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Autore: Cheonefer86    02/12/2011    3 recensioni
Il giorno più bello di una persona diventa un incubo per qualcun altro, ma prima o poi tutti viviamo il giorno più bello.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Da VII libro alternativo
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Morto

Nota: Storia scritta per il Concorso n°2 “La poesia ispira la prosa”del Magie Sinister Forum e ispirata alla poesia di Heinrich Heine “La sua immagine”.

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno più bello

 

Ero in cupi sogni,
fissavo la sua immagine,
e il volto amato
prese per incanto a vivere.

Sulle sue labbra si dischiuse
un mirabile sorriso.
Come per lacrime di nostalgia
brillavano i suoi occhi.

Anche dalle mie guance
scorsero le lacrime.
E, ahimè!, non posso credere
di averti perduta!

 

 

Morto. Un morto che cammina senz’anima e cuore, un vuoto involucro di niente dove le catene del dolore stanno spezzando ogni mio respiro.

Sento le fiamme avvolgermi il corpo, la carne che mi brucia.

Vorrei che la mia vita finisse ora.

“Vattene via da qui!” parole perentorie senza neanche guardarmi negli occhi del tutto gonfi di lacrime.

Avrei voluto dirgli che mai avrei sciolto quell’abbraccio, che mai avrei lasciato quegli occhi di delicata erba fresca, ma nessuna parola mi uscì dalle labbra, soltanto lacrime e silenzi, singhiozzi e dolore.

Sono qui, in questa casa, da solo e il senso d’incapacità s’impossessa pian piano di me, un’inquietudine che mi sale lungo la schiena.

Quando ti senti impotente la rabbia ti assale, un fremito che ti oscura la vista, un arido deserto dove non basta una miriade di miraggi a toglierti la sete.

Mi rivedo immobile in quella stanza mentre i tuoi occhi avevano smesso di guardare il mondo, un incantesimo rotto dal pianto di un bambino.

Un lampo squarcia la notte, non riesce a rompere l’oscurità che circonda il mio essere, un forte clangore risuona nella stanza, propagandosi nella mia testa. Una strana sensazione cresce in me ancora con più intensità, un’erba maligna che mi avvolge togliendomi ogni respiro.

Brandisco la bacchetta come se fossi un cavaliere d’altri tempi pronto a combattere le ingiustizie dell’umanità, ma non sono un cavaliere, sono soltanto un mostro, non combatto contro i mali del mondo, uccido gli innocenti.

Ho ucciso te.

Getto quest’inutile pezzo di legno e per un istante il tempo si ferma, un lungo istante in cui la rabbia per la mia inutilità scorre nelle vene avvelenandomi la carne.

Con furia cieca distruggo ogni cosa attorno a me nella speranza che tutto questo mi aiuti a non pensare, ma è uno sfogo che dura l’attimo di un battito d’ali di un’aquila, che vola alta nel cielo, libera nell’aria solo sua.

Come te.

Voli nel cielo guardandomi con disgusto, come merito di essere visto.

Forse non mi osservi neppure. Ed è meglio così.

Osservo i resti di quella che era la mia camera, osservo un dolore che non si placa. Un amore che non muore. Una vita dispersa tra le dita.

Questa bestia dentro di me non arresta il suo furore, ma cerco di recuperare la bacchetta: il disordine non mi ha mai aiutato, il pensiero di ogni cosa rimessa nel suo preciso ordine acquieta un poco il mio animo ferito.

La vedo immobile tra l’armadio distrutto e il senso d’inutilità s’impossessa nuovamente di me, ma dura l’attimo di un respiro, un attimo in cui i miei occhi si posano su di te.

Su di voi.

Nel mio cuore però ci sei solo tu, l’amore mi rende cieco di ogni altra persona.

Tra le mani un amore che non ho mai conosciuto, due volti attraversati da una felicità che mai è stata mia.

E mai lo sarà.

Ma tu lo eri.

Un invito che per me era una condanna ed ogni volta che i miei occhi si soffermavano su quei sorrisi, una lama mi entrava nella carne.

Un giorno più cupo della notte mi aveva avvolto con le sue ombre di dolore, un altro giorno triste nella mia vita, ormai dilaniata dalla tua perdita.

Pioveva fuori, bagnata nel tuo abito bianco saresti stata ancora più bella e il verde dei tuoi occhi avrebbe illuminato ogni cosa, come un faro cercato dal marinaio smarrito.

Sarai il faro che mi guiderà nel buio che mi attende?

Pioveva anche dentro di me, ed io ero ormai perso in un mare in tempesta che agitava i miei sogni, il mio desiderio di essere accanto a te su quell’invito.

Stringerti ed essere felice nel giorno più bello.

Mi è rimasto soltanto un desiderio nel cuore, nient’altro che un nulla che non potrò mai toccare.

Sognare ad occhi aperti non è mai stato per me, nemmeno nella notte posso perdermi nella felicità di una finzione, soltanto tristi sogni di una realtà che m’incatena al dolore di averti persa e ad una promessa fatta tra i venti che si agitano in me.

Mi ricordo il giorno in cui ho ricevuto il tuo invito, stavi per sposare il tuo James, l’odiato Potter che ti ha strappata da me. Chi voglio prendere in giro, sei uscita dalla mia vita soltanto per colpa mia.

Tu e James, abbracciati, sorridenti, mi guardavate aspettando una risposta al vostro invito: sarei dovuto venire al vostro matrimonio.

Avrei preferito morire piuttosto che vederti sposare un altro, stare accanto a qualcuno che non fossi io per l’eternità.

Vorrei morire adesso e raggiungerti in volo sul mondo, ma io sono destinato all’inferno, ad essere un dannato tra i vivi.

Le immagini del tuo corpo esanime e del tuo sorriso si sovrappongono, si confondono e a me non rimane nient’altro che soffrire: ti ho persa allora e ti ho persa ora, fuggita per sempre dalla mia vita.

“So che non verrai, ma nel mio giorno più bello vorrei averti accanto, vorrei…”, nessun saluto, nessun Sev, soltanto parole precise, parole che mi avevano colpito all’istante.

Immaginavo di esser seduto su una panca, in fondo, celato tra gli altri invitati, mentre ti guardavo, bella all’altare che sorridevi al tuo amato, un sorriso che mai mi sarebbe appartenuto.

Osservavo quella foto e mi sembrava che le tue labbra sorridessero all’immagine di me nascosto nella parte buia della chiesa, che sorridessero a me.

E avevo pianto, amare lacrime che scendevano goccia dopo goccia, lente, a ricordarmi ogni istante che avevo perso nel tenerti lontana.

Adesso non sorridi più, la tua bocca è immobile, una scultura ormai morta che vive nei ricordi.

Nel pianto che riprende a spezzarmi il cuore, una ferita che riprende a sanguinare.

I singhiozzi rompono la notte e non riesco a fermare questo mare in tempesta. Non posso. Non voglio. Voglio solo piangere ogni lacrima che ho dentro, prosciugare ogni essenza fino a morire per vederti un’ultima volta sorridere.

Bramo quel giorno che sarà il più bello per me.

Voglio morire qui, nella solitudine di questa casa, in questa notte dove i tuoni coprono i miei lamenti, dove la pioggia cancella i miei dolori al passo straniero, inginocchiato a piangere l’unica donna che io abbia mai amato e che amerò per sempre.

Il giorno più bello sarà quando ti sfiorerò per un attimo, per ora non posso far altro che vivere ogni giorno nel rimorso di averti ucciso, nel tormento di una promessa che devo mantenere.

Nel giorno peggiore ti ho persa per sempre.

 

***

 

Avevo perso l’unica donna che avessi mai amato, avevo perso te, Lily, in una sola notte la mia vita era finita, insieme a te avevo esalato l’ultimo respiro.

Ho vissuto con la speranza che un giorno avrei posato nuovamente i miei cupi occhi su di te, i tuoi occhi verdi sono stati l’ancora che mi ha tenuto immobile in questo mare agitato dove una tempesta infuriava da tempo.

Nella Stamberga Strillante esalavo il mio ultimo respiro, sarei venuto da te, ti avrei sfiorata di nuovo, sarebbe stato il giorno più bello che aspettavo da tempo.

Il destino non ha voluto concedermi neppure questa effimera felicità, nemmeno l’ultimo desiderio di un condannato era stato accolto: ero rimasto in vita e nulla avrebbe avuto più senso.

Non meritavo di vivere quel momento tanto agognato.

 

***

 

La vita va avanti inesorabile e non sai mai ciò che ti aspetta fin quando non ti capita.

 

***

 

Mi sono lasciato convincere dalle due donne che mi sono davanti, mai la parola “strega” fu usata in modo più appropriato, ancora oggi mi chiedo com’è possibile che ceda davanti ai loro sguardi.

La donna che ho imparato ad amare come una madre.

La donna che ho imparato ad amare e che mi ama nonostante ciò che sono.

Una cena, una stupida cena di fidanzamento.

Harry Potter e Ginny Weasley si fidanzano, la mia felicità è immensa a questa notizia e lo è ancora di più da quando ho saputo che il sottoscritto è invitato.

Hanno fatto le cose in grande, cena per una moltitudine di persone, inviti che lanciano profumo di rose quando si aprono con loro due sorridenti che si abbracciano felici e innamorati.

Davvero commovente.

Il mio sguardo dovrebbe far capire che odio queste festicciole, odio queste dimostrazioni di affetto, vorrei solo starmene davanti al camino, a leggere un libro con la mia bellissima amata, non chiedo di meglio, ma ahimè nessuno domanda il mio parere, tantomeno queste due donne che mi sono davanti e che parlottano tra di loro guardandomi appena.

- Mia cara, se aspettiamo che lo faccia lui questo passo, non si farà mai giorno. – non riuscivo a sentirle, bisbigliavano appena.

Le donne e i loro segreti, mai capirò!

E mai voglio capire!

- Ma, professoressa, non… al diavolo, mi sa che ha ragione, non ne ha proprio l’intenzione. – continuo a non capire cosa si stanno dicendo, e forse, a giudicare dagli sguardi che mandano in questa direzione, è meglio così.

Si avvicinano entrambe alla mia scrivania.

- Severus mi vuoi sposare? – rimango immobile, spiazzato da questa proposta, le parole mi muoiono in gola.

- Non spetterebbe all’uomo fare questa proposta? – l’unica cosa idiota che riesco a pronunciare, avrei dovuto gridare solamente “sì”, ma forse non ne sono capace, ma una proposta fatta da una donna che te lo chiede sbattendo le mani sul tavolo non è propriamente normale.

- Oh, per Merlino, Severus, rispondi e basta! – esordisce scocciata Minerva, la guardo torvo per un attimo poi torno a guardare Hermione.

Per la prima volta nella mia vita lascio parlare il mio cuore mettendo a tacere ogni ragione.

- Mi dispiace. – c’è delusione nei suoi occhi, mentre Minerva vorrebbe Cruciarmi e dire qualcosa, ma non glielo permetto, - Hermione… - alza gli occhi che stanno per piangere, le prendo la mano, - non sono bravo in queste cose, ma… - vedo Minerva che scalpita e le regalo una mia alzata di sopracciglio.

- Andiamo, Severus, sono troppo vecchia per queste cose, ti vuoi dare una mossa! – non bado alle sue parole.

Prendo la bacchetta da sotto il mantello e Materializzo uno stelo d’erba, di un verde brillante, con un incantesimo lo avvolgo su se stesso, prendo la mano di Hermione e lo faccio scivolare lungo l’anulare. Mi guarda con un misto d’incredulità e curiosità mentre Minerva batte furiosamente le dita sul braccio.

Ho la gola secca, ma sono deciso a fare quel che devo, quel che voglio; m’inginocchio e il mio sguardo si lega a quello della mia piccola Grifondoro.

- Hermione vuoi sposarmi? So che sono…

Senza darmi il tempo di aggiungere altro mi circonda il collo con le braccia: - Ti amo, Severus, e voglio sposarti. Sì, ti sposto! – urla tra le lacrime di gioia che le solcano il viso.

La bacio con passione mentre dal piccolo anello d’erba sbocciano tre minuscoli fiori neri.

È il giorno più bello della mia vita.

Vedo Minerva, la forte, coraggiosa e orgogliosa Minerva, regalarmi un sorriso materno mentre una goccia di commozione le scende lungo la guancia.

È davvero il giorno più bello.

   
 
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