavo nella C e tu eri una mia compagna di scuola, Grazia-
La chiamo per nome.
Lo ricordo benissimo, quell’anno mi sono divertito molto e Grazia era una dei miei amici più cari.
Sorride anche lei, sorpresa –Francesco!? Ma... sei tu! Sei cambiato tantissimo!-
Mi è sempre suonato strano il suo modo di pronunciare la doppia "S", come sibilata.
Ricordo che la prendevo spesso in giro per questo.
-Tu per niente, sei sempre la solita perfettina-
Sbuffa –Non sono perfettina-
Le dò una pacca sulla spalla –Convinta tu-
-Che dici se ci prendiamo un caffè?-
Sospiro.
Addio spaghetti!
 
Tiene la tazzina con entrambe le mani, strano, la ricordo molto sicura di se,
eppure questo potrebbe definirla una donna che ha poca autostima in se stess...
Ma che dico, Grazia la conosco, è semplicemente
 perfettina, come sempre!
Lo sguardo è sempre allegro, anche quando affrontiamo discorsi più seri.
Sorride, come solo lei sa fare, e parla a raffica di tutto quello che le passa per la mente.
No, non è cambiata di una virgola da quando ci siamo lasciati sul portone della scuola, anni fa.
L’ultimo giorno dell’esame di stato è stato straziante, ma non per l’esame in se…
Stavo per abbandonare tutti, amici e parenti.
Credevo che il mio passato non sarebbe servito più a nulla, nell’Accademia.
Ma mi sbagliavo, ora il passato è tornato, con qualche ruga e con una laurea in più.
-Che ti prende?-
Mi risveglio dalla trance e sorrido –Pensavo a quando eravamo noi a studiare, per prendere un sei-
Sorride anche lei –Parla per te, io puntavo al nove-
-Solita perfettina- sbuffo.
Ridacchia –Sai che avevo paura di te?- beve un po’ del caffè mentre strabuzzo gli occhi.
Paura? Di me?! Manco fossi l’uomo nero!
Continua a parlare –Sai, eri stato bocciato due volte, eri quello grande…-
-E per questo avevi paura di me?!-
Alza le spalle.
Che strano il mondo!
-Tu invece per me eri la secchiona di classe-
Forse l’ho detto con troppa nonchalance.
Sorride e alza le sopracciglia, abbassando lo sguardo sulla tazzina ormai vuota. 
Fa sempre così quando s’innervosisce.
Al suo sorriso aggiunge sempre quelle sopracciglia.
-Oh bene- dice.
-Eri la secchiona che mi aiutava con i compiti, mi passava le risposte e conservava tutti i miei segreti-
Sorrido, lei mi guarda con stupore.
-Insomma, la mia migliore amica-
Sorride anche lei, uno di quei sorrisi che mi sono sempre portato dentro.
Quelle labbra maledette me le sono incise nella mente e non se ne sono ancora venute.
Che bello poterle rivedere dopo tutto questo tempo.
-Non ti aspettavi di incontrarmi, vero?- 
Scuoto la testa –No, la odiavi quella scuola, non me l’aspettavo-
-E’ vero, ma sono comunque legata al liceo artistico… è più forte di me! 
Poi i ragazzi sono davvero interessanti-  chiama il cameriere per farsi dare il conto.
Poggio la tazzina sul tavolo, dopo aver bevuto l’ultima goccia di caffè –Cosa intendi?-
-Ognuno di loro ha una storia diversa e il loro passato influisce molto sul loro modo di essere.
Ho sempre pensato che la scuola mi insegnasse tutto per poter fare l’insegnante…-
-Anche se leggevi libri di psicologia a non finire-
-Dettagli- ridacchia –Ma sai una cosa?-
Fa una pausa, strizzo gli occhi per guardarla meglio.
Una luce, una bellissima luce di passione, le brilla sul viso.
-Impari a fare il professore solo insegnando ed apprendendo dai tuoi stessi alunni-


-Grazia ho paura-
-Di cosa?-
-Del mio futuro-
-All'inizio è così, hai appena cominciato-
-Si, ma non so se ce la farò-
-Certo che ce la farai!-
-Mi aiuterai, vero?-
-Contaci-


Mondo Nutopiano:
Altri personaggi salgono sul palco, mentre tanti altri aspettano dietro le quinte.
Prendeteli tutti in considerazione, ogni personaggio nasconde qualcosa.
"Ogni" no, però quasi tutti.
Forse.
Spero vi piaccia anche questo capitolo.
Alla prossima!

Peace & Love.
MelinAnima.


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Ho fretta.
Scusate!
Ma vi ringrazio lo stesso, chi ha recensito e chi ha letto.
[AAARGH RIME 'E MEEERD]
Ciao! :3
  
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