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Autore: Fiorels    04/12/2011    76 recensioni
E tutto va proprio come avevo immaginato; in poco, pochissimo tempo, resto sola. Sola con le mie lacrime, con i miei pensieri, con i miei ricordi.
Sola con quell’amore che doveva essere la nostra svolta.
Sola senza sapere di non esserlo davvero.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TP - cap 3 Ok, salve! Beh dire che siamo emozionate è poco XD. Siamo decisamente sull'orlo di una crisi di panico ahahahah. Sapete quella sensazione di ansia mista ad eccitazione che si ha quando state per postare una nuova storia? Beh ecco, è esattamente ciò che abbiamo noi, elevato all'ennesima potenza.
La verità è che per noi scrivere questa storia è stata un'esperienza stupenda. Abbiamo pensato alla trama circa un mese fa ma poi, come al solito, abbiamo finito per ridurci a scriverla interamente durante l'arco della settimana scorsa ahah. Credevamo che sarebbe stato difficile farlo e invece...invece è stato meraviglioso *-*. E con meraviglioso non diciamo che non sia stato anche stancante e faticoso, perché lo è stato ovviamente, ma ne è decisamente valsa la pena. Questi Rob e Kris sono diversi da quelli di 'Qui dove batte il cuore'; sono più grandi e fanno tanti, tanti errori. Ve lo diciamo sin da subito xD. Ma non potrete non essere totalmente ed incondizionatamente conquistati dal loro amore.

La storia è stata scritta come regalo per il compleanno della nostra amica Leti che infatti l'ha già letta tutta (ma non cercate di corromperla, è incorruttibile u.u), esattamente come l'anno scorso fu per 'Never say never', motivo per cui cogliamo ancora una volta l'occasione per farle un milione di auguri di BUON COMPLEANNO!! Leti ti vogliamo bene e speriamo che tu ti sia divertita ieri durante la tua festicciola privata con il makako (ebbene sì, ieri è anche il compleanno del makako ahbubauhbabhau che culo eh? u.u)
 

Ok, ora vi lasciamo alla storia e...
Buona lettura *-*
Mi raccomando lasciateci una bella recensione per sapere che ne pensate!! 

Un mega bacio
Cloe&Fio 

Suggerimento musicale (da ascoltare, preferibilmente 'on repeat' lol)







Capitolo 1

I was broken
 
POV Kristen

È un’ora che ho in mano quella collanina. È da un’ora che la sto fissando senza muovere un muscolo. Sento solo la mascella serrarsi ad ogni nuovo dubbio che mangia ogni mia forza di volontà. Non so perché continuo a fissarla e a stringerla; forse spero ingenuamente che possa darmi la forza di fare quello che sto per fare, o forse spero che possa fermarmi. Svegliarmi.
Vorrei stringerla e sentirla pungere nelle mie mani. Vorrei sentire dolore per destarmi da questo incubo e tornare a vivere la mia vita com’era prima. Normale.
Guardo i particolari della stanza. La sua chitarra in un angolo, un paio di calzini sul letto, il suo i-pod sul comodino.
Non so ancora come farò a non averlo accanto, non so come potrò abituarmi a non vedere il suo sorriso quando assaggia una mia nuova ricetta e la trova buona o a non avere un suo bacio prima di dormire o la sua dolce carezza sulla schiena nuda, al mattino, quando ancora sono tra veglia e sonno.
Solo pensarci mi fa stare male.
Non posso pensarci ora, non posso affrontare tutto contemporaneamente. La sola cosa che so è che devo farlo. Non so come, ma devo. Perché lo amo, così tanto da non poterlo costringere a vivermi accanto e soffrire. Perché soffrirà, lo so. Più di quanto potrà soffrire adesso.
Vorrei tornare a due anni fa quando, di questo periodo, eravamo a Londra in giro tra concerti e pub quasi malfamati, del genere che amo tanto. E ricordo le sue mani nella mie tasche, le mie tra i suoi capelli, le sue braccia attorno alla mia vita mentre assecondava i miei movimenti lenti al ritmo di quelle canzoni che avevano segnato anche un po’ la nostra storia. Quante volte avevo pianto quando le intonava alla chitarra nella penombra delle mille camere di albergo che abbiamo vissuto insieme? Vorrei tornare all’anno scorso quando abbiamo passato il Ringraziamento dai miei nonni a Denver perché so che ama quella città.
Quest’anno nessuno dei due avrà nulla di cui ringraziare, ma col tempo, forse, capirà.
Per l’ennesima volta mi chiedo se sto facendo la cosa giusta, ancora una volta cerco di convincermi che non è necessario, che in fondo andrà tutto bene e posso essere egoista e tenerlo accanto a me per sempre. Poi quel briciolo di sanità mentale che da una settimana combatte con i miei interessi e con la paura di restare sola mi ricorda che lo amo.
Rinuncio a quello che sono stata per quello che sei. Continuo a ripetere a me stessa convincendomi di stare facendo la cosa giusta…
C’è sempre chi sta peggio di te… cerco di farmi forza ma non aiuta. Al momento mi sento morire e non so se ci sia qualcosa di peggiore del sapere che il tuo cuore sta morendo.
E qui iniziano i dannati se.
Se solo non avessi accettato quella parte…
Se solo non fossi andata in quel posto…
Se solo non mi fossi avvicinata tanto…
Se quella mattina avessi detto di no…
Se solo non fossi caduta…
Se… se… se…
Tanti se inutili perché i se vivono nella fantasia. La realtà è un’altra e sebbene cerchi di evitarla da più di una settimana so che non posso farlo più e andare avanti peggiorerà solo le cose.
Col tempo, forse, imparerò a guarire e andare avanti.
Ma col tempo non vale ora. Niente vale ora, niente ha senso ora se non la lacrima che non posso fermare perché non riesco a pensare di poter stare meglio in futuro mentre mi sento morire adesso.
Come farò a stare senza di lui? Come potrò farne a meno? Cosa sarò… senza di lui?
Stringo la collanina e… piango. Non riesco ad evitarlo. Ho bloccato quelle fottute lacrime per ogni fottuto secondo che ho passato con lui nell’ultima settimana. Ogni dannato attimo in cui ho dovuto negare, mentire e semplicemente dire che ero solo stanca ma che andava tutto bene. La verità è che negli ultimi otto giorni mi sono chiusa in bagno tante di quelle volte da aver perso il conto.
Ora che sono vicina a quello che cerco di evitare da giorni, non riesco a bloccarle e  non riesco a nascondermi.
Chino il viso nelle mani e scoppio a piangere, sempre più forte, lasciando sfogare tutto quello che non è uscito dal mio corpo fino ad allora, ma non è abbastanza. Non lo sarà mai perché quando sento la sua voce preoccupata sulla porta, ho solo voglia di morire.
“Kristen…”
Va via, Rob. Va via. Lasciami. Ti prego, lasciami.
Piango più forte; non ho idea di cosa gli dirò né di come gli spiegherò quelle lacrime.
In un attimo è ai miei piedi, in ginocchio davanti a me, e cerca di alzarmi il viso.
“Kristen, che succede?”
Non riesco a rispondergli, non riesco a dirgli una sola parola. Non riesco a guardarlo in faccia.
“Amore, ti prego, mi spaventi così? Che diamine è successo?”
Se solo fosse facile rispondere a quella domanda senza farsi del male.
“Kristen…” mi accarezza una guancia e asciuga le mie lacrime. “Che è successo, piccola?”
È tutto davvero troppo per me. Stringo la sua mano sul mio viso un secondo solo prima di prendere un respiro e scostarla via in malo modo.
Il mio corpo segue i comandi del mio cervello; recitare è il mio lavoro ed è il momento di entrare in scena ma una piccola parte del mio cuore spera che lui non creda a una sola parola di quello che sto per dire.
“Kristen…”
“Rob…”
Fisso il pavimento, stringo le labbra, le sento quasi sanguinare. Bruciano.
“Voglio rompere…”
Non posso credere di aver appena detto quelle parole e dalla sua espressione, che intravedo con la coda dell’occhio, non ci crede nemmeno lui.
Grazie a Dio.
No, non va affatto bene.
“Cosa?”
Chino di nuovo il viso, faccio scrocchiare le dita delle mani, prendo tempo per trovare un qualsiasi modo che mi faccia risultare seria e convincente.
“Non… non funziona più, Rob…”
Spero che l’ultima orrenda settimana sia per lui la prova delle mie parole. So che ha notato qualcosa di strano, so che mi ha vista quando sono tornata a casa con gli occhi gonfi quella sera, so che si è reso conto che non facciamo l’amore da allora.
“Cosa?”
Non riesco a decifrare il tono della sua voce. Non so se crede che stia scherzando o se non ha ancora elaborato le mie parole.
“Mi dispiace…” è tutto quello che mi ritrovo a sussurrare.
“Kristen, scusa, fammi capire.”
Si avvicina e mi prende le mani riuscendo a farmi sentire una merda più di quanto non mi senta già.
Stringo i pugni ma non riesco a tirare via le mani dalle sue; voglio godermi quel contatto finché mi sarà possibile, finché non gli dirò davvero qualcosa, qualsiasi cosa che lo convincerà ad andare via da quella casa e lasciarmi sola. Deve succedere e devo essere io a farlo accadere.
“Andiamo, Rob. Non dirmi che non ti sei reso conto che le cose non vanno più bene…”
Lui mi fissa, ignaro. “Sì che me ne sono reso conto. Non ti fai quasi più toccare da una settimana…”
“Infatti.”
“Infatti cosa?”
Già, infatti cosa? Che cazzo gli dico ora? Perché non mi sono preparata un cazzo di discorso? Perché non ho programmato questa cosa come faccio per ogni altra? Perché una parte di me spera ancora che si possa risolvere tutto?
“Rob… ti prego…”
Cerco di svincolare le mie mani dalle sue ma lui non me lo per mette. Mi stringe i polsi, ma con delicatezza.
“No, Kristen. Niente Rob ti prego. È una settimana che eviti le mie domande, sei evasiva, sei intoccabile. Scatti per nulla e io non ho idea di cosa posso aver fatto per farti reagire così.”
“Niente, Rob. Non hai fatto niente. Tu non fai mai niente. Sei l’uomo perfetto. Nessuno può competere con te. Va bene?”
“Che cazzo c’entra questo adesso?”
“Questo cosa?” affronto il suo sguardo prendendo forza dalla rabbia che provo dentro, forzandomi di riversarla su di lui per aiutare me stessa.
“Con chi dovrei competere?”
“Cosa?”
“Devo preoccuparmi di competere con qualcuno?”
“Ma che stai dicendo?”
“Di cosa stai parlando Kristen? Di chi stai parlando?”
“Rob, non sto parlando di nessuno. Di chi dovrei parlare?”
“Non lo so, dimmelo tu.”
“Non so che dirti.”
“Non sei più come prima da quando sei tornata dall’Africa… Sei diversa.”
“L’Africa ti cambia, Rob. Ho visto delle cose lì che…”
“Non parlo di quello che hai visto. Me l’hai raccontato. Ti ho ascoltata, ti ho capita e mi dispiace. Parlo delle persone…”
“Non ti seguo.”
“E’ forse successo qualcosa mentre eravate lì?”
“Come…?”
“Ti sto chiedendo se è successo qualcosa mentre giravate in Africa.”
“No, tu non mi stai chiedendo se è successo qualcosa lì. Mi stai chiedendo se è successo qualcosa tra me e James mentre eravamo lì.”
Lui china il viso e per un secondo non mi sento una merda. Per quel secondo in cui dubita di me sento quasi di stare facendo la cosa giusta per ragioni diverse da quelle di cui ho cercato di convincermi finora.
Magari sarebbe finita in ogni caso. Ma non riesco a crederlo.
“Bè, è così?”
“Non posso credere che tu mi stia davvero chiedendo una cosa del genere…” dico disgustata.
“Non posso credere che tu ci metta tanto a rispondere.”
“Perché è una cosa di cui non dovresti nemmeno dubitare!”
“E infatti non ho avuto il minimo dubbio fino a cinque minuti fa!”
“Ma per favore! Mi hai sempre dato il tormento con la tua gelosia verso di lui!”
“Forse perché si fondava su qualcosa!”
“E su cosa esattamente? Le tue paranoie?”
“Sul tempo che avete passato insieme!”
“Per girare un film!”
“E i messaggi e gli inviti a cena.”
“E’ un amico, Rob!”
“Gli amici non guardano qualcuno così!”
“Così come?! Ma che cazzo stai dicendo?”
“Kristen, perché non rispondi semplicemente alla domanda che ti ho fatto?”
“CHE DOMANDA?” urlo esasperata.
Mi rendo conto solo ora di quanto il tono delle nostre voci sia completamente alterato e fuori controllo e di come sia spontaneo per me urlare un assurdo e surreale quando mi chiede per l’ennesima volta se è successo qualcosa con lui.
Lo guardo, esterrefatta e scioccata più di lui per quello che mi è uscito di bocca; deve essere proprio la mia espressione sorpresa a spegnergli gli occhi mentre inizia a guardarmi così, come se non mi conoscesse più.
Ed è la mia unica possibilità; aggrapparmi all’unica cosa che lo farà andare via senza indugi.
“Sono andata a letto con lui…” dico chinando il viso e sentendomi quasi meglio perché, in un certo senso, il peggio è passato. È il futuro che mi preoccupa mentre pronuncio le parole che mai avrei creduto di potergli dire in nessuna circostanza.
“Ti ho tradito, Robert.”
So quanta importanza ha dire quella esatta parola.
‘Tradire nel vero senso della parola. Tradire per sesso e non per amore. È una cosa che non perdonerei mai.’
E mentre richiamo alla memoria i mille dibattiti che abbiamo avuto sull’argomento, in passato, non posso non trovare ironico che sia stato lui stesso ad aprirsi la via di fuga dalla trappola del nostro rapporto, da cui devo liberarlo.
Alzo lo sguardo, il suo capo è chino.
E tutto va proprio come avevo immaginato; in poco, pochissimo tempo, resto sola. Sola con le mie lacrime, con i miei pensieri, con i miei ricordi.
Sola con quell’amore che doveva essere la nostra svolta.
Sola senza sapere di non esserlo davvero.
 
 
7 ANNI DOPO
 
 
Non sapevo perché ero andata a ripescare quella collanina dal fondo del cassetto della scrivania. Davvero un perfetto cliché, pensai mentre cercavo di giustificarmi in qualche modo.
Lo pensi. Ogni giorno.
Ti manca. Ogni secondo.
Lo ami. Ancora.
Dopo sette anni ancora non ero riuscita ad accettare la mia vita senza di lui. Abituarmi sì, ma vivere senza pensarlo era stato e continuava ad essere impossibile.
Certo, trasferirmi a Vancouver forse non era stata una grandissima idea ma vivere a Los Angeles era diventato insopportabile per me e non riuscivo a considerare casa nessun altro posto se non quello che era stato l’inizio di tutto.
Continuavo ad aggrapparmi ai ricordi e a vivere ancorata al passato. Nonostante non dovesse esserci niente a cui aggrapparmi, nonostante avessi realizzato che quel tanto amato destino che avevo sempre creduto avesse avuto un ruolo tra di noi, in realtà non esisteva. Non avrebbe ostacolato tutto per molto tempo, altrimenti.
Non avrebbe dovuto fare in modo che mi dimenticasse così facilmente.
Prima che potessi evitarlo i ricordi furono più veloci di me e si susseguirono nella mente disconnessi, senza senso, diacronici.
E ripensai alle mie lacrime, alle sue parole affilate come lame pronte ad affondare nel cuore, alle silenziose telefonate a notte fonda. Solo per sentire il suo respiro e la sua voce ancora una volta. Solo perché non volevo lasciarlo andare.
Ripensai ai suoi occhi delusi, ai miei tentativi di chiamarlo e dirgli la verità, di rimangiarmi tutto. Falliti.
Ripensai alle visite, al dolore dei miei genitori, alle bugie. Alla tristezza, alla gioia, al baratro che mi aveva divorato lentamente.
E ripensai alla sorpresa, alla felicità, al sollievo. Alle chiamate fatte a vuoto perché aveva cambiato numero di cellulare, ovviamente. Finché non aveva ottenuto finalmente un nuovo numero da cui, tuttavia, non arrivò la risposta che speravo.
“Si è sistemato. Ti ha dimenticata, Kristen. Lascialo in pace.”
Ma non avevo creduto a Nick, non avevo voluto credergli… e invece avrei fatto bene a farlo ed evitarmi il dolore di sentire quella voce femminile al telefono.
Quello era stata l’ultimo contatto che avevo cercato di avere con lui e dopo tanto tempo ero ancora con quella catenina tra le mani cercando di accettare la vita senza lui, imparare a sentire la sua mancanza. Avrei già dovuto sapere a quest’ora cosa vuol dire…
E’ questa la vita senza te…
Una vita vuota, niente di lui è rimasto se non una collanina e…
“Mammaaaaa?”
Mi asciugai velocemente una lacrima prima che mia figlia entrasse in stanza e mi vedesse piangere.
Troppo tardi. Haley era già piombata accanto a me e chinava il viso per scrutare il mio.
“Mamma, piangi?”
“No! No, no. Mi è solo entrata una cosa nell’occhio.” Le sorrisi e le carezzai i capelli biondi e il viso pieno di suoi lineamenti.
Come potevo dimenticarlo quando avevo con me una parte di lui che non poteva essergli più simile?
“Okay…” disse lei incerta, carezzando a sua volta il mio viso. “Però dobbiamo andare o perdiamo l’aereo. Il taxi è fuori.”
Sospirai con enorme evidenza. “Amore, sei sicura di volerlo fare?” le chiesi per quella che doveva essere la centesima volta.
Avevo abbandonato la recitazione per ovvi motivi e avevo colto l’occasione per impegnarmi nel campo della produzione e della sceneggiatura ma per me era stato diverso. Tutta la mia famiglia lavorava nel campo, starne lontana sarebbe stato impossibile.
Okay, forse non era completamente diverso dal momento in cui la famiglia di Haley ero io ma avevo sempre sperato che lei si distaccasse da quel mondo. E invece ora mi trovavo a dover prendere un aereo per Los Angeles e portarla a un provino di cui si era autonomamente informata navigando su internet.
Rimpiansi maledettamente le bambole.
Eppure sapevo che la mia bambina era troppo intelligente per essere sprecata. I miei genitori mi avevano lasciato provare, avevano permesso che prendessi al volo ogni opportunità e non sarei stata io a legare le ali a mia figlia.
“Sì, mamma. Ne abbiamo già parlato. Non ricominciare” disse con un tono troppo adulto per i suoi sette anni. “E poi ancora non ho capito perché non vuoi…” aggiunse decisamente più triste.
“Hey” le alzai il viso con una mano. “Non è vero che non voglio.”
“Davvero? A me sembra il contrario.”
“Io voglio solo che tu sia felice, okay? Se vuoi farlo, lo farai.”
Il suo visino si aprì in un sorriso prima incerto poi sempre più sincero.
“Ecco, prendi questa.” Le misi la collanina tra le mani.
“Cos’è?”
“Un regalo che mi hanno fatto tanto tempo fa. Ora lo regalo a te. Vedi, questa specie di otto è il simbolo dell’infinito, ma è anche un portafortuna.”
Mi ascoltò attenta e annuì decisa ridandomi la collanina e voltandosi in modo da poterla legare al suo piccolo collo. Infine si girò e mi allacciò le braccia al collo stringendo forte. “Grazie, mamma.”
E mi pianse il cuore pensando a quanto in un momento del genere avrei voluto Rob con me, a quanto lo avrei voluto con lei.
Lui avrebbe saputo affrontare tutto meglio di me, tutto.
“Andiamo, su” dissi infine prendendole la mano per poi uscire di casa.
Il tassista ci venne incontro sul piccolo vialetto che conduceva all’entrata della modesta casetta che avevo comprato anni fa e prese le nostre valigie.
Entrammo in taxi e Haley strinse la mia mano e poggiò il capo sul mio braccio.
“Sei nervosa?” le sussurrai lasciandole un bacio tra i capelli profumati.
Lei scosse il capo. “No, se ci sei tu, no.”
“Bene.” Sorrisi. “All’aeroporto, grazie.”
 
Da quanto tempo non mettevo piede all’aeroporto di Los Angeles? Non lo ricordavo nemmeno più. Uno dei motivi, quello fondamentale in realtà, per cui avevo deciso di lasciare LA erano i ricordi. E per quanto assurdo fosse, anche quel posto ne era stracolmo. Quanti aerei presi nel cuore della notte per volare a Londra o a New York, quanti abbracci e baci consumati nella gioia di rivedersi dopo settimane, quanti tentativi di evadere dal mondo per restare soli.
Stare in quel posto mi faceva male più di quanto avessi immaginato e non potevo nemmeno pensare a quello che mi aspettava fuori.
Nemmeno vedere mia madre riuscì a calmarmi totalmente. Haley le corse incontro e si fiondò tra le sue braccia felice di riabbracciare la nonna, nonostante ci fossimo viste pochi giorni prima in occasione del Ringraziamento. Ma immaginai che era diverso. Doveva esserlo, stare lì, no?
Svolgevo il mio lavoro quasi sempre da casa, scrivevo molto e avevo volutamente tagliato ogni ponte con Los Angeles. Non sapevo se Haley sapesse cosa aveva davvero voluto dire per me tornare in quella città ma non potevo lasciare che mi sconfiggesse ancora prima di aver messo piede fuori dall’aeroporto. Dovevo farlo, per mia figlia.
Salutai mia madre con un abbraccio e lei accennò un tacito ‘tutto bene?’ con lo sguardo.
Annuii prendendo per mano Haley che saltellava impaziente.
Uscimmo dall’aeroporto ed entrammo in macchina come persone normali. Di quello potevo dire di essere estremamente sollevata.
Dal momento in cui avevo lasciato Rob e mi ero ritirata dalla recitazione per vivere nell’ombra dello schermo tutto era scemato attorno a noi.
Non avevo più ricevuto minacce di morte, non accettavo lavori, non uscivo molto, non avevo più occasione di fare niente e ciò aveva contribuito a far calare tutta l’attenzione nei miei confronti. Non potevo dire esattamente lo stesso di Rob. Se i media mi avevano lasciato in pace quasi subito, a lui avevano dato la caccia anche a Londra dove era tornato pochi giorni dopo la mia confessione. Era spesso fotografato per strada o mentre entrava in casa, e dopo un paio di mesi non era più solo ma ripreso con ragazze diverse; ogni ragazza, ogni foto, era una pugnalata al cuore così che avevo smesso di interessarmi. Evitavo ogni tipo di giornale o notiziario. Dovevo davvero voltare pagina e dovevo farlo soprattutto per portare a termine la gravidanza.
Che sciocca ero stata a credere di poter tornare da lui da un giorno all’altro. Avevo immaginato che avrebbe potuto perdonarmi, che avrebbe capito, che mi avrebbe detto che quelle ragazze non significavano nulla per lui perché sapevo che era così. Non potevano significare nulla.
Ma era troppo tardi. Le ragazze erano sparite e avevano lasciato spazio a una ragazza sola.
Ero al settimo mese di gravidanza quando avevo scoperto che Nick aveva ragione. Era davvero andato avanti, aveva davvero trovato un’altra ragazza e io non ero nessuno per tornare nella sua vita e dirgli che aspettavo un figlio da lui senza nemmeno sapere se mi avrebbe creduta o no.
“Kristen, smettila.”
La voce di mia madre mi ridestò dai miei pensieri.
“Co… cosa?”
Mi lanciò un’occhiata veloce per poi tornare a fissare la strada. “Smettila di pensare a quello che sono sicura tu stia pensando.”
“Non so di che parli.”
“Vallo a dire a qualcuno che non sia tua madre…”
Abbassai il viso e presi un respiro. “Io… non…”
“Hai fatto una scelta, Kristen. E noi l’abbiamo rispettata.”
“Lo so. Non sono pentita della scelta che ho fatto. Ho sempre apprezzato il vostro appoggio ma… Tornare qui fa uno strano effetto…”
“Più dello stare a Vancouver?”
Nessuno riusciva davvero a capire come avevo potuto lasciare una città piena di ricordi per vivere in una che ne era altrettanto piena; non riuscivo nemmeno a spiegarlo bene a parole.
Annuii distrattamente e mi voltai dietro per avere sostegno dalla parlantina di Haley ma lei era china sul suo copione. Chiudeva gli occhi e ripeteva sottovoce.
“Tesoro, basta ora. Abbiamo provato le battute migliaia di volte, le sai a memoria.”
“Sì ma se poi vado lì e le dimentico?”
“Allora improvvisa. Impara ad improvvisare se vuoi davvero recitare.”
“E come si improvvisa?”
Risposi senza nemmeno pensare. “Ti lasci andare a quello che senti in quel momento. Anche se dici cose che non sono nel copione, non fa nulla. Basta che le senti davvero…”
“Mmm… sarà. Tu hai mai improvvisato mami?”
“Certo. Tante volte.”
“Anche ai provini?”
E fu come un flash in piena notte. Il ricordo di quel giorno mi piombò davanti come se fosse ieri. Il momento in cui avevo visto entrare quel ragazzo dai capelli assurdi, lo sguardo chino, la voce dolce e intimorita. Avevamo bevuto una coca-cola, eravamo rimasti soli, avevamo parlato un po’. Avevamo letto le battute, ci eravamo guardati negli occhi ed improvvisare il resto era venuto spontaneo. E per quanto assurdo fosse, in quel momento esatto avevo capito di avere incontrato il mio primo vero amore. L’amore della mia vita, o almeno della vita parallela in cui a volte mi rifugiavo tanto per farmi del male con i ricordi più dolci; di quelli che fanno piangere tanta è la malinconia che genera dalla loro dolcezza.
“Una volta sola, a un provino” risposi con un mezzo sorriso sul viso. Mi ripromisi di affrontare quella giornata con un sorriso, qualunque cosa avrei incontrato per strada.
Così, con un sorriso, entrai al Charlie Hotel, ma stavolta era molto più amaro.
Perché ero stata così masochista da aver prenotato proprio lì dovevo ancora capirlo. Ovviamente mia madre si era offerta di ospitarmi ma onestamente io ed Haley avevamo i nostri ritmi e forse, in fondo, volevo davvero tornare in quel posto.
Se bisogna farsi del male tanto vale farlo con stile.
Lanciai un’occhiata al vialetto che portava al giardino sul retro, ai divanetti alla reception, all’ascensore in cui eravamo rimasti bloccati una volta.
E, prendendo alla sprovvista me stessa, sorrisi. Ci ripensavo con un sorriso e non potei esserne più felice. Anche quando entrammo nella suite pensavo che il cuore mi sarebbe piombato in corpo ma invece non fu così. Provai piuttosto malinconia soprattutto perché era molto cambiata rispetto alle sere che avevamo passato lì. Quello che era rimasto immutato era il terrazzo. Il nostro terrazzo, quello da cui avevamo guardato le stelle prima di separarci per un mese intero.
‘Staremo sempre sotto lo stesso cielo. E quando sentirai la mia mancanza, guarda la luna e la guarderò anche io.’
I ricordi di una vita possono davvero distruggere se non si ha nulla a cui aggrapparsi; ringraziai di avere Haley che con la sua allegria riusciva a tirarmi su, anche solo guardandola.
Era esattamente come suo padre: intelligente, spigliata, divertente… e quanto parlava!
Difatti quando rientrai stava parlando con il fattorino che aveva salito le nostre valigie.
“Ma il servizio in camera vale anche per la colazione? Ho sempre voluto fare colazione a letto in uno di questi hotel di super lusso.”
Mi avvicinai e abbozzai un sorriso sconcertato mentre le massaggiavo le spalle. “Domani avrai la tua colazione, tranquilla.” Sorrisi al ragazzo, congedandolo.
“Davvero? Ma non è che costa troppo? Non voglio farti spendere troppo, mami.”
Dimenticavo che, al contrario di ogni bambino normale, aveva questo acuto senso del risparmio e spesso dovevo davvero essere io a convincerla che potevo comprarle qualcosa che costava molto, cosa che, comunque, non accadeva spesso visto che, essendo stata educata da me, aveva amato da subito jeans, converse e magliette semplici.
Ne ero particolarmente fiera, in effetti.
“Non preoccuparti, tesoro” la rassicurai e lei riprese a saltellare per la stanza.
“Possiamo provare le battute ancora una volta? Ti preeeego? Possiamo? Possiamoooo?”
“Amore, non credo che…”
“Ho paura di dimenticarle, mami. Devo ricordarle alla perfezione!”
Alzai gli occhi al cielo perché, dio, era esattamente come me. Per sempre insicura delle proprie capacità e senza alcuna giustificazione visto che sapeva le sue battute a memoria ed era decisamente portata.
Avevo subito trovato alquanto curiosa la trama del film che parlava, essenzialmente, di come un padre debba prendersi cura della figlia, accettarla e amarla dopo la morte della madre di questa. Non avevo potuto fare a meno di chiedermi se Haley vi si fosse imbattuta per caso o se avesse esplicitamente cercato cose del genere e non osavo chiederlo.
Quando poi avevo scoperto che la regista era Catherine avevo trovato la cosa ancora più curiosa e infine mi ero lasciata abbandonare al pensiero che fosse un segno del destino che mi spingeva a dare a mia figlia quella possibilità. Glielo dovevo infondo.
Dopo aver ripetuto la battute per l’ennesima volta scendemmo in sala pranzo e mia madre non mancò di farmi le solite domande.
“Allora, novità?”
Ma sapevo bene che per lei novità nascondeva in realtà la frase ‘Hai conosciuto qualcuno?’
“Mamma, sono passati dieci giorni dall’ultima volta che me l’hai chiesto.”
“E allora? Succedono tante cose in dieci giorni.”
“Non a me. Ho lavorato molto…”
“Che mi dici di Stephan?”
Quasi mi affogai con l’acqua che stavo bevendo. “Chi?”
“Stephan. Quel bell’uomo con cui ti vedevi…”
“… due anni fa.” Terminai per lei per poi sospirare, stanca. “Mamma, non ho bisogno di un uomo…”
Lei storse il naso ma non poté davvero controbattere oltre visto che era stato chiaro a tutti come fossi lontana dall’essere veramente felice con Stephan. Onestamente avevo accettato di uscire con lui proprio per non averli più nelle orecchie. E lui era… perfetto. Gentile, premuroso, piaceva ad Haley e, a dirla tutta, avevo davvero bisogno di fare del sesso. Non importava a chi pensassi mentre lo facevo. Avevo bisogno di stare bene e sentirmi amata, da qualcuno, da chiunque. In qualunque modo.
Così, come ogni frivola storia che si rispetti, è finita poco dopo il primo anno di vita, per la mia incapacità di dire ti amo.
“E’ tutto inutile con te, Kristen. C’è ancora solo lui per te, ci sarà sempre solo lui per te.”
Aveva chiesto il trasferimento e non lo avevo più visto da allora.
Karma 2 - Kristen 0.
Non c’è due senza tre mi trovai a pensare mentre mia madre ancora blaterava su non so quale tizio che forse avrebbe potuto piacermi. Onestamente trovavo i suoi tentativi di accoppiarmi con qualcuno decisamente invadenti ma sapevo che lo faceva solo per non vedermi da sola.
Più sostenevo di non aver bisogno di un uomo più lei sosteneva il contrario.
Le era proprio difficile accettare il concetto e diverse volte avevo pensato che in realtà lei sapesse meglio di me che per me non ci sarebbe mai stato un altro.
Mai.
Finalmente, al dolce, lasciò cadere l’argomento e si lasciò coinvolgere da Haley nel racconto della trama del film finché non giunse l’ora di andare.
Il provino era alle tre e, se conoscevo Catherine, immaginavo che non ne saremmo usciti prima delle sei minimo.
Mia madre ci lasciò all’inizio di Hollywood Boulevard, sarebbe stato una bel tratto di strada da fare a piedi fino agli studi ma era ancora presto e pensai che una camminata avrebbe fatto bene a Haley, ma soprattutto a me visto che, per qualche motivo, iniziavo ad innervosirmi sempre di più. Da una parte non vedevo l’ora di lasciare quel posto, dall’altra facevo di tutto per tornare in quei luoghi che potenzialmente mi avrebbero fatto stare male, molto male.
Cercai di rilassarmi mentre camminavo con mia figlia mano nella mano e mi godevo la tranquillità delle due e mezza del pomeriggio, cosa alquanto insolita considerando che stavamo camminando lungo la Walk of Fame ma completamente rilassante, almeno finché non ci trovammo davanti il Grauman’s Chinese Theatre.
Avevo deciso di camminare proprio perché, masochisticamente, volevo passare davanti quel posto, volevo camminarci sopra ancora una volta, dopo tanto tempo, ma non avevo immaginato l’effetto che potesse avere su di me.
Ero immobile, a fissare la grande struttura cinese davanti i miei occhi mentre i ricordi vi scivolavano in mezzo.
 
“Cadrò, sicuramente.”
“Non cadrai.”
“Ti dico che cadrò, Rob. Cado sempre in queste occasioni. E poi questi cazzo di tacchi…”
“Non metterli allora.”
“Sai che non posso non metterli. Fosse per me…”
“Pensa che tra cinque minuti sarai in un paio di vans nuove di zecca.”
“Non vedo l’ora” mormorai nervosa facendo scrocchiare le ossa. Lui prese le mie mani tra le sue e le strinse.
“Andrà tutto bene…” sussurrò lasciandomi un bacio tra i capelli e io chiusi gli occhi abbandonandomi alle sue braccia, nella snervante attesa che chiamassero i nostri nomi.
“D’accordo ma… se cado tu prendimi, okay?”
Strinse le braccia attorno alla mia vita.
“Certo che ti prendo. Io ti prendo sempre.”
 
“Mamma ci sei anche tu qui!”
Non mi ero nemmeno resa conto che Haley aveva lasciato la mia mano e si era avventurata tra le pietre incastrate nel pavimento. Come avesse fatto a scovarmi tra le centinaia di impronte, poi, era ancora un mistero.
La raggiunsi, titubante e quasi impaurita, e quando fui accanto a lei guardai a terra e provai una dolorosa fitta al cuore quando le vidi. Le nostre firme, le nostre mani, i nostri piedi. Le nostre impronte che gravitavano le une verso le altre.
‘Da oggi starai ufficialmente accanto a me per sempre. È scritto nella pietra. Cosa c’è di più indelebile?’
Notizie indesiderate, bugie, amore.
Un mix letale per mantenere intatta una relazione.
E pensare che allora credevo davvero che sarebbe stato per sempre.
“Chi sono questi accanto a te?”
“Andiamo Haley.”
Le presi la mano e, senza risponderle, continuammo dritto davanti a noi, camminando sulle duemila stelle che tracciavano tutta la Hollywood Boulevard fino a Vine Street.
“Mamma, mi compri un pacchetto di gomme forti? Sai, per l’alito…”
Non riuscii a reprimere un sorriso mentre scuotevo il capo e attraversavamo per raggiungere il chiosco che Haley aveva indicato, dall’altra parte della strada.
Pagai le gomme e proprio quando stavamo per camminare di nuovo Haley mi bloccò.
“Guarda, mamma!” disse afferrando un giornale appeso ai lati del chioschetto. “Questo non è quello che ha fatto quei film con te?”
Notai di sfuggita una foto di Rob in prima pagina e annuii distratta ma presto il mio sguardo fu attratto dall’enorme scritta che, stampata sulla sua faccia, diceva: PRESTO SPOSATI.
Strappai la rivista dalle mani di mia figlia e osservai ogni minimo particolare di quella copertina. Una foto di un suo primo piano, non sapevo dire se recente o meno, occupava la maggior parte dello spazio ma il resto era costernato da piccoli riquadri di lui in compagnia di una ragazza bionda. La stessa ragazza che mi era capitato di vedere quelle poche volte in cui non ero riuscita ad evitare il gossip su di lui, la stessa che aveva sostituito tutte le altre che entravano in casa sua, la stessa che mi aveva risposto al telefono sette anni prima.
Sette anni. Sette anni insieme.
Io e lui nemmeno ci eravamo arrivati a sette anni.
Mi sentii sprofondare mentre sfogliavo il giornale e leggevo una frase qua e là.
“…pare che lui si sia proposto nella romantica città di Parigi mentre…”
“…le nozze si terranno a Londra nella Chiesa di…”
“…la luna di miele prevede un romantico viaggio a…”
Ogni frase era un colpo al cuore, ogni piccolo dettaglio di quel matrimonio mi faceva salire la nausea. Dettagli, su una cosa così pura che non andrebbe condivisa con il mondo intero.
‘Quando ci sposeremo io e te, voglio che siamo solo noi e gli amici più intimi ovviamente. Voglio solo che stiamo tutti insieme. Voglio solo te. Voglio lasciare il mondo fuori.’
E ora quella stessa persona che voleva lasciare il mondo fuori lo stava lasciando entrare come se nulla fosse. Se io potevo solo aver dato l’impressione di essere cambiata, lui era cambiato davvero e sentii una grande rabbia crescere dentro di me.
Per quello che c’era stato tra noi, per come era finita, per come stava andando avanti così, senza di me, mentre io non riuscivo nemmeno a fare l’amore con qualcuno senza pensare a lui.
“Scusi, non può leggere il giornale senza comprarlo…” la voce annoiata del giornalaio richiamò la mia attenzione e, prima che potessi fermarmi, gli avevo messo in mano un dollaro e cinquanta.
“Perché l’hai comprato, mamma?”
“Cosa?”
“Il giornale. Tu non compri mai quelle riviste. Dici sempre che dicono un sacco di bugie.”
“E infatti è così. Ma ogni tanto fa bene leggere queste cose per rendersi conto di quello che si inventa la gente.”
“Però è vero che si sposa, no?”
“Sì. Penso proprio di sì.”
“Capisco.” Rispose camminando lentamente. “Allora, come mai vi siete lasciati?”
“Chi?”
“Tu e quel ragazzo. Stavate insieme, no?”
Mi bloccai sul posto e Haley si voltò a guardarmi.
“E tu come fai a saperlo?”
“L’ho visto su internet. Ci sono un sacco di foto di voi due insieme, mano nella mano e che vi baciate.”
“Oh…” sussurrai perdendo fiato per diversi secondi. “Devo proprio sequestrarti quell’i-pad uno di questi giorni. Non devi metterti a vedere queste cose, tesoro.”
“Sì, sì, okay. D’accordo. Ma perché vi siete lasciati allora?”
“Perché non andavamo più tanto d’accordo.”
Era il massimo che potevo dirle e, avendole detto la stessa cosa quando mi aveva posto la stessa domanda riguardo a suo padre, non potei fare a meno di chiedermi se Haley sapesse più di quanto mi lasciasse intendere.
“E quanto tempo siete stati insieme?”
Vaga, Kristen. Resta vaga. Ed era assurdo visto che, presto o tardi, avrebbe voluto davvero sapere chi era suo padre.
“Qualche anno…”
“Mamma, posso farti una domanda?” ribatté subito dopo e in quel momento trattenni il respiro pensando che avesse capito tutto.
“Certo.” Cercai di restare calma e la osservai mentre stringeva e sfregava tra le dita la collanina ormai sua.
“Questa te l’ha regalata il mio papà?”
Strinsi gli occhi cercando di capire quello che le passava per quella testolina, ma fu inutile. “Sì, me l’ha regalata lui.”
Lei annuì ancora e sperai vivamente che non mi chiedesse di nuovo il nome di suo padre. Me lo aveva chiesto una sola volta, circa tre o quattro anni prima e le avevo risposto, con titubanza, che si chiamava Thomas. Questo, ovviamente, prima di scoprire che mia figlia cercava su Google notizie su me e i miei passati fidanzati.
Se avesse scoperto che quello era il secondo nome di Robert non ci avrebbe messo nulla a collegare le cose.
Ma, d’altronde, non sarebbe stata poi una grande tragedia. Le probabilità che incontrasse Robert in un futuro prossimo erano alquanto remote. Avrei dovuto iniziare a preoccuparmi quando sarebbe stata grande abbastanza da prendere un aereo e volare magari a Londra per presentarsi alla casa di un presunto padre, per lo più sposato, che non sapeva della sua esistenza e la cui colpa, secondo le mie parole, era solo quella di vivere molto lontano.
Era tutto un gran casino. Prima o poi avrei dovuto raccontarle la verità, tutta la verità. Tutta quella verità che non avevo raccontato nemmeno a lui.
Prima o poi l’avrei fatto; prima o poi, forse prima di morire, avrei dovuto prendere il telefono e raccontarla anche a lui.
Per il momento ringraziai solo di essere arrivate davanti gli studi così da non darle tempo di esplorare la faccenda.
Haley sembrava abbastanza calma ma vedevo dagli occhi lucidi che era eccitata solo all’idea di stare per sostenere un provino. Entrammo e mi strinse forte la mano. Ricambiai e lei ricambiò ancora. Era un po’ un nostro strano modo di comunicare; far capire all’altra che siamo lì.
Mi sentii quasi disorientata camminando tra i diversi set e non sapendo dove andare. Infine chiedemmo informazioni e fummo indirizzate verso un corridoio da cui si intravedeva una fila medio-lunga di bambine tutte pressoché con le stesse caratteristiche e tutte estremamente agitate.
“Lei è…?”
Una ragazza, probabilmente assistente di Catherine o addetta al casting, mi apparve accanto in un secondo.
“Kristen Stewart” risposi scioccamente.
“Mmm… Abbiamo una Haley Stewart in lista…” mugugnò controllando un paio di volte.
“Sì, sì. Sono io! Kristen Stewart è mia mamma!”
Perfetto, mia figlia presentava me.
“Perfetto, piccola. Aspettate qui finché non chiamano.”
“Okay” rispose mia figlia tranquillissima mentre io, per qualche motivo, avevo bisogno di un bicchiere d’acqua e avevo anche un gran voglia di rivedere Catherine.
Ritorno alle origini in pieno stile.
“Amore, la mamma va a cercare la regista un attimo. Va bene se aspetti qui?”
Haley si guardò intorno e notò che molti dei bambini non erano esattamente attaccati ai genitori per cui, immaginai, si fece coraggio.
“Sì, okay. Aspetto qui ma torna subito.”
“Sicuro.”
Le baciai una guancia e andai in cerca di Catherine.
Chiesi informazioni di nuovo e mi dissero che era in riunione ma potevo aspettarla fuori.
E così feci. Mi sedetti sulla panca di legno e aspettai sperando che non ci mettesse molto. Lanciai un’occhiata alla borsa che, per essere pronta ad ogni evenienza, ero costretta a portare con me da quando avevo una figlia, e intravidi la rivista galeotta.
Ero quasi riuscita a rimuoverla dalla mia mente fino a quel momento. Ancora non riuscivo a credere che si stava davvero per sposare. Era come se la notizia non mi riguardasse, e in effetti avrebbe dovuto essere così ma per quanto cercassi di convincermi che potevano essere solo stronzate sapevo che tali dettagli non potevano essere inventati; e c’era un solo modo per scoprire quanto di tutto quello fosse vero.
Afferrai la rivista ma restò impigliata nel manico della borsa che cadde rovesciando per terra il contenuto. Raccolsi il portafogli, l’agenda, l’i-pod, il cellulare, le chiavi e lasciai la rivista a terra, in attesa di essere raccolta e, finalmente, letta.
Ma qualcuno mi aveva preceduta. Una mano mi tendeva la rivista e, alzando il capo, feci scattare i capelli all’indietro rivelando il mio viso mentre iniziavo a mormorare un grazie che mi morì in gola appena lo vidi.
Robert.
Era proprio lì, davanti i miei occhi. Le nostre espressioni erano uno lo specchio dell’altra, esattamente come tanti anni fa.
Non era cambiato di una virgola. Si portava semplicemente più grande ma gli anni che avevamo passato senza vederci erano nascosti dal sottile strato di barba che avevo sempre adorato su di lui, i capelli arruffati e sconvolti quasi come la prima volta in cui lo avevo visto, la bocca perfetta e gli occhi…
Quegli occhi stupendi mi fissavano sorpresi, sconvolti. Pieni di qualsiasi sentimento possibile.
Non sapevo da quanto tempo eravamo immobili in quella posizione; non riuscivo ancora a realizzare che fosse davvero a un passo da me e che le nostre dita quasi si sfioravano. Iniziai quasi a pensare di stare sognando quando vidi le sue labbra muoversi, impercettibilmente. E la sua voce, immutata dagli anni, pronunciò di nuovo il mio nome.


La FF è composta da cinque capitoli. L'aggiornamento sarà ogni cinque giorni per cui coprirà, più o meno, tutto il mese di Dicembre.
'Ogni battito del mio cuore' verrà postata domani, dopo di che con quella torniamo a Gennaio. 
(Non ci uccidete e abbiate pietà visto che è Natale anche per noi e vi lasciamo questa da godervi u.u).
Salvo imprevisti, aggiorneremo comunque le nostre FF singole ;)
Se vi va potete trovarci alla nostra pagina Facebook, insieme a un gruppo infinito di sclerate come noi u.u Non esitate ad aggiungerci :) Ci fa sempre piacere conoscere i nostri lettori per chiarire dubbi, spoilerare o anche solo per parlare.
Fateci sapere che ne pensate visto che stiamo tremando come due foglie dall'emozione *____*

Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio 

Ah, Cloe... Aspetto la tua recensione u.u Bahahahahaha
  

 

   
 
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