Felling
Prompt: A3
Erano passati ormai quasi due lune da quando la terra era animata
da nuova vita e nei nostri spiriti scorreva la linfa del rinnovamento, della
libertà.
Tutti i sopravvissuti sentivano in loro ancora l’euforia della
vittoria ma nei loro corpi e sui loro cuori vi erano ancora ferite evidenti;
avevamo cercato di dare una degna sepoltura ai nostri caduti e il morale non
era dei migliori.
Come poteva essere diversamente?
Come al solito l’animo umano non è mai pienamente soddisfatto di
ciò che ha e brama sempre di più; ma questo stato di muta inquietudine non
sfuggì al Principe Regan. Quindi prese una decisione, del tutto inattesa,
criticabilissima ma geniale.
Ricordo perfettamente le sue parole.
«È stato stravolto l’ordine delle cose; eravamo schiavi e
destinati ad un infelice destino ma ora abbiamo spezzato le catene del male e
dell’incertezza!
Abbiamo davanti a noi un futuro, per una volta, non scritto.
Saremo noi gli artefici, con il nostro lavoro, la nostra forza, il nostro
animo!
Saremo noi a costruire un posto migliore in cui vivere e sono sicuro che
tutti insieme possiamo farlo!
Ma guardandovi ognuno negli occhi capisco la vostra tristezza; molti dei nostri
fratelli, sorelle, padri, madri, figli e amici sono caduti nella speranza di un
domani migliore.
Credo fermamente che, se avessero avuto la possibilità di vedere questo giorno,
non approverebbero tutta questa tristezza e insoddisfazione!
Abbiamo cominciato la ricostruzione di Aden, ma manca qualcosa.
Ci manca l’allegria e l’entusiasmo per ricominciare a vivere, meglio. L’entusiasmo per cominciare a vivere! Ci siamo limitati a
sopravvivere, ma ora è tempo di sorridere alla vita come i nostri cari hanno
sorriso alla morte, accogliendola come la benvenuta, sperando che il supremo
sacrificio portasse alla vittoria.
E così è stato!
Amici, divertiamoci stasera! Balliamo, cantiamo, rendiamo grazie alla Natura e
affronteremo il domani con ritrovato vigore!
Che si festeggi, dunque!
Che la felicità ritorni a dimorare nei nostri animi!»
Le sue parole ebbero l’effetto di acqua fresca nel deserto
infuocato; si fecero i preparativi in grande stile.
Come la più pura tradizione imponeva, si accese un grande falò; grandi
quantità di selvaggina e musica. Moltissima musica, dal ritmo incalzante.
Tamburi, flauti e qualche strumento a corde che non conoscevo
allietavano l’aria della sera con frizzanti melodie.
Tutti indossavamo maschere per coprirci il viso, un segno di
rispetto per l’Antica Religione, che oramai, era diventata l’attuale credo
della Nuova Aden, la Nuova Capitale del Vecchio Impero.
Sapevo che maschera indossava Regan e non mi fu difficile
individuarlo tra la gente.
Aveva avuto un’idea grandiosa; finalmente sentivo il clima
distendersi e la gente si lasciava trascinare del ritmo forsennato dei tamburi,
muovendo velocemente i piedi e saltando intorno al grande fuoco.
Il cielo era sereno e pieno di stelle: erano lì, che brillavano
con tutta la loro forza; ci ricordavano che loro rimangono lassù, perfette e
immobili, a guardarci e guidarci dall’alto.
D’un tratto una di essere prese ad ardere più intensamente e
divenne sempre più grande: attraversò il cielo, lasciando una delicata scia
dietro di sé e cadde al di là del fiume; l’evento ci mise un po’ in allarme.
Non capita tutti i giorni che qualcosa precipiti dal cielo.
Regan, per sua natura, corse in quella direzione. Certo, i guai se
li cercava proprio! I festeggiamenti proseguirono incerti mentre egli se ne andava
incontro alla stella.
Non potevo di certo abbandonarlo quindi misi a tacere la voce in
testa che mi suggeriva caldamente di rimanere dov’ero, e lo seguii.
* * *
Fuoco e un profondo cratere; l’aria impregnata di fiammelle che
salivano verso l’alto, disegnando strane traiettorie.
All’improvviso fu attaccato; una figura nera si avventò su di lui,
atterrandolo.
Mi spaventai molto, ma pensai subito che se la sarebbe cavata egregiamente,
anche se io rimanevo nascosto dietro al mio cespuglio.
«Chi siete? E perché mi attaccate?» urlò Regan.
Nessuna risposta.
Nonostante l’oscurità che abbracciava la terra, grazie al fuoco
della stella si riusciva ad intravedere una figura snella, avvolta in un
mantello, piuttosto alta.
Il luccichio delle armi tradì il primo colpo dell’avversario; poi
tutt’attorno risuonò lo stridio di due lame che s’incrociavano.
Veloci e rapidi gli affondi di quel nemico sconosciuto; più che un
combattimento sembrava una danza.
Ora Regan si abbassa di scatto, ora evitava un latro fendente roteando su se
stesso, ora con un salto evitava ancora d’incrociare la sua lama con
l’avversario.
Riuscii ad udire il sibilo dell’arma che quasi sfiorava i capelli del principe; Regan ruotò fulmineo
la gamba destra, fulmineo, e approfittando di un affondo andato a vuoto, gli
assestò un calcio alle caviglie.
Ma quello non cadde; fece un salto maldestro e riuscì a mantenersi
ancora in piedi.
I due si guardavano si scrutavano; giravano attorno ad un punto
fisso, studiandosi a vicenda. Quindi di nuovo all’attacco: senza esitare, lui
sollevò la spada in alto e vibrò un poderoso fendente ma l’altro riuscì a
parare di rovescio.
Uniti in una danza di passi veloci e attenti incroci di lame, più
che due nemici sembravano provetti danzatori; i loro movimenti non erano così
incisivi e pieni di cattiveria come ci si sarebbe potuto aspettere in un
incontro mortale.
Movimenti aggraziati e fluidi, piroette e giravolte quindi il fragore
dell’incrocio d’acciaio e poi di nuovo quella danza; davvero strano questo
combattimento.
Di nuovo all’attacco: Regan parò di nuovo; caricò il destro
cercando di penetrare la difesa del suo avversario.
Era così che faceva: studiava chi gli stava di fronte per carpire punti di
forza e debolezze.
Una volta individuata una falla, sapeva sfruttarla sempre a
proprio vantaggio.
Un diritto poderoso fu fermato da una difesa erculea; l’impatto fu
assordante.
Le lingue di fuoco rivelavano l’affanno di entrambi i contendenti.
Di nuovo uniti: un falso diritto fu parato non senza sforzo dal Principe;
un altro colpo vibrò nell’aria, andando a vuoto. Regan si mosse con passi
rapidi e precisi.
Conoscevo quella mossa; era stufo di combatte, voleva mettere fine
al duello.
Aspettò la mossa del suo avversario; quando la lama calò su di
lui, fu pronto a riceverla.
Avanzò con decisione costringendo il contendente ad indietreggiare, quindi
eseguì un colpo a filo di lama azzardata ma efficacissima.
Il suo avversario, colto alla sprovvista, perse la spada.
«Ora, di grazia, mostratemi il vostro volto e ditemi perché mi
avete attaccato!» la sua voce risuonò imperiosa e alquanto alterata.
Si portò le mani al volto e lentamente si tolse la maschera.
Lunghissimi capelli del colore della luna; due occhi del colore dell’acqua; una
bocca come il fuoco. Certamente chiunque avrebbe riconosciuto in lei una
bellezza quasi divina.
«Sono Shela, Regina di Astribor, il luogo in cui il Ghiaccio e il
Fuoco convivono insieme. Voi siete stato l’unico a riuscire a disarmarmi e
sconfiggermi. È accaduto tutto come le rune avevano predetto: è stato lo stesso
Padre del Cielo a volere il nostro incontro. Mi è stato detto che colui che mi
avrebbe battuta sarebbe stato forte e giusto, seguace della Madre Terra. Un
uomo in grado di distruggere il vecchio mondo, decadente e marcio, per crearne
una nuovo, migliore. Nel rispetto e nella giustizia; la sua mano è guidata
dalla giustizia e al suo fianco ha un potente alleato.»
Regan ascoltava a bocca aperta; davanti a lui vi era la regina del
vasto regno del Nord tanto freddo e inospitale, quanto irto di pericoli e colmo
di ricchezze.
Ne era affascinato, lo percepivo.
E da qualche parte, in fondo al mio cuore, sapevo che quell’incontro non era
avvenuto per caso; avrebbe segnato per sempre le nostre vite.
Senza farmi notare me ne ritornai indietro.
Che strano.
Tutti si divertivano come se quello che fosse caduto dal cielo non importasse
un granché.
Mi costrinsi a sorridere comunque.
In fondo non mi importava se quella donna era caduta davvero dal cielo o era lì
per altri motivi; forse avevo intravisto una barca dalla fattezze nordiche ma
non gli avevo dato peso.
Davvero, non m’importava.
Nei suoi avevo visto una scintilla e in quella tutta la mia gioia
era svanita; avrei tanto voluto dire che non m’importava.
Avrei voluto dire che quello sguardo
mi lasciava indifferente.
Avrei voluto dire che quella donna
non avrebbe cambiato nulla.
Avrei voluto dire che ero abbastanza forte per sopportate tutto questo.
Ma sarebbero state delle clamorose menzogne, quindi mi limitai ad
infilarmi la maschera e far finta di niente.
Troppa paura.
Maledetto coraggio!
Mentre mi stavo chiedendo se il nostro rapporto sarebbe in qualche
modo cambiato, speravo segretamente che quello sarebbe stato solo un incontro
di una notte.
Ma poi arrivarono, mano nella mano.
Si misero a danzare vorticosamente intorno al fuoco; si cercavano,
si rincorrevano.
Ora Regan rincorreva Shela, ora lei rincorreva lui. Le loro ombre
forsennate lambivano il terreno circostante mentre risuonavano alte le risate.
Sguardi complici, piedi che saltavano senza sosta in una danza sensuale e
scatenata.
Tutti li imitavano ignari di chi fosse la fanciulla che aveva
stregato il principe.
Quella notte, insieme nel fuoco, bruciò anche la loro passione,
intensa, improvvisa, voluta e benedetta dagli Dei.
Quindi, la mattina dopo, non mi restò che raccogliere le ceneri
del mio cuore ed andare avanti.
* * *