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Autore: lithi    03/12/2011    3 recensioni
La storia di un'amicizia perduta e rimpianta.
Cosa sarebbe successo se Chris avesse avuto un'amica speciale ad aiutarlo durante il suo secondo anno di liceo?
E quando le parole diventano macigni e vengono travisate, è davvero facile perdonare quella persona che ci capisce con un solo sguardo?
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"Gli anni erano passati, e quello stupido litigio si era trasformato in un muro di silenzio che li aveva divisi e tenuti lontani per ben cinque anni. Cinque anni in cui prendere in mano il telefono si era fatto sempre più difficile, se non impossibile. Perché, se prima sarebbe stato facile, cosa si può dire ad un ragazzo che era riuscito a realizzare un’intera lista di sogni?"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chris Colfer, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! XD
Eccomi qua con il nuovo capitolo...capitolo che non è stato betato e neanche riletto a dire la verità, ma se non lo posto non credo che ne avrò mai il coraggio quindi...che la forza sia con me! (Ma che c'entra?! O.o)
Scherzi a parte, veramente scusate per il livello di pazzia immane che è contenuto ad un certo punto del capitolo, ma nella mia mente la scena era simpatica. E quindi l'ho scritta. (Bella scusa...-.-)
Alla fine i due flash-back li ho messi entrambi, anche perchè non mi andava di lasciare le cose a metà. Quindi adesso finalmente capirete PERCHE' sti due benedetti ragazzi hanno litigato...
Un bacione e grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono (dateje giù con le recensioni! XD), hanno messo la storia tra le seguite e la stupenda persona che l'ha messa tra le preferite (ç.ç...grazie! *-*)...
Ci "vediamo" sotto il sesto capitolo della One-Shot-Che-One-Shot-Non-E'...XD
Bacioni,

Giulia

 


 

Clovis, California, 3 Luglio 2006

 
   Eryn stava passeggiando con la madre durante una delle rare mattine che non trascorreva con Chris, impegnato ad aiutare sua madre con la cena con cui le due famiglie si sarebbero salutate.
Ne aveva approfittato per fare un po’ di shopping, sicura che avrebbe trovato qualcosa con cui condividere le ultime ore insieme al suo migliore amico. E infatti non aveva avuto torto.
Dentro uno dei negozietti di Clovis, si era fermata incantata davanti a due braccialetti in caucciù, completamente neri, che si avvolgevano in due spirali intorno al polso.
Aveva chiesto alla commessa se ce ne fossero di diverse misure, e aveva aspettato al bancone per poterli poi esaminare insieme alla madre, che si era messa a curiosare tra i vari scaffali.
Fu in quel momento che Jesse Smith entrò dalla porta, il campanello che trillò come ad avvertirla di una minaccia imminente.
Jesse Smith era uno dei ragazzi più anonimi che ci si potrebbe mai immaginare. Capelli color cenere, occhi neri sopra un faccione dai lineamenti duri, e espressione vuota – forse a causa delle botte ricevute a football. Né più né meno come tutti gli altri ragazzi della sua età. Ma la cosa veramente assurda di lui era il suo modo di ragionare, che assomigliava a quello di un uomo di Neanderthal appena risvegliatosi senza la clava.
Eryn aveva perso il conto delle volte che si era trovata ad ascoltare le sue risate di scherno e le sue battute da asilo lungo i corridoi della scuola. Tutte quante ovviamente indirizzate a Chris.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, pregando che per quella volta, quella sola ed unica volta, il ragazzo si facesse gli affari suoi e non cominciasse a torturarla. Con gli occhi cercò la madre che sembrava essere stata inghiottita dalle chincaglierie del negozio. Magari, se lei fosse stata al suo fianco, l’avrebbe scampata. Ma non c’era traccia di Amy McKenzie da nessuna parte. Eryn sbuffò sonoramente prima di voltarsi di nuovo verso il bancone, aspettando la commessa. E domandandosi se per caso quello fosse il giorno del giochiamo-tutti-a-nascondino, dato che neanche lei sembrava risorgere dal retrobottega.
“Ehi Irish!”
Eryn trattenne un grugnito esasperato tra le labbra prima di girarsi verso il mastodontico demente che le aveva rivolto la parola.
“Dimmi.”
Il ragazzo alzò le mani divertito dal tono esasperato della giovane.
“Come siamo nervose stamattina. Ci siamo alzati col piede sbagliato?”
Eryn alzò di nuovo gli occhi al cielo prima di girarsi di nuovo verso il bancone.
“Prima di tutto non c’è nessun “ci”, mi sono stancata di ripetertelo. Poi non sono affari tuoi come mi sono alzata stamattina, ma se proprio ci tieni a saperlo no, non mi sono alzata col piede sbagliato. Si da il caso però che un coglione sia appena apparso davanti ai miei occhi quindi è ovvio che io sia contrariata. Terzo, dimmi che vuoi e facciamola finita.”
“Ahi. Così mi ferisci Irish.”
“Jesse. Che vuoi?”
“Tranquilla. Volevo solo parlare un po’. Ti ho visto entrare qui e mi sono detto “perché non andare a gironzolare un po’ intorno ad Irish?”. E così sono entrato.”
Eryn guardò esasperata il suo orologio. Ma dove diamine erano finiti tutti? Forse avrebbe dovuto organizzare una squadra di ricerca.
“Anche perché è così difficile beccarti da sola. Solitamente sei sempre insieme a quel pervertito di Colfer.”
Eryn bloccò la propria mano, intenta a spostarle i capelli dal viso.
“Come hai detto?”
“Si, Colfer. Il pervertito di turno. Lo sai che in giro si dice che sia gay? Non mi stupisce vista quella voce del cazzo che si ritrova.” Jesse prese a giocherellare con dei braccialetti di perline sul lato destro del bancone. “Ma io mi domandavo, quanto di quel suo lato perverso sia entrato in te, non so se mi spiego…”
Eryn era senza parole. Come diamine si permetteva quello stronzo di sparare a salve su Chris?! E sulla loro amicizia per di più!
“Insomma, è tutto l’anno che vi gironzolate intorno. Siete pure venuti al ballo insieme, e so da fonti certe che siete andati ad Hollywood qualche tempo fa. Da soli.” Jesse si fece più vicino, abbassando il viso verso quello di Eryn. “Che c’è? Ti piace prenderlo dagli strambi? Se vuoi ti faccio vedere io cosa vuol dire essere un vero maschio americano.”
Eryn avrebbe voluto reagire. Avrebbe voluto prendere qualsiasi cosa e spaccarla sulla testa di quell’energumeno. Ma la sua vicinanza, l’odore del suo alito sul suo viso, la immobilizzarono. Tremava dalla rabbia e si costrinse a pensare che sua madre era lì, e che non sarebbe stato salutare rompersi una mano solo per provare la soddisfazione di far girare la testa di quel cretino. Così continuò a fissarlo carica d’odio, mordendosi la lingua. Se l’avesse lasciata libera di correre molto probabilmente sarebbe finita per urlargli contro qualcosa, mentre lei sapeva bene che quella era l’unica cosa che lui voleva. Prese un respiro profondo prima di rispondere con la voce più zuccherosa che riuscì a trovare, in netto contrasto con le parole che uscirono dalla sua bocca.
“Se mai avrò bisogno di sapere com’è un primitivo sprovvisto di clava ti chiamerò senza pensarci due volte, grazie. Per adesso, mi limito a conoscere gente civilizzata a cui non serve denigrare le altre persone per star bene con sé stessa.” Eryn si girò di scatto verso il bancone, cercando con gli occhi quella dannata commessa. “Se hai finito di dire le tue solite cavolate, ti prego di andartene. Hai occupato anche troppo del mio tempo, e il mio tempo è troppo prezioso per sprecarlo con te.”
Jesse continuava a guardarla, un ghigno nascosto sotto le labbra.
“Oh, quindi sei una stramba anche tu? Cos’è, tu e il tuo amichetto vi divertite da soli? È un vero peccato.” Passò una mano sui lunghi capelli di Eryn, facendo scostare la ragazza con uno scatto. “Un così bel bocconcino sprecato.”
“Non ti azzardare a toccarmi…” la voce di Eryn tornò ad essere tagliente come una lama acuminata, prima di venir interrotta dalla mano del ragazzo, che le si chiuse intorno al mento, costringendola ad alzare il viso.
“Perché? Che fai sennò?”
 
- Non posso credere che quel tipo ti abbia davvero messo le mani addosso! - La voce di Holly strideva attraverso il telefono, ormai libera dagli strascichi del sonno interrotto. - Dio! Se fossi stata al tuo posto gli avrei dato una ginocchiata in mezzo alle gambe talmente forte da farlo parlare per una settimana come se si fosse fatto di elio! -
Eryn passeggiava furiosa nella sua stanza, il cellulare incollato all’orecchio.
“Oh credimi, l’avrei fatto volentieri se non fosse arrivata in quel momento la commessa!”
- E quindi? -
“E quindi niente, lui se n’è andato sogghignando e io ho comprato quei maledettissimi braccialetti!”
- Ma tua madre che fine aveva fatto? -
“Era rinchiusa in camerino. Aveva trovato un paio di magliette che le piacevano e si era messa a provarle.”
- Certo che non hai avuto proprio fortuna, eh… -
Eryn si accasciò sulla poltrona all’angolo della stanza sospirando.
“Non me ne parlare. È che non lo sopporto più. Dovunque io vada non faccio in tempo a girarmi che lui è lì, che mi punzecchia con quelle sue battutine del cavolo.”
- Su dai. Pensa che domani pomeriggio torni qui. -
“Lo so…ma non posso far a meno di incavolarmi!” Eryn si tirò di nuovo in piedi con uno scatto, avvicinandosi alla finestra gesticolando. “Ti rendi conto di quello che ha detto del mio rapporto con Chris? Del fatto che stiamo insieme ogni fottutissimo giorno? Non vedo l’ora di andarmene. Di andarmene e non rivedere mai più quella sua cazzo di faccia. Sono stanca di sentire tutte le cretinate che mi propina ad ogni ora del giorno e della notte. Di sentirlo sempre appiccicato a me ogni volta che mi capita davanti. Seriamente, tu non hai idea di quante docce mi sia fatta da quando questa storia è cominciata. E evito di lavarmi con la candeggina solo perché è tossica, sennò mi ci sarei immersa.”
- Ok, adesso tranquillizzati o ti partirà un embolo. E io voglio vedere la mia migliore amica dopodomani, ricordatelo. -
Eryn emise una risata stanca sdraiandosi sul letto.
“Hai ragione. Non vale la pena avere una crisi di nervi per un tale demente.”
- Però vale la pena sfogarsi, vero?! -
“Oddio, si!”
La risata di Holly la raggiunse all’orecchio, facendo sorridere anche lei. Rimase così per un po’, beandosi delle loro risate intrecciate insieme, sorda a qualsiasi altro rumore.
- Oh, non hai idea di quanto mi manchi! -
“Oh si che ce l’ho…tu mi manchi da morire!”
- Però scommetto che sei anche triste di andare via, vero?! -
Eryn si passò una mano sugli occhi, sospirando pesantemente.
“Da morire.”
- E… -
“E niente. Chris mi mancherà come l’aria, già lo so. Non ho mai incontrato qualcuno come lui.”
- Potrei essere gelosa, lo sai? -
La ragazza rise, divertita dal tono della sua migliore amica.
 
Le parole possono ferire più della spada, e Chris lo sapeva bene.
L’aveva provato sulla sua pelle per anni prima dell’arrivo di Eryn a Clovis. Lei era stata il suo balsamo, il cerotto sulle sue ferite, l’acqua fresca nella calura estiva. Era stata tutto il suo mondo durante quell’ultimo anno, un mondo fatto di pace. E risate. E attimi impressi nella sua mente.
Per questo il suo cuore aveva traballato quando si era avvicinato alla porta della sua stanza.
Si era bloccato davanti alla porta socchiusa, una mano ancora alzata per bussare, mentre l’altra teneva in mano una scatolina quadrata ricoperta da una carta blu notte e da un nastro color del bronzo.
“-rapporto con Chris? Del fatto che stiamo insieme ogni fottutissimo giorno? Non vedo l’ora di andarmene. Di andarmene e non rivedere mai più quella sua cazzo di faccia. Sono stanca di sentire tutte le cretinate che mi propina ad ogni ora del giorno e della notte. Di sentirlo sempre appiccicato a me ogni volta che mi capita davanti. Seriamente, tu non hai idea di quante docce mi sia fatta da quando questa storia è cominciata. E evito di lavarmi con la candeggina solo perché è tossica, sennò mi ci sarei immersa.”
Non poteva essere così. Semplicemente non poteva. Non poteva credere che tutto quello per cui lui aveva lottato durante l’anno non fosse altro che un sogno racchiuso nella sua mente. Trattenne il fiato, mentre il suo cuore si spezzava definitivamente.
“Hai ragione. Non vale la pena avere una crisi di nervi per un tale demente.”
Il cd che aveva tra le mani gli scivolò via dalle dita, fino ad atterrare sul pavimento con un tonfo lieve, attutito dalla moquette e dalle risate che sentiva provenire dalla massa di ricci rossi sparsi sul letto. E così come quel ricordo che lui aveva preparato per lei, per il sole delle sue giornate, anche le lacrime cominciarono a scivolare lente e terribili dagli occhi spalancati del giovane.
Chiuse il singhiozzo che gli era salito alla gola con una mano e fuggì dalla porta della stanza di Eryn.
    

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 

“Quindi noi non dovremmo fare altro che prendere tempo e fare in modo che Chris non si accorga dell’unica ragazza che sogna la notte, seduta in prima fila e con in testa una massa di ricci rossi facilmente riconoscibili anche a tre miglia di distanza?” Kevin guardò le ragazze da sopra gli occhiali con un’espressione da Oscar. “No, ma dico…siete impazzite? È ovvio che la vedrà prima della fine del primo numero!”
“E come facciamo quando canterà I Wanna Hold Your Hand? Lì è solo in mezzo al palco!” Harry diede man forte all’amico. “Non possiamo mica andare lì e spingerlo verso il retro…”
“Adesso non vi preoccupate per I Wanna Hold Your Hand! Per quello c’è Ben.” Naya bloccò le braccia di Lea lungo i fianchi, prima che la cantante prendesse di nuovo il via con una delle sue filippiche.
“Ho capito che è grosso, ma non riuscirà a nasconderla per tutto lo spettacolo.” Cory si unì al coro dei contrari.
“Ma a noi non serve che la nasconda per tutto lo spettacolo!” Amber sbuffò portandosi una mano alla fronte. “Sentite, voi limitatevi a interagire un sacco con Chris. E, se ve lo chiede, ditegli che lo fate solo perché sapete quanto dura è questa tappa per lui.”
I ragazzi si guardarono scettici.
“Forse avevano ragione Ashley e Mark. Siamo ancora in tempo per il rapimento.”
Lea si liberò con uno scatto dalle braccia di Naya, che finì con il sedere a terra per la sorpresa.
“No!” La mora era entrata in pieno Rachel-Berry-style. “Faremo così, anche perché mancano 5 min-…MANCANO 5 MINUTI!”
Per un secondo tutti quanti si guardarono terrorizzati, fermi e immobili sul posto, per poi alzarsi di botto e cominciare a correre verso l’entrata del palco.
Il fatto di farlo tutti insieme portò qualcuno a rimanere incastrato sulla porta, ma grazie al cielo - e ovviamente - si trattava degli Warblers, che sarebbero entrati in scena solo verso la metà dello spettacolo. Darren, che era rimasto dentro il camerino, guardò la schiena di Riker con gli occhi stretti a fessura mentre cominciava a spingere per liberarli e liberarsi, aiutato da John che tirava dall’altra parte.
“Se per colpa di voi due, three-six dei miei stivali, e tua, Titus, non riesco a baciare Chris stasera, vi ammazzo con una clava e poi seppellisco i vostri cadaveri nel bosco.”
I tre ragazzi si guardarono spaventati, i corpi bloccati in una posizione assurda tra gli stipiti della porta.
 
“Ma dove sono finiti tutti?”
Chris si stava guardando intorno, mentre Jenna e Heather ridevano sotto i baffi guardando il guardaroba, la voce di Ryan che rimbombava nel backstage.
“Dove diamine sono tutti i miei attori? Giuro su Dio che se non si presentano qui entro un minuto gli faccio il pelo e il contropelo con i sai di Chris stanotte!”
Delle grida agitate e un improvviso scalpitio fece girare i quattro verso i camerini, permettendo loro la vista di una massa di gente che correva trafelata investendo qualsiasi cosa ci fosse sul suo cammino.
“Oddio! Scusa Ryan! Scusascusascusa!” Lea si accasciò di fronte al produttore tenendosi la pancia.
“Si, ti prego. Non ucciderci!” Mark si stava aggrappando alla spalla di Chord, che ansimava tenendo una mano sul petto e annuendo con gli occhi spalancati.
Un boato li fece di nuovo voltare verso i camerini, giusto in tempo per vedere John che cadeva sotto il peso di Riker, Curt e Titus, prontamente scavalcati da Darren con uno dei suoi soliti salti.
Chris guardò i suoi colleghi, non sapendo se ridere o spaventarsi dall’eccessiva dose di follia – troppa anche per il backstage del concerto - che sentiva aleggiare nell’aria, insieme alle parole che i suoi amici stavano riversando come un fiume in piena addosso al produttore.
“Ok. Adesso basta!” la voce di Ryan si levò alta ancora una volta, zittendo tutti nel giro di un nanosecondo. “Tutti in cerchio per il rito scaramantico.”
I ragazzi si misero intorno al produttore alla velocità della luce, ponendo le mani al centro del cerchio.
 
Holly guardò Eryn torturarsi le mani ancora una volta.
“Eryn?...”
La ragazza sembrava non ascoltare una parola dell’amica, tutta presa a intrecciare le dita. Stava facendo la cosa giusta? Era davvero pronta a rivedere il suo migliore amico dopo tutti quegli anni?
“Certo che si.”
Eryn si rese conto solo in quel momento di aver dato voce ai pensieri che le affollavano la mente.
“Eryn, sono passati cinque anni. Abbiamo parlato tanto di questo concerto. Di questo ragazzo. Della vostra amicizia.” Holly prese le mani di Eryn tra le sue, fermando di nuovo la tortura che la rossa si stava infliggendo. “Non sarai mai più pronta di così. E io mi rifiuto di vederti ancora piangere o disperarti per lui. Forse le cose andranno peggio dopo stasera, o forse no. Ma non lo saprai mai se non ci provi.”
Eryn avvicinò la fronte a quella di Holly, lasciando libero un sospiro tra le sue labbra.
“L’unica cosa che adesso devi fare è goderti il concerto. Non aspettarti niente. Pensa solo che rivedrai il suo viso senza uno schermo di mezzo. Non devi parlare con lui. Nessuno ti obbligherà a fare qualcosa che tu non vuoi fare. E se lui dovesse vederti, questo non significherà che tu voglia rientrare di prepotenza nella sua vita. Non lo penserà.”
“Come fai a dirlo? E se pensasse che voglio solo approfittarmi di quello che c’era?”
Holly guardò gli occhi della sua migliore amica, circondandogli la guancia con il palmo della mano libera dal guantone mentre la voce di Sue Sylvester veniva accolta da un boato.
“Eryn, lui ti conosce. Non lo penserà.”
 

Clovis, California, 3 Luglio 2006

 
La famiglia McKenzie arrivò a casa Colfer verso le sette, come da programma. Eryn si guardò intorno non appena ebbe messo piede in casa, il pacchetto che aveva comprato stretto al cuore.
Ma lui non c’era.
Guardò negli occhi Tim che scrollò la testa sorridendo triste prima di indicargli le scale.
Un lampo sarebbe stato meno veloce. Dopo un nanosecondo stava bussando alla porta della camera di Chris, preoccupata da quello che avrebbe potuto trovare.
“Chris?...”
La ragazza aprì piano la porta della stanza.
Chris era seduto a terra, le gambe incrociate, e stava guardando il cartellone che lei gli aveva regalato per il suo compleanno. Non diede segno di averla sentita, e continuò a fissare imperterrito la parete di fronte a lui, le lacrime che scendevano silenziose lungo le sue guance.
Eryn si avvicinò e si sedette vicino a lui, guardandolo preoccupata.
“Chris…”
“Non ti azzardare a toccarmi.”
Eryn  immobilizzò la mano che si stava per posare sulla spalla del giovane. Cosa avrebbe dovuto significare questo?
Chris si girò verso di lei, mostrando finalmente il suo viso.
Eryn si pietrificò all’istante. Il suo migliore amico la stava guardando con una ferocia che non aveva mai visto sul suo viso d’angelo. Gli occhi rossi e lucidi continuavano a perdere lacrime che sembravano bruciare la sua pelle, arrossata e accaldata dall’ira che ribolliva dentro di lui.
“Ma che ti prende? È successo qualcosa?”
Il ragazzo si alzò in piedi e con uno scatto staccò dalla parete il cartellone nero.
“Che pensavi? Che fosse un gioco per me? Era una scommessa che hai fatto con i tuoi cazzo di amici in Irlanda? Vediamo quanto riesco ad avvicinarmi a uno di quegli stupidi che se ne stanno sempre da soli?”
Eryn lo guardò con gli occhi spalancati mentre lui faceva a pezzi quel rettangolo di carta nera. Ad ogni strappo sentiva il suo cuore perdere un colpo.
“Pensavi di poter giocare così con me?” Altro strappo. “Di riuscire a conquistare il mio cuore e poi buttarlo via come se nulla fosse?” Un altro. “Cosa cazzo ti ho fatto di male per meritare tutto questo, eh?” Ancora uno. “Addirittura il bagno nella candeggina…se ti faccio così schifo perché diamine hai fatto finta di essere mia amica?”
Eryn non era riuscita a trovare un filo logico a quello che stava accadendo di fronte ai suoi occhi fino a quel momento. Chris aveva ascoltato la telefonata. Aveva sentito quello che diceva ad Holly, ma evidentemente non aveva sentito tutto.
“Hai sentito la mia telefonata?”
Chris smise di fare a pezzi il cartellone, lanciandone i resti nell’angolo della stanza.
“Non lo neghi nemmeno? Davvero? E io che pensavo di conoscerti…di sapere cosa pensavi di qualsiasi cosa! Invece viene fuori che tutto questo non era altro che un’immensa, enorme, presa per il culo!”
Eryn sapeva che non avrebbe dovuto arrabbiarsi con lui. Sapeva che in quel momento Chris era fragile e che tutto quel casino non era altro che un grandissimo equivoco. Sapeva che avrebbe dovuto spiegargli le cose con calma, magari farlo parlare con Holly se necessario. Ma la rabbia che le ribolliva dentro dalla mattina prese il sopravvento anche su di lei.
“Smettila!” l’urlo che le fuoriuscì dalle labbra sembrava sordo ad ogni input inviato dal suo cervello. “Smettila di fare il bambino viziato a cui hanno rubato il giocattolo! Il fatto di aver ascoltato uno strascico di conversazione tra me e Holly, senza peraltro chiedere neanche di cosa stessimo parlando, non ti da il diritto di urlarmi contro in questo modo!”
“Ah no?!” Chris le si fece più vicino, fino a quando i loro visi non furono a qualche centimetro di distanza. Non avevano mai litigato prima, e c’era qualcosa di sbagliato in quella scena. Qualcosa che non era loro. Le urla al posto dei sospiri, la rabbia dove prima c’era la dolcezza, le lacrime piene di rancore invece che piene di gioia. Ma nessuno dei due aveva intenzione di smetterla. “E dimmi che cazzo dovrei aver capito quando ho sentito la frase “tu non hai idea di quante docce mi sia fatta da quando questa storia è cominciata”?! Eh?! Che eri talmente contenta da rotolarti nel fango?!”
Eryn si portò le mani alla fronte, ruotando gli occhi.
“Ma non ti è passato per quella tua testa bacata che forse non stavo parlando di te?”
“Oh certo…e infatti prima non avevi fatto riferimento al tuo rapporto con me e a come io ti stia appiccicato tutto il giorno, vero?!”
“No!”
“Non mentirmi!”
“Non lo sto facendo! Sei tu che hai travisato tutto e non mi hai dato nemmeno il modo di spiegare!”
“Oh, e che cosa c’è da spiegare? Il fatto che tu ti stia comportando così non fa che farmi capire ancora una volta che io ho ragione!”
“Ma così come?”
Chris alzò ancora di più la voce.
“Così! Ti stai arrabbiando perché la verità è che non ti aspettavi che lo scoprissi, e adesso non sai cosa dire!”
“Che cosa?!” Eryn non era mai stata così arrabbiata in tutta la sua vita.
“Si. È così! E la cosa che non capisco è perché tu abbia fatto una cosa del genere. Ti prego, dimmelo. Perché pensavo veramente di conoscerti e invece-”
“Adesso basta!” Chris si zittì di colpo, guardando di nuovo in faccia quella che era stata la sua migliore amica. “È la quindicesima volta che dici che pensavi di conoscermi, ma evidentemente non è così, o non avresti mai pensato una cosa del genere! Vuoi sapere di cosa stavo parlando? Stavo parlando di quell’idiota di Jesse, che stamattina, mentre cercavo un regalo per te, mi ha quasi messo le mani addosso e ha insinuato cose poco carine sulla nostra amicizia! Stavo parlando di come io sia stanca di vederlo sempre spuntare ad ogni angolo di strada che attraverso e di quanto mi avessero fatto incazzare i suoi commenti su di te! E tu, invece che chiedermi di cosa stessi parlando con Holly, hai dato per scontato che io mi fossi rotta di te?” Eryn alzò le mani al cielo prima di buttare il pacchetto che aveva stretto in mano fino a quel momento sul letto di Chris, che la guardava con gli occhi spalancati, indeciso se crederle o meno. “Ecco. Questo è il regalo che ti ho comprato. Un bracciale uguale al mio per ricordarci che anche se saremo lontani il filo che ci lega è indissolubile.” Eryn alzò gli occhi verso il suo viso. “A quanto pare mi ero sbagliata.”
Il silenzio che regnava in quel momento nella stanza faceva più male delle urla che l’avevano riempita poco prima.
Eryn guardò il suo migliore amico per l’ultima volta prima di girarsi e correre fuori da quella stanza, da quella casa, da quella vita.

 




Ehm...HOLA! XD
Son sempre io, la scema che si è imbarcata in quest'impresa...
Volevo solo dirvi che spero che il capitolo vi sia piaciuto e che NON so quando potrò pubblicare il nuovo aggiornamento...gli esami e la tesi incombono e purtroppo ho lasciato un po' indietro la storia...
Spero comunque di pubblicare (anche a bocconcini piccoli) la settimana prossima...e comunque per chi segue/preferisce (<---ancora non ci crede *-*) ci sarà sempre il messaggio privato che vi avverte...

Un bacione grande,

Giulia

  
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